NAUFRAGIO NEL MEDITERRANEO: SOLO 17 SUPERSTITI, I MORTI POTREBBERO ESSERE 30
ALARM PHONE ACCUSA: “L’ITALIA LI HA LASCIATI MORIRE”… LA GUARDIA COSTIERA ITALIANA NON E’ INTERVENUTA E ORA ACCUSA QUELLA LIBICA (CHE PRENDE SOLDI SIA DAI TRAFFICANTI PER CHIUDERE GLI OCCHI SIA DALL’ITALIA PER FAR FINTA DI INTERVENIRE)
Trenta dispersi, dunque morti, e 17 superstiti. E’ la Guardia costiera italiana a fare il bilancio ufficiale del nuovo naufragio nel Mediterraneo dopo il ribaltamento di un gommone con 47 migranti a bordo che da sabato mattina chiedeva aiuto in zona Sar libica, 120 miglia a nord di Bengasi. Secondo la versione dei fatti della Guardia costiera italiana, la barca si sarebbe ribaltata durante il trasbordo dei migranti sul mercantile Frolen ora diretto verso l’Italia.
A darne notizia è stata la ong Alarm Phone che da ieri rilancia l’allarme ricevuto da bordo della nave dei disperati, chiedendo alle autorità italiane di coordinare i soccorsi.
“Siamo scioccati – scrivono su Twitter da Alarm Phone – Decine di persone di questa barca sono annegate. Dalle 2.28 dell’11 marzo le autorità erano informate dell’urgenza e della situazione di pericolo. Le autorità italiane hanno ritardato deliberatamente i soccorsi, lasciandoli morire”.
Secondo le prime informazioni, la barca – che per tutta la notte sarebbe stata monitorata da alcuni mercantili in attesa dell’arrivo dei soccorsi – si sarebbe rovesciata questa mattina all’alba.
Da ieri, l’Imrcc Roma aveva dato istruzioni ai mercantili, assumendo il coordinamento dell’operazione Sar e chiedendo alla guardia costiera libica di intervenire, ma non risulta siano mai state mobilitate le navi militari operative nell’area per le missioni Eunavformed e Irini.
La Guardia costiera accusa Libia e Malta: “L’intervento di soccorso è avvenuto al di fuori dell’area di responsabilità SAR italiana registrando l’inattività degli altri Centri Nazionali di coordinamento e soccorso marittimo interessati per area”.
Ma l’Italia aveva assunto il comando dei soccorsi e non ha inviato nessuno dei mezzi disponibili, demandando l’intervento alla Guardia costiera libica che se ne fotte come sempre ma che noi paghiamo profumatamente per il lavoro sporco.
(da La Repubblica)
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