Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
TRA PETROLIO E SCHIAVI: RITRATTO DI ABDUL RHAMAN MILAD, CAPO DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA DELLA ZONA OVEST, NOTO TRAFFICANTE DI ESSERI UMANI
Abdul Rahman Milad, nom de guerre Bija, classe 1989, è il prototipo più efficace di cosa è stata la Libia dopo la rivoluzione del 2011.
Nel 2011 Bija, giovanissimo, lascia l’accademia navale e si unisce ai ribelli, combattendo per deporre l’ex rais Muammar Gheddafi. In combattimento viene ferito nove volte, perde un pezzo della mano destra per lo scoppio di una granata, perde un fratello morto in combattimento.
Bija, dopo essere stato ferito più gravemente, viene curato in Germania, tornerà dopo mesi essendosi guadagnato la fiducia dei suoi pari e di quelli che diventeranno i suoi capi.
Dopo la rivoluzione, governi deboli, contrapposti e guerre civili irrisolte hanno creato un il vuoto di potere e di controllo che è stato riempito dalle milizie, le stesse che erano state protagoniste della rivoluzione e che cominciano a spartirsi le aree di interesse, gli asset strategici, economici, ma anche i consigli comunali e naturalmente istituzioni come la guardia costiera.
Il mezzo – come sempre – le armi. Di cui la Libia era piena e lo è tuttora, anzi, sempre di più nonostante l’embargo.
Dopo il 2011 la tribù di Bija – Awlad Bu Hmeira – conquista il controllo del porto di Zawhia, zona più che strategica, per il petrolio e per le partenze dei migranti. A Zawhia infatti c’è una delle più grandi raffinerie di tutto il paese, con una capacità di 150 mila barili al giorno.
A Zawhia dunque cominciano a incrociarsi le rette dei traffici libici: i migranti e il petrolio. Che troppo spesso sono unite, e troppo poco vengono descritte come parte dello stesso meccanismo criminale.
La tribù di Bija conquista dunque di fatto il controllo della raffineria. Che significa controllare chi entra chi esce, ma soprattutto controllare i traffici, il petrolio di contrabbando che – secondo Mustafa Sanalla, capo del NOC (National Oil Corporation, cioè l’unico ente libico che può tassare vendere e trattare il gas e il petrolio) – ammonterebbe al 40% dell’intera produzione del paese.
A Bija in questo “sistema” spetta il controllo del porto e diventa capo del ramo locale della guardia costiera, cioè la Guardia Costiera Ovest.
Dopo la rivoluzione e i bombardamenti della Nato buona parte della flotta della Marina è andata distrutta e i dipendenti non sono stati pagati per mesi, mentre la Libia diventava la sede di un traffico di uomini che andava assumendo la struttura dell’industria e diventava il principale punto di transito per la rotta del Mediterraneo centrale.
Miliziani come Bija hanno riempito i vuoti, diventando parte di una triangolazione di interessi che descrivono perfettamente il sistema-Libia.
All’inizio del 2017 alcune inchieste giornalistiche (si veda soprattutto il lavoro di Nancy Porsia, ma anche Annalisa Camilli, lo stesso Espresso di quei mesi) cominciano a descrivere Bija come il perno dei traffici di Zawhia e un video pubblicato dal quotidiano inglese The Times riprende i suoi uomini picchiare migranti con una frusta dopo averli recuperati in mare, nel video i migranti sono terrorizzati, vorrebbero buttarsi in mare e si attaccano spaventati al bordo della nave.
Il 2017 è l’anno cruciale in cui viene rinnovato il Memorandum d’Intesa con lo Stato libico.
Febbraio del 2017. Il titolo del testo è: Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana.
Comma b e c dell’articolo 1
B) la parte italiana fornisce sostegno e finanziamento a programmi di crescita nelle regioni colpite dal fenomeno dell’immigrazione illegale, in settori diversi, quali le energie rinnovabili, le infrastrutture, la sanità , i trasporti, lo sviluppo delle risorse umane, l’insegnamento, la formazione del personale e la ricerca scientifica.
C) la parte italiana si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del ministero della Difesa, e dagli organi e dipartimenti competenti presso il ministero dell’Interno.
Significa che uomini come Bija vengono inseriti in un doppio gioco di fatto. Prendono risorse dall’Italia e dall’Ue per intercettare i migranti e prendono denaro dai trafficanti per proteggere le loro operazioni illegali, il traffico dei migranti e la gestione dei centri di detenzione.
Nonostante le informazioni su Bija fossero note da mesi e non potevano non essere note agli staff locali delle organizzazioni internazionali e delle sedi diplomatiche, a marzo 2017 Bija viene selezionato dall’Oim (organizzazione internazionale per le migrazioni) come uno dei due membri della Guardia Costiera Libica per fare parte della delegazione che nel maggio 2017si è recata in Italia per una visita di “studio”, in Sicilia e Lazio.
Obiettivi: studiare il sistema di accoglienza italiano nei centri di accoglienza e nei porti di sbarco. Operare con la Guardia Costiera Italiana, studiare i radar, le procedure. Stringere accordi.
Nell’estate del 2017 un lungo report delle Nazioni Unite inserisce per la prima volta il nome di Bija come parte del sistema criminale della zona di Zawhia.
Il report descrive la Brigata al-Nasr, comandata da un cugino nonchè uno dei capi di Bija – Mohammed Koshlaf – come la brigata che ha in mano i principali traffici della zona, il traffico di carburante e il traffico di uomini che gestirebbe in accordo con Bija, responsabile di far partire solo i gommoni di trafficanti “amici”, cioè quelli affiliati o quelli che pagano mazzette per partire e bloccare gli altri, recuperandoli in mare e gestendoli a terra, attraverso il centro di detenzione locale, anch’esso denominato “al Nasr” come la milizia, e gestito da uomini vicini al capo Koshlaf.
Uomini accusati di violenze, torture e estorsioni a danno dei migranti, che una volta portati indietro rientrano in un circolo di violenza e abusi e ricatti.
Secondo le Nazioni Unite, gli uomini di Milad consegnavano i migranti al centro di detenzione, una struttura fatiscente dove diventavano vittime di abusi e si legge nel report «nel centro i migranti venivano venduti ad altri trafficanti». E le donne «sono state vendute sul mercato locale come schiave del sesso».
Gli investigatori e il panel di esperti delle Nazioni Unite affermano che Bija e altri membri della guardia costiera «siano direttamente coinvolti nel naufragio delle barche dei migranti attraverso l’uso di armi da fuoco». E sempre secondo le testimonianza raccolte nel report, la guardia costiera guidata da Bija tasserebbe ogni barca e gommone. Chi non pagava veniva punito.
Sempre nel 2017 Amnesty International pubblica un lungo, dettagliatissimo report. Si legge «Le reti criminali [di Zawhia, ndr] tramite la guardia costiera, impediscono alle bande rivali di svolgere con successo operazioni di contrabbando. Anche la guardia costiera di Zawiya è coinvolta nel commercio di contrabbando».
La documentazione di Amnesty International rivela che alcuni membri della guardia costiera libica sono collusi con i trafficanti fornendo un passaggio sicuro in cambio di un pagamento.
Il fatto che Bija fosse un personaggio quantomeno controverso non ha impedito ai paesi europei di stringere accordi con lui.
Questo lo porta al seminario. Proprio lui, spiegano nella base della Marina al porto di Tripoli, perchè si è distinto sul campo. «È uno dei nostri uomini migliori», ripetono tutti nell’ufficio di Ayub Qassim, portavoce della Guardia Costiera.
Dunque Bija nel Maggio 2017 arriva con la delegazione libica in Italia, dorme in Sicilia, viaggia a Roma dove alloggia in un hotel del centro della città .
Fa foto ufficiali nella sede della guardia costiera italiana, che vengono pubblicate salvo poi sparire dal server dopo l’inchiesta di Nello Scavo su Avvenire che ha rivelato la presenza di Bija, lo scorso 4 ottobre.
Il sistema-Libia consiste esattamente in questo. La milizia Nasr controlla ogni cosa a Zawhia: raffineria, traffici, centro di detenzione. Ma la guardia costiera è una istituzione ufficialmente riconosciuta e Bija è un ufficiale del governo sostenuto dalle Nazioni Unite e basato a Tripoli.
Nel Luglio 2018 Bija viene sottoposto a sanzioni dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sanzioni che prevedono il divieto di viaggio e blocco dei beni, proprio per i crimini su cui sta indagando la Corte Penale Internazionale de L’Aja.
«Alcuni dei suoi uomini – si legge nei documenti della Corte – avrebbero beneficiato dei programmi Ue di addestramento nelle operazioni Eunavfor Med e Operazione Sophia ».
Bija è inoltre accusato di aver dato ordine ai suoi uomini di sparare su pescherecci e navi umanitarie
Dopo le sanzioni viene sollevato dall’incarico. Smette cioè di essere a capo della Guardia Costiera Ovest. Ma lo scorso 15 ottobre Bija riceva la lettera ufficiale dalla Guardia Costiera di Tripoli per riprendere il suo posto a capo della Guardia Costiera di Zawhia.
Dopo l’inizio della guerra il 4 Aprile scorso, Bija è stato visto più volte al fronte combattendo a difesa della città di Tripoli contro le forze del generale Haftar.
Un altro importante documento, firmato dal governo di Sarraj ad agosto assegna alla zona Ovest, cioè la zona che comprende Zawhia, 8 milioni e novecento mila dinari attraverso il Ministero della Difesa.
Che è come dire che il governo assegna ai gruppi armati che fanno parte del ministero della difesa soldi per difendere la città sotto assedio.
Sarraj in un discorso pubblico in tv ha chiesto a tutte le forze miliari e di sicurezza e a tutte le istituzioni sotto il Ministero dell’Interno di scendere in campo in difesa della città .
Tutte le istituzioni sotto il Ministero dell’Interno, tutti i gruppi armati, inglobate nelle forze ufficiali a colpi di decreto.
Cambia l’uniforme, ma non la sostanza. Anche Bija è uno di loro, parte del sistema Libia.
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
LEGA NORD E LEGA PER SALVINI: LA STRATEGIA DI SPOSTARE TUTTI GLI ATTIVI SULLA NUOVA LEGA E LASCIARE A QUELLA VECCHIA I DEBITI CON LO STATO, COMPRESI I 49 MILIONI…ABBIAMO ESAMINATO I BILANCI
Una Lega per i debiti, una Lega per la liquidità . Una Lega sempre più povera e una sempre più ricca. 
È quello che si scopre analizzando gli ultimi movimenti finanziari dei partiti guidati da Matteo Salvini. I partiti, sì, perchè da qualche anno la principale forza politica italiana (secondo i sondaggi) si è sdoppiata: da una parte la storica Lega Nord, dall’altra la Lega Per Salvini Premier.
Tecnicamente sono due entità diverse, ognuna con il suo codice fiscale e dunque con una propria autonomia patrimoniale. Peccato che pubblicamente questa distinzione non venga mai ricordata.
D’altra parte è difficile distinguerli: i due partiti hanno statuti molto simili, lo stesso amministratore (il deputato Giulio Centemero), la stessa sede legale (Via Bellerio 41 a Milano) e il medesimo leader (Salvini).
La differenza principale è che sulla vecchia Lega nordista, quella fondata 30 anni fa da Umberto Bossi “per l’indipendenza della Padania”, pesa un debito enorme: quello relativo ai 48,9 milioni di euro della truffa ai danni dello Stato, come deciso da una sentenza del tribunale di Genova.
Ecco allora che le donazioni provenienti da aziende, cittadini comuni e parlamentari stanno finendo nelle casse del nuovo partito, la Lega Per Salvini Premier. Una scatola nuova e senza macchie giudiziarie. A cui nessuno, in teoria, potrà chiedere indietro i soldi della truffa commessa ai danni dei cittadini italiani.
La nuova strategia finanziaria del Carroccio emerge passando in rassegna i dati sui finanziamenti privati ai partiti nel 2019 e incrociandoli con gli ultimi bilanci disponibili di Lega Nord e Lega Per Salvini Premier.
Quest’ultimo è stato fondato nell’ottobre del 2017, tre mesi dopo che il tribunale di Genova aveva annunciato la condanna per truffa disponendo il sequestro dei 48,9 milioni. Nel suo primo anno di attività , il 2018, Lega Per Salvini Premier ha incassato 2,5 milioni di euro, provenienti in larga parte (2 milioni) dal due per mille.
Insomma, Salvini ha fatto versare nelle casse del nuovo partito il contributo che ogni residente italiano può donare a una formazione politica.
Quest’anno l’ex ministro dell’Interno ha scelto di fare un passo ulteriore. A partire da gennaio del 2019 la maggior parte dei leghisti ha iniziato a versare il proprio obolo non più nelle casse della Lega Nord, come era successo anche nel 2018, ma in quelle della Lega per Salvini Premier.
Sui conti del nuovo partito sono così arrivate le donazioni di aziende, privati cittadini e, soprattutto, parlamentari leghisti.
Sono i contributi di questi ultimi, infatti, a costituire la maggior parte dei ricavi registrati dal movimento. In questo modo Lega Per Salvini Premier ha incassato, solo da gennaio ad agosto di quest’anno, circa 3 milioni di euro.
Di contro, nello stesso periodo la Lega Nord si è dovuta accontentare di quasi un quindicesimo della somma: più o meno 200 mila euro
Chi paga i costi maggiori? La Lega Nord
Stando agli ultimi bilanci disponibili, però, è ancora la Lega Nord il partito che deve sopportare i costi maggiori. Per le diverse attività ordinarie, il partito fondato da Bossi ha speso 5,5 milioni di euro, mentre la Lega Per Salvini Premier ha sborsato 1,2 milioni.
D’altronde la maggioranza dei dipendenti del movimento è ancora in carico alla vecchia Lega, che dichiara 9 lavoratori rispetto ai soli 3 impiegati della Lega Per Salvini Premier.
Il risultato finale è che il nuovo partito gode di ottima salute finanziaria. Già l’anno scorso poteva vantare una disponibilità liquida di 1,3 milioni di euro, contro gli 800mila euro rimasti nelle casse della Lega Nord. È molto probabile che quest’anno la differenza si acuirà , visto che le donazioni dei parlamentari sono finite quasi tutte nella nuova creatura salviniana. Dunque, la Lega Nord potrebbe chiudere l’anno in perdita.
E i 49 milioni di euro?
Il problema rischia di non riguardare solo i fedeli leghisti, ma tutti i cittadini italiani. A settembre del 2018 gli avvocati del Carroccio hanno infatti ottenuto il via libera dalla Procura di Genova per la restituzione dilazionata dei 48,9 milioni di euro della truffa ai danni dello Stato. Secondo quanto fatto filtrare sui giornali, l’accordo prevede che i soldi vengano restituiti a rate. E che il debito venga estinto nel giro di 76 anni.
Proprio in quei giorni, ospite di La7, Salvini rispondeva così a chi gli chiedeva come avrebbe fatto il suo partito a ripagare quel debito, visto che in cassa non c’era quasi più nulla: saranno i parlamentari della Lega a tirare fuori i soldi dalle proprie tasche, fu la risposta dell’allora vicepresidente del Consiglio.
Come dire: non preoccupatevi, cari italiani, il debito con lo Stato lo ripaghiamo noi stessi. Dati alla mano, ogni parlamentare leghista — Salvini compreso — sta in effetti versando nelle casse del partito 3 mila euro al mese.
Il problema è quale partito. Da quest’anno i bonifici finiscono infatti sul conto corrente di Lega Per Salvini Premier. Che, a differenza della Lega Nord, non ha alcun debito nei confronti dello Stato. Guardando i flussi di cassa dei due partiti emergono anche i diversi schieramenti interni alla Lega, le differenze tra chi resta legato alle originarie istanze nordiste e chi ha invece aderito al nuovo credo nazionalista.
Per dire: mentre Salvini quest’anno ha sempre versato il suo obolo al nuovo partito, il suo vice Giancarlo Giorgetti ha girato tutti i suoi contributi alla Lega Nord.
Donatori fissi del vecchio Carroccio sono anche l’eurodeputato Angelo Ciocca e l’ex vice ministro dell’Economia Massimo Garavaglia, mentre è ambiguo lo schieramento di Roberto Calderoli che ha versato un po’ al vecchio e un po’ al nuovo partito.
Fatto sta che al momento la Lega Nord è ancora in debito con lo Stato italiano per circa 45 milioni di euro. Come potrà restituire tutti questi soldi ora che le principali fonti di entrata del movimento sono state spostate sulla Lega Per Salvini Premier?
Vista dalla prospettiva dei cittadini, che garanzie ha lo Stato sulla restituzione di tutti quei soldi
Le uniche garanzie per ora sono costituite dal patrimonio della vecchia Lega, cioè da alcuni immobili di proprietà del partito. Come il prato di Pontida e lo stabile milanese di via Bellerio.
In tutto, stando al bilancio, si tratta di circa 7 milioni di euro di immobilizzazioni. Sono comunque molti di meno rispetto ai 45 milioni di euro ancora attesi dallo Stato. Senza considerare la possibilità
che prima o poi, come già avvenuto per i contributi del 2 per mille e le donazioni dei parlamentari, anche quei 7 milioni vengano travasati nella nuova Lega Per Salvini Premier.
Sarebbe l’atto finale di una strategia già delineata anni fa dal predecessore di Salvini, Roberto Maroni. “Bisogna fare la bad company dove rimane dentro un cazzo”, furono le parole esatte pronunciate nel 2013 dall’allora segretario leghista, riportate negli atti dell’indagine Breakfast condotta dalla procura di Reggio Calabria.
In pratica: spostare tutti gli attivi nella nuova Lega, e lasciare in quella vecchia solo i debiti con lo Stato. Visto come stanno andando le cose, sembra che Salvini abbia preso alla lettera il consiglio di Maroni.
(da Fanpage)
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Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
CI SONO DUE NUMERI CHE TESTERANNO I RISULTATI: 39% PER IL CIVICO APPOGGIATO DA M5S E PD E 52% PER LA TESEI APPOGGIATA DAL CENTRODESTRA… SONO I RISULTATI RAGGIUNTI POCHI MESI FA ALLE EUROPEE DALLE DUE COALIZIONI
A voler essere un po’ pedanti, verrebbe da dire che, se questo doveva essere l’esito, inevitabile secondo la logica, tanto valeva scattare la foto di Narni qualche settimana prima, e non all’ultimo momento. Magari conducendo una campagna più unitaria e appassionata, sin dall’inizio: se c’è un candidato comune e una sfida comune, logica dice che non hanno senso campagne separate.
Anche perchè l’impatto del risultato sarà comune, nel senso che riguarderà l’alleanza nel suo complesso, al suo primo test nel paese reale.
C’è poco da fare, ogni voto è sempre un voto politico, come si insegnava ai tempi in cui la politica era razionale. In fondo è quel che con grande generosità ha sostenuto, sin dall’inizio, il segretario del Pd cresciuto in un partito (molto serio) in cui si discuteva per giorni anche della sconfitta a Castellammare di Stabia. E cioè che “le battaglie giuste si combattono tutte”, anche quando è complicato vincerle e il leader, se sono tali, non possono sottrarsi.
Gli altri, forse per un deficit formativo, si sono svegliati tardi, evidentemente solo dopo che le ultime rilevazioni hanno suggerito di andare a caccia di indecisi, chissà .
Sia come sia, la foto c’è, dopo che il premier, nei giorni scorsi, aveva banalizzato l’appuntamento elettorale paragonando l’Umbria, per numero di abitanti, alla provincia di Lecce.
Un modo, non particolarmente felice, per sostenere che l’esito del voto sarebbe stato irrilevante. E non è banale il fatto che quella foto sia, in assoluto, la prima immagine con tutti i leader (tranne Renzi, ma su questo torneremo), dalla nascita del governo gialloverde, finora accompagnata da una certa timidezza nel mostrarsi assieme rispetto alla disinibita e ostentata complicità tra Salvini e Di Maio, nella precedente esperienza.
Ecco, l’evento di Narni è una novità politica, anche se vissuta con accenti diversi, parole diverse, sorrisi e posture diverse: con grande slancio da parte di Nicola Zingaretti e Roberto Speranza, più convinti della necessità di trasformare questa alleanza in una compiuta coalizione politica, con malcelato distacco da parte di Luigi Di Maio, piuttosto imbronciato nei panni del “frenatore” di questa prospettiva e freddino con Conte, con compiacimento dal premier perchè pensa che la costruzione della sua leadership passa per la “politicizzazione” dell’alleanza e non più per il suo essere “terzo”.
E, nell’evento odierno, non è secondaria neanche la coesione mostrata sulla manovra, soprattutto dopo spettacolo dell’ultima settimana, con una approvazione “salvo intese” e una riscrittura dopo pochi giorni a causa della tensione tutta interna al Movimento, tra il capo politico e l’inquilino di palazzo Chigi. Se alle parole seguiranno comportamenti conseguenti, dovremo aspettarci, in Parlamento, un percorso più lineare rispetto a quello vissuto finora.
Proprio nel timing dell’ultimo momento e nella sua estemporaneità c’è tuttavia una buona dose d’azzardo. Parliamoci chiaro: più che il “chi”, nelle elezioni di domenica, conterà il “come” perchè la vittoria di Salvini sembra essere piuttosto scontata. E non solo per il modo in cui si è andati al voto, dopo che la giunta del Pd è stata travolta dagli scandali. Ma per un trend di lungo periodo.
Già nel 2014 quando la Lega non era a due cifre, il centrodestra perse per soli 13mila voti, poi negli
anni successivi ha conquistato tutte le roccaforti urbane, da Perugia a Terni, da Orvieto a Todi e adesso governa due terzi di comuni locali.
Una vittoria della coalizione Pd-M5s sarebbe, in questo quadro, pressochè un miracolo. Il rischio è che l’esito elettorale possa sporcare l’immagine unitaria costruita l’ultimo giorno o, peggio, di colpirlo al cuore. Dipende dal “come”.
C’è un numero che, domenica notte, testerà la tenuta dell’esperimento, ed è “quota 39”, ovvero la somma dei voti raccolti alle Europee dal Pd (25 per cento) e dal Movimento (14 per cento, ben lontano dai fasti delle politiche).
È in questa macchina della verità che ciò che oggi appare come un retropensiero malizioso diventerà dinamica politica. La non presenza di Renzi (o dei suoi) a Narni è un modo per differenziarsi dalla sconfitta e nella sconfitta, separando la collaborazione di governo dall’alleanza strategica Pd-Cinque stelle, come ha spiegato alla Leopolda.
E c’è il rischio che un esito non entusiasmante del Movimento possa dar fiato alle trombe di coloro che questo abbraccio col Pd l’hanno subito e vogliono un ruolo più autonomo, secondo uno schema speculare a quello di Renzi per cui un conto è il governo altro è la costruzione di una alleanza politica. Non è un dettaglio che l’accelerazione, proprio all’ultimo giorno, per scattare una foto tutti assieme sia arrivata proprio da Luigi Di Maio, il più riottoso. È lui che ha fatto in modo che Conte ci mettesse la faccia, dopo esserne stato alla larga. Inevitabilmente anche il premier starà dentro il risultato, non “terzo” rispetto alla sconfitta.
Ecco, il rischio è questo.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
“LA LEGA USA I PIU’ DEBOLI PER ALIMENTARE LA PAURA, IO PROPONGO UN MODELLO DI DEMOCRAZIA PARTECIPATA”
“Noi siamo una regione inclusiva, da sempre aperta ad aiutare i più deboli: immigrati, lavoratori,
studenti che non si possono permettere l’università . Dall’altra parte c’è la Lega, che usa i più deboli per alimentare paura con slogan da piazza. Ma Salvini fa gli interessi suoi, non quelli degli umbri”.
A meno di 48 ore dall’inizio del voto in Umbria, e nell’ultimo giorno di campagna elettorale, Vincenzo Bianconi, il candidato della coalizione che comprende PD e M5S, parla a TPI di cosa è in gioco in queste elezioni regionali, illustrando le politiche che vorrebbe mettere in campo e in cosa il suo modello si differenzia da quello della destra.
Il tutto in una sfida, quella di domenica, che ha messo l’Umbria al centro del dibattito nazionale. La coalizione PD-M5S, in questa prima prova di alleanza politica, si gioca molto.
Qui in Umbria in tanti, compresi molti esponenti politici di centrosinistra, ritengono che la regione si sia retta per decenni su un modello assistenziale ormai insostenibile. Qual è a suo parere il nuovo modello di sviluppo che può rilanciare la regione?
Il termine “assistenzialismo” non mi piace e non lo userei in questo contesto. Di sicuro questa regione non ha avuto il coraggio di fare scelte di campo. Abbiamo sempre mediato, come del resto è avvenuto in tutta Italia. A me piace sempre prendere come esempio la Germania, che dopo la caduta del muro si è messa in discussione come popolo. Hanno costruito dalle difficoltà un modello che dopo anni di sacrifici li ha portati a diventare una nazione con un benessere diffuso. L’Umbria, in maniera analoga, si deve mettere in discussione. Non sarà un presidente o una giunta regionale a cambiare il motore della regione. Serve comunque una visione di prospettiva da qui ai prossimi 20 anni, sulla base della quale costruire la risoluzione dei problemi quotidiani. Non si può continuare a fare programmazione politica in un’ottica clientelare e di breve periodo, altrimenti le nostre città non si evolveranno mai.
Le persone devono tornare ad essere al centro della politica e partecipi dei processi e delle scelte che condizioneranno la loro vita. Per questo ho proposto un modello di democrazia partecipata, che riavvicinerà le persone alla politica. Saranno le persone a decidere in funzione dei loro ambiti. La politica non starà più chiusa nei palazzi, ma andrà nelle comunità .
Quando parla di democrazia partecipativa, un tema caro al Movimento Cinque Stelle, a cosa si riferisce esattamente? L’approvazione di leggi proposte dal Consiglio regionale passerà per un voto popolare, come avviene sulla piattaforma Rousseau?
Non è esattamente così che si svolgeranno le cose. Ci saranno momenti di informazione, di discussione, tavoli di lavoro sui territori che permetteranno alle persone di identificare delle priorità . Sulla base di queste informazioni, gli organi istituzionali decideranno scelte e modalità di sostegno in termini di bandi di finanziamento e processi di sviluppo.
Lei ha detto che, in caso di vittoria, sceglierà gli assessori sulla base di un bando pubblico finalizzato a individuare le figure più competenti. Diversi esponenti del PD con cui abbiamo parlato non sembrano condividere questo metodo, e temono una eccessiva svalutazione e delegittimazione della politica.
L’idea di selezionare in questo modo la giunta è legata inscindibilmente alla mia decisione di accettare la candidatura, quindi fa parte in maniera strutturale della proposta che abbiamo formulato come coalizione. Vogliamo cambiare davvero la gestione di questa regione, e questo non si fa per slogan ma con un metodo. Fa parte del metodo anche la selezione degli assessori per competenze ed esperienze. Ma, ribadisco, sarà sempre una scelta di coalizione. Non mi sveglierò la mattina e sceglierò tutto da solo, si tratterà di decisioni collegiali. Gli assessorati li costruiremo sulla base dell’aggregazione di materie che possano creare valore per questa regione.
Mi può elencare le 2-3 leggi più importanti che vorrebbe far approvare nel primo anno di presidenza, per iniziare un percorso di rilancio di una regione che ha avuto 170 crisi industriali negli ultimi anni e che cresce meno delle altre?
Quando parlo di democrazia partecipata mi riferisco anche al fatto di riportare le comunità economiche al centro del dibattito. La Regione nei prossimi anni gestirà 2 miliardi di euro da fondi comunitari. Sono soldi da investire in un ampio disegno di sviluppo, altrimenti si riveleranno inutili. Quanto alle proposte specifiche, noi puntiamo molto sullo sviluppo green e l’economia circolare. Vogliamo realizzare misure volte al recupero delle aree industriali dismesse. Costituiremo un consorzio a partecipazione regionale per facilitare l’accesso al credito per le nostre medie e piccole aziende, così che possano avere sufficienti risorse per competere. Inoltre, puntiamo alla creazione di un “competence centre” rivolto ai giovani per aiutarli a scegliere un percorso formativo e di ampliamento delle competenze. In questo modo quei giovani saranno al passo con il processo di sviluppo della regione. In Umbria ci sono molte aziende che cercano persone da assumere ma non ne trovano di qualificate e funzionali al loro disegno strategico. Aggiungo anche l’attenzione che metteremo ai bandi pubblici, che non saranno improntati solo al massimo ribasso, ma anche ad un’attenta valutazione sulla ricaduta sociale degli investimenti. Verranno premiati i progetti che garantiscono la qualità dei contratti di lavoro.
Siccome ha parlato di bandi pubblici, il pensiero non può non andare agli scandali che hanno fatto cadere la giunta Marini. Lei che parere dà della vicenda Sanitopoli?
La sanità di questa regione fa parte delle eccellenze italiane. Non lo dico io, lo dicono gli indicatori nazionali, che ci vedono tra le tre migliori regioni in Italia in questo ambito. Come risultato di questa buona gestione, infatti, abbiamo in dote quattro milioni in più da investire, che useremo per la riduzione delle liste d’attesa. Lo scandalo a cui si riferisce non è inquadrabile come uno “scandalo-sanità ”, quanto piuttosto come uno scandalo legato ai concorsi, che infatti è stato definito “concorsopoli”. È chiaro che quanto emerso in quella vicenda è sbagliato, inaccettabile, che una regione deve garantire che merito e trasparenza siano al centro. Difatti non solo nella sanità , ma in tutti gli ambiti i concorsi pubblici che faremo saranno inattaccabili. Lavoreremo per questo e la tecnologia ce lo consente.
Lei ha detto di venire da una famiglia non politicizzata, e si è discusso del fatto che, in passato, alle elezioni comunali a Norcia votò per un candidato di centrodestra. Le chiedo: la differenza tra destra e sinistra secondo lei esiste ancora? E se sì, qual è?
Io ho sempre valutato le persone e i progetti. In passato ho votato una lista civica di orientamento di centrodestra, perchè c’era un sindaco che da 6 anni amministrava la città e aveva un approccio corretto sulla ricostruzione post-terremoto. L’ho considerata quindi la scelta più giusta per mia comunità . Alle elezioni precedenti avevo votato Francesco Filippi, candidato sindaco in una lista civica di orientamento di centrosinistra L’elezione ancora precedente, ho votato per Gianpaolo Stefanelli, poi diventato sindaco, anche lui espressione di una lista di centrosinistra. Non mi sono mai legato ai partiti, ma a un’idea di sviluppo e di concretezza.
Quindi la differenza tra destra e sinistra non c’è?
Ci sono sicuramente degli approcci diversi, che sono venuti fuori anche in questa campagna elettorale. Sul fronte opposto al nostro, a fare campagna elettorale sono stati i leader nazionali, utilizzando come strumento principale la paura e l’odio contro i deboli. È chiaro che questo segna una differenza tra le due proposte di gestione della regione. L’Umbria è sempre stata inclusiva e un modello in tanti ambiti. In questa regione gli studenti con problemi economici trovano accoglienza come da nessun’altra parte in termini di vitto e alloggi universitari.
Ha appena parlato della destra che alimenta la paura. Lei sul fronte dell’immigrazione come intende muoversi? Contrasterebbe apertamente, ad esempio, i decreti sicurezza e le conseguenze che hanno avuto sul territorio (pensiamo agli Sprar e ai Cas)?
Io credo che l’integrazione nella nostra comunità debba avvenire attraverso il lavoro. Siamo una piccola regione, è possibile creare integrazione sociale con piccoli gruppi di immigrati che si collocano nelle nostre comunità e che danno indietro un aiuto in termini di gestione, ad esempio nella manutenzione che comuni spesso riescono a fare. Altre forme di integrazione legate al lavoro devono poi essere definite comune per comune a seconda delle esigenze della amministrazioni locali.
Perchè gli umbri dovrebbero temere una vittoria della destra a trazione leghista?
Per diverse ragioni: innanzitutto c’è il progetto di legge nazionale sulle autonomie, che per l’Umbria sarebbe un pericolo. La nostra regione non è in grado di tenersi in piedi solo con le proprie risorse, e il progetto autonomista comporterebbe un drastico cambio nella gestione dei servizi. In secondo luogo c’è la questione già analizzata della chiusura verso immigrati e soggetti più deboli. Aggiungerei il progetto di privatizzare sempre di più nel settore della sanità , che noi invece vogliamo mantenere pubblica. In generale direi che noi parliamo di contenuti, mentre dall’altra parte si sentono slogan da piazza.
Può farmi il nome di un amministratore locale a cui si ispira e che prenderebbe come modello per la gestione della regione?
Sicuramente il sindaco di Milano Beppe Sala: è il mio eroe. Il motivo? La sua visione di futuro, il suo coinvolgimento della città nelle scelte e i risultati che ha ottenuto in una piazza come quella di Milano.
Qual è, in due parole, il suo giudizio su Matteo Salvini?
Credo che l’approccio che sta avendo Salvini in questa campagna elettorale non sia utile agli umbri. Lui sta portando in questo territorio interessi che non sono quelli degli umbri, ma i suoi. Questo non lo considero corretto.
(da TPI)
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Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
“PRIMO PASSO PER L’AVVIO DI UNA INTERLOCUZIONE DIRETTA TRA LE PARTI”
Il Viminale archivia la politica “porti chiusi” dell’era Salvini e apre a un nuovo dialogo sul tema dell’immigrazione.
La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha infatti incontrato questa mattina le organizzazioni impegnate nella azioni di salvataggio nel Mediterraneo.
Una riunione, che secondo le fonti, viene definita come un “primo passo per l’avvio di una interlocuzione diretta tra le parti”.
Le Ong, fanno sapere in una nota, hanno apprezzato la riapertura di un dialogo e auspicano che sia il punto di partenza perchè tutti gli attori coinvolti tornino a collaborare in modo efficace per la salvaguardia della vita umana in mare.
I rappresentanti di Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Open Arms, Pilotes Volontaires, Sea Eye, Sea Watch e Sos Mediterranee hanno ribadito i punti fondamentali per ripristinare un sistema di soccorso efficace, in grado di garantire il rispetto della vita e dei diritti umani, contenendo morti e sofferenze: rimettere al centro l’obbligo del soccorso di cui gli stati hanno la principale responsabilità , nel rispetto dei trattati internazionali, evitando pericolosi ritardi, omissioni di intervento e mancanza di comunicazione sulle imbarcazioni in difficoltà .
Inoltre le organizzazioni hanno sottolineato la necessità di porre fine alle intercettazioni da parte della guardia costiera libica, che riporta le persone in Libia in violazione del diritto internazionale. L’obiettivo è quello di definire, con il coinvolgimento europeo, un sistema preordinato di sbarco in un vicino porto sicuro, evitando ai naufraghi giorni di attese in condizioni fisiche e psicologiche di grande vulnerabilità , come accade anche oggi per la nave Ocean Viking bloccata in mare da cinque giorni con 104 persone a bordo.
(da agenzie)
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Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
“DA SALVINI SOLO PROMESSE, IL NUOVO GOVERNO METTERA’ IN PAGAMENTO GLI STRAORDINARI DEL 2018”… “VA AUMENTATA LA CIFRA STANZIATA, MA ALMENO ORA CI RICEVONO E SI DISCUTE”
Dopo l’incontro con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, i sindacati del comparto delle forze
dell’ordine hanno ottenuto uno stanziamento di maggiori risorse che non è però sufficiente per far fronte a tutte le problematiche, dal rinnovo del contratto agli straordinari non pagati alla polizia. Daniele Tissone, segretario generale della Silp, spiega a Fanpage.it cosa è cambiato rispetto a quando al governo c’era Matteo Salvini come ministro dell’Interno.
L’incontro c’è stato. E già questo è un passo avanti. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha incontrato negli scorsi giorni i sindacati del comparto delle forze dell’ordine. Un colloquio richiesto da questi ultimi per poter mettere in luce alcuni problemi da affrontare prima della stesura della manovra. L’incontro è arrivato a legge di Bilancio quasi completata, ma sicuramente è un piccolo passo in avanti rispetto a quanto fatto dal governo precedente. Ma non è ancora sufficiente e le risorse (per ora promesse) che dovranno essere stanziate per le forze dell’ordine non sono abbastanza.
Contattato da Fanpage.it, il segretario generale della Silp (il Sindacato italiano dei lavoratori di polizia), Daniele Tissone, spiega com’è andato il colloquio a Palazzo Chigi e perchè la strada è ancora in salita.
La speranza per le forze dell’ordine, sottolinea Tisosne, è che “la manovra non è ancora scritta, non è definitiva, quindi qualche margine lo abbiamo”.
Le richieste presentate dai sindacati erano varie: il pagamento degli straordinari arretrati, i fondi per il riordino delle carriere e il rinnovo del contratto, con la “possibilità di recuperare dopo nove anni un reddito che ha ridotto il potere di spesa” delle forze dell’ordine.
E sicuramente, per quest’ultimo caso, “le cifre messe a disposizione non soddisfano: sono inferiori anche all’ultimo contratto”, risalente alla scorsa legislatura, quando al governo c’era il Pd.
Sul rinnovo del contratto Tissone chiede un ulteriore sforzo al governo per “raggiungere almeno” le cifre previste dallo scorso contratto, quando si parlava mediamente di circa 127 euro lordi mensili.
In questo caso “la cifra è inferiore”. I sindacati, inoltre, si aspettavano di più anche per le risorse messe a disposizione per il riordino dell’intero comparto: sono previsti 60 milioni, mentre “noi speravamo che 60 fossero per la sola polizia, per cui, invece, ce ne sono 15”.
Ogni ragionamento può iniziare se di milioni ce ne fossero almeno 30, che comunque “già sono pochi, figuriamoci 15”, ribadisce il segretario della Silp Cgil.
Gli straordinari non pagati alla polizia
Una delle questioni più discusse degli ultimi mesi è quella degli straordinari del 2018 non pagati agli agenti di polizia, con le proteste dei sindacati per le promesse non mantenute dall’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che non ha stanziato i soldi per pagare il lavoro già effettuato.
Conte ha assicurato “che verranno pagati quelli del 2018”, ma il problema — ricorda Tissone “riguarda anche l’anno in corso”.
Il presidente del Consiglio ha assicurato che troverà le risorse e ha precisato che si opererà per superare il limite alla dotazione di legge proprio per evitare che si presenti nuovamente il problema.
Ora, quindi, si dovrebbe procedere ai pagamenti ma i tempi “non dovrebbero essere ristrettissimi, anche se mi auguro che siano rapidi”.
Il passo avanti, rispetto al precedente governo in cui Matteo Salvini era ministro dell’Interno e prometteva più risorse per il comparto delle forze dell’ordine, c’è stato: “Con il vecchio governo non ricordo un confronto in sede di manovra finanziaria”, sottolinea Tissone. “Stavolta abbiamo chiesto un incontro e Conte ci ha incontrato, è sempre un fatto positivo — prosegue —. Con l’altro esecutivo il confronto proprio non c’è stato perchè non c’erano i soldi, con il ministro Salvini c’è stata una mirabolante serie di promesse, ma i risultati sono stati praticamente zero”.
Con Salvini non c’è stata discussione, “ci ha detto che se ne parla nel 2020: ora la situazione è migliorata, trovo un clima migliore, c’è discussione”.
Una discussione che può esistere solo “quando c’è qualcosa, prima non c’era niente, non abbiamo mai potuto ragionare di contratto, oggi almeno registriamo che qualcosa si muove”.
Ovviamente l’aspettativa è che il governo metta in campo “maggiori risorse, vorremmo fossero di più e faremo in modo di incalzare il governo. Ma almeno ora stiamo discutendo su qualcosa, c’è una base di discussione che prima neanche c’era”. Adesso c’è da aspettarsi qualche modifica alla legge di Bilancio, con le risorse per le forze dell’ordine da stanziare. E in caso di necessità , se servirà mobilitarsi, assicura Tissone, “se riterremo di farlo di certo non sarà un problema”.
(da Fanpage)
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Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
IL M5S HA UN SERIO PROBLEMA CON LA DEMOCRAZIA: I LAVORATORI HANNO DIRITTO DI SCIOPERARE E PERDONO UN GIORNO DI STIPENDIO… DI MAIO E LA RAGGI IMPARINO IL RISPETTO VERSO CHI LAVORA
Il MoVimento 5 Stelle, lo abbiamo scritto più volte, ha un serio problema con la democrazia. Lo ha dimostrato una volta di più, caso mai fosse necessario, la sindaca di Roma Virginia Raggi che ha attaccato i sindacati dicendo che “tengono in ostaggio” la città e dichiarato che “la maggior parte dei cittadini è stanca di scioperi ingiustificati”.
Ora fortunatamente per noi non è la Raggi a dover decidere del diritto di sciopero dei lavoratori. Ed anzi probabilmente a Roma lo sciopero generale non ci sarebbe stato se l’Amministrazione avesse risolto (leggi: lavorato) i problemi di Roma Metropolitane, AMA, ATAC o Roma Multiservizi.
Cosa che in questi tre anni non è stata fatta, come ben sanno i romani che hanno già iniziato ad essere stufi, ma di Virginia Raggi.
Diverso è invece il caso di Luigi Di Maio, che oggi fa il ministro degli Esteri ma che fino a due mesi fa era il ministro del Lavoro.
Ospite ad un giorno da pecora Di Maio ha detto «è mai possibile che tutti gli scioperi si facciano di venerdì? La storia che alcuni sindacati fanno sempre sciopero il venerdì per fare il weekend lungo, mi sembra ormai una questione indecente, è un po’ sospetto».
Il ministro ritiene di essere “insospettabile” perchè «da ministro avevo proposto il salario minimo e il decreto dignità » ma in realtà quello che ha detto è abbastanza chiaro.
È esattamente lo stesso discorso che fanno quei libtard che sono contro il diritto di sciopero (un diritto garantito dalla Costituzione) e pensano che scioperare sia come andare a fare il weekend a Cortina.
Ed è la dimostrazione che nei 14 mesi trascorsi al Ministero del Lavoro Di Maio non sapeva che cosa stava facendo. Perchè altrimenti saprebbe che a chi sciopera viene tolto un giorno di stipendio, e per chi guadagna un migliaio di euro al mese (non diecimila come Di Maio) anche un giorno può fare la differenza.
Certo, bisogna aver lavorato — e scioperato — per poterlo capire. Chissà cosa ne penseranno i lavoratori della Whirlpool, che sciopereranno giovedì 31 ottobre, proprio prima del ponte di Ognissanti.
Chissà cosa dirà Di Maio, anche per loro dirà che lo fanno per fare qualche giorno di ferie in più? Immaginiamo di no, perchè 420 di quei lavoratori da novembre un lavoro non ce l’avranno più. E se sono in quella situazione è proprio per merito del buon lavoro svolto da Di Maio. Ma a Di Maio i lavoratori evidentemente piacciono solo quando gli cantano «dai Di Maio non mollare, dai Di Maio non mollare» sotto al Ministero.
E così mentre la sindaca di Roma insulta i sindacalisti l’ex ministro del Lavoro nonchè Capo Politico del M5S insulta direttamente i lavoratori la cui unica colpa è di lottare per i propri diritti.
Diritti che sono stati negati dalla mancanza di capacità dell’Amministrazione capitolina, che non ha saputo ascoltare le istanze e le rivendicazioni dei lavoratori.
«Così non si crea un torto alla politica, ma ai cittadini che devono tornare al lavoro» dice Di Maio mentre cerca di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri.
Non una parola sulla vertenza di Roma Multiservizi, con la Raggi che ha sospeso i pagamenti del Comune e l’azienda che ha tagliato gli stipendi del 30%. Senza dimenticare di quando l’ex assessora Paola Muraro aveva promesso che il Comune avrebbe assunto i dipendenti della società . No: per il M5S è meglio scaricare la colpa sui lavoratori e sui sindacati, non sia mai che anche i politici — la cast
avrebbe detto qualcuno tempo fa — dovesse trovarsi ad assumere le proprie responsabilità . Ed a proposito di responsabilità ricordiamo a Di Maio che i lavoratori non scioperano per fare un giorno di vacanza, mentre lui al Ministero del Lavoro ha lasciato in sospeso 158 crisi aziendali perchè era troppo impegnato a fare il vicepremier, il capo politico e il bisministro.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
DISAGI IN TUTTA LA CITTA’ PER L’AGITAZIONE INDETTA DALLE PARTECIPATE DEL COMUNE
Lo sciopero dei lavoratori delle aziende partecipate del Campidoglio, scesi in piazza a Roma contro
l’amministrazione Raggi – paralizzando di fatto la città – riaccende lo scontro tra Pd e M5S. Proprio nel giorno in cui in Umbria i due partiti chiudono insieme la campagna elettorale a sostegno di Bianconi, il candidato comune per la presidenza della Regione.
A infiammare la protesta a Roma, mentre migliaia di dipendenti protestano contro l’amministrazione pentastellata, è un tweet della sindaca. “Una minoranza di sindacalisti prova a tenere in ostaggio una città di 3 milioni di abitanti: di lavoratori, di madri e padri che ogni giorno accompagnano i propri figli a scuola, di studenti e pendolari. La maggioranza dei cittadini è stanca di scioperi ingiustificati” dice Viriginia Raggi che nei giorni scorsi aveva chiesto, invano, la revoca dello sciopero.
Parole che hanno gettato benzina sul fuoco della protesta, la lettura in piazza del tweet della prima cittadina è stata accolta da fischi e urla “Vergogna, dimettiti”.
“Si chieda se è lei la minoranza in questa città che non la vuole. Lo sciopero è riuscito perchè la città è nel degrado”, ha attaccato il segretario della Cgil di Roma, Michele Azzola. “Migliaia di romani, dipendenti delle municipalizzate, da mesi vengono umiliati dalla giunta Raggi – ha detto invece il segretario del Pd del Lazio, Bruno Astorre – Oggi in massa scioperano rimettendoci soldi propri, perchè è l’unico strumento rimasto. E la sindaca li offende con parole vergognose, arroganti, indegne di un sindaco. Lo sciopero è un diritto assoluto. Oggi Roma è bloccata dal malgoverno della Raggi, non da lavoratori esasperati”.
“Dopo tre anni dall’elezione di Raggi abbiamo una Roma abbandonata. Oggi il mondo del lavoro è totalmente in crisi e sta rischiando per la gestione di questa amministrazione”.
Commenta Ermenegildo Rossi, rappresentante dell’Ugl. Per Alberto Civica, della Uil, “Roma non si
merita di essere governata così. Questo sciopero generale è stato indetto il primo ottobre quando è stato chiesto l’intervento della forza pubblica contro i lavoratori di Roma Metropolitane, in prevalenza donne. Vergogna: su questo fatto certo che è uno sciopero politico”.
Per Natale di Cola della Cgil i dati di adesione allo sciopero sono “la dimostrazione del grande malessere vissuto dai lavoratori che hanno capito ragioni dello sciopero per fermare il degrado”. Anche a causa, sottolinea Carlo Costantini della Cisl, “del patto con la sindaca Virginia Raggi, Fabbrica Roma, che non è mai partito”.
“Raggi si vergogni, sono tre anni che con i continui cambiamenti di assessori, cda e dirigenti tiene in ostaggio le aziende municipalizzate, impedendo ai cittadini di avere i servizi che meritano. Sporcizia, trasporti inesistenti e buche sono un marchio indelebile”. Rincara la dose il capogruppo dem capitolino, Giulio Pelonzi.
“Oggi in piazza – ha aggiunto – non ci sono solo i lavoratori e i sindacati, ma tutte le forze politiche e tanti cittadini romani. Tutti gridano le stesse parole: Raggi dimettiti. In piazza c’è tutto il centrosinistra, dal Pd a Ciaccheri, Fassina, Peciola. Siamo tutti qui con unità ed entusiasmo, pronti – ha concluso – a costruire un progetto alternativo contro la Lega e la Giunta Raggi”.
Intanto questa mattina a partire dalle 8 la città si è bloccat
I trasporti
La metro A ha lievi riduzioni di corse, la B/B1 è attiva, mentre la linea C è chiusa. La Roma-Lido, che è stata chiusa nella prima mattinata, dalle 10 è stata riaperta. A singhiozzo anche le corse di bus e tram. Tornerà tutto regolare dalle 17 alle 20, durante la fascia di garanzia. Non vengono garantiti nemmeno i seguenti servizi: sportello al pubblico, contact center 0657003, check point di Laurentina e Aurelia, info box alla stazione Termini. Non saranno garantiti, poi, i servizi di informazione sui siti muoversiaroma.it, romamobilita.it e il presidio sui canali social gestiti da Roma Servizi per la Mobilità . L’adesione del personale Atac, rilevata in mattinata, è stata pari al 29,3%
Le scuole
A causa dello sciopero della Multiservizi, vengono erogati soltanto i servizi minimi essenziali. A dirlo sono cartelli messi davanti all’ingresso delle scuole. “Per i bambini piccoli – spiegano da Ge.ni.ma, l’associazione Genitori Nidi e Materne – significa non avere supporto quando vanno in bagno e non avere il pasto mensa, oltre ad aule e bagni puliti”. Ciononostante anche mamme e papà , dalle 10, sono in Campidoglio per “esprimere solidarietà a lavoratori e lavoratrici. Dal 15 ottobre circa riceviamo segnalazioni di disservizi in merito a chiusura delle scuole anticipate e carenze gravi sul servizio di refezione scolastica”.
I rifiuti
Oggi hanno scioperato anche 7500 dipendenti Ama. Certo, circa 400 operatori sono già precettati. L’adesione sarebbe stata del 38%. La raccolta su strada risentiva già in questi giorni delle assemblee programmate in vista dello sciopero. E i cassonetti, anche stamattina, erano stracolmi in diversi punti della città . Il futuro di Ama è il casus belli dello sciopero: dal 2017 l’azienda è ancora senza bilancio approvato. Arrivando al terzo anno in rosso, si aprirebbe la strada del fallimento.
Musei e uffici comunali
Lo sciopero coinvolge anche circa 900 lavoratori di musei e uffici comunali. Chiuse le farmacie Farmacap, idem per gli uffici che si occupano di condono e riscossione. Aperti anagrafi, ufficio commercio e quelli degli altri dipartimenti diretti del Campidoglio.
(da agenzie)
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Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
L’INIZIATIVA DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO E DEL VATICANO: DOCCE E LAVATRICI PER I SENZATETTO
Dare concretezza all’esperienza di grazia dell’Anno Giubilare della Misericordia: questo l’invito del Papa, accolto con il gesto della Elemosineria apostolica e dalla Comunità di Sant’Egidio di Genova, che nel pomeriggio hanno inaugurato nel capoluogo ligure la “Lavanderia” e le docce di Papa Francesco, un servizio gratuito dedicato alle persone più povere e a quelle senza fissa dimora perchè possano lavare, asciugare e stirare i propri indumenti, vestiti e coperte e anche provvedere all’igiene personale.
«Un luogo e un servizio per dare forma concreta alla carità e al tempo stesso intelligenza alle opere di misericordia per restituire dignità a tante persone che sono nostri fratelli e sorelle, chiamati con noi a costruire una “città affidabile” – ha scritto in una nota il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa – La “Lavanderia” e il servizio docce saranno gestiti dalla Comunità di Sant’Egidio Liguria insieme con gli altri servizi di accoglienza e assistenza delle persone più povere».
Nei locali destinati a questo servizio ci saranno detersivi, ammorbidenti e detergenti per la persona, oltre a lavatrici, asciugatrici e ferri da stiro donati dalle multinazionali Procter & Gamble e Whirlpool, che già nel 2017 hanno contribuito all’apertura di una “Lavanderia” simile a Roma.
A promuovere e coordinare questo progetto è stato il gruppo industriale Procter & Gamble Italia, che dal 2015 dona rasoi e schiuma da barba e altri prodotti alla barberia per i poveri del Colonnato di San Pietro: «Un gesto concreto, parte dell’impegno dell’azienda nella cittadinanza d’impresa – ha detto Riccardo Calvi, responsabile comunicazione istituzionale di P&G Italia – con l’obiettivo di migliorare, anche di poco, le condizioni di vita di chi è in difficoltà ».
(da agenzie)
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