LA STRATEGIA ECONOMICA DI CUI GIORGIA MELONI SI VANTA TANTO È SOLO FUFFA: LA VERITÀ È CHE IL GOVERNO TAGLIA IL WELFARE E I SERVIZI PUBBLICI, PREMIA GLI EVASORI E TOGLIE AI POVERI PER DARE AI RICCHI
LE SPESE ALLA SANITÀ SCENDONO ALLA SOGLIA MINIMA DI SOPRAVVIVENZA. E GLI INCENTIVI A CHI NON PAGA LE TASSE, TRA CONCORDATO E CONDONI, ALLARGANO L’INGIUSTIZIA SOCIALE RISPETTO AI LAVORATORI DIPENDENTI, GLI UNICI CHE PAGANO LE TASSE
L’economia italiana è in stagnazione, in un quadro internazionale difficilissimo: l’andamento del Pil si rivela (molto) peggiore del previsto e la produzione industriale è ferma da quasi due anni; con ogni probabilità, il 2025 sarà ancora più critico, per i nuovi dazi dell’amministrazione Trump.
In questo contesto, il governo ha preso la strada opposta a quella di cui avremmo bisogno. Invece di investire, decide di tagliare il welfare e i servizi pubblici, gli aiuti alle imprese e i fondi per la transizione energetica: lasciando i cittadini ancora più in difficoltà e il sistema produttivo senza una direzione e una prospettiva di rilancio. Invece di tutelare il lavoro, lo precarizza ulteriormente, facendo aumentare la povertà lavorativa. Invece di spingere gli imprenditori a crescere e a innovare, ne favorisce gli antichi mali con condoni fiscali e persistenti favori alla piccola dimensione.
C’erano alternative? Si dirà, le regole europee sono queste: il ritorno dell’austerità. Si deve però ribadire che queste regole così penalizzanti sono il frutto (anche) degli errori del governo Meloni quando ha negoziato il nuovo patto di stabilità. […] In realtà, anche con queste regole europee si poteva fare ben altro.
Intanto sul fronte delle spese: mentre il fondo per la sanità scenderà nei prossimi anni sotto il 6 per cento del Pil, soglia considerata minima per la sopravvivenza di un sistema universale, e mentre già 4,5 milioni di italiani non ce la fanno più a curarsi e vedono quindi negato un diritto universale, risaltano gli 1,5 miliardi aggiuntivi destinati in manovra al Ponte sullo Stretto, un’opera mastodontica, incerta e al momento inutile, così come le centinaia di milioni destinati ai centri di detenzione dei migranti in Albania (e lo spreco è il problema minore, in questo caso, rispetto ai diritti umani)
E poi sul fronte delle entrate. L’Italia è uno dei paesi con le più alte disuguaglianze dell’Unione: e per il 5 per cento più ricco della popolazione l’aliquota media diminuisce, addirittura, in virtù delle detrazioni e delle numerose flat tax (sugli affitti, sui redditi da capitale) di cui gode. Occorre ristabilire la progressività per questo 5 per cento privilegiato.
Occorre poi eliminare il regime forfettario per gli autonomi, che la destra ha ulteriormente esteso e che, oltre a fornire gli incentivi sbagliati (all’evasione e alla piccola dimensione), crea un’insopportabile ingiustizia rispetto ai lavoratori dipendenti […]. Quanto alla lotta all’evasione (in calo, ma pur sempre stimata a circa 80 miliardi), anche qui il governo ha scelto la strada opposta, con i condoni e anche con segnali inequivocabili come gli attacchi contro l’Agenzia delle Entrate. Le decine di miliardi che servono alla sanità, alla scuola, ai servizi pubblici, alle politiche industriale e alla transizione energetica sono qui. Altro che tagli!
Lo svilimento e la precarizzazione del lavoro sono parte del quadro.
Con il collegato Lavoro di dicembre, ad esempio, il governo ha introdotto la possibilità di utilizzare senza limiti e vincoli i contratti in somministrazione e i contratti stagionali; in aggiunta, nel 2023 aveva già liberalizzato i contratti a termine, le occupazioni intermittenti e i voucher. Ecco perché la povertà aumenta, nonostante l’espansione dell’occupazione di cui il governo si vanta tanto (ma attenzione: le ore di lavoro per occupato diminuiscono).
Nell’insieme, le scelte del governodelineano una «strategia» precisa: fatta da un lato di piccolo cabotaggio e misure spot, di favori ai gruppi amici; dall’altro, di rinuncia alle politiche industriali e per l’ambiente e di abbandono del pubblico.
(da Domani)
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