Novembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
DIETRO IL SOLITO SPOT DEL GOVERNO, L’ENNESIMO RICICLAGGIO DEI FONDI EUROPEI ASSEGNATI AL SUD, NESSUN REGALO…. SONO FONDI FAS CHE NECESSITANO DI PROGETTI REGIONALI PER OTTENERE IL VIA LIBERA, NULLA DI NUOVO, SOLO LA POSSIBILITA’ DI ATTUARE UNA RIPROGRAMMAZIONE… BOCCHINO: “PROMETTERE ANCORA LA SALERNO-REGGIO CALABRIA E’ UNA PRESA IN GIRO”
Qualche giorno fa, a sentire Berlusconi e Tremonti, sembrava che il governo, che
notoriamente non ha mai un euro per nulla, salvo che per i progetti sponsorizzati dalla Lega, avesse vinto al superenalotto.
Sarebbero stati ben 90 i miliardi di euro stanziati per il Mezzogiorno con offerte speciali, come nei migliori trailer Mediaset: Bari-Napoli in 2 ore di treno anzichè 2, la Salerno Reggio Calabria in auto in un’ora in meno, da Catania a Palermo in poco più di un’ora anzichè in 3 ore.
Sembrava piovessero dobloni dal cielo, insieme all’ennesimo miracolo berlusconiano, durante la presentazione del Piano per il Sud varato dal governo.
Novanta miliardi per il Meridione, annunciava il premier come fossero soldi “freschi”.
In realtà si tratta della fotografia dell’entità dei fondi strutturali europei, già stanziati da Bruxelles per i 7 anni 2007-2013: sono fondi di varia natura (dal noto Fas a quelli per l’agricoltura) che per essere spesi devono essere oggetto di progetti regionali (metà finanziati dalla regione e metà dallo Stato) e poi ottenere il via libera e la conseguente assegnazione da parte del Cipe.
L’unica novità sta nel fatto che sarà possibile riprogrammare i progetti.
La cabina di regia è finita nelle mani di Tremonti e Fitto, con relative proteste degli altri ministri interessati (Prestigiacomo, Galan, Matteoli).
Che si tratti di un gioco delle tre carte è stato sottolineato dalla stessa Cisl: “Vanno bandite le dichiarazioni clamorose sulle risorse a disposizione perchè il Piano è basato esclusivamente su risorse già disponibili”.
Da notare che viene reintrodotto il meccanismo automatico degli incentivi alle aziende, ovvero i crediti d’imposta, voluti a suo tempo dal ministro Visco e più volte criticati dal centrodestra come “bancomat”.
Negative le reazioni dei finiani: “Promettere ancora che dovremo fare la Salerno-Reggio Calabria è una presa in giro degli italiani”.
Ma costerebbe cosi tanto ogni tanto non raccontare balle?
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Novembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
IN PIAZZA IL 13 DICEMBRE CONTRO I TAGLI: “IL GOVERNO VENDE SOLO FUMO, SONO ANNI CHE SOSTIENE CHE I BENI SEQUESTRATI ALLA MAFIA SARANNO DESTINATI ALLA SICUREZZA”…”CI DEVONO ANCORA PAGARE GLI ARRETRATI DEL 2008″…”MARONI NON HA SAPUTO DIFENDERE I SUOI UOMINI DAI TAGLI DI TREMONTI”…LA VIGILIA DEL VOTO DI FIDUCIA, MANIFESTAZIONE SOTTO MONTECITORIO DI TUTTE LE SIGLE SINDACALI
Maroni, intervenendo qualche giorno fa a Brescia per firmare il “Patto per Brescia sicura”, ha detto che le risorse per la polizia ci sono.
E a sostegno della sua tesi ha citato una lettera a lui indirizzata da parte del capo della polizia: “Non ci sono problemi di risorse. I soldi per le auto e il personale ci sono”.
Il ministro dell’Interno ha poi aggiunto: “Abbiamo sequestrato i conti correnti bancari dei mafiosi, dei loro famigliari e dei prestanome: sono 2 miliardi e 200 milioni di euro che verranno distribuiti alle forze di polizia, a partire dall’anno prossimo”.
Dichiarazioni che fanno saltare i nervi ai sindacati di polizia: “E’ la solita squallida propaganda”, ha ribattuto Franco Maccari, segretario nazionale del Coisp.
“Una volta, il ministro Maroni parla di 2 miliardi di euro, la volta dopo di 19 miliardi. E’ da anni che sentiamo ripetere, come un mantra, che le risorse dello scudo fiscale, o quelle dei beni sequestrati alla mafia, verranno utilizzate per combattere la criminalità o pagarci gli straordinari”.
Proprio non ci stanno i sindacati: “Il ministro Maroni — continua Maccari — adesso cerca pure di strumentalizzare le parole di Manganelli. Dovrebbe, ricordarsi che il capo della Polizia rappresenta la struttura tecnica, noi come sindacati rappresentiamo invece il 90% degli operatori di polizia, vale a dire 90.000 uomini e donne, il loro malumore e la loro insoddisfazione crescente verso un governo che vende solo fumo”.
Maccari ha incontrato con tutte le sigle sindacali il ministro dell’interno mercoledì scorso: un faccia a faccia molto teso, perchè,, al di là delle dichiarazioni di facciata, restano insoluti tutti i temi più importanti come il pagamento degli arretrati previsti dal contratto del 2008 e rimasti ancora lettera morta; il fondo perequativo di 80 milioni di euro per il riconoscimento economico delle promozioni e gli adeguamenti retributivi per il triennio 2011-2013.
Senza dimenticare quei tagli trasversali che “ci hanno fatto solo del male e che ci pongono nelle condizioni di non affrontare in modo sereno il nostro lavoro”. Secondo Maccari “Maroni non ha saputo difendere i suoi uomini dai tagli che ha fatto Tremonti”.
Di più: “Maroni non ha avuto il coraggio di alzare la voce quando, invece, sarebbe stato doveroso avere un sussulto di dignità : tutti, dalla Carfagna alla Gelmini, da Bondi a La Russa, hanno picchiato i pugni sul tavolo e hanno ottenuto dei fondi.
Perfino il ministro della Difesa ha ottenuto quei 39 milioni di euro per portare nei fine settimana qualche ragazzino a far finta di sparare nelle caserme e noi, invece, come Polizia, non abbiamo ottenuto un bel nulla: pensi che con quei 39 milioni di euro potevamo almeno pagare 1/3 dei debiti che abbiamo con chi ci ripara le auto di servizio. Per questo siamo stanchi e amaraggiati”.
Per questo tutte le sigle sindacali, dal Siulp, al Sap, dal Coisp, all’Ugl, dopo aver incontrato il ministro Maroni, hanno deciso di rompere gli indugi e di proclamare immediatamente lo stato di mobilitazione dell’intera categoria.
Il 13 dicembre, proprio il giorno prima del voto di sfiducia al Governo e dell’attesa pronuncia della Corte costituzionale sul legittimo impedimento, i poliziotti scenderanno in piazza e faranno sentire la loro voce contro il blocco del turn over, contro i tagli della manovra finanziaria: la loro manifestazione terminerà con un presidio proprio davanti a Montecitorio.
Dove meno di 24 ore dopo si giocheranno i destini di Berlusconi.
E di Maroni.
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Novembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
L’INFORMATIZZAZIONE DELLA CASA DELLA SALUTE DI GIARRE AFFIDATA ALLA SOLSAMB, DI CUI E’ AMMINISTRATORE MELCHIORRE FIDELBO, SENZA GARA DI APPALTO… IL PROGETTO PRESENTATO AI TEMPI DELLA GIUNTA CUFFARO….LA CAPOGRUPPO DEI SENATORI: “CI COLPISCONO PER IL SOSTEGNO A LOMBARDO”, MA I GIOVANI DEL PARTITO CHIEDONO CHIAREZZA
Nessuno osi parlare di familismo perchè lei minaccia sfracelli (e querele). Parliamo della
capogruppo dei senatori Pd Anna Finocchiaro e della notizia dell’appalto per l’informatizzazione della Casa della salute di Giarre, in provincia di Catania, affidato dalla Regione al marito Melchiorre Fidelbo, di professione ginecologo, come stabilisce la convenzione firmata quattro mesi fa dal direttore generale della Asp 3 (l’azienda sanitaria) Giuseppe Calaciura.
La notizia sta facendo il giro delle redazioni e impazza sui siti internet e sui social network, coi relativi commenti tra il disilluso e l’arrabbiato dei navigatori. Trecentocinquanta mila euro tondi tondi, questa è la cifra tirata fuori dalle casse pubbliche, come compenso per il lavoro svolto dalla Solsamb, società di cui Fidelbo è amministratore delegato e che prima d’ora pare non brillasse per fatturati da capogiro.
La presentazione del progetto (proposto dal Consorzio sanità digitale e ambiente di cui la Solsamb era una sorta di società collaterale) risale al 2007, ai tempi del governo Cuffaro, quando assessore alla Sanità era Roberto Lagalla, professore di diagnostica dell’Università di Palermo e da un paio d’anni rettore.
E di sicuro c’è che non c’è stata gara d’appalto.
Anzi la pratica ha viaggiato su un binario veloce.
Il progetto infatti nel giro di pochi giorni passò dal tavolo dell’allora direttore generale dell’Asp 3 di Catania a quello dell’assessorato retto da Lagalla (che diede parere favorevole), per poi varcare il portone del Ministero della Salute e ottenere il relativo finanziamento ministeriale.
Poi l’iter viene bloccato dalla riforma sanitaria voluta dalla giunta Lombardo. Le Case della salute, infatti, sono diventate presidi territoriali di assistenza e la Solsamb deve rifare il progetto (nel frattempo il Consorzio sanità digitale e ambiente riconosce la titolarità del progetto alla Solsamb che firma direttamente la convenzione con l’Asp 3 nel luglio 2010).
Una vicenda intricata e con più di un aspetto che non si comprende, come conferma l’assessore regionale alla sanità Massimo Russo, che parla di strumentalizzazioni politiche e abbozza una difesa d’ufficio della senatrice: “Che c’entra il familismo? Probabilmente la Finocchiaro nemmeno sapeva di questa storia”.
È un po’ difficile da credere, visto che era pure presente all’inaugurazione del centro insieme al marito.
Ma “era lì per accompagnare Livia Turco che da ministro ha fortemente voluto questo tipo di sistema sanitario decentrato”, ribatte l’assessore.
Poi annuncia un’indagine interna e dice: “In questa vicenda voglio vederci chiaro, non capisco perchè, come pare, non ci sia stata gara e come mai l’assessorato abbia autorizzato la pratica in tempo record. Lunedì chiederò una verifica per accertare quello che è successo”.
Il direttore generale dell’Asp Giuseppe Calaciura si tira fuori da ogni responsabilità perchè all’epoca in cui venne presentato il progetto per la prima volta non era direttore.
Ma la convenzione l’ha firmata lui.
Forse i funzionari che gli hanno istruito la pratica avrebbero potuto sbirciare un po’ meglio tra le righe e fargli presente la cosa.
L’assessore Russo intanto garantisce che nessun servizio sarà affidato ai presìdi sanitari siciliani senza che ci sia una gara.
Antonello Cracolici, presidente del gruppo Pd all’Assemblea regionale siciliana, commenta la vicenda nel suo blog e parla di “manganello mediatico contro chi nel Pd si è macchiato della colpa di sostenere il governo Lombardo”, dichiara guerra senza quartiere a chi riferisce la notizia senza discutere del merito.
Livio Gigliuto, segretario dei giovani democratici di Catania usa toni ben diversi: “In generale penso che fare chiarezza sia una cosa positiva, non so se sia il caso di questa vicenda di cui so solo quel che hanno scritto i giornali. Ci terrei però a dire che noi giovani democratici di Catania abbiamo sempre espresso la nostra totale contrarietà al sostegno della giunta Lombardo da parte del Pd. Un partito come il nostro deve sostenere solo persone limpide e non chi come Lombardo ha un modo clientelare di gestire potere”
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
NEGLI USA PENSANO CHE IL PREMIER SIA PIU’ ATTENTO ALLE PROPRIE FORTUNE PRIVATE CHE ALLA COSA PUBBLICA…L’ANALISI DI GIUSEPPE D’AVANZO SU “LA REPUBBLICA”: FESTINI E AFFARI ENERGETICI
Un premier accompagnato a Washington da “una profonda sfiducia”.
Un uomo “incapace, vanitoso”.
Un leader europeo “inefficace”, “fisicamente e politicamente debole”, sfibrato e fiacco di giorno dopo le lunghe notti bruciate in wilde partys, in orge e festini.
Niente di più e niente di meno che un “portavoce di Putin” in Europa con il quale ha un rapporto “straordinariamente stretto”.
Un rapporto mediato da un oscuro “intermediario italiano”, santificato dalla comune cultura machista che riconduce quell’amicizia a “festini selvaggi”.
Un legame celebrato con “generosi regali” e lucrosi e redditizi contratti energetici.
Berlusconi potrà anche riderci sopra, come fa sapere, ma il profilo del premier che, secondo el Pais, New York Times, Guardian, Der Spiegel, la diplomazia americana affida al Dipartimento di Stato è avvilente.
Anche nei pochi, pubblici scampoli di informazioni – un nulla rispetto ai tremila cablogrammi “italiani” che saranno resi noti nei prossimi giorni – il nostro capo di governo appare un politico inaffidabile, prigioniero di una vita disordinata, vanaglorioso fino al parossismo, indifferente al destino dell’Europa, apparentemente distaccato anche dalle sorti del suo Paese, attratto soprattutto dal versante affaristico della politica.
L’immagine di un Berlusconi attento alle proprie fortune private – più che alla cosa pubblica che è stato chiamato ad amministrare – è così radicata a Washington che addirittura convince, all’inizio di quest’anno, il segretario di Stato americano Hillary Clinton a chiedere alle ambasciate di Roma e di Mosca “informazioni su eventuali investimenti personali” di Berlusconi e Putin che “possano condizionare le politiche estere dei due Paesi”.
Come se i due “amici” conducessero gli affari di Stato nell’interesse del proprio portafoglio.
Bisognerà leggere con attenzione il contesto in cui fioriscono questi giudizi. Berlusconi in un dispaccio è definito “un alleato preziosissimo” anche se sembra di capire più per la sua debolezza che lo rende manipolabile che per le sue convinzioni politiche e scelte geopolitiche.
Bisognerà soprattutto valutare la qualità delle “fonti” dell’ambasciata americana a Roma, avere conferme che siano – come qualcuno suggerisce – “di assoluta fiducia” del presidente del Consiglio.
Perchè non dirlo? I documenti riservati della diplomazia americana diffusi da Wikileaks rivelano il Berlusconi che conosciamo e che ostinatamente metà del Paese non può “riconoscere” perchè non sa, perchè buona parte dei media controllati o influenzati dal Cavaliere non possono nè vogliono raccontarglielo.
E’ il premier che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, purtroppo: fragile come può essere fragile chi vive un mondo abitato soltanto da se stesso; debole come è debole chi conduce una vita magnetizzata dal proprio interesse particolare; inadatto a governare come i suoi fallimento dimostrano ogni giorno; vulnerabile come chi conduce una vita caotica e quindi inaffidabile per chi deve condividere con lui decisioni, scelte, una politica.
Oggi più di ieri, alla luce dei dispacci della diplomazia americana, appare malinconico il tentativo del presidente del consiglio e degli obbedienti corifei di liquidare gli scandali che lo hanno visto protagonista negli ultimi diciotto mesi come “spazzatura”, come gossip, come violazione della privacy presidenziale.
Se il premier riceve prostitute nelle sue residenze private diventate sedi del governo; se in quei palazzi (Villa San Martino, Villa Certosa e Palazzo Grazioli) si consumano ogni settimana “festini selvaggi” con decine di giovani donne – alcune minorenni – reclutate alla meno peggio da talent scout professionisti o improvvisati, a volte per disperazione anche sul marciapiede; se gli incontri del Cavaliere con Putin perdono ogni crisma di ufficialità per farsi, in luoghi protetti da occhi indiscreti, personali e riservati con un’agenda che non ha nulla di politico, è un obbligo fare di quelle faccende un “caso” politico.
Non si possono nascondere queste abitudini del potere sotto il tappeto come se fossero trascurabile polvere perchè quegli affari raccontano la vulnerabilità di Berlusconi, interpellano la credibilità delle istituzioni e minacciano la sicurezza nazionale, la reputazione internazionale del nostro Paese.
Con buona pace dei maestrini che per conformismo invitavano a parlare di ben altri problemi (pur di non parlare di questo), la riduzione a privacy di questo deficit di autorità e autorevolezza non ha consentito e non poteva consentire a Berlusconi di tirarsi su dal burrone in cui si è cacciato da solo e con la colpevole complicità di chi gli è stato accanto in questi anni.
Dispiace cadere nel convenzionale, ma ora i nodi stanno venendo al pettine e non c’è stato mai un dubbio che questa crisi prima o poi dovesse scoppiare. Perchè non ci volevano doti da indovino per comprendere che se sono in giro centinaia di ragazze, protagoniste di quei “festini selvaggi”, il capo del governo può essere umiliato e ricattato in ogni momento.
Era sufficiente chiedersi dove finiscono o dove possono finire le informazioni – e magari le registrazioni e le immagini – in loro possesso e concludere che il progressivo disvelamento della vita scapestrata del premier e della sua fragilità privata, che non poteva sfuggire ai nostri partner e al nostro maggiore alleato, rendeva immediatamente Berlusconi indegno della sua responsabilità pubblica, inattendibile per gli alleati e, nel contempo, screditato il nostro Paese nel mondo.
Mettiamo in fila quel abbiamo saputo in quest’ultimo anno e mezzo.
La festa di Casoria; le rivelazioni degli incontri con Noemi allora minorenne; la cerchia di prosseneti che gli riempie palazzi e ville di donne a pagamento, in qualche caso minorenni; la confessione di una donna che è stata pagata per una cena e per una notte con in più la promessa di una candidatura politica. Davvero ci possiamo oggi stupire se Berlusconi appare a Washington un frivolo inetto, meritevole di “una profonda sfiducia”, preoccupato soltanto di organizzare i suoi wilde partys, del tutto disinteressato alla sua diurna agenda di lavoro di un capo di governo?
Non è difficile comprendere come a un uomo di governo che tratta in prima persona affari di grande consistenza economica e geopolitica, venga richiesto di non ricevere a casa sua decine di donne sconosciute con tanto di registratori e di macchine fotografiche.
“Festini selvaggi” e affari energetici, l’avventura politica di Berlusconi pare essere tutta qui.
Giuseppe D’Avanzo
(da “La Repubblica“)
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Novembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
NEGLI USA PENSANO CHE IL PREMIER SIA PIU’ ATTENTO ALLE PROPRIE FORTUNE PRIVATE CHE ALLA COSA PUBBLICA…L’ANALISI DI GIUSEPPE D’AVANZO SU “LA REPUBBLICA”: FESTINI E AFFARI ENERGETICI
Un premier accompagnato a Washington da “una profonda sfiducia”.
Un uomo “incapace, vanitoso”.
Un leader europeo “inefficace”, “fisicamente e politicamente debole”, sfibrato e fiacco di giorno dopo le lunghe notti bruciate in wilde partys, in orge e festini.
Niente di più e niente di meno che un “portavoce di Putin” in Europa con il quale ha un rapporto “straordinariamente stretto”.
Un rapporto mediato da un oscuro “intermediario italiano”, santificato dalla comune cultura machista che riconduce quell’amicizia a “festini selvaggi”.
Un legame celebrato con “generosi regali” e lucrosi e redditizi contratti energetici.
Berlusconi potrà anche riderci sopra, come fa sapere, ma il profilo del premier che, secondo el Pais, New York Times, Guardian, Der Spiegel, la diplomazia americana affida al Dipartimento di Stato è avvilente.
Anche nei pochi, pubblici scampoli di informazioni – un nulla rispetto ai tremila cablogrammi “italiani” che saranno resi noti nei prossimi giorni – il nostro capo di governo appare un politico inaffidabile, prigioniero di una vita disordinata, vanaglorioso fino al parossismo, indifferente al destino dell’Europa, apparentemente distaccato anche dalle sorti del suo Paese, attratto soprattutto dal versante affaristico della politica.
L’immagine di un Berlusconi attento alle proprie fortune private – più che alla cosa pubblica che è stato chiamato ad amministrare – è così radicata a Washington che addirittura convince, all’inizio di quest’anno, il segretario di Stato americano Hillary Clinton a chiedere alle ambasciate di Roma e di Mosca “informazioni su eventuali investimenti personali” di Berlusconi e Putin che “possano condizionare le politiche estere dei due Paesi”.
Come se i due “amici” conducessero gli affari di Stato nell’interesse del proprio portafoglio.
Bisognerà leggere con attenzione il contesto in cui fioriscono questi giudizi. Berlusconi in un dispaccio è definito “un alleato preziosissimo” anche se sembra di capire più per la sua debolezza che lo rende manipolabile che per le sue convinzioni politiche e scelte geopolitiche.
Bisognerà soprattutto valutare la qualità delle “fonti” dell’ambasciata americana a Roma, avere conferme che siano – come qualcuno suggerisce – “di assoluta fiducia” del presidente del Consiglio.
Perchè non dirlo? I documenti riservati della diplomazia americana diffusi da Wikileaks rivelano il Berlusconi che conosciamo e che ostinatamente metà del Paese non può “riconoscere” perchè non sa, perchè buona parte dei media controllati o influenzati dal Cavaliere non possono nè vogliono raccontarglielo.
E’ il premier che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, purtroppo: fragile come può essere fragile chi vive un mondo abitato soltanto da se stesso; debole come è debole chi conduce una vita magnetizzata dal proprio interesse particolare; inadatto a governare come i suoi fallimento dimostrano ogni giorno; vulnerabile come chi conduce una vita caotica e quindi inaffidabile per chi deve condividere con lui decisioni, scelte, una politica.
Oggi più di ieri, alla luce dei dispacci della diplomazia americana, appare malinconico il tentativo del presidente del consiglio e degli obbedienti corifei di liquidare gli scandali che lo hanno visto protagonista negli ultimi diciotto mesi come “spazzatura”, come gossip, come violazione della privacy presidenziale.
Se il premier riceve prostitute nelle sue residenze private diventate sedi del governo; se in quei palazzi (Villa San Martino, Villa Certosa e Palazzo Grazioli) si consumano ogni settimana “festini selvaggi” con decine di giovani donne – alcune minorenni – reclutate alla meno peggio da talent scout professionisti o improvvisati, a volte per disperazione anche sul marciapiede; se gli incontri del Cavaliere con Putin perdono ogni crisma di ufficialità per farsi, in luoghi protetti da occhi indiscreti, personali e riservati con un’agenda che non ha nulla di politico, è un obbligo fare di quelle faccende un “caso” politico.
Non si possono nascondere queste abitudini del potere sotto il tappeto come se fossero trascurabile polvere perchè quegli affari raccontano la vulnerabilità di Berlusconi, interpellano la credibilità delle istituzioni e minacciano la sicurezza nazionale, la reputazione internazionale del nostro Paese.
Con buona pace dei maestrini che per conformismo invitavano a parlare di ben altri problemi (pur di non parlare di questo), la riduzione a privacy di questo deficit di autorità e autorevolezza non ha consentito e non poteva consentire a Berlusconi di tirarsi su dal burrone in cui si è cacciato da solo e con la colpevole complicità di chi gli è stato accanto in questi anni.
Dispiace cadere nel convenzionale, ma ora i nodi stanno venendo al pettine e non c’è stato mai un dubbio che questa crisi prima o poi dovesse scoppiare. Perchè non ci volevano doti da indovino per comprendere che se sono in giro centinaia di ragazze, protagoniste di quei “festini selvaggi”, il capo del governo può essere umiliato e ricattato in ogni momento.
Era sufficiente chiedersi dove finiscono o dove possono finire le informazioni – e magari le registrazioni e le immagini – in loro possesso e concludere che il progressivo disvelamento della vita scapestrata del premier e della sua fragilità privata, che non poteva sfuggire ai nostri partner e al nostro maggiore alleato, rendeva immediatamente Berlusconi indegno della sua responsabilità pubblica, inattendibile per gli alleati e, nel contempo, screditato il nostro Paese nel mondo.
Mettiamo in fila quel abbiamo saputo in quest’ultimo anno e mezzo.
La festa di Casoria; le rivelazioni degli incontri con Noemi allora minorenne; la cerchia di prosseneti che gli riempie palazzi e ville di donne a pagamento, in qualche caso minorenni; la confessione di una donna che è stata pagata per una cena e per una notte con in più la promessa di una candidatura politica. Davvero ci possiamo oggi stupire se Berlusconi appare a Washington un frivolo inetto, meritevole di “una profonda sfiducia”, preoccupato soltanto di organizzare i suoi wilde partys, del tutto disinteressato alla sua diurna agenda di lavoro di un capo di governo?
Non è difficile comprendere come a un uomo di governo che tratta in prima persona affari di grande consistenza economica e geopolitica, venga richiesto di non ricevere a casa sua decine di donne sconosciute con tanto di registratori e di macchine fotografiche.
“Festini selvaggi” e affari energetici, l’avventura politica di Berlusconi pare essere tutta qui.
Giuseppe D’Avanzo
(da “La Repubblica“)
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Novembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
L’ANALISI DI MARIO CALABRESI SU “LA STAMPA” IN MERITO ALLE RIVELAZIONI DI WIKILEAKS SU BERLUSCONI… UNA POLITICA ENERGETICA TROPPO DIPENDENTE DA MOSCA, UNA DIFESA D’UFFICIO DELLA RUSSIA DURANTE LA CRISI CON LA GEORGIA…TRA DIFFIDENZA E GIUDIZI IMPIETOSI DELLA AMMINISTRAZIONE USA CHE CI ESPONGONO AL RIDICOLO
Annunciata da giorni, ieri sera si è scatenata in tutto il mondo l’orgia dei documenti
riservati: sono diventati pubblici centinaia di migliaia di messaggi che la diplomazia americana ha spedito negli ultimi anni a Washington da ogni angolo del mondo, insieme alle direttive che facevano il percorso inverso, quelle che il Dipartimento di Stato ha indirizzato ad ambasciate e consolati.
Una tempesta per i rapporti internazionali, destinata ad alzare la tensione contemporaneamente nei punti più caldi del pianeta: dal Golfo Persico dove ora non è più segreta la richiesta saudita agli americani di attaccare urgentemente l’Iran per distruggere il programma nucleare di Teheran.
All’Afghanistan del «paranoico» Karzai; alle ipotesi di riunificazione coreana con la notizia del missile di Pyongyang capace di colpire; fino all’accusa ai cinesi di aver bloccato Google.
Una situazione difficile da gestire per la Casa Bianca e per la diplomazia americana che vengono messe a nudo nei loro ragionamenti riservati, nelle loro strategie, nelle loro debolezze e nei loro peggiori aspetti.
Quale clima ci sarà da questa mattina al Palazzo di Vetro a New York nel momento in cui si viene a sapere che lo scorso anno partì una direttiva firmata Hillary Clinton in cui si chiedeva di far partire una campagna di spionaggio contro i vertici dell’Onu?
Una tempesta per le opinioni pubbliche di ogni Paese che da oggi possono sapere cosa pensano dei loro governi gli americani.
A far scalpore non sono solo gli scenari che emergono dalle analisi a stelle e strisce, scenari che in parte già conosciamo da tempo (sono forse un mistero la diffidenza verso il presidente iracheno Karzai o il disprezzo per Ahmadinejad?), ma la possibilità di leggerli nero su bianco.
Il caso italiano è emblematico: le feste «selvagge» di Berlusconi sono forse una sorpresa per qualche nostro concittadino, così come il rapporto assiduo e opaco con Putin o Gheddafi non sono forse materia su cui ci si interroga da anni?
I documenti americani, ad una prima lettura delle anticipazioni, non rivelano nulla di terribilmente nuovo, ma la loro forza è un’altra: mostrarci come i discutibili comportamenti del nostro primo ministro, sia nel suo privato sia sullo scenario internazionale, abbiano un peso nella nostra immagine nel mondo.
Anche questo può apparire scontato, ma leggere che gli americani considerano Berlusconi «il megafono di Putin in Europa» (parlando di «regali generosi» e «contratti energetici redditizi») e lo definiscono «incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno» è qualcosa che lascia il segno.
Ma soprattutto qualcosa che questa volta non potrà essere smentito o accolto con una scrollatine di spalle.
Nell’estate del 2009 Maurizio Molinari scrisse su questo giornale che l’amministrazione Obama era preoccupata e irritata per la politica energetica del nostro governo troppo dipendente da Mosca, che c’erano pressioni sull’Eni perchè cambiasse la sua politica sui gasdotti troppo sbilanciata – a parere di Washington – sull’accordo con Gazprom per dare vita al South Stream.
Il giorno dopo il ministro degli Esteri Franco Frattini rispose che non esisteva nessun malumore americano verso la nostra politica energetica.
Allo stesso modo sono state regolarmente liquidate le evidenze di un fastidio dei nostri alleati per una politica estera poco «ortodossa» e troppo fuori linea.
Due fatti hanno fatto particolarmente rumore al desk europeo del Dipartimento di Stato negli ultimi anni: il primo (nel 2007) è stato il pagamento del riscatto da parte del governo Prodi per ottenere la liberazione del giornalista Daniele Mastrogiacomo in Afghanistan, un comportamento non in linea con quello degli alleati e che scatenò le ire della diplomazia americana perchè il passaggio di denaro venne reso pubblico, costituendo un pericoloso precedente.
Il secondo è stato l’atteggiamento assunto da Berlusconi durante la crisi guerra tra Russia e Georgia, quando parlò di «aggressione georgiana» mettendosi in netto contrasto con la linea della Nato.
Erano ancora i tempi della Casa Bianca dell’amico George W. Bush, ma gli strascichi di quella polemica sono arrivati intatti sui tavoli della nuova Amministrazione.
Dopo le battute di Berlusconi su Barack Obama (indimenticata quella sull’abbronzatura) ebbi l’occasione di chiedere un commento ad uno degli uomini più vicini al presidente americano, il quale con grande pragmatismo mi rispose: il problema non sono le battute ma quel voluminoso dossier sui rapporti tra Roma e Mosca che ci è stato lasciato in eredità al Dipartimento di Stato.
Non è un caso che nella prima intervista rilasciata da David Thorne al suo arrivo a Roma, il nuovo ambasciatore statunitense disse al Corriere della Sera che «una delle più grandi preoccupazioni americane è la dipendenza energetica dell’Italia».
Era il primo avviso pubblico, dopo quelli riservati che erano stati ignorati, a cui seguirono altre pressioni sia sul governo sia sull’Eni.
Ma se queste carte ci raccontano il nostro crollo di credibilità e svelano i giudizi privati dell’ambasciata e della diplomazia, sbaglieremmo a pensare che ogni cablogramma del passato possa essere la fotografia del presente. Le stesse fonti americane che per lungo tempo hanno raccontato l’irritazione dell’Amministrazione, da qualche mese segnalano un cambio di passo di Berlusconi e anche dell’Eni, sottolineando che parte delle preoccupazioni di Washington sulla rete degli oleodotti hanno trovato ascolto con l’apertura alla possibile convivenza del South Stream con il progetto Nabucco (caro agli Usa) e che è stato apprezzato il viaggio dell’amministratore delegato del colosso italiano degli idrocarburi, Paolo Scaroni, in Azerbajian.
La diplomazia americana racconta del pragmatismo di una Casa Bianca che non ha tempo di curarsi dei nostri vizi ma che ritiene che l’Italia «può avere un ruolo positivo in Medio Oriente» perchè è uno dei pochi governi europei ad avere un buon rapporto con il governo di Netanyahu e con Egitto, Siria e Libano.
Così Berlusconi, sicuro di non pagare conseguenze, può farsi una risata e Frattini chiedere che nessun politico commenti, ma in rete e sui giornali di tutto il mondo resteranno quei giudizi impietosi che ci espongono al ridicolo e quella diffidenza che rende faticoso il rapporto con il più importante dei nostri alleati.
Mario Calabresi
(da “la Stampa“)
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Novembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
GIUDIZI IMPIETOSI SUL PREMIER ITALIANO “PORTAVOCE DI PUTIN” , RIVELAZIONI SU CINA, IRAN, GUANTANAMO….CRITICHE A GERMANIA E FRANCIA, STRATEGIE PER BLOCCARE L’IRAN
Il sospetto per la politica autoritaria di Vladimir Putin. La sfiducia in Silvio Berlusconi, portavoce della Russia in Europa segnalato per le sue “feste selvagge”.
Il fastidio per come Sarkozy, chiamato “imperatore nudo” contrasta la politica statunitense. Ma anche le strategie per bloccare l’Iran e arginare la Cina, gli avvertimenti alla Germania sul contrasto alle “rendition”, lo spionaggio nei confronti dell’Onu.
Faranno discutere per settimane, o forse per mesi, i documenti riservati della diplomazia americana diffusi oggi da Wikileaks e rilanciati su internet da El Pais, New York Times, Guardian e Le Monde.
Oltre 200mila documenti, di cui 3.012 sull’Italia, destinati a incidere in maniera indelebile sulle relazioni diplomatiche internazionali. Ecco le pagine più significative.
Berlusconi incapace, portavoce di Putin.
“Incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno”: questo il giudizio dell’incaricata d’affari americana a Roma Elizabeth Dibble sul presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Non solo: il presidente del Consiglio italiano è un leader “fisicamente e politicamente debole” le cui “frequenti lunghe nottate e l’inclinazione ai party significano che non si riposa a sufficienza”.
Secondo i documenti svelati da Wikileaks, il premier italiano è visto con scarsa fiducia, se non con aperto sospetto, per i suoi rapporti con Vladimir Putin, di cui viene definito il “portavoce in Europa”.
I rapporti americani parlano di rapporti sempre più stretti tra i due leader, conditi da “regali sontuosi” e da “contratti energetici lucrativi”. I diplomatici segnalano anche la presenza di “misteriosi intermediari”.
Nei documenti appare anche il ministro degli Esteri Franco Frattini, che avrebbe espresso “frustrazione per il doppio gioco di espansione verso l’Europa e l’Iran da parte della Turchia”.
Putin maschio alfa, Merkel evita i rischi.
Vladimir Putin definito “alpha dog”, il maschio dominante: è una delle colorite espressioni contenute dei cablogrammi del Dipartimento di Stato.
Nei documenti giudizia anche sul rapporto tra il Putin e il presidente russo Dmitri Medvedev.
In uno di questi rapporti, della fine del 2008, si afferma che Medvedev, ufficialmente di rango maggiore, “fa la parte di Robin rispetto al Batman di Putin”. I leader russi sono solo due dei leader mondiali che vengono etichettati senza peli sulla lingua dai diplomatici di Washington: il presidente afghano Hamid Karzai è “ispirato dalla paranoia”, mentre il cancelliere tedesco Angela Merkel “evita i rischi ed è raramente creativa”.
Durissime accuse alla Russia sulla mafia.
La Russia “è virtualmente uno Stato della mafia”. La Russia e le sue agenzie usano i boss della mafia per effettuare le loro operazioni, la relazione è così stretta che il Paese è divenuto “virtualmente uno stato della mafia”.
Gli avvertimenti alla Germania citando Abu Omar.
Nel 2007 a Berlino venne intimato di non emettere mandati di arresto nei confronti di agenti Cia coinvolti nel sequestro e nella deportazione in Pakistan di un cittadino tedesco la cui unica colpa era quella di portare lo stesso nome di un sospetto terrorista.
“Il nostro intento non è minacciare la Germania”, spiegava nell’occasione un diplomatico americano, “ma di fare in modo che il governo tedesco valuti attentamente le implicazioni delle sue azioni. Visto cosa è successo all’Italia con Abu Omar?”.
L’ipocondria di Gheddafi e la sua infermiera.
Fra le note filtrate dagli armadi riservati della diplomazia americana, fra “le più delicate” El Pais cita questa sera quelle sul leader libico Muammar Gheddafi. Nei suoi messaggi, secondo ElPais, l’ambasciatore americano a Tripoli “racconta che Gheddafi usa il botox ed è un vero ipocondriaco, che fa filmare tutti i suoi controlli medici per analizzarli dopo con i suoi dottori”.
Il New York Times riferisce invece della curiosità suscitata dalla vistosa infermiera ucraina dalla quale il leader libico non si separa mai.
La Cina dietro gli attacchi a Google.
Le carte di Wikileaks confermano che le intrusioni nei computer di Google sono state dirette dal governo cinese.
L’aggressione informatica è parte di una campagna che ha coinvolto funzionari governativi, esperti di sicurezza e cybercriminali. Gli attacchi informatici vanno avanti dal 2002 e avrebbero permesso di entrare nei sistemi informatici del governo americano, di alcuni alleati e anche in quelli del Dalai Lama.
Spiati Ban Ki-moon e i diplomatici Onu.
Hillary Clinton in una nota del 31 luglio 2009 decise di mettere sotto osservazione i diplomatici stranieri presso le Nazioni Unite. La nota inviata dalla Clinton ha come titolo National Humint Collection Directive.
Nella nota si chiede di raccogliere informazioni sui piani dell’Onu e sulle intenzioni del segretario Onu Ban Ki-Moon e del suo segretariato su temi specifici come l’Iran. La nota è stata inviata a 30 ambasciate americane da Amman a Berlino fino a Zagabria.
Gli Usa pronti alla guerra con l’Iran.
In un dispaccio si parla di colloqui confidenziali di funzionari Usa con il principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed Bin Zayed in cui secondo il principe “una rapida guerra convenzionale con l’Iran sarebbe meglio delle conseguenze a lungo termine di un conflitto nucleare”.
Secondo il generale americano David Patraeus l’Iran sarebbe per gli Stati Uniti “il migliore strumento di reclutamento”, mentre “il numero di alleanze e di accordi per un sostegno militare tra Usa e partner arabi nel Golfo è considerevolmente aumentato”.
In altri documenti si afferma che l’Iran ha ottenuto sofisticati missili dalla Corea del Nord in grado di colpire l’Europa occidentale.
I timori per il nucleare pakistano.
Fin dal 2007 gli Usa hanno avviato azioni segrete, finora senza successo, per rimuovere da un reattore nucleare del Pakistan uranio altamente arricchito che “funzionari americani temevano potesse essere utilizzato per un ordigno non lecito”.
Gli scenari in caso di collasso nordcoreano.
Tra Stati Uniti e Corea del sud si è discusso dell’eventualità di una Corea riunificata nel caso Pyongyang dovesse implodere per le difficoltà economiche e della transizione politica al vertice dello stato.
A preoccupare sarebbe soprattutto la reazione della Cina, che secondo i funzionari di Seul potrebbe essere superata con i giusti accordi commerciali.
I detenuti di Guantanamo come merce di scambio.
Quando gli Stati Uniti si sono trovati di fronte alla necessità di chiudere il carcere di Guantanamo, i presunti terroristi detenuti sono diventati moneta di scambio con gli alleati minori: alla Slovenia è stato detto di prendersi un prigioniero in cambio di un incontro con il presidente Obama.
All’isola di Kiribati sono stati offerti incentivi milionari per convincerla ad imbarcare un gruppo di detenuti.
Anche al Belgio sarebbe stato detto che prendersi qualche prigioniero sarebbe stato un sistema valido e poco costoso per diventare più importante in Europa.
Gli arabi e la guerra al terrorismo.
I donatori sauditi restano i principali finanziatori di Al Qaeda, che pure ospita molte basi statunitensi, viene definito il peggior paese della regione per quanto riguarda la lotta al terrorismo.
Gli Stati Uniti, riferiscono i documenti, non riescono a evitare che la Siria fornisca armi a Hezbollah in Libano.
A una settimana di distanza dalle solenni promesse del presidente Assad di non inviare nuove armi, i rapporti riferiscono che la Siria continua a consegnare ai libanesi dispositivi sempre più sofisticati.
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Novembre 28th, 2010 Riccardo Fucile
IL PREMIER VISTO DAGLI USA: “STANCO PER LE LUNGHE NOTTATE…” NEI FILE SEGRETI E TRA I 250.000 DOCUMENTI EMERGONO I DUBBI DELLA DIPLOMAZIA USA SUL NOSTRO GOVERNO
Feste selvagge, rapporti troppo stretti con la Russia, intermediari non abbastanza limpidi. 
Wikileaks mette in rete i file segreti sulla diplomazia e tra i duecentocinquantamila documenti ci sono anche pagine su come gli americani vedono Berlusconi.
Sotto la lente degli Stati Uniti soprattutto i rapporti traVladimir Putin e il primo ministro italiano, che includono «regali generosi» e contratti energetici redditizi: Berlusconi «sembra essere il portavoce di Putin» in Europa, si legge nei documenti messi in Rete dal New York Times.
Nei documenti si parla anche delle «feste selvagge del premier».
Il quotidiano spagnolo El Pais scrive della «sfiducia profonda che suscita a Washington» il Cavaliere.
E dalle carte spunta anche una mail dell’incaricata d’affari americana a Roma Elizabeth Dibble: «Silvio? Incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno».
E ancora: il presidente del Consiglio è «fisicamente e politicamente debole» perchè le «frequenti lunghe nottate e l’inclinazione ai party significano che non si riposa a sufficienza».
A proposito del premier di Mosca il giornale spagnolo afferma che i documenti «pongono in evidenza il sospetto americano che la politica russa sia nelle mani di Valdimir Putin, giudicato un politico di stampo autoritario, il cui stile macista gli consente di collegarsi perfettamente con Silvio Berlusconi».
Nella valanga di documenti c’è spazio anche per Frattini che- rivela un telegramma pubblicato da Wikileaks e classificato come segreto- «ha espresso particolare frustrazione per il doppio gioco di espansione verso l’Europa e l’Iran da parte della Turchia».
Lo sfogo svelato sarebbe parte di un dialogo tra il ministro degli Esteri e il segretario della Difesa degli Stati Uniti Robert Gates.
Nella copertina di Spiegel, uno dei quotidiani che ha pubblicato alcuni testi del sito, Silvio Berlusconi è segnalato per i suoi “wilde Partys”, quindi i party-orgia selvaggi.
Secondo i resoconti dei giornali citati, Berlusconi non esce per niente bene quanto a immagine di alleato attendibile nei rapporti inviati dalla sede diplomatica Usa in Italia al Dipartimento di Stato. E non è tutto.
Sempre secondo i documenti messi in rete da Wikileaks, la Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, avrebbe chiesto alla diplomazia americana di chiarirle con informazioni approfondite se e fino a che punto dietro la “amicizia virile” tra il presidente del Consiglio italiano e il premier (e uomo forte russo) ci siano anche interessi concreti, affari privati.
Tra gli oltre 250mila documenti svelati da Wikileaks, quelli che riguardano l’Italia sono circa 3000.
Di questi ultimi, 91 sono segreti e vietati a ogni straniero, 164 segreti, 152 confidenziali e non per l’accesso a stranieri, 1212 confidenziali e basta, 44 di servizio, 828 non classificati.
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Novembre 28th, 2010 Riccardo Fucile
NELLA DURISSIMA MISSIVA L’ACCUSA DI NON AVER RISPETTATO I PATTI E DI AVER DISATTESO LE PROMESSE…”LO STATO NON E’ LEI E DOPO DI LEI NON C’E’ IL DILUVIO”… DAL SITO DI GENERAZIONE ITALIA, I FINIANI DANNO IL BENSERVITO AL GOVERNO DELLE PROMESSE E NON DEI FATTI
“Consideriamo conclusa negativamente l’esperienza di questo governo che, come fosse un suo feudo personale, ha presieduto”.
L’incipit è durissimo, il titolo altrettanto: “Lettera di sfiducia a Berlusconi”.
E così, dal sito di Generazione Italia, i finiani danno il benservito all’esecutivo.
Nel testo, pubblicato sul sito dell’associazione, si dice che “i patti non sono stati rispettati”.
Patti che prevedevano intanto “l’immediata approvazione di una legge antitrust che eliminasse il monopolio di Mediaset e che favorisse il rinnovo strutturale della Rai restituendo ai media la loro libertà e democratica funzione per informare imparzialmente ed obiettivamente l’opinione pubblica”; quindi “la netta separazione tra gli interessi personali dal Capo del Governo e la sua funzione di altissimo Pubblico Ufficiale”.
Poi arriva l’elenco delle promesse non rispettate.
“Lei – si legge nella lettera – in campagna elettorale ha promesso di risolvere il secolare problema meridionale, di garantire la pace sociale, di sostenere la piccola e media impresa, di eliminare la partitocrazia e lo Stato padrone; di fare dell’Italia un grande paese ad ispirazione liberal-democratica”.
Ma “il suo Governo ha inteso la governabilità come fine a se stessa, il potere per il potere, la governabilità per la governabilità , un Governo non intenzionato ai cambiamenti, un Governo dei conflitti con la magistratura e con il sindacato, un governo del controllo dell’informazione!”
Accuse durissime, cui segue un preciso messaggio per il dopo 14 dicembre: “Nella nostra alleanza c’è chi ci accusa addirittura di sovvertire lo Stato di diritto perchè chiediamo una verifica, falsificando la verità e dichiarando che questo Governo non sarebbe il frutto, come nel passato, di una contrattazione post elettorale, bensì, sarebbe la conseguenza di un patto preventivo stipulato davanti agli elettori! E quindi solo a Berlusconi, se è vera la premessa, competerebbe concedere la verifica e implicitamente mantenere o sciogliere le Camere”.
Per i finiani, questa tesi lede i poteri costituzionali del Presidente della Repubblica e lascia trasparire il ritorno nella politica di dogmi antiliberali! “Onorevole Presidente, lo Stato non è lei! E dopo di lei non c’è il diluvio!
Le chiedo con quali diritti Lei batta i pugni sul tavolo dichiarando la sua insostituibilità ? Con quali diritti Lei pretenda di interpretare personalmente la Costituzione tuttora in atto? Onorevole Presidente, Lei non è l’uomo della provvidenza, tutt’altro!”.
Dunque, respinto al mittente il diktat ‘elezioni o voto: “l’Italia è una Repubblica democratica, in cui il Parlamento elegge e fa cadere i Governi, valutando i meriti e i demeriti di chi presiede o fa parte del Governo: il tradimento è solo quello di chi, ad un Paese disperatamente alla ricerca di un patto costituente, contrappone voglia di potere e minacce di tumulti di piazza!”
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