Destra di Popolo.net

ECCO IL DOCUMENTO CHE DIMOSTRA CHE SALVINI E MARONI INCASSARONO UNA PARTE DEI 49 MILIONI CHE LA LEGA HA INDEBITAMENTE PERCEPITO

Luglio 4th, 2018 Riccardo Fucile

IRONIA DELLA SORTE: E’ UN PROSPETTO PRESENTATO A SUO TEMPO DAI LEGALI DEL CARROCCIO… UN REVISORE DEI CONTI HA COLLABORATO CON I GIUDICI

I soldi che circolano sui conti della Lega dovranno essere sequestrati anche in futuro, “ovunque e presso chiunque siano custoditi”.
Lo dice la Suprema Corte di Cassazione in riferimento ai famosi 49 milioni di euro che il Carroccio deve restituire dopo la condanna in primo grado di Umberto Bossi (2 anni e 2 mesi) e dell ‘ex tesoriere Francesco Belsito (4 anni e 10 mesi) per una maxi truffa sui rimborsi elettorali.
La procura di Genova finora ha messo le mani su poco meno di 2 milioni e ha chiesto di poter confiscare anche i soldi che arriveranno in futuro sui conti della Lega Nord. Ad aprile la Cassazione ha dato ragione ai pm e ieri ha pubblicato le motivazioni: “L’oggetto della misura cautelare — scrivono gli ermellini — è l’esistenza di disponibilità  monetarie della percipiente Lega Nord che si sono accresciute del profitto del reato, legittimando così la confisca diretta del relativo importo, ovunque e presso chiunque custodito e quindi anche di quello pervenuto sui conti e/o depositi in data successiva all’esecuzione del provvedimento genetico”.
Traduzione: qualsiasi somma che circoli sui conti della Lega Nord anche dopo il 4 settembre 2017 (data in cui fu stabilita la confisca) devono essere sequestrati.
Soldi che vanno requisiti ovunque siano, fino a raggiungere la somma dovuta: 48 milioni e 969mila euro.
Spiega oggi Repubblica che c’è anche una carta che accusa gli stessi Salvini e Maroni. Si tratta di un dossier depositato in procura sul quale sta lavorando la Finanza, proviene dalle memorie difensive di Bossi e Belsito e sostiene che Maroni e Salvini presero in carico nel loro ruolo di segretari almeno una parte dei soldi ai quali danno la caccia, anche all’estero, i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Genova.
Sono i “mastrini” ovvero i prospetti delle operazioni di dare e avere del conto ufficiale del Carroccio.
In particolare contengono le annotazioni dei rimborsi ottenuti dalla Lega che chiariscono come Maroni e Salvini incassarono quote dei rimborsi dell’epoca di Bossi.
Nel dettaglio: il 31 luglio e il 27 ottobre del 2014, il segretario Salvini incamera i rimborsi per le elezioni regionali del 2010 per oltre 800 mila euro.
Il documento indica Salvini, non ancora segretario (lo diventerà  il 7 dicembre di quell’anno), come referente di rimborsi incassati anche nel luglio del 2013 per le elezioni della Camera.
Complessivamente sono 851.601,64 euro. Certo non sono i 12 milioni e 946 mila euro finiti nelle casse della Lega (sempre per rimborsi rientranti nel periodo della truffa compiuta da Bossi e Belsito) quando il segretario era Roberto Maroni, ma secondo la procura sono comunque sufficienti per sostenere che l’attuale segretario della Lega incassò e amministrò una fetta di denaro che la Finanza sta cercando di ritrovare.
La storia dei soldi della Lega “spariti” comincia due mesi dopo le condanne a Bossi e Belsito. Il tribunale di Genova, su richiesta del pubblico ministero Paola Calleri, autorizza il sequestro dei 49 milioni. Ma i magistrati scoprono ben presto che il piatto piange.
Nelle casse del Carroccio trovano soltanto 3 milioni e poco più. Bisogna scovarne altri 46. La procura cerca allora altre strade. Dopo una serie di ricorsi e controricorsi, la Corte di Cassazione autorizza il sequestro dei soldi che entreranno in futuro sui conti leghisti, fino a raggiungere i 46 milioni mancanti.
Nel frattempo, i magistrati compiono un’altra mossa. Non trovando soldi nei conti del partito, li vanno a chiedere personalmente ai condannati Bossi, Belsito, Aldovisi, Sanavio e Turci.
Così è uno dei tre ex revisori, Stefano Aldovisi, a segnare la svolta nella vicenda.
Lo scorso 28 dicembre presenta un esposto alla procura genovese in cui, in sostanza, dice: «Voi mi chiedete soldi che non ho, ma guardate questi documenti».
I fogli allegati partono da un articolo dell’Espresso del novembre 2015, che racconta una serie di iniziative finanziarie compiute dalla nuova Lega dopo il crollo dell’impero di Bossi, sia nel periodo di leadership di Maroni sia in quello di Salvini. Movimenti per spostare il denaro dai conti correnti una volta scoppiati i guai giudiziari del partito, che guardano anche all’estero.
Dall’esposto nasce a gennaio l’apertura di un’inchiesta per riciclaggio. Alcuni movimenti, secondo quanto trapela, sono stati ricostruiti: bel 2016 dieci milioni partono da un conto di “transito” della banca Sparkasse di Bolzano, uno degli istituti scelti dai vertici leghisti, in direzione del Lussemburgo per approdare sul conto di Pharus Management, fondo di investimento collettivo con sede nel granducato.
Poco meno di due anni dopo, nel gennaio del 2018, tre di quei milioni compiono il percorso inverso per rientrare nei depositi della banca.
Secondo Gerhard Brandstaetter, presidente di Sparkasse, movimenti che con la Lega non c’entrano nulla. Di opposto parere la procura. Che mentre chiede una rogatoria al Lussemburgo, invia a Bolzano la Guardia di finanza di Genova: i militari vanno dritti nel palazzo di Sparkasse di via Cassa di Risparmio.
Altre perquisizioni scattano nella filiale di Milano dove, fino al 2014, la Lega era titolare di un conto, ma pure negli uffici e nelle case di alcuni dirigenti. Il materiale sequestrato, sperano gli investigatori, potrà  chiarire molto almeno su una parte dei 46 milioni che la Lega ha fatto sparire.

(da “NextQuotidiano“)

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I RISULTATI DELLA STRATEGIA DI SALVINI E TONINELLI: IN UN MESE 679 AFFOGATI, MAI COSI’ TANTI

Luglio 4th, 2018 Riccardo Fucile

PERCENTUALE DEL 10% SUL TOTALE DELLE PARTENZE CONTRO UNA MEDIA DEL 2%… E POI QUALCUNO SI OFFENDE   QUANDO SI PARLA DI GOVERNI CRIMINALI

C’è un dato che aiuta a capire quali siano gli effetti concreti della strategia del governo italiano sul Mar Mediterraneo, ed è quello enucleato oggi da Federico Fubini sul Corriere della Sera: i morti e i dispersi in mare in percentuale sul totale delle partenze oggi arrivano a sfiorare il 10% ed è il più alto dell’ultimo anno (il picco precedente risaliva a febbraio ed arrivava all’8,4%).
Certo, in un paese composto da un buon numero di gente che crede che siano bambolotti questo non è che sia un grandissimo problema: anzi, a breve qualcuno potrebbe pisciargli in testa e dirgli che piove (accadrà , accadrà ) quindi non importa.
In ogni caso nell’ultimo mese si registra il terzo più alto numero di morti e scomparsi in mare da quando due anni e mezzo fa le agenzie internazionali hanno iniziato a tenere i conti.
In tutto si tratta di 679 morti. Se n’erano avuti di più solo nel maggio e nel novembre 2016, ma allora le partenze dalle coste libiche erano il doppio o il triplo rispetto a quelle di quest’ultimo giugno.
I dati sono calcolati da Matteo Villa dell’Ispi di Milano sulla base delle cifre fornite dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) e dall’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr).
Mostrano che ogni singola traversata non era mai stata tanto pericolosa, neanche in pieno inverno.
Di solito per i migranti le probabilità  di morire in mare erano state attorno al 2%, ma nelle ultime settimane qualcosa è cambiato: sono quasi sparite dalle acque davanti alla Libia le navi per la ricerca e soccorso delle Organizzazioni non governative.
La Aquarius di Sos Mèditerranèe e di Medici senza frontiere è ferma a Marsiglia dopo il lungo viaggio verso Valencia; la Seefuchs e la Seawatch 3, di due Ong tedesche, sono entrambe bloccate a Malta, mentre la Lifeline si trova lì sotto sequestro.
Della vigilanza dovrebbe occuparsi la missione europea nel Mediterraneo insieme alla Guardia Costiera libica, che il mese scorso ha riportato nei centri di detenzione del paese il 51% di chi stava provando la traversata.
Ma le partenze dalla Libia stanno di nuovo aumentando, così come quelle dal Marocco verso la Spagna (in crescita del 137%).

(da “NextQuotidiano“)

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FRANCESCO STORACE CADUTO E FERITO IN REGIONE LAZIO DOPO UNA LITE CON UN EX COLLABORATORE

Luglio 4th, 2018 Riccardo Fucile

POCHI GIORNI FA STORACE ERA STATO LICENZIATO DAL RUOLO DI DIRETTORE DEL GIORNALE D’ITALIA DOVE I GIORNALISTI RECLAMANO STIPENDI E CONTRIBUTI NON VERSATI

Il Tempo oggi racconta una storia che riguarda l’ex governatore del Lazio Francesco Storace e che però lui smentisce, anche se a quanto pare è stato trasportato al Gemelli per una ferita conseguenza di una caduta dopo un alterco con un suo ex collaboratore:
Le ricostruzioni su quanto avvenuto sono discordanti: si parla di una litigata piuttosto accesa durante la quale Storace avrebbe tentato di passare alle vie di fatto contro il suo ex collaboratore senza peraltro riuscirci.
Si parla anche di un malore o di un inciampo sui tappeti gommati per i percorsi per i non vedenti: fatto sta che l’ex leader de La Destra si sarebbe abbattuto al suolo e gli occhiali avrebbero causato la ferita al sopracciglio.
L’alterco di ieri è solo l’ultimo, lungo elenco di una serie di «disavventure» che hanno visto Storace protagonista: l’ultimo in ordine di tempo è il licenziamento, di pochi giorni fa, dal Giornale d’Italia di cui era direttore.
Testata che, comunque, è andata sempre più in crisi con i giornalisti in causa con l’azienda per una decina di stipendi e contributi che non sarebbero stati pagati.
Storace però smentisce tutta la vicenda e dice al Tempo di essere a Catania.
Qualche tempo fa il giornalista del Tempo Ferdinando Magliaro venne licenziato da addetto stampa di Storace con una delibera che cancellava il suo ruolo.

(da “NextQuotidiano”)

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LA BUFALA RAZZISTA: “MIGRANTI PRONTI A PARTIRE DALLA LIBIA”. MA E’ LA FOTO DEL CONCERTO DEI PINK FLOYD A VENEZIA

Luglio 4th, 2018 Riccardo Fucile

NOVEMILA COGLIONI CONDIVIDONO UNO SCATTO DEL LUGLIO 1989

“Porto libico. Non te le faranno mai vedere queste immagini. Sono tutti pronti a salpare in Italia”.
E’ la didascalia che accompagna la foto di un non ben precisato porto sulle coste della Libia, colmo di imbarcazioni pronte a partire alla volta dell’Italia. Ma la realtà  è ben diversa.
Si tratta infatti di una foto scattata il 15 luglio del 1989, in occasione dell’indimenticabile concerto dei Pink Floyd a Venezia.
Al centro dell’immagine si può notare anche l’immenso palco galleggiante sul quale si esibì la band.
Tutto attorno le imbarcazioni degli spettatori riempiono il bacino di San Marco, di fronte all’omonima piazza. Il post ha collezionato oltre 9mila condivisioni prima di venire cancellato, ma in molti utenti si sono accorti indignati della bufala denunciandola sui social
Attendiamo che gli organi di polizia facciano il loro dovere verso questi criminali che istigano all’odio razziale o la gente comincerà  a farsi giustizia da soli.

(da agenzie)

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TITO BOERI SE NE FREGA DI SALVINI E FA BENE: LA VERITA’ NON E’ IN VENDITA

Luglio 4th, 2018 Riccardo Fucile

“SENZA IMMIGRATI, NIENTE PENSIONI”

Da qualche tempo Matteo Salvini ha messo nel mirino Tito Boeri, presidente dell’INPS nominato da Matteo Renzi (con il quale i rapporti tuttavia non sono mai stati eccellenti).
Proprio ieri il leader della Lega in un video è tornato a segnalare che vuole cacciarlo: “C’è ancora qualche fenomeno, penso anche al presidente dell’Inps, che dice che senza immigrati è un disastro. Ma ci sarà  tanto da cambiare anche in questi apparati pubblici”
Inutile sottolineare che Salvini utilizza contro Boeri un livello di polemica che scende molto al di sotto dei livelli minimi di ridicolo.
Ma siccome al ridicono non c’è mai fine, oggi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Giancarlo Giorgetti al Corriere della Sera ha avuto la splendida idea di difendere Salvini: «Quella di Salvini è stata una reazione. Non credo se ne sia uscito così per primo».
Anche a un cieco è invece evidente che Boeri non ha insultato Salvini ma ha detto: “Avere immigrati regolari ci permette di avere flussi contributivi significativi”.
Ora bisognerebbe chiedere a Giorgetti dove sta in questa frase l’insulto o il riferimento a Salvini. Probabilmente il sottosegretario lo spiegherà  non appena avrà  finito di illustrare la sua personale coerenza sull’euro.
Per fortuna Boeri non sembra però essere particolarmente intimidito dalle minacce di Salvini. E oggi, presentando la relazione annuale dell’INPS, torna a ribadire i concetti, i dati e i fatti che hanno fatto arrabbiare il leader della Lega contro quella bastarda della realtà .
Ovvero che il sistema pensionistico rischia di non farcela perchè ci sono pochi giovani al lavoro e troppi anziani in pensione e che i contributi dei primi non ce la farebbero a pagare le pensioni dei secondi, tra l’altro più sostanziose perchè calcolate con il sistema retributivo o misto.
L’equilibrio, secondo i dati dell’INPS, potrebbe essere raggiunto solo attraverso il contributi del lavoro degli immigrati.
Boeri ha anche spiegato che “Ripristinando le pensioni di anzianità  con quota 100 (o 41 anni di contributi) si avrebbero subito circa 750.000 pensionati in più”, e quindi che “Quota 100 pura costa fino a 20 miliardi all’anno, quota 100 con 64 anni minimi di età  costa fino a 18 che si riducono a 16 alzando il requisito anagrafico a 65 anni, quota 100 con 64 anni minimi di età  e il mantenimento della legislazione vigente per quanto riguarda i requisiti di anzianità  contributiva indipendenti dall’età  costa fino a 8 miliardi”. Boeri sta parlando della riforma della Fornero proposta dalla Lega.
Mentre sul punto che attualmente interessa di più a Salvini, Boeri ha detto che “la classe dirigente del nostro Paese dovrebbe essere impegnata in prima fila nel promuovere consapevolezza demografica. Chi si trova a governare con una popolazione cosi’ disinformata fa molta fatica a far accettare all’opinione pubblica le scelte difficili che la demografia ci impone”.
Dimezzando i flussi migratori — ha proseguito Boeri — in 5 anni perderemmo una popolazione equivalente a quella odierna di Torino. Azzerando l’immigrazione perderemmo 700 mila persone con meno di 34 anni nell’arco di una legislatura. Secondo Boeri, “tutti sono d’accordo sul fatto che bisogna contrastare l’immigrazione irregolare” ma si dimentica che per ridurre l’immigrazione clandestina bisogna aumentare quella regolare.
In Italia — ha sottolineato — c’è “una forte domanda di lavoro immigrato” e in presenza di decreti flussi del tutto irrealistici, questa domanda si riversa sull’immigrazione irregolare degli overstayer, di chi arriva in aereo o in macchina, non coi barconi ma coi visti turistici, e rimane in Italia a visto scaduto”.
L’impennata di colf e badanti extracomunitarie dimostra che questi lavori continuano a essere richiesti, ma vengono svolti senza versare i contributi.
Ma soprattutto: quando si pongono forti restrizioni all’immigrazione regolare, aumenta quella clandestina e viceversa: “in genere — ha concluso — a fronte di una riduzione del 10% dell’immigrazione regolare, quella illegale aumenta dal 3 al 5%”. Il mandato quadriennale di Boeri scade alla fine dell’anno. Al suo posto, scrive oggi il Messaggero, potrebbe andare il parlamentare della Lega Alberto Brambilla.

(da “NextQuotidiano”)

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SORPRESA: ANCHE IL GOVERNO CONTE COMPRERA’ GLI F-35 E LE TRUPPE ITALIANE RESTERANNO PURE IN AFGHANISTAN

Luglio 4th, 2018 Riccardo Fucile

DOPO AVER CONDOTTO LA BATTAGLIA CONTRO L’AQUISTO DEI CACCIA, ORA CHE SONO AL GOVERNO I GRILLINI HANNO CAMBIATO IDEA E TRADISCONO L’ELETTORATO

Per anni il MoVimento 5 Stelle ha condotto una battaglia contro l’acquisto da parte del nostro Paese degli F35, il caccia multiruolo monoposto di 5 ª generazione.
Nel 2013 Alessandro Di Battista denunciava in Parlamento la “mozione supercazzola” del PD sull’acquisto dei caccia.
Il Dibba rinfacciava ai deputati del PD di aver detto in campagna elettorale che gli F35 erano uno strumento di morte, invitandoli a «tirare fuori il coraggio perchè chi nasconde la testa sotto la sabbia è colluso con questo scempio del governo dell’inciucio perenne e l’onestà  anche intellettuale tornerà  di moda»
Nel settembre 2014 la Camera votò una mozione del Partito Democratico che impegnava il governo Renzi a tagliare del 50% il finanziamento complessivo del programma di acquisto degli F35.
La mozione venne approvata ma non ebbe alcun seguito.
Successivamente sul blog del M5S Di Battista sarebbe tornato a definire quello degli F35 “un programma fallimentare” aggiungendo che «chi ci ha fatto entrare in questo programma dovrebbe essere preso a calci in culo».
Per l’ex deputato pentastellato i politici che «ci fanno entrare in progetti fallimentari (TAV, TAP, guerra in Afghanistan, programma F35), poi ci dicono che si sono sbagliati ma è tardi per uscire perchè i costi sarebbero esagerati» erano dei vili traditori della patria.
Nel 2015 Di Battista riusciva a condensare in un unico (lungo) post la pietà    per i senza tetto morti di freddo collegandola al programma di acquisto dei caccia che a sua volta riusciva a collegare alla P2 e alla massoneria.
Tutto questo per ricordare che per quattro anni al MoVimento 5 Stelle gli F35 non piacevano per niente.
La spesa eccessiva per gli F-35 è sempre stato uno dei cavalli di battaglia del partito di Grillo che l’ha sempre considerata uno spreco di risorse.
Su Rousseau gli attivisti furono chiamati a decidere se “tagliare i sistemi di armamenti prestamente offensivi, vedi F-35, destinando le risorse ad altri strumenti innovativi come la cyber security, le reti di intelligence e gli equipaggiamenti che vengono utilizzati per l’operatività  dei militari” oppure “Lasciare la programmazione per sistemi d’arma come attualmente pianificata della Difesa”.
Al momento di pubblicare il programma per le elezioni si scoprì che non c’è nessun riferimento al trasferimento di fondi dal programma F-35 alla cybersecurity.
Il programma difesa non menziona mai gli F-35 ma si limita a proporre di “spostare buona parte degli investimenti pubblici, oggi impiegati nei programmi d’armamento tradizionali, verso lo sviluppo e la ricerca di strumenti più attuali come la cyber security e l’intelligence”.
Nemmeno nel successivo contratto di governo con la Lega si parla del taglio degli acquisti delle famigerate macchine di morte tanto odiate da Di Battista.
A inizio giugno Avvenire dava la notizia che ad aprile la ministra della Difesa Pinotti aveva prenotato l’acquisto di altri otto F35 (altrettanti ne erano stati acquistati nel 2015), che si andranno a sommare ai 18 già  acquistati.
In totale l’Italia dovrebbe dotarsi di 90 F35. Inizialmente il programma prevedeva l’acquisto di 131 aerei ma venne tagliato dal governo Monti.
Come ricordava l’Espresso nel giugno del 2013 non esiste un politico italiano (di destra o di sinistra) che abbia il coraggio di assumersi le responsabilità  della decisione di aderire al programma di sviluppo e di acquisto dei jet.
Ma il governo Conte non si trova solo a dover acquistare gli F35 già  “comprati” dalla Pinotti.
Quegli accordi vanno rispettati. In una recente intervista a Defense News la nuova ministra della Difesa, Elisabetta Trenta (M5S) ha dichiarato che l’Italia non cancellerà  il programma di acquisto degli F35. La Trenta ha dichiarato che il programma di acquisto non verrà  ridimensionato (tradotto: non farà  come Monti) anche se è possibile che i tempi vengano dilazionati per poter far fronte alle spese.
La ministra ha spiegato che il governo manterrà  gli impegni presi e che si concentrerà  sulla possibilità  di allungare i tempi di consegna dei velivoli per evitare di dover pagare le penali.
Insomma, un po’ la colpa è delle precedenti amministrazioni, un po’ la politica di difesa deve fare i conti con la realtà  delle decisioni prese in passato (il programma di sviluppo è iniziato nel 1992 e l’Italia vi ha aderito nel 1999).
Qualcuno dirà  che il governo Conte non poteva fare altrimenti. È vero. È utile però confrontare la reazione di Carlo Sibilia ad un analoga dichiarazione della ex ministra Pinotti. Quando la Pinotti disse le stesse cose della Trenta confermando il numero di F35 e dicendo che non ci sarebbe stata nessuna disdetta il M5S la accusò addirittura di alto tradimento.
Ma le sorprese della Trenta non finiscono qui.
Nell’intervista a Defense News la ministra della Difesa ha fatto sapere che non ci sarà  alcun ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan; la presenza dei nostri militare sarà  ancora “consistente” anche se è previsto una riduzione del personale da 900 a 700 uomini, ma solo se e quando altre forze armate si faranno avanti per prenderne il posto. Ma anche qui niente di nuovo: come per gli F35 anche l’impegno nelle missioni internazionali di “peace keeping” non è nel contratto.

(da “NextQuotidiano”)

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