INTERVISTA AL POLITOLOGO D’ALIMONTE: “DRAGHI NON LO FONDERA’, MA IL SUO SAREBBE IL PARTITO PIU’ VOTATO”
“È IL CANDIDATO NATURALE AL QUIRINALE, MA DUE FATTORI GIOCANO CONTRO DI LUI”
Professor Roberto D’Alimonte, tra meno di un mese i grandi elettori sceglieranno il successore di Sergio Mattarella. Lei vede Mario Draghi traslocare sul Quirinale, alla fine dei giochi, resterà a Palazzo Chigi?
Draghi è il candidato “naturale” per andare al Quirinale. Ha tutte le qualità che servono a un presidente della Repubblica in questa fase complicata della nostra vita politica.
Eppure, un accenno di disponibilità da parte sua nella conferenza stampa di fine anno non è stato esattamente accolto con i fuochi d’artificio dai partiti. In più, per ora, c’è Silvio Berlusconi sulla sua strada.
Giocano contro il premier due fattori. Il primo va sotto il brutto nome di “commissariamento”. Nei partiti che lo devono eleggere è diffusa la convinzione che sarebbe un inquilino scomodo e troppo ingombrante al Quirinale. Il secondo è il rischio di elezioni anticipate: Draghi capo dello Stato vuole dire crisi di governo. E una crisi di governo si sa come comincia, ma non si sa come finisce.
Non basterebbe a tranquillizzare il “partito dello status quo” lo scenario per cui l’elezione di Draghi al Quirinale comprenderebbe anche un’intesa sul suo successore a Palazzo Chigi, e dunque un nuovo patto di maggioranza ?
Dovrebbe essere così. Ma non è detto. Ci sono partiti dentro il governo (Lega) e fuori del governo (Fdi) che hanno interesse alle elezioni anticipate. Il momento per loro è favorevole, i sondaggi danno il centrodestra vincente. Mentre il centrosinistra è un cantiere aperto: Pd e M5S devono ancora decidere che fare. Insomma, il rischio di elezioni anticipate c’è ed è concreto. E visto che tanti, per motivi economici e politici, non le vogliono è meglio che Draghi resti dove è. Questo è il ragionamento che molti parlamentari fanno
Vero. Ma se Draghi non fosse eletto non ci sarebbe comunque il rischio di elezioni anticipate ? Difficile, a quel punto dire: abbiamo scherzato.
È possibile. Infatti non è detto che dopo la sua mancata elezione al Quirinale Draghi resti a Palazzo Chigi a qualunque condizione. Dipenderà da chi sarà eletto e con quale maggioranza. Dall’agibilità di manovra che avrà, in sostanza. Draghi stesso ha detto di considerare improbabile che la spaccatura dell’attuale maggioranza di governo sull’elezione del presidente possa non avere conseguenze sulla tenuta del governo. Non crede a questa “magia”.
Lei quale epilogo preferirebbe ?
Penso che sia meglio per il Paese che Draghi succeda a Mattarella, a condizione che si trovi un accordo solido su un governo di transizione che porti gli italiani a votare alla scadenza naturale. Sette anni al Quirinale valgono di più di un anno a Palazzo Chigi. Anche perché dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato entreremo in una fase politica ancora più complicata che rischia di logorare l’immagine del premier.
C’è però un ulteriore scenario: Draghi a Palazzo Chigi anche dopo le elezioni del 2023. Realistico?
È molto improbabile, a mio avviso. Potrebbe succedere se le prossime elezioni non dessero la maggioranza assoluta dei seggi al centrodestra. I sondaggi di oggi e la frammentazione del centrosinistra però dicono che non sarà così. Potrebbe succedere se cambiasse la legge elettorale e fosse reintrodotto un sistema proporzionale, ma neppure questa mi sembra una prospettiva credibile. Infine, potrebbe succedere se la pandemia si aggravasse e il paese precipitasse in una grave crisi economica e finanziaria. E questo spero proprio che non accada. In ogni caso stiamo attraversando una fase di tale volatilità che le mie risposte di oggi potrebbero non valere domani. Nel giro di poco tempo tutto può cambiare.
Mattia Feltri su Huffpost ha ipotizzato che il centrosinistra indichi Draghi come il suo candidato alla guida del governo alle prossime elezioni. Una ”ultima grande carta da calare sul tavolo” se Berlusconi si impunta. Sarebbe una soluzione per mantenere la credibilità dell’Italia?
Ho letto la proposta. In pratica Draghi dovrebbe essere per il centrosinistra di oggi quello che Prodi è stato ieri. È una idea interessante ma molto difficile da realizzare. Primo, non credo che Draghi accetterebbe. Secondo, non credo che Pd e M5s possano trovare un accordo su questo. Ma l’obiezione più importante è una terza: Draghi non è Prodi. Ha un suo specifico bacino elettorale, ma gli elettori che volessero votare il candidato Draghi dovrebbero votare una delle liste della sua coalizione, cioè Pd, M5s o altri. E questo limita il suo appeal e di conseguenza il vantaggio che al centrosinistra deriverebbe dalla sua candidatura. Sarebbe un’altra cosa se lui avesse una sua lista. Ma è uno scenario che escludo.
Perché lo esclude? Mario Monti alla fine si convinse. Anche se forse poi se ne pentì.
Draghi non ha mai manifestato alcuna ambizione politica che vada al di là della sua disponibilità a servire le istituzioni. Però le dico questo: sono assolutamente convinto che, rebus sic stantibus, oggi il “partito di Draghi” sarebbe il primo partito del Paese. Il caso di Monti è molto diverso.
Cosa glielo fa dire ?
La mia esperienza di studioso di elezioni. Oggi stiamo attraversando una fase politica simile a quella che abbiamo vissuto nel 1994 e nel 2013. Allora come oggi c’è una fortissima domanda di cambiamento, di novità, la voglia di battere strade nuove. Nel 1994 a questa domanda ha dato voce Berlusconi. Nel 2013 è stato Grillo. Anche Renzi per un momento effimero ha avuto una funzione simile. Oggi potrebbe essere Draghi. Ma come ho detto non sarà così perché non si metterà alla testa di un suo partito.
Se l’opzione Draghi candidato premier è ardua, cosa rimane in campo per evitare un ritorno all’instabilità del passato?
Nel breve termine bisogna eleggerlo alla presidenza della Repubblica mettendosi d’accordo contemporaneamente sul suo successore a Palazzo Chigi. Nel medio termine bisogna riprendere il discorso interrotto sulla riforma delle istituzioni e non solo quelle previste dal Pnrr, e cioè amministrazione e giustizia. Bisogna riprendere in mano il filo spezzato nel dicembre 2016 con il referendum sulla riforma costituzionale di Renzi .
In concreto: quante sono le probabilità che Draghi tralochi ?
Molto difficile quantificarle. Come ho detto il rischio di elezioni anticipate tende a favorire la sua permanenza a Palazzo Chigi, anche se nemmeno questo esito esclude del tutto il voto anticipato. La soluzione ideale sarebbe che Mattarella accettasse un secondo mandato, ma è altamente improbabile. A questo punto spero solo che i partiti trovino rapidamente un accordo solido e con una maggioranza ampia. Sarebbe folle buttare a mare nelle prossime settimane la credibilità che ci siamo faticosamente guadagnati da quando Draghi è diventato premier. Il rischio che corriamo è di impantanarci nuovamente. Dopo essere stati nominati dall’Economist il paese dell’anno potremmo precipitare ancora in una situazione di grave instabilità .
E se, alla fine, ce la facesse Berlusconi ?
Non credo proprio. Anche se non posso dire che questo evento abbia una probabilità pari allo zero. In ogni caso con la sua candidatura Berlusconi ha riconquistato una visibilità e una centralità che il declino elettorale di Forza Italia gli avevano fatto perdere. E’ riuscito a mettere in ombra Salvini e Meloni pur guidando il più piccolo partito della coalizione. Da questo punto di vista la sua autocandidatura è un successo, comunque vada a finire la partita. Tanto più che potrebbe sorprendere tutti e all’ultimo momento diventare lo sponsor numero uno di Draghi vestendo i panni del king maker. Per il leader di un partito con il 7-8% dei voti, non male.
Ma con Berlusconi presidente le elezioni anticipate sarebbero scongiurate, come va dicendo a qualsiasi interlocutore ?
A differenza di quanto lo stesso Cavaliere vuol fare credere con lui al Colle non si possono escludere affatto. Primo, trovo difficile immaginare che Draghi resti a Palazzo Chigi con Berlusconi al Quirinale. Secondo, è leader di un partito che stando ai sondaggi attuali avrebbe tutto da guadagnare andando al voto il prima possibile. Terzo, la Lega e Fdi – i due partiti alleati a cui dovrebbe l’eventuale elezione al Colle – vogliono il voto anticipato e a quel punto farebbero di tutto per crearne le condizioni.
(da Huffingtonpost)
Leave a Reply