Dicembre 10th, 2016 Riccardo Fucile
“SE ME LO CHIEDONO NON POSSO DIRE DI NO”… RENZIANO DELLA PRIMA ORA, AMICO DI KERRY E STIMATO DA LAVROV
Lunedì, al Consiglio dei ministri degli Esteri a Bruxelles, ci andrà il sottosegretario Della Vedova. 
Paolo Gentiloni rimarrà a Roma, forse da presidente incaricato. A chi gli chiede previsioni, risponde con un laconico «vedremo…».
Ma il suo nome, che ha cominciato a girare già nella notte della vittoria del no, diventa sempre più solido.
Soprattutto dopo che ieri ha incontrato Renzi per ben due volte. «Bisogna vedere come evolve la situazione, quali sono le condizioni», si è lasciato andare con i pochi che lo hanno sentito.
Palazzo Chigi è un traguardo che alletterebbe qualunque politico, ma l’attuale ministro degli Esteri sa bene che la situazione che si troverebbe a gestire è complicata: «Se però arrivasse la richiesta formale, non potrei dire di no».
Il suo profilo appare il più adatto al momento.
In comune con Renzi ha la militanza nella Margherita accanto a Francesco Rutelli, di cui Gentiloni è stato portavoce, quando era sindaco, poi assessore al Giubileo.
Nel 2012, quando l’allora sindaco di Firenze si candidò da outsider contro Bersani, lui, che era già stato ministro delle Comunicazioni nel governo Prodi, deputato dal 2001, era uno dei pochi parlamentari schierati con lui, insieme agli amici Giachetti e Realacci.
Sostenuto dai renziani si candidò alle primarie per il sindaco di Roma l’anno dopo, ma andò male: terzo dopo Marino e Sassoli.
In epoca di rottamazione, lui, della famiglia di conti marchigiani Gentiloni Silveri, residenza a due passi dal Quirinale, moglie Emanuela architetto e senza figli, ha 62 anni) è uno dei pochi ripescati da Renzi, che persino ascolta: quando la Mogherini fece le valigie per l’Europa, la scelta del ministro degli Esteri ricadde su di lui, che ne fu entusiasta.
E in questi due anni e poco più, è riuscito a costruirsi un’immagine solida all’estero. Un’amicizia vera col segretario di stato americano John Kerry; un rapporto stretto, il migliore tra i colleghi europei, anche con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov: non a caso, i due si sono incontrati per parlare di Siria proprio a Roma, la settimana scorsa, in occasione dei Dialoghi del Mediterraneo ideati da Gentiloni.
Una facilità di contatti che potrebbe essere un atout nel momento in cui in America si insedia Trump. E poi è un grande conoscitore del Medio Oriente e del conflitto Israele-Palestina.
In Italia, gode della stima di settori del centrodestra che gli riconoscono una battaglia dura ma non ideologica contro Berlusconi, ai tempi in cui era ministro delle Comunicazioni. È tuttora tenuto in considerazione da Fedele Confalonieri.
Ieri, tra una visita e l’altra a Palazzo Chigi, è stato alla Farnesina. A chi gli ha fatto una battuta, ha risposto col silenzio. Se dovesse traslocare a Largo Chigi, sarebbe una grande occasione. Ma anche molto complicata: lo sa, ci riflette, ma sa anche che «se me lo chiedono, non posso dire no».
Francesca Schianchi
(da “La Stampa”)
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Dicembre 10th, 2016 Riccardo Fucile
ACCORDO IN VISTA SULLA LEGGE ELETTORALE CON BERLUSCONI… SI LAVORA ALLA SQUADRA
Il nuovo «Patto Gentiloni» è stato fortissimamente voluto da Matteo Renzi, che ieri mattina è approdato a Roma dalla sua Pontassieve, alfine convinto ad abbandonare per davvero Palazzo Chigi.
Ma l’accordo per un nuovo governo guidato dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni è diventato più fattibile e quasi fatto, quando hanno dato il loro via libera i notabili della fronda interna al Pd – Dario Franceschini e Andrea Orlando, soddisfatti per aver indotto Renzi a lasciare – e quando è stato avallato per vie informali da Forza Italia e da Mediaset.
Da Silvio Berlusconi e da Fedele Confalonieri – che ha un buon rapporto personale con Paolo Gentiloni – è arrivato a Renzi un univoco segnale di riscontro: restiamo all’opposizione, ma non ci metteremo di traverso.
Purchè ci sia un accordo sulla riforma elettorale. Un accordo, che a quel che dicono voci molto informali, si sarebbe trovato su un «semi-maggioritario», un sistema che escluda le preferenze (detestate da Berlusconi) e consenta a Forza Italia di eleggersi un drappello di parlamentari «nominati».
L’uovo di Colombo, ma su questo non ci sono ancora certezze, potrebbe essere un Mattarellum riveduto e corretto, che elegga gli onorevoli nei collegi, ma lasciando un’ampia quota al proporzionale e dunque a parlamentari indicati dai partiti.
Ma ovviamente la candidatura Gentiloni non avrebbe preso quota se dal Quirinale non fossero pervenuti a Palazzo Chigi ampi cenni di riscontro, per un ragione eguale e contraria a quelle che hanno spinto Renzi a sostenere il suo amico Paolo: proprio perchè vicino a Renzi, a Gentiloni dovrebbe essere risparmiato quel logoramento pretestuoso e gratuito, che il Quirinale teme in qualsiasi governo.
E un Gentiloni premier viene considerato perfettamente in grado di affrontare gli appuntamenti internazionali che attendono l’Italia: l’anniversario dei Trattati di Roma, a marzo, il G7 di Taormina, a fine maggio, la riforma del Trattato di Dublino.
Certo, per tutta la giornata è continuato a rimbalzare anche il nome di Pier Carlo Padoan, «rilanciato» dal pericoloso destino nel quale sembrava essersi infilato il Monte dei Paschi.
Le notizie, non confermate, di un no della Bce sulla vicenda dell’aumento di capitale, non soltanto aveva rimesso in pista Padoan ma per almeno un’ora, ha indotto il Quirinale ad accarezzare un’ipotesi paradossale: poichè un decreto-legge di «salvataggio» del Monte sembrava urgentissimo (lunedì mattina) e poichè soltanto un governo in carica avrebbe potuto adottarlo, Matteo Renzi sarebbe stato costretto a rinunciare alle dimissioni.
Poi la vicenda Bce si è ridimensionata, Renzi è ridisceso dal trono e Paolo Gentiloni è tornato ad avvicinarsi all’incarico.
Un episodio più di tante voci dimostra che l’operazione-Gentiloni è ad un passo dal traguardo.
Ieri il «presidente in pectore» ha avviato una sorta di «pre-consultazioni». Incontrando il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, capo della fronda anti-Renzi; il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, capofila di una corrente di ex-Ds filo-Renzi; Maria Elena Boschi, una dei pochissimi ministri ad essersi spesi nella campagna referendaria è anche la ministra di una riforma costituzionale che è stata severamente bocciata.
Come aveva detto lei su stessa, la Boschi lascerà il suo incarico di governo? Seguirà Renzi al partito, destinato a diventare il fortino dal quale il segretario lancerà la sua battaglia per riconquistare Palazzo Chigi? Oppure avrà un nuovo incarico nel governo?
Ieri sera la Boschi non ha fatto commenti ma alla fine sarà lei a decidere, non subirà consigli più o meno interessati.
Una cosa è certa. Nei due colloqui che Renzi e Gentiloni hanno avuto ieri a palazzo Chigi si è iniziata ad ipotizzare la squadra del nuovo governo.
La parola d’ordine è continuità , ma con alcuni «tagli».
Sono quattro i maggiori indiziati ad uscire: oltre alla Boschi, il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, colpita dall’insuccesso della «buona scuola»; il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia; il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
Sembrano destinati ai loro posti Andrea Orlando (Giustizia) e Dario Franceschini (Beni culturali), anche se ieri sera si era diffusa la voce di un suo passaggio agli Esteri.
Voce che non ha trovato conferma, mentre per gli Esteri in pole position la segretaria generale della Farnesina l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, un ottimo rapporto con Gentiloni.
Fabio Martini
(da “La Stampa“)
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Dicembre 10th, 2016 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA DEL WASHINGTON POST: PERSONAGGI LEGATI AL GOVERNO RUSSO HANNO FORNITO A WIKILEAKS MIGLIAIA DI EMAIL HACKERATE AI DANNI DELLA CLINTON
La Cia ha concluso in una valutazione segreta che Mosca è intervenuta nelle elezioni Usa per
aiutare Donald Trump a vincere la presidenza più che per minare solo la fiducia nel sistema elettorale americano: lo scrive il Washington Post citando fonti informate sulla vicenda.
Gli 007 Usa hanno individuato attori legati al governo russo che hanno fornito a Wikileaks migliaia di email hackerate ai danni del partito democratico e di altre organizzazioni, compreso il presidente della campagna di Hillary Clinton John Podesta.
Le fonti del Wp descrivono gli individui legati al governo russo come attori noti alla comunità dell’intelligence e facenti parte di una più vasta operazione per spingere Trump e minare le possibilità della sua rivale Hillary Clinton.
“E’ opinione della comunità di intelligence che l’obiettivo della Russia fosse favorire un candidato rispetto ad un altro, aiutare Trump ad essere eletto”, ha confidato un alto dirigente Usa informato sulla presentazione dell’esito degli accertamenti fatta ad alcuni senatori americani. “Questa è l’opinione dominante”, ha aggiunto.
Ieri il presidente Barack Obama aveva disposto una verifica “completa” circa le presunte attività di hackeraggio e intrusioni legate alle elezioni presidenziali americane, chiedendo un rapporto esaustivo prima che lasci la Casa Bianca il prossimo 20 gennaio.
E ora si profila uno scontro fra Donald Trump e la Cia, dopo che in un rapporto l’agenzia di spionaggio Usa ha sostenuto che persone legate alla Russia hanno interferito nelle elezioni presidenziali fornendo a Wikileaks le mail dell’ex direttore della campagna elettorale di Hillary Clinton, John Podesta, e del Partito democratico
(da agenzie)
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Dicembre 10th, 2016 Riccardo Fucile
IL PATRON DELLA NOVI-ELAH-DUFOUR, CRESCIUTO CON IL MODELLO DI OLIVETTI, HA SEGNATO UN’EPOCA
«Si è vecchi solo quando i rimpianti superano i sogni». Cita Einstein il cavalier Flavio Repetto, che a 85 anni (li compie domenica 11 dicembre) non ha smesso di sognare.
Oggi il Comune di Novi Ligure gli conferisce un grande onore, la cittadinanza onoraria, non l’unica in verità per il patron della Novi-Elah-Dufour: cinque anni fa gliela diede anche Bra in provincia di Cuneo, la città della Baratti&Milano il prestigioso marchio dolciario che lui stesso ha acquisito nel lontano 1999.
Cavaliere, non è che l’abbiano fatto più che altro per stuzzicare la vicina Alba, sede di un altro noto marchio dolciario di cui non facciamo il nome per evitare pubblicità , che tanti tutti lo conoscono ugualmente?
Ride e svicola: «Guardi, io alla cittadinanza di Novi ci tengo, ma avevo detto al sindaco: se non sono tutti d’accordo, maggioranza e opposizione, non se ne fa nulla. Lui alla fine è arrivato e mi ha detto: c’è l’unanimità . E allora sono orgoglioso di accettare».
Così tutto torna dove era partito, l’Oltregiogo terra in cui il Piemonte si tinge di Liguria e viceversa.
Lerma, 1944, un bambino che diventa di colpo uomo scoprendo con gli amici i cadaveri dell’eccidio della Benedicta.
Finita la guerra va a Genova a fare il cameriere e la fame, si diploma ragioniere alle scuole serali, parte per Roma e a 23 anni è già direttore di filiale dell’americana Comptometer.
«Si caricavano i dati su quelli che erano primitivi computer a schede, ho pensato di collegare anche una macchina dell’Olivetti così il lavoro veniva più spedito».
È una prerogativa di Repetto: trovare soluzioni semplici per risparmiare (anima ligure) e applicarle con tenacia fino al successo (anima piemontese).
Il primo colpo in proprio lo mette a segno in casa imbottigliando vino, ma non a damigiane come si faceva allora, bensì in monodosi da un quarto di litro.
Roba che in paese lo prendevano per matto, ma lui andava dai compratori e diceva: «Ecco, guardate, è sigillato, garantito».
Chi comprava erano i primi grandi consumatori che si affacciavano al mercato: i gestori delle mense aziendali. Era inevitabile che lo diventasse anche Repetto, ma a modo suo, fondando una ditta — la Sogeme, poi Grande Ristorazione — che arrivò a fornire fino a 70 mila pasti al giorno nelle principali aziende italiane.
E puntando sulla qualità , tanto da arrivare fino al ristorante del Senato: «Di fatto l’abbiamo realizzato noi».
«Erano anni splendidi, credevamo nell’avvenire. Io mi ero innamorato di Adriano Olivetti, di quello che aveva creato a Ivrea, della sua passione per il territorio. E poi era andato a vendere le macchine da scrivere agli americani!».
Il cavaliere invece vende agli italiani l’America, cioè la Coca Cola: costruisce uno stabilimento di imbottigliamento a Biella che sarà premiato come il migliore in Italia. Ma il Paese cambia e con lui anche Repetto: grandi marchi dolciari, Elah e Dufour a Genova, poi la Novi Cioccolato, entrano in crisi schiacciati dalla concorrenza e del cambio di abitudini dei consumatori, lui li rileva e comincia la sua terza, quarta, quinta vita, chi lo sa, di capitano d’industria dolciaria.
Non cessa di seguire l’esempio olivettiano: fare le cose per bene, dare cioè un buon prodotto e crescere con il territorio.
«Mi chiamano e io se posso dare una mano…» Accade anche per il suo ingresso nella finanza, presidente di fondazione bancaria, parentesi che non ricorda volentieri: «Però abbiamo fatto anche tante cose belle e utili per Genova».
Sì, ma la banca…
«Lasci stare, mai avrei pensato che gente che guadagnava più di un milione all’anno, volesse anche arrotondare. Bon, è finita».
Ma non è terminata la sua esperienza di vita. Sembra indistruttibile.
«Magari. Solo che, appunto, per adesso guardo ancora ai sogni più che ai rimpianti».
Il nuovo cittadino novese non si pone limiti, al solito.
(da la Repubblica”)
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