LISTE PULITE, SILVIO PRONTO ALLA CRISI: “IL DECRETO E’ UNA TRAPPOLA CONTRO DI ME”
L’EX PREMIER DECISO A TENERE IL PORCELLUM… PARTITO IN ROSSO, SEDI VERSO LA CHIUSURA…E PREPARA LA CORSA
Quel decreto sull’incandidabilità dei condannati «è una trappola».
E se davvero il governo Monti lo approverà domani, allora «tanto vale far saltare il tavolo e aprire la crisi».
Tanto più se nel Consiglio dei ministri in programma dovesse essere confermato il voto sdoppiato per regionali e politiche. Premier e ministri avvisati.
Per Silvio Berlusconi la resa al provvedimento sulle liste pulite equivarrebbe a «consegnare i partiti nelle mani delle procure».
È il provvedimento, già slittato la scorsa settimana, con il quale Palazzo Chigi conta di sprangare le porte del Parlamento ai condannati in via definitiva. Ma che per il Cavaliere costituirebbe una duplice insidia.
«Vuoi che Fini e i suoi, come hanno annunciato, non tentino di allargare le maglie ai condannati in primo grado?» sbotta il Berlusconi che in quella condizione si ritrova dal 27 ottobre scorso, data della sentenza che lo inchioda a un anno e quattro mesi per falso in bilancio.
La seconda insidia si anniderebbe nella inevitabile preclusione di tutta una serie di candidature di “condannati” e semplici inquisiti (ma fedelissimi) che il leader pensa di riservarsi al Senato.
La crisi su questo fronte non lo spaventa, anzi, gli consente di aprire la campagna elettorale sulla battaglia «contro la dittatura della magistratura politicizzata.
L’altro fronte per aprire le ostilità col governo sarebbe il mancato election day per accorpare regionali e politiche.
Guai ad anticipare il voto in Lazio e Lombardia un mese prima. Per il Cavaliere equivale a una «dichiarazione di guerra».
Daniela Santanchè lo carica: «Bersani dalla Libia dice no all’election day, Berlusconi dica sì alla caduta del governo monti». È la linea dei falchi, tornata la più ascoltata. Resta il fatto che il Colle non scioglierebbe mai le Camere prima dell’approvazione della legge di stabilità . Provvedimento che il Pdl comunque sarebbe disponibile ad approvare come previsto prima di Natale, è la linea di mediazione che nei contatti informali con Quirinale e Palazzo Chigi l’ex premier ha tenuto a far filtrare.
Oggi niente Ufficio di presidenza per discutere di primarie, come avrebbe voluto Alfano, ma nemmeno presentazione del libro di Vespa: Berlusconi torna a Roma e convoca un vertice con coordinatori, capigruppo, segretario e Gianni Letta che sa molto di consiglio di “guerra”, appunto, da crisi imminente.
«O state con me o contro di me», sarà perentorio.
A seguire, qualcuno dice già nel fine settimana, l’annuncio (video) del ritorno in campo da leader e dunque da king maker delle liste, complice la sopravvivenza del Porcellum.
Del resto, c’è molto dello zampino del Cav sul dirottamento della riforma elettorale sul binario morto al Senato.
Risultato soprattutto del violento scontro di lunedì sera in una riunione in via dell’Umiltà tra i paladini del leader Verdini e Bondi e i dirigenti più vicini ad Alfano, Gasparri e Quagliariello.
Concluso col successo dei primi.
Gli sconfitti, non domi, non si rassegnano e ieri sera hanno rilanciato in una riunione al Senato una mediazione da sottoporre oggi a Berlusconi (un terzo eletti col listino bloccato, due terzi con preferenze e premio di maggioranza oltre il 40 per cento).
Ma l’ex premier non sente ragioni. Si è convinto ormai che solo il Porcellum possa garantirgli chance di pareggio al Senato per neutralizzare la vittoria scontata di Bersani e Vendola, se l’accordo con la Lega gli consentirà di strappare i premi di maggioranza (regionali) in Lombardia e Veneto.
Senza tenere conto del fatto che, decidendo lui le liste, gli ex An potrebbero pure restare nel nuovo partito, «ma certo non potranno più pretendere il 30 per cento dei posti», va ripetendo Berlusconi.
E mentre si preparano repulisti e nuovo brand, nel Pdl fanno i conti col bilancio in rosso.
Il deficit in via dell’Umiltà è stimato in 60 milioni e ora si parla della chiusura delle sedi di Roma, Torino e Milano.
Per un partito ormai in via di liquidazione.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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