Novembre 16th, 2010 Riccardo Fucile
LA LEGA AVREBBE VOLUTO UNA CRISI PILOTATA PER NON RISCHIARE IL FEDERALISMO… PER ASSICURARSI IL SOSTEGNO DI BOSSI, IL PREMIER HA OFFERTO LA PRESIDENZA DELLA REGIONE LOMBARDIA: FORMIGONI DIVENTEREBBE MINISTRO… E IERI HA TELEFONATO A MOLTI DEPUTATI FINIANI PROMETTENDO MARI E MONTI SE GLI VOTANO LA FIDUCIA: OFFERTE RESPINTE AL MITTENTE
I destinatari hanno confermato che il tenore della telefonata era più o meno il seguente: “Ma mi
dite come fate se andiamo a elezioni anticipate? Alle liste ci avete pensato? Chi vi garantisce la legislatura?”.
L’autore delle stesse non era un abbonato qualsiasi, ma il presidente del Consiglio in persona che per circa 20 giorni avrà di che dilettarsi via cavo.
I destinari erano invece la maggior parte dei deputati finiani che si sono dovuti sorbettare la solita litania: “Fini non è il futuro, se fate cadere il governo non avete possibilità di rielezione”.
Offerte respinte al mittente, ma non saranno certo le ultime.
Nella residenza di Arcore, il premier avrebbe confidato ai suoi collaboratori, con toni minacciosi: “Fini? Non sa cosa lo aspetta, se andiamo ad elezioni”. D’altronde è il leader del partito dell’amore.
Ormai si sente accerchiato, Fini non ha sbagliato una mossa negli ultimi mesi e difficilmente lo farà ora.
Chi lo conosce sa che è un freddo e gliel’ha giurata, come avrebbe peraltro fatto chiunque al suo posto, dopo essere stato espulso per lesa maestà dal partito che aveva cofondato e al quale aveva portato in dote un 10-12% di voti.
Senza i quali, è bene ricordarlo, a quest’ora Silvio non sarebbe a Palazzo Chigi, ma a Palazzo di Giustizia.
Nel pomeriggio di ieri, è poi arrivata la folta delegazione leghista (numerosa perchè si controllano a vicenda), divisa tra due opzioni.
Quella caldeggiata da Maroni, più possibilista verso le richieste d Fini, e quella di Bossi, convinto a seguire il premier, alzando di volta in volta il prezzo del ricatto.
Bossi ha ieri chiesto, in cambio del lasciapassare dal tribunale di Milano, la presidenza della Regione Lombardia.
Il premier ha servizievolmente chiamato Formigoni che si è messo a disposizione dell’emergenza.
Lascerebbe il Pirellone in cambio di un ministero.
Dopo Veneto e Piemonte, Silvio si è venduto al rigattiere leghista anche la Lombardia, senza neanche rendersi conto dei riflessi che una scelta suicida del genere potrà avere sulla classe dirigente pidiellina del Nord.
Un incapace politico che sta svendendo l’argenteria di casa giorno dopo giorno, mettendo a rischio la stabilità del Paese e creando un solco sempre più profondo tra nord e sud.
Ricattato dalla Lega, continua negli esosi pagamenti invece che andare in questura, ovvero di fronte al popolo italiano, a denunciarli.
Ma Bossi non si fida delle promesse del premier circa la possibilità di recuperare deputati in vista del voto di fiducia e si tiene aperta la porta del governo tecnico.
Non sarebbe la prima volta che fa fare a Maroni un’altra parte in commedia per poter così giocare su due tavoli.
Silvio non molla la poltrona perchè teme di non ritrovarla, ma se qualcuno gliela sfilerà saranno proprio coloro che oggi si fingono integerrimi alleati.
Nel Pdl non è solo Tremonti che si sta preparando al dopo, anche la Gelmini, Frattini e Alfano lavorano sottotraccia, insieme alle altre 20 correnti in cui ormai si è sbriciolato quello che rimane del partito.
In attesa della messa da requiem.
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, elezioni, Fini, Formigoni, Giustizia, governo, LegaNord, Milano, Parlamento, PdL, Politica, Regione | Commenta »
Novembre 16th, 2010 Riccardo Fucile
L’OPPORTUNITA’ DI FAR CONOSCERE I VALORI DI RIFERIMENTO, NON SOLO LA PICCOLA POLITICA… AMORE PER LA NAZIONE, ONESTA’, SOLIDARIETA’, COMUNITA’ NAZIONALE, AUTOREVOLEZZA DELLE ISTITUZIONI, STATO EFFICIENTE, SICUREZZA, UGUAGLIANZA DELLE OPPORTUNITA’ NELLA VITA E DI FRONTE ALLA LEGGE, COMBATTERE LA CORRUZIONE, MERITOCRAZIA, INSEGNARE LA LEGALITA’… “CHI SBAGLIA DEVE PAGARE, CHI FA IL PROPRIO DOVERE DEVE ESSERE PREMIATO”
Per la Destra è bello, nonostante tutto, essere italiani.
E’ un piccolo privilegio, perchè la nostra Patria, a Palermo come a Milano, ha un patrimonio culturale e paesaggistico che il mondo intero ci invidia.
Anche per questo, essere di Destra, vuol dire innanzitutto amare l’Italia, e aver fiducia negli italiani, nella loro capacità di sacrificarsi, di lavorare onestamente, di pensare senza egoismi al futuro dei propri figli, di essere solidali e generosi.
Perchè, per la Destra, sono generosi i nostri militari che in Afghanistan ci difendono dal terrorismo, come lo sono le centinaia di migliaia di donne e di uomini che ogni giorno e gratis fanno volontariato per aiutare gli anziani, gli ammalati, i più deboli.
E, per la Destra, sono solidali, e meritevoli di apprezzamento, le tante nostre imprese e le tante famiglie che danno lavoro agli immigrati onesti, i cui figli, domani, saranno anch’essi cittadini italiani.
Ma oggi, nel 2010, per crescere insieme, per essere davvero unito, per sentirsi comunità nazionale, il nostro popolo non può confidare solo sulla sua generosità .
Ha bisogno di Istituzioni politiche autorevoli, rispettate, giuste.
Per questo, Destra vuol dire senso dello Stato, etica pubblica, cultura dei doveri.
Per la Destra, lo Stato deve essere efficiente ma non invadente, spendere bene il danaro pubblico senza alimentare burocrazia e clientele.
Per la Destra, è lo Stato che deve garantire che la legge sia davvero uguale per tutti, che deve combattere gli abusi e il mal costume, che deve valorizzare l’esempio degli italiani migliori.
Per questo, ad esempio, per la Destra, si dovrebbe insegnare fin dalla scuola, ai più giovani, che due magistrati come Falcone e Borsellino sono davvero degli eroi perchè sarà grazie al sacrificio loro e di tanti altri umili servitori dello Stato che un giorno la nostra Italia sarà più pulita, più bella, piu’ libera.
Perchè sarà un’Italia più responsabile, più attenta al bene comune, più consapevole della necessità di garantire che “chi sbaglia paga” e chi fa il proprio dovere viene premiato.
La Destra sa che senza la autorevolezza e il buon esempio delle Istituzioni, senza la autorità della legge, senza una democrazia trasparente ed equilibrata nei suoi poteri, non c’è libertà ma solo anarchia, prevalenza della arroganza e della furbizia a tutto discapito della uguaglianza dei cittadini.
Per la Destra, l’uguaglianza dei cittadini deve essere garantita nel punto di partenza, al Nord come al Sud.
Per gli uomini come per le donne.
Per i figli dei datori di lavoro come per i figli degli impiegati e degli operai.
Da questa vera uguaglianza, l’uguaglianza delle opportunità , la Destra vuol costruire una società in cui il merito e le capacità siano i criteri per selezionare la classe dirigente.
La Destra vuole un Paese in cui chi lavora di più, e meglio, guadagna di più, in cui chi studia va avanti, in cui chi merita ottiene i maggiori riconoscimenti.
Insomma, la Destra vuole un’Italia che abbia fiducia nel futuro perchè ha fiducia in se stessa.
Non la dobbiamo costruire questa Italia migliore: c’è già .
Dobbiamo solo far sentire la sua voce.
Anche questo è il compito della Destra.
argomento: destra, Fini, Futuro e Libertà, Politica, radici e valori | Commenta »
Novembre 16th, 2010 Riccardo Fucile
LA TRASMISSIONE HA RAGGIUNTO IL 30,21% DI SHARE, OLTRE 9 MILIONI DI TELESPETTATORI, 20 MILIONI DI CONTATTI, RECORD ASSOLUTO PER RAI 3… SOLO PER IL PDL C’E’ STATO “SETTARISMO E MEDIOCRITA”…GASPARRI: “FINI HA FATTO UN COMPITINO DA QUINTA ELEMENTARE”: POVERETTO, E’ LUI CHE HA BISOGNO DI UN INSEGNANTE DI SOSTEGNO
Nove milioni e 31 mila telespettatori per la puntata di ieri sera di «Vieni via con me», pari al
30.21% di share: è l’ascolto record assoluto per Raitre della seconda puntata del programma con Fabio Fazio e Roberto Saviano.
La trasmissione ha registrato quasi 20 milioni di contatti.
Un’audience clamorosa, alimentata probabilmente dal grande battage di polemiche che l’ha preceduta: il direttore generale della Rai, Mauro Masi, aveva criticato la decisione dei conduttori di invitare il leader di Futuro e Libertà , Gianfranco Fini, e il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, affinchè leggessero ciascuno un elenco di valori relativi all’essere di destra e all’essere di sinistra.
Invece di subire il calo fisiologico che in molti si aspettavano dopo il boom della prima puntata con il lungo show di Roberto Benigni, il programma ha incrementato il suo ascolto, nonostante il Grande Fratello 11 su Canale 5 (5.205.000 telespettatori con il 20,38 per cento di share) e la concorrenza in casa con la replica di Montalbano su RaiUno (3.999.000 telespettatori con il 12,56 per cento di share).
Già lunedì scorso era stato stabilito il record storico di ascolti per RaiTre, ampiamente superato dai risultati di ieri.
Lunedì scorso lo share era stato del 25,48 per cento con 7 milioni 623mila spettatori, con picchi superiori a 9 milioni 300mila spettatori e al 32 per cento di share e oltre 18 milioni di contatti.
La puntata di ieri ha registrato picchi superiori a 10.400.000 spettatori (10.430.000 alle 21.46) e al 40 per cento di share (40,61 per cento alle 23.27).
I contatti sono stati circa 20 milioni (19.983.000), con una permanenza record del 45,20 per cento.
Si conferma l’attenzione del pubblico giovane e laureato: tra i 15 e i 24 anni e tra i 25 e i 34 anni il programma ha raggiunto e superato il 34 per cento di share (34,07 per cento nel 15-24, 34,24 per cento nel 25-34).
Sfiora il 35 per cento di share (34,93 per cento), inoltre, nel target 45-54 anni. Infine, ha superato il 57 per cento di share (57,41 per cento) nel pubblico laureato.
“Sono molto contento. La seconda puntata ha ottenuto un risultato straordinario in termini di ascolti, ma soprattutto ha rappresentato un momento di grande intensissima televisione del quale vado orgoglioso” è il commento del direttore di RaiTre Paolo Ruffini, che aggiunge: “Non so se nelle prossime due puntate ci saranno altri politici, non decido io. In ogni caso, Vieni via con me non è Tribuna politica”.
Gli unici che non hanno gradito paiono essere i politici di Pdl e Lega.
Ancora oggi il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha parlato della trasmissione come un misto di «settarismo e mediocrità ».
E un invidioso Maurizio Gasparri ha bollato l’intervento di Fini sui valori della destra come un «compitino di quinta elementare”.
Parla lui che avrebbe bisogno perenne di un insegnante di sostegno.
Non manca la richiesta di un confronto da parte di Maroni, offeso perchè Saviano ha citato un amministratore della Lega come controparte della pressione mafiosa al nord.
Ha detto Maroni: “Vorrei che Saviano ripetesse le accuse di ieri guardandomi negli occhi: è facile lanciare il sasso senza il contraddittorio”.
Sai che paura avrà Saviano a guardarlo negli occhi…
Se l’invito della Rai non arriverà , ha poi sottolineato Maroni, “sarà dimostrata a tutti che quella è una trasmissione contro la Lega e che la democrazia è un optional. Chiunque ha diritto di replicare, altrimenti vuol dire che siamo tornati al tribunale della Santa Inquisizione”.
Ma forse Maroni si riferiva al Tg1 di Minzolini…
argomento: Bersani, Costume, destra, Fini, Futuro e Libertà, Giustizia, governo, LegaNord, PD, PdL, Politica, radici e valori, RAI, televisione | Commenta »
Novembre 16th, 2010 Riccardo Fucile
“VERGOGNA BERLUSCONI”: L’ENNESIMO SPUTTANAMENTO DEL NOSTRO PAESE ALL’ESTERO… “ESCORT, MINORENNI E BALLERINE CHE SALTELLANO INTORNO A UN 74ENNE”… “NESSUNA ATTENZIONE A UN PAESE CHE SI SBRICIOLA”… BONDI DEFINITO “MINISTRO SENZA VERGOGNA E RESPONSABILITA”
“Berlusconi’s girl problem”, Berlusconi e il problema-donne.
Ecco il titolo che campeggia sulla copertina del numero del 22 novembre del settimanale americano Newsweek.
Illustrato da un paio di gambe femminili con scarpe dal tacco a spillo.
Quattro pagine dedicate alle vicende italiane.
E un ritratto impietoso dell’Italia berlusconiana, di quella che viene definita “la cultura dell’harem che sta minando l’economia italiana e il suo stesso governo”.
Le donne, gli scandali, la televisione, l’incuria nei confronti dei beni culturali del Paese.
Una serie di vergogne, quelle passate in rassegna dal settimanale americano. “Per Berlusconi, l’eguaglianza di genere è una barzelletta”, titola l’articolo di Barbie Nadeau; “Silvio si fa buttare giù, ma l’ultimo scandalo sessuale è solo uno dei suoi problemi” è invece il pezzo firmato da Jacopo Barigazzi.
In un articolo si ripercorrono le recenti vicende italiane, partendo dal crollo di Pompei.
“Il ministro in carica, quando gli hanno chiesto se si sarebbe dimesso, ha risposto che non era responsabile. E’ così che funziona il governo in italia. Nessuna responsabilità . Nessuna vergogna. Nessuna attenzione a un paese che si sbriciola”.
E ancora: “Per quasi vent’anni l’Italia praticamente non è cresciuta e nessuno accetta la colpa”.
Un altro articolo del Newsweek è invece dedicato al ruolo delle donne nel nostro Paese.
Con una paginata fotografica di ragazze seminude in televisione e la descrizione – imbarazzante – di Striscia la notizia:
“Due uomini di mezz’età in piedi sotto i riflettori, uno fa penzolare da una cintura una treccia d’aglio dalla forma vagamente fallica. Una ragazza striscia sul pavimento, indosso ha un costume di paillette, la scollatura a V profondissima e un perizoma. Prende la treccia d’aglio in mano e se la strofina sul viso mentre l’altro conduttore – si legge sul settimanale – le dice ‘dai, girati, fammi dare un’occhiata’, e le tocca il sedere. Questo è il prime time in Italia. Una parata di temi pruriginosi, un’espressione del marciume evidente proprio ai vertici del governo, un riflesso del problema più profondo della società rispetto al ruolo delle donne. Una storia senza fine di modelle minorenni, escort a pagamento, ballerine del ventre marocchine che se la spassano con un 74enne presidente del Consiglio”.
E ancora, osserva l’articolo di Newsweek: “Proteste e lamentele sono rare, e se ci sono, pochi le ascoltano”.
Una situazione che Berlusconi “potrebbe aver creato” grazie al fatto che “il 95% del mercato televisivo è sotto il suo controllo” e per questo “è difficile fare una stima di quanto gioco abbia la sua influenza nel modo in cui le donne sono viste e vedono loro stesse. E mentre altri Paesi europei promuovono attivamente l’uguaglianza di genere come un pilastro della prosperità nazionale, Berlusconi ha guidato la carica nella direzione opposta, relegando le donne con la creazione di un modo di vederle solo come oggetti sessuali”.
E conclude: “E’ chiaro che la caduta di Berlusconi, se avverrà , indebolirà la commistione negativa fra politica, media e discriminazione di genere. Ma perchè ci siano reali progressi bisognerà riprogrammare il modo di pensare degli italiani, uomini e donne. E non basterà cambiare canale”.
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, Esteri, governo, Politica, radici e valori, Stampa | Commenta »
Novembre 16th, 2010 Riccardo Fucile
L’ANALISI DI PANEBIANCO SUL “CORRIERE DELLA SERA”… LA VITTORIA DI PISAPIA A MILANO SEGNA UNA SCONFITTA POLITICA DELLA CLASSE DIRIGENTE DEL PD…COM’E’ POSSIBILE CHE, A FRONTE DEL CALO DI CONSENSI DEL CENTRODESTRA, SI ASSISTA AD UNA FLESSIONE ANCHE DEL PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE?… SI ANDRA’ A UNO SFARINAMENTO DEL SISTEMA POLITICO ATTUALE
La vittoria di Giuliano Pisapia alle primarie milanesi del centrosinistra contro il candidato del
Partito democratico Stefano Boeri rappresenta, come ha scritto sul Corriere di ieri Michele Salvati, una «secca sconfitta politica» per il gruppo dirigente di quel partito.
Una sconfitta che si somma a tante altre batoste, come, a suo tempo, la vittoria di Nichi Vendola in Puglia contro il candidato ufficiale del Pd, la perdita di regioni tradizionalmente governate dalla sinistra, il successo, anche se per ora solo mediatico, della rivolta capeggiata dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, e altro ancora.
Se la politica italiana è, come è, alla deriva, se la rottura del Pdl e il possibile declino di Silvio Berlusconi preannunciano una crisi di sistema destinata ad avere ripercussioni ovunque, è difficile pensare che possa cavarsela un partito di opposizione così mal messo come il Partito democratico.
Talmente mal messo da non aver saputo nemmeno approfittare, in questi anni, della crisi economica per rimontare nei sondaggi (che è ciò che normalmente accade in democrazia: i consensi per l’opposizione crescono quando il governo deve fronteggiare una grave crisi).
Così come è fallita l’aggregazione a destra denominata Popolo della libertà sta fallendo l’aggregazione a sinistra denominata Partito democratico.
Quando nacque, il Pd suscitò molte speranze fra coloro che auspicavano un rinnovamento della cultura politica della sinistra.
Ma le speranze andarono deluse.
A poco a poco vennero fuori le magagne: il nuovo contenitore risultò privo di contenuti, più un mezzo per assicurare la sopravvivenza di spezzoni di vecchia classe dirigente che un partito (nonostante, va detto, la serietà degli sforzi iniziali dell’allora segretario Walter Veltroni) dotato di identità e capacità progettuale.
Forse il Pd cominciò a morire quando, nell’inverno 2007-2008, fallirono le trattative tra Veltroni e Berlusconi per una riforma, a vantaggio dei grandi partiti, del sistema elettorale.
Se quelle trattative fossero andate in porto, il Pd sarebbe forse riuscito a mettere in sicurezza, oltre al bipolarismo italiano, anche se stesso. Probabilmente, avrebbe ugualmente perso le elezioni del 2008 ma, almeno, avrebbe monopolizzato l’opposizione e sarebbe stato in gara per giocarsi, con qualche chance di successo, la prova elettorale successiva.
Non andò così.
L’incapacità di elaborare e imporre una sua visione delle cose politiche ne fece un partito nè carne nè pesce, in balia delle pressioni esterne: prima succube dei giustizialisti, poi alla rincorsa dei centristi di Casini, e oggi anche di Fini, domani probabilmente risucchiato (ma, sicuramente, dopo avere perso per strada molti pezzi) dal radicalismo di Vendola e Di Pietro.
Non deve rallegrare il declino del Partito democratico.
Per chi, come chi scrive, è scettico sulle possibilità del cosiddetto «terzo polo», quel declino, insieme alla crisi del centrodestra, preannuncia lo sfarinamento del sistema politico vigente anzichè la sua imminente ricomposizione su nuove basi.
Le crisi di sistema sono lunghe, complesse e imprevedibili.
Quando alla fine si affermeranno nuovi equilibri, difficilmente ne sarà protagonista il Partito democratico con la sua fisionomia di oggi.
Angelo Panebianco
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: Bersani, elezioni, emergenza, Partito Democratico, PD, Politica, radici e valori | 1 Commento »
Novembre 16th, 2010 Riccardo Fucile
L’ANALISI DEL COSTITUZIONALISTA MICHELE AINIS SU “LA STAMPA”: “NESSUN GOVERNO E’ MAI STATO SFIDUCIATO DA DUE ASSEMBLEE, NE BASTA UNA”…”I PRECEDENTI DANNO COMUNQUE LA PRIORITA’ DEL VOTO ALLA CAMERA”….”LO SCIOGLIMENTO DELLA SOLA CAMERA E’ IRRAGIONEVOLE: SFASEREBBE LE ASSEMBLEE, COSI’ OGNI DUE ANNI POI SI DOVREBBE ANDARE A VOTARE: IL GOVERNO SI LEGGA LA COSTITUZIONE”
Senza i ministri di Futuro e libertà , il governo Berlusconi ormai somiglia al visconte dimezzato di Italo Calvino.
Sarà per questo che cerca di tagliare il problema in due come una mela: mezza fiducia (quella del Senato), mezza crisi (magari un rimpasto può bastare), e in ultimo mezze elezioni (facendo rivotare gli italiani solo per la Camera).
C’è una logica in queste mezze trovate? Ce n’è metà , e dunque non ce n’è nessuna.
Primo: la mezza fiducia.
Se il Senato la concede, mezzo governo è salvo. E l’altro mezzo? Affonda nel pozzo della crisi, se e quando la Camera gli vota la sfiducia.
Ma c’è spazio nel nostro ordinamento per un governo dimezzato?
Solo a patto di scambiare il due con l’uno.
Il bicameralismo, l’esistenza di due Camere gemelle, è un po’ come il matrimonio: per sposarsi bisogna essere d’accordo in due, per divorziare basta che lo decida uno.
Ecco perchè se una Camera respinge un progetto di legge posto in votazione, a quel punto il procedimento s’interrompe, anche se l’altra Camera l’avrebbe approvato a spron battuto.
Ed ecco perchè basta un solo voto di sfiducia per far cadere la compagine ministeriale: nessun governo è mai stato sfiduciato da ambedue le assemblee parlamentari.
La gara a chi voterà per prima la fiducia (o la sfiducia) al gabinetto Berlusconi cozza con la logica, o meglio con la matematica: se ho bisogno di due sì ma prevedo d’incassare un no, non ha alcun rilievo l’ordine dei voti.
E comunque i precedenti (10 su 11) danno la priorità alla Camera.
Secondo: il «rimpastino» come tampone della crisi, come espediente per evitare che divampi.
In astratto è praticabile, e d’altronde nei suoi cinque semestri di governo Berlusconi ha già sostituito una folla di ministri, viceministri, sottosegretari.
In concreto la via è tutta in salita, perchè senza Fli non c’è più maggioranza. Anche se quel partito aveva un solo generale (Andrea Ronchi) tra i banchi dell’esecutivo, anche se la sua forza elettorale rimane tutta da verificare.
Nel novembre 1987, per esempio, a dimettersi fu l’unico ministro (Zanone) del partito liberale, che a sua volta rappresentava appena il 2% dell’elettorato, benchè a guidarlo fosse un segretario che si chiamava Altissimo; e il Premier dell’epoca (Goria) un minuto dopo rassegnò le dimissioni del governo.
Terzo: le mezze elezioni.
Se Berlusconi ci tiene così tanto a mettersi anzitutto in tasca l’appoggio del Senato, è per porre i deputati dinanzi a un altolà : volete sciogliere il governo?
E allora il governo scioglierà la Camera.
Un’eventualità – di nuovo – praticabile in astratto, irragionevole in concreto.
Intanto, se poi uscisse dalle urne una maggioranza ostile al gabinetto Berlusconi, per coerenza dovremmo sciogliere anche quest’altra Camera, o in alternativa sciogliere il corpo elettorale.
In secondo luogo, perchè mai non potremmo viceversa mandare a casa i senatori?
Il (mezzo) ragionamento del presidente del Consiglio è infatti perfettamente rovesciabile: se la Camera dei Deputati gli voterà contro è perchè da quelle parti si sarà formata una diversa coalizione, e non c’è ragione di privilegiare l’una o l’altra maggioranza.
In ultimo, lo scioglimento anticipato d’un solo ramo del Parlamento implica per il futuro uno sfasamento temporale delle due assemblee legislative, dunque elezioni ogni due anni, e ogni due anni una crisi di governo.
E allora per quale motivo la nostra Carta lo consente? Per casi – davvero – eccezionali. Per esempio di fronte a un’assemblea dominata da partiti antisistema, oppure infarcita di briganti, o altrimenti secessionista, golpista, piduista.
Ma non è questo lo scenario d’oggi (sul domani, non ci giureremmo).
E c’è infine un presupposto indispensabile, per mandare a squadro questa mezza strategia: un mezzo presidente.
Spetta infatti al Capo dello Stato officiare le crisi di governo, e sempre a lui spetta la decisione estrema, quella di sciogliere le Camere o al limite una sola. Se il governo pretende di dettargli le proprie decisioni, significa che ha letto mezza Costituzione.
L’altra metà deve ancora studiarla.
Michele Ainis
(da “la Stampa“)
argomento: Berlusconi, Bossi, elezioni, governo, Parlamento | Commenta »
Novembre 16th, 2010 Riccardo Fucile
FINI E BERSANI IERI SERA DA FAZIO HANNO LETTO I VALORI ISPIRATORI DELLA LORO AREA POLITICA….LE DUE VISIONI DEL PAESE, LE LORO ASPIRAZIONI, GLI ELENCHI DEI PUNTI DI RIFERIMENTO DI DESTRA E DI SINISTRA
Nonostante tutto. L’ottimismo di Gianfranco Fini è in quell’espressione pronunciata
all’inizio del suo elenco. “E’ bello, nonostante tutto, essere italiani”.
Mentre “guardare il mondo con gli occhi dei più deboli aiuta a realizzare un mondo migliore” è l’idea (di partenza) di sinistra secondo Pierluigi Bersani. Tre minuti e tre minuti, due leader, due idee del Paese mentre del Paese si giocano le sorti.
Va in scena il bipolarismo dei valori.
E’ il momento più atteso, anticipato dalle polemiche, di “Vieni via con me”.
I valori della sinistra e quelli della destra, Bersani impacciato ma deciso, Fini disinvolto e rassicurante.
Su qualche punto – pur nelle diversità – si sfiorano, gli immigrati che saranno italiani, la necessità , per un governo, “di persone perbene, che è un fatto privato” (Bersani), perchè “senza autorevolezza e buon senso delle istituzioni non c’è libertà ma solo anarchia, arroganza e furbizia a discapito dei cittadini” (Fini).
Fabio Fazio e Roberto Saviano riprendono il loro viaggio fra umori e malumori dell’Italia dopo l’esordio di lunedì 8 novembre, record d’ascolti storico per RaiTre.
Bersani e Fini di fatto consacrano la “politicità ” del programma.
Come politiche sono state le polemiche che hanno preceduto questa puntata, all’annuncio della partecipazione dei due segretari di partito.
Con il direttore generale Rai, Mauro Masi, che saputo dell’invito (e delle conferme dei due, per niente intenzionati a rimettersi ai diktat dei vertici di viale Mazzini) aveva intimato, in nome del pluralismo e del contraddittorio, che fossero ospitati anche i leader di Idv, Udc, Lega, Pdl.
A Masi risponde Fazio in apertura di programma con “l’elenco dei segretari di partito che, se fossimo una tribuna politica, dovremmo invitare nelle prossime puntate”, e via citando oltre settanta sigle, in alcuni casi sconosciute ai più.
A metà serata tocca a loro.
Esordisce Bersani.
“La sinistra è l’idea che se guardi il mondo con gli occhi dei più deboli puoi fare davvero un mondo migliore per tutti”.
Poi la Costituzione, “la più bella del mondo”, l’economia che “non gira se pochi hanno troppo e troppi hanno poco”.
Il segretario del Pd parla di lavoro, “è la dignità di una persona, chiamare flessibilità una vita precaria è un insulto”; di evasione fiscale, degli insegnanti “che inseguono un ragazzo per tenerlo a scuola”, di ambiente, del diritto per un figlio di immigrati di essere italiano, di laicità .
“Chi si ritiene progressista deve tenere vivo il sogno di un mondo in pace, senza odio e violenza, combattere contro la pena di morte e ogni sopraffazione, contro l’aggressività che ci abita dentro, quella del più forte sul più debole”.
Fini spinge sul tasto che più gli è caro, quello del patriottismo.
Valori della destra sono far emergere “l’Italia che ha fiducia nel futuro perchè ha fiducia in se stessa” ed “essere di destra vuol dire innanzi tutto amare l’Italia, avere fiducia negli italiani, nella loro capacità di sacrificarsi, lavorare onestamente e pensare al futuro dei figli, essere solidali e generosi” come “i nostri militari in Afghanistan, le migliaia di connazionali volontari che aiutano anziani, malati, deboli”, “le imprese e le famiglie che danno lavoro a immigrati onesti i cui figli domani saranno anch’essi cittadini italiani perchè la patria da tempo non è più soltanto la terra dei padri”.
“E’ lo stato che deve garantire che la legge è davvero uguale per tutti. Un’Italia migliore non va costruita dal nulla, c’è già ».
argomento: Bersani, destra, Fini, PD, Politica, radici e valori, RAI | 1 Commento »