TAGLI ALLA SANITA’, MA NESSUNO DICE CHE GIA’ SPENDIAMO MOLTO MENO DI FRANCIA E GERMANIA
DAL 2010 ABBIAMO NUMERI DA DOPO-TROIKA, LE BALLE DI RENZI PER FAVORIRE I PRIVATI
Il commissario alla spending review, Yoram Gutgeld, deputato del Pd e consigliere economico di Matteo Renzi, ieri non ha passato una bella giornata.
Domenica, su la Repubblica, era uscita una sua confusa intervista: sembrava che il nostro si preparasse a fare 10 miliardi di tagli al Servizio sanitario nazionale (Ssn).
Il premier non l’ha presa bene: il governo aveva appena presentato in Parlamento un pacchetto di emendamenti al decreto Enti Locali che taglia già la sanità di 2,3 miliardi e non era il caso di mettere subito in allarme le Regioni.
Come ha certificato l’Ocse, la spesa sanitaria è stata tagliata eccome: le nostre performance a livello di austerità sono inferiori solo a quelle di Grecia, Portogallo e Irlanda.
C’è un equivoco: non c’è alcuna spending review
Giornali e tv si affannano a dire che il governo ora metterà fine agli sprechi nella sanità (girano stime da decine di miliardi): risparmierà senza intaccare i servizi.
Il debutto non lascia ben sperare: i 2,3 miliardi di euro tagliati dal 2015 in poi da questo esecutivo sono i soliti tagli lineari sul modello marchese del Grillo (“io non li caccio, tu non li pigli”).
Quei soldi alle Regioni non arriveranno comunque, che i “risparmi” previsti dal governo si realizzino o meno.
Questi 2,3 miliardi non sono affatto un anticipo della spending review di Gutgeld, ma tagli già inseriti nel bilancio 2015 dalla Legge di Stabilità dello scorso anno per coprire gli 80 euro: in sostanza, il governo aveva detto alle Regioni che dovevano tagliare 4 miliardi, vedessero loro come.
La sanità è il 75% dei budget regionali: alla fine i governatori si sono accordati con l’esecutivo per tagliare dal Ssn questi 2,3 miliardi, l’accordo è datato 2 luglio.
Lo stesso governo aveva però firmato un “Patto per la salute” con le Regioni in cui si diceva che tutti i risparmi nella sanità restavano nella sanità : invece servono anche a ridurre il deficit o, se va bene, abolire l’Imu.
Tutti i numeri: in Italia la Troika è già qui
I numeri dicono che la Troika in Italia c’è già , solo che ha preso le forme, all’ingrosso democratiche, dei vari governi succedutisi dal 2010 a oggi.
Il settore sanitario lo dimostra.
Partiamo dalla spesa pubblica: nel 2010 il Servizio sanitario nazionale veniva finanziato con 112,6 miliardi di euro (circa il 7,1% del Pil dell’epoca), con 110 miliardi nel 2012 e circa 111 nel 2014 (6,9% del Pil).
Per capire le dimensioni dell’impoverimento del Ssn si deve tenere conto di due cose. Esiste — ha scritto la Camera alla fine di una indagine conoscitiva — un “aumento considerato inevitabile in tutti i sistemi sanitari, intorno al 2% annuo, dovuto al combinato disposto di nuove tecnologie e invecchiamento progressivo”.
Secondo: va tenuto conto anche dell’aumento generale dei prezzi.
I numeri veri sono questi: nel 2016 i tagli sommati dei vari governi ammonteranno a 30 miliardi in sei anni, gli investimenti a zero euro.
La spesa sanitaria dal 2010 a oggi è calata in ogni comparto, personale compreso, con l’unica eccezione dei farmaci ospedalieri.
I confronti internazionali dimostrano l’assunto: magari spendiamo male, ma di sicuro non troppo.
L’Ocse la scorsa settimana lo ha dimostrato : nel 2013 la spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata) era l’8,8% del Pil, quella tedesca l’11, quella francese il 10,9%, quella greca e portoghese il 9% (nel frattempo abbiamo tagliato ancora).
Se volessimo spendere, in percentuale, quanto la Germania, il fondo del Ssn dovrebbe costare 30 miliardi di più.
La nostra spesa sanitaria pro-capite (3.077 dollari contro i 3.453 della media Ocse ) tra il 2009 e il 2013 è calata in media dell’1,6% l’anno, come quella spagnola.
Peggio di noi solo Portogallo (-3,3%), Irlanda (-4) e Grecia (-7,2%).
È la compagnia degli Stati sotto tutela della Troika, ma il ministro Lorenzin sostiene che ci sono 10 miliardi di risparmi possibili in tre anni (nel 2014 diceva che i tagli erano finiti).
La sanità pubblica verso la morte: avanti i privati.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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