Gennaio 10th, 2011 Riccardo Fucile
UNA RAGAZZO E UNA RAGAZZA ACCUSANO LUCA TALICE DI MOLESTIE DURATE ANNI NEI LOCALI DEL COMUNE DI SEREGNO… IL LEGHISTA E’ ASSESSORE ALLA SICUREZZA AL COMUNE DI MONZA ED ESPONENTE DI PRIMO PIANO DELLA LEGA IN LOMBARDIA
L’assessore alla sicurezza della Provincia di Monza, Luca Talice, 40 anni, è stato
denunciato per violenza sessuale da due giovani militanti del Carroccio. Sui presunti abusi sta indagando la procura di Monza, che ha aperto un fascicolo.
I due giovani militanti della Lega, un ragazzo e una ragazza, hanno presentato lo scorso dicembre una denuncia in procura per abusi sessuali che avrebbero subito per anni nei locali del comune di Seregno (Monza e Brianza), dove Talice svolge anche la funzione di consigliere comunale della Lega Nord.
«C’è un’indagine in corso. La Procura sta svolgendo tutti gli accertamenti del caso», conferma il procuratore di Monza Corrado Carnevali.
Come anticipato dal settimanale «Esagono» i due giovani leghisti hanno denunciato a dicembre il politico brianzolo, tra i fedelissimi di Umberto Bossi, per abusi che sarebbero andati avanti per anni e sarebbero avvenuti, in alcune circostanze, la sera nei locali del comune di Seregno.
Il ragazzo, in particolare, avrebbe subito violenze anche quando era minorenne.
Il fascicolo è approdato sul tavolo del pm Alessandro Petè, che sta indagando sulla vicenda.
Talice avrebbe anche costretto le presunte vittime a scattare immagini pornografiche utilizzando la macchinetta delle fototessere situata all’interno del palazzo comunale.
Le testimonianze parlano di «pressioni psicologiche al limite del plagio, di violenze sessuali abiette, di rapporti avuti anche nel palazzo comunale (di Seregno, ndr), di fotografie scattate nella macchinetta delle fototessere a Comune chiuso al pubblico».
Se le indagini dovessero confermare le prime testimonianze, verrebbe da chiedersi come mai la cosa è stata tenuta nascosta dai vertici leghisti fino ad oggi e come mai certe voci non sono mai state verificate prima.
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Gennaio 10th, 2011 Riccardo Fucile
SALTA L’ASSE LEGA-PDL, REINTRODOTTA L’IRPEF… LA LEGA SE LA PRENDE CON GALAN CHE REPLICA A MUSO DURO: “ZAIA ELIMINI GLI SPRECHI PIUTTOSTO”… LA LEGA NON SPENDE UN EURO PER LA SICUREZZA, DOPO AVER FATTO UNA CAMPAGNA ELETTORALE SU QUELLA…ALTRE TASSE IN VISTA NELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA
Se a Roma la tregua armata resiste in attesa che Umberto Bossi, dopo 17 anni di slogan, porti a casa un abbozzato federalismo fiscale, in Veneto, lontano dai riflettori, la guerra fratricida è già in stato avanzato e nessun accordo è più componibile.
L’anello debole è il tema della sanità , 130 milioni di disavanzo presunto (c’è chi dice siano almeno 100 di più) e un 2011 che sarà l’annus horribilis, dove Lega e Pdl, di fronte al profilarsi del secondo commissariamento consecutivo della sanità veneta e la reintroduzione d’imperio da parte di Roma dell’Irpef a tutti i redditi, giocano a scaricabarile.
In Veneto d’altronde mancano comunisti da incolpare per l’aumento delle tasse, così se la vedono il senatur e l’ex governatore berlusconiano Giancarlo Galan che si è avvicendato con Luca Zaia (il leghista con la brillantina) sulla poltrona della Regione in cambio del posto al ministero dell’Agricoltura.
L’ultima uscita è firmata Bossi, di ritorno dalla cena degli ossi dove è stato decretato che Berlusconi è un amico, e non solo un alleato.
Ma, appunto, essendo semplicemente un amico, non gli risparmia nulla sul piano politico.
Così, quando Bossi ha parlato di Galan, ergo Silvio, ha tirato fuori gli artigli: “Galan? E’ meglio che stia zitto. Il buco sulla sanità è colpa sua”.
Ora, a parte il fatto che in Veneto Lega e Pdl governano insieme da 15 anni e che Zaia, attuale presidente della Regione altri non era che il vice di Galan, il disavanzo è dell’anno 2010 dunque epoca dell’uomo con la brillantina tra i capelli.
Ma anche Galan ci mette del suo. Sono mesi che punzecchia il suo successore Zaia più che pensare all’agricoltura.
E’ stato così che ai giornali locali ha detto prima della cena di Calalzo: “E’ una follia aumentare le tasse a servizi invariati, da quindici anni il deficit è lo stesso: 130 milioni. Noi l’abbiamo sempre ripianato, ora la nuova giunta trovi questi soldi risparmiandoli altrove. Il capo della Lega ha fatto la campagna elettorale denunciando sprechi nel Veneto: ebbene, se ci sono li eliminino e impieghino le risorse per la sanità ”.
Immaginate Bossi che già è costretto a digerire un’alleanza di governo nella quale non crede più, causa mancanza di voti, e con i sondaggi che gli stuzzicano le arterie elettorali: ”E’ stato Galan ad aver causato il buco della sanità , ci dica cosa dobbiamo fare o non dica più niente.
E poi cosa c’entra la Lega? C’entra semmai Tremonti”.
E’ infatti la manovra predisposta dal titolare dell’Economia a stabilire il commissariamento, e relative conseguenze in termini di tasse, per le regioni in rosso. “Galan tutte le volte che fa qualcosa fa danni, vedi le quote latte. Lasciamo perdere”, insiste Bossi che, riferendosi all’arrivo di Zaia alla guida del Veneto, tira la stoccata finale: “A Galan gli scotta ancora il culo”. Insomma, un tutti contro tutti, che porta la regione superba e saccente, quella che vorrebbe essere d’esempio per il resto d’Italia, sull’orlo di un quasi tracollo con la giunta che, in più di una seduta è finita in minoranza e un’alleanza che non è più tanto santa.
Dall’alto è stato imposto il silenzio, niente controrepliche, solo una difesa d’ufficio dell’ex governatore affidata a Antonio De Poli, segretario regionale di quell’Udc che nell’ultima legislatura a livello nazionale aveva voltato le spalle al Pdl.
“Noto un certo nervosismo in casa leghista – punge De Poli – capisco il clima da campagna elettorale, ma c’è un solo responsabile del disastro della sanità veneta ed è il Carroccio. Partito degli ultimi quattro assessori di settore. La Lega lo ammetta: l’unico motivo per cui aumenterà le tasse, colpendo anche la povera gente, è di mettere una pezza ai guai che ha combinato”.
Insomma, dalle parti della Laguna l’asse Berlusconi-Bossi è già saltato, il rincorrersi di accuse e scuse, è un segno di un mal di pancia insopportabile. Anche perchè Zaia è accusato dagli alleati del Pdl di aver tradito i veneti sul tema della sicurezza sulla quale, in campagna elettorale, aveva fatto grandi promesse e oggi ha lasciato l’assessorato a zero euro.
“La sicurezza non è più un problema, la questione è risolta”.
In attesa del 23, giorno in cui dovrebbero passare gli emendamenti sul federalismo fiscale, i veneti vanno a dormire con una certezza: la reintroduzione dell’addizionale Irpef, dunque l’aumento delle tasse.
Emiliano Liuzzi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 10th, 2011 Riccardo Fucile
DOMANI LA PRIMA UDIENZA ALLA CONSULTA: BERLUSCONIANI PREOCCUPATI TRA CHI PARLA DI MEZZA VITTORIA E CHI DI UN CAVALIERE IN BALIA DEI GIUDICI… CI VOLEVA UNA LEGGE COSTITUZIONALE, IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO NON LO E’
Incostituzionale, o parzialmente incostituzionale, perchè pone gli impegni del premier e
dei ministri al di sopra di qualsiasi altro interesse garantito dalla Carta, compreso quello dei giudici a celebrare un processo.
Incostituzionale, o parzialmente incostituzionale, perchè lega le mani alle toghe e toglie loro il diritto di operare un bilanciamento tra le esigenze del processo e quelle della politica.
Diritto che, proprio usando l’espressione “bilanciamento”, la Corte aveva già individuato e delineato nel 2005 quando le capitò per le mani il caso di Cesare Previti, l’ex avvocato del premier entrato in rotta di collisione col gip milanese Alessandro Rossatto, per via delle presenze negate a un’infinita udienza preliminare adducendo i contemporanei “doveri” di Montecitorio.
Alla vigilia dell’udienza pubblica alla Consulta sul legittimo impedimento – domattina alle 9 e 30 al secondo piano del palazzo che fronteggia il Quirinale – queste sono le ultime indiscrezioni sul destino della legge.
O bocciata del tutto.
O bocciata in una sua parte fondamentale e sostanziale, quella che sta a cuore al Cavaliere, perchè tiene congelati, dalla primavera del 2010, i processi Mills, Mediaset, Mediatrade.
I 15 alti giudici rientrano oggi a Roma. E nel pomeriggio già si vedranno per una camera di consiglio ordinaria, nella quale leggeranno le sentenze scritte sui casi discussi prima di Natale.
Non è prevista alcuna riunione ufficiale o incontro informale per parlare del legittimo impedimento.
Ma è questo, assieme ai referendum sull’acqua, sul nucleare e sulla stessa legge ponte al mai nato lodo Alfano costituzionale, l’argomento clou su cui riflettere.
Se ne parlerà in conversari privati prima del dibattito pubblico con gli avvocati di domattina e prima, soprattutto, della decisione di giovedì.
Ma tra le alte toghe l’orientamento sembra ormai solidificarsi sempre più.
La legge ideata dall’Udc, da Pier Ferdinando Casini e Michele Vietti (oggi vice presidente del Csm), per bloccare il ddl sul processo breve che, se approvato per fulminare quelli del premier, avrebbe comportato la moria di centinaia di processi, non ce la farà a ottenere il crisma di costituzionalità dalla Corte. Troppe, e troppo evidenti, le anomalie che determinano una manifesta sproporzione di trattamento tra il “cittadino” Berlusconi, pur in veste di premier, e tutti gli altri cittadini.
Troppo smaccata l’impossibilità , di fatto, di celebrare i processi che si configura, a tutti gli effetti, come una vera e propria sospensione.
Giusto quella “sospensione” che la medesima Consulta, vagliando e poi bocciando, il lodo Alfano nell’ottobre 2009, decise che si poteva fare sì, ma solo a patto di utilizzare una legge costituzionale.
E il legittimo impedimento non lo è.
Appare fiacca, a detta dei giudici, l’argomentazione degli avvocati di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo, che insistono sul diritto del presidente del Consiglio, costituzionale anch’esso, di governare e quindi di non poter essere “angosciato” dalle udienze.
Sarà pure, “ma è mai possibile che questo presidente non trovi neppure un minuto in un intero anno per fare il suo processo?”.
O non si è esagerato quando, nella stesura della legge, le Camere hanno previsto una copertura estesa, come un grande lenzuolo, su ogni possibile attività del premier, pure su quelle “preparatorie e consequenziali, e comunque coessenziali”?
Dalla Corte i boatos che paiono annunciare la bocciatura arrivano anche nel quartiere berlusconiano.
Dove già ci si prepara a dividersi.
Di più o di meno a seconda di quanto sarà pesante la stessa bocciatura.
Se fosse totale, apparirebbe come una piena sconfitta dei due legali Ghedini e Longo che hanno dato il via libera al testo.
Se lo stop fosse parziale – la legge resta in piedi, ma è ampliata la sindacabilità del giudice e ogni impedimento è valutato caso per caso – i due si appresterebbero a parlare di una mezza sconfitta.
Che appare invece, ad altri piediellini, come un dèbacle totale in quanto il Cavaliere, essi dicono, tornerebbe ostaggio dei giudici.
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 10th, 2011 Riccardo Fucile
IN NESSUN PAESE AL MONDO IL CAPO DELL’ESECUTIVO GODE DI UN SALVACONDOTTO COME QUELLO DEL LEGITTIMO IMPEDIMENTO… ALTROVE NON E’ PREVISTA ALCUNA TUTELA PER CHI COMMETTE REATI COMUNI FUORI DALLE STANZE DEL GOVERNO
È legittimo il legittimo impedimento? Risponderà , a giorni, la Consulta.
E a quanto pare dal suo responso dipende la salute del governo, la prosecuzione della legislatura, la sopravvivenza del pianeta.
Ma c’è un’altra domanda che ci risuona in gola ormai da anni: davvero in Italia la politica cammina a capo nudo sotto la grandine giudiziaria?
Davvero soltanto alle nostre latitudini manca un ombrello normativo che possa ripararla da indagini capziose, accuse strumentali, processi in mala fede?
A mettere in fila le iniziative battezzate dai vari governi Berlusconi, la risposta parrebbe un sì tondo e sonoro.
Nell’ordine: la legge sulle rogatorie internazionali (2001); quella sul legittimo sospetto (2002); la sforbiciata ai termini di prescrizione (2005); l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento (2006).
Senza dire dei tentativi andati a vuoto, come il processo breve (2009), che per salvare il premier avrebbe lasciato a piede libero migliaia di malfattori.
O senza contare infine le riforme più esplicite e dirette, quelle sull’immunità degli organi costituzionali.
Il lodo Schifani (2003), segato dalla Corte costituzionale l’anno dopo.
Il lodo Alfano (2008), caduto anch’esso sotto la mannaia della Consulta.
Il lodo Alfano costituzionale (2010), in discussione nell’aula del Senato.
Di lodo in lodo il fiore delle immunità ha perso un petalo alla volta: il primo s’estendeva alle cinque cariche più alte, l’ultimo ne copre solo due.
Ma il presidente Berlusconi è sempre lì presente, nei lodi, negli scudi, negli impedimenti.
Eppure non è affatto vero che la Carta del 1947 gli neghi ogni tutela.
Da parlamentare gode dell’insindacabilità per le proprie opinioni: una garanzia che risale all’Inghilterra del 1397, durante il regno di Riccardo II. Gode inoltre dell’immunità dagli arresti prima d’una sentenza definitiva di condanna: altra antica garanzia, codificata nella Francia del 1790.
Dunque il presidente del Consiglio fruisce già di una speciale protezione per i reati comuni, a meno che gli manchi uno scranno in Parlamento; ma fin qui è successo unicamente a Ciampi.
Quanto ai reati funzionali – quelli cioè connessi all’esercizio delle sue funzioni di governo – per processarlo serve l’autorizzazione delle Camere, come dispone una terza garanzia costituzionale.
Non basta? Certo che no, se vuoi metterti in tasca una licenza d’uccidere, come James Bond.
Perchè è di questo che si tratta: un salvacondotto giudiziario per ogni sorta di misfatto, dal furto di caramelle in un supermercato alle rapine in banca. Insomma se governi sei innocente per definizione, e comunque non hai tempo per convincere i giudici della tua innocenza immacolata.
Non è forse questa la regola applicata da tutte le democrazie contemporanee?
No, presidente, e se non ci crede domandi ai suoi avvocati.
Nella maggiore democrazia del mondo (gli Stati Uniti) l’inquilino della Casa Bianca risponde come ogni privato cittadino per i delitti commessi da privato cittadino; e infatti nel 1997 Clinton fu condannato al pagamento d’una somma di denaro, in seguito al processo per molestie sessuali che gli aveva intentato Paula Jones.
Nel Regno Unito l’immunità assoluta tocca soltanto alla regina, sicchè il primo ministro non ha difese processuali per i crimini comuni, nè per gli illeciti civili. In Spagna la Costituzione prevede un foro speciale per i membri del governo, ma non si spinge a stabilirne l’improcessabilità .
In Germania, Finlandia, Grecia, Portogallo, Olanda, Svizzera e via elencando, i governanti sono pienamente responsabili per i reati commessi fuori dalle stanze del governo.
L’unica eccezione riguarda il presidente della Repubblica francese, che a differenza del primo ministro non può venire sottoposto a procedimenti giudiziari fino a un mese dopo la scadenza del mandato.
Nel suo caso, l’immunità si è dunque trasformata in inviolabilità , benchè la Costituzione della V Repubblica non ospiti una norma chiara, e benchè l’interpretazione poi avallata dal Conseil constitutionnel abbia subito critiche roventi dalla dottrina giuridica francese.
Ma dopotutto Sarkozy è il capo dello Stato, non del governo: anche a convertire in regola quest’unica eccezione, dovremmo applicarla casomai a Napolitano, non certo a Berlusconi.
A meno che non sia proprio questo l’obiettivo: intanto acchiappo lo scudo che protegge il Colle, poi mi prendo tutto il Colle.
Sarebbe un peccato se lì alla Consulta 15 toghe rosse (in realtà sono nere, presidente) guastassero la festa.
Michele Ainis
docente di istituzioni di diritto pubblico all’Università RomaTre.
(da “L’Espresso“)
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Gennaio 10th, 2011 Riccardo Fucile
IL GRUPPO DEGLI IRRESPONSABILI, DETTO ANCHE “DEI VENDUTI” , CAPITANATI DAL FACCENDIERE MOFFA, NON DECOLLA… NONOSTANTE TANTE CHIACCHIERE SULLA TERZA GAMBA, L’UNICO AZZOPPATO RISCHIA DI RIMANERE IL PREMIER… PER BONAIUTI CI VUOLE ANCORA TEMPO, MA LE PROSSIME DUE SETTIMANE SARANNO DECISIVE… L’ANALISI DE “LA STAMPA”
Anche per i politici sono finite le ferie e per Berlusconi gli alibi: da oggi il governo torna
a fare i conti con la sua debolezza numerica in Parlamento. Alla Camera innanzitutto, dove riparte da quota 314 voti (due in meno della maggioranza relativa di 316), ma anche a Senato.
Qui i numeri sono più solidi, tuttavia c’è il finiano Mario Baldassarri che nella cosiddetta bicameralina fa la differenza sul federalismo fiscale e municipale. E non far passare il federalismo significa decretare la fine della legislatura, Bossi dixit.
Il ministro leghista Calderoli sta trattando a tutto campo e insieme al responsabile dell’Economia dovrà svelare le carte.
Il tempo delle dichiarazioni, delle interviste e dei buoni propositi è finito.
E dalle reazioni dello stesso Baldassarri e dell’Udc non sembra che ci siano schiarite significative. «Noi abbiamo fatto un richiesta chiara e precisa al governo. Se sarà introdotto un serio e sostanziale quoziente familiare – avverte il segretario Udc Cesa – siamo pronti a sederci al tavolo e discutere responsabilmente del testo del governo. Altrimenti, le solite chiacchiere, i soliti slogan non ci interessano. I comuni devono essere sostenuti adeguatamente».
Berlusconi non ha più alibi, appunto, e Tremonti dovrebbe mettere mano al portafoglio.
Cosa improbabile nonostante dal Pdl e dall’interno del governo arrivino pressanti richieste di apertura.
Ieri lo ha fatto il ministro Matteoli per il quale le modifiche chieste dall’esponente di Fli Baldassarri «sono di buon senso».
Nelle prossime settimane Berlusconi si giocherà quasi tutte le sue fiches.
Tra pochi giorni la Consulta deciderà sul legittimo impedimento.
Martedì a Montecitorio i capigruppo dovranno calendarizzare la mozione di sfiducia contro Sandro Bondi che potrebbe ricevere l’astensione dell’Udc («dobbiamo ancora decidere», ha precisato Buttiglione).
Poi c’è il decreto milleproroghe che richiama in ballo Tremonti e potrebbe far riesplodere i malumori verso il suo rigorismo.
Il premier continua ad essere troppo ottimista.
E’ convinto di uscire dal tunnel con la nascita della cosiddetta terza gamba, quel gruppo di “responsabilità nazionale” che dovrebbe venire alla luce attorno all’ex finiano Moffa e agli Udc Romano e Pionati.
«Faremo le riforme – assicura Paolo Bonaiuti, portavoce del Cavaliere – mentre l’opposizione sogna improbabili ammucchiate».
Il ministro Bondi invece si lancia addirittura sul «modello Obama».
Ricorda che il presidente americano, «non potendo più contare su una maggioranza nei due rami del Parlamento, ha realisticamente preso atto della nuova situazione ed è sceso a compromessi con l’opposizione repubblicana». Ecco, Bondi auspica anche in Italia intese bipartisan: dopo il voto di fiducia del 14 dicembre si sarebbe aperta una fase politica e lo stesso Casini si è richiamato alla collaborazione avviata negli Usa tra repubblicani e democratici.
Ma Washington è molto lontana da Roma.
E l’autosufficienza parlamentare del governo non è ancora una realtà , nonostante gli spot di Berlusconi e le rassicurazioni date a Bossi.
I numeri auspicati per evitare le elezioni sono tutti da verificare.
Il premier parla sempre di dieci nuovi arrivi, ma sa che se dovesse strappare deputati a Casini e a Fini metterebbe la parola fine alla trattativa su tutti i provvedimenti in discussione e sulla mozione di sfiducia a Bondi.
La verità forse è molto più semplice e cioè che il premier ha difficoltà ad arrivare a 325 deputati: l’obiettivo di cui aveva parlato durante la conferenza di fine anno.
Bonaiuti invece dà un’altra spiegazione sul perchè non sia stato annunciato e non verrà annunciato a breve l’arrivo dei rinforzi. «Perchè non fanno outing? Per ora è inutile, non ci sono voti imminenti alla Camera. Dentro il Parlamento – spiega Bonaiuti – ci sono persone responsabili e moderate che vogliono fare andare avanti il governo perchè è quello che chiedono gli italiani. In un secondo tempo questi deputati si manifesteranno. Il presidente Berlusconi sta lavorando per ricomporre l’area moderata. Anche sulla mozione di sfiducia a Bondi mi sembra che Casini abbia una posizione più moderata rispetto al passato».
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)
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Gennaio 10th, 2011 Riccardo Fucile
AVEVA CHIESTO RIMBORSI FASULLI PER 21.000 EURO: CONDANNATO A 18 MESI DI CARCERE, CACCIATO DAL PARLAMENTO E DAL PARTITO… IL GIUDICE: “OCCORRE RISTABILE LA FIDUCIA TRA POLITICA E POPOLO, I POLITICI DEVONO CHIEDERE SOLO CIO’ CHE E’ LEGITTIMO E IL LORO COMPORTAMENTO DEVE ESSERE DI ESEMPIO”… DUE GIORNI FA E’ ENTRATO IN CARCERE, NESSUNA CONDIZIONALE
David Chaytor era rimasto coinvolto nel 2009 nello scandalo dei rimborsi fasulli richiesti alla Camera da diversi parlamentari.
E’ stato condannato a 18 mesi di prigione per avere ottenuto illecitamente oltre 21mila euro, una parte dei quali per l’affitto di un appartamento di sua proprietà . Gonfiare note spese quando si è in Parlamento, in Inghilterra, costa il carcere. Così l’ex deputato laburista David Chaytor è stato condannato ieri a 18 mesi di reclusione, dopo essere rimasto coinvolto nello scandalo che nel 2009 ha colpito diversi politici britannici per aver richiesto rimborsi non dovuti.
Chaytor, 61 anni, era stato eletto nel seggio di Bury North, Manchester.
Primo a subire una condanna per le spese gonfiate, l’ex parlamentare aveva inoltrato alla Camera false fatture per ricevere rimborsi di denaro pubblico per oltre 18mila sterline (più di 21mila euro).
Tra le altre cose, Chaytor aveva ottenuto, tra il 2005 e il 2006, 12 mila sterline per i costi d’affitto di un appartamento nel cuore di Westminster, in Regency Street, dichiarando di pagare 1.175 sterline mensili a una certa Sarah Elizabeth Rastrick.
Ma l’alloggio in realtà era di proprietà dello stesso Chaytor e di sua moglie. Mentre la Rastrick era loro figlia, ma la parentela era stata nascosta indicando nelle fatture solo il suo cognome materno.
Con la stessa strategia, l’ex deputato aveva ottenuto rimborsi per oltre 5mila sterline anche per l’affitto di un’altra casa, questa volta di proprietà della madre.
Quando lo scandalo delle false note spese venne scoperto, circa un anno e mezzo fa, la Camera dei Comuni cercò all’inizio di bloccare per vie legali il rilascio delle informazioni.
Ma i quotidiani britannici, primo su tutti il Daily Telegraph, documentarono le spese dei parlamentari e lo sperpero di denaro pubblico.
Che, in certi casi, era usato per pagare attrezzi da giardinaggio, la colf per la pulizia della casa, i dvd presi in noleggio, la baby sitter.
Ma anche mutui e tasse sulle proprietà immobiliari.
Chaytor rischiava fino a 7 anni di carcere e aveva ammesso la sua colpevolezza. La condanna dell’ex parlamentare è “l’unico modo per ristabilire la fiducia dei cittadini nel sistema parlamentare — ha detto il giudice che ha emesso la sentenza —. Fiducia che obbliga i politici a richiedere solamente ciò che è legittimo” ha detto il giudice. I nostri rappresentanti ricoprono un ruolo importante nella società ed è necessario che il loro comportamento sia sempre onesto”.
A nulla è servita la difesa dell’avvocato di Chaytor, James Sturman: “Se le somme ricevute fossero state dichiarate in modo trasparente ed onesto, gli sarebbero state dovute interamente, fino all’ultimo centesimo”, aveva detto alla corte, aggiungendo che il suo assistito si era dichiarato colpevole per “un profondo e genuino rimorso”.
Quello di Chaytor è il primo caso in cui un ex parlamentare viene incarcerato da quando, nel 2001, il conservatore Lord Archer ricevette una condanna di quattro anni per spergiuro e intralcio alla giustizia.
Il partito laburista, che aveva sospeso Chaytor al momento dell’apertura dell’inchiesta, lo ha ora espulso.
L’ex deputato ha passato la prima notte nella prigione di Wandsworth, a sud di Londra, la stessa dove di recente è stato rinchiuso Julian Assange, fondatore di WikiLeaks.
Potrebbe però uscire dal carcere già verso fine maggio, per via dei regolamenti sui prigionieri non violenti e a basso rischio.
Se fosse accaduta una vicenda analoga in Italia, sarebbero stati adottati gli stessi provvedimenti o il politico magari sarebbe stato “promosso” ministro?
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Gennaio 10th, 2011 Riccardo Fucile
MAURIZIO VIROLI, DOCENTE DI TEORIA POLITICA ALL’UNIVERSITA’ DI PRINCETON: “CELEBRATO DA UNA CLASSE POLITICA INDIFFERENTE, OSTILE E INCAPACE DI CAPIRE QUELLE VICENDE”…”UN POPOLO DI INGRATI NON PUO’ CHE VIVERE SERVO, PERCHE’ NON HA ENERGIE MORALI PER DIFENDERE LA LIBERTA'”…IL FEDERALISMO LEGHISTA E’ L’ANTITESI DEL FEDERALISMO DI CATTANEO
Il 150esimo Anniversario dell’Unità nazionale cade in un momento disgraziato. 
A celebrarlo sarà infatti una classe politica non solo indifferente o addirittura ostile agli ideali del Risorgimento, ma anche in larga misura semplicemente incapace, per mancanza di adeguata preparazione culturale e di animo meschino, di capire quelle vicende, quelle donne e quegli uomini.
Lo stato penoso di molti dei progetti legati alle celebrazioni è lo specchio fedele di questa triste realtà .
Queste considerazioni forse impietose ma facilmente documentabili, valgono in primo luogo per Berlusconi e la sua corte, ma toccano anche molta parte dell’opposizione.
Se è vero che Berlusconi non sa neanche che cosa sia il Risorgimento (e ha dichiarato di prediligere piuttosto l’antirisorgimento) e Bossi lo detesta con tutto se stesso, è del pari vero che fuori dalla corte non ci sono partiti o forze politiche che hanno le loro radici nella lotta per l’Unità nazionale o che ad essa si sono collegati idealmente.
I repubblicani, per citare l’esempio più ovvio, si distinguono per essere fra i servi più zelanti del signore, mentre il Partito d’Azione, che cercò di essere l’erede del Risorgimento, viene quasi sempre denigrato o deriso.
In siffatta situazione il buon gusto e un minimo senso della decenza impongono di tenersi il più possibile lontani dalle celebrazioni in cui si esibiranno Berlusconi o i personaggi della sua corte.
Dei servi che commemorano uomini e donne che hanno lottato e si sono sacrificati per la patria e per la libertà comune sono uno spettacolo ripugnante e diseducativo.
Un’orazione di Bondi, o Cicchitto o Dell’Utri o Casini, su Garibaldi, Mazzini, Cavour o i Martiri di Belfiore, non la imporrei neanche al mio peggior nemico.
Al tempo stesso è doveroso e politicamente saggio promuovere iniziative alternative nelle quali prendano la parola persone serie (ce ne sono ancora tante, per fortuna) che con i loro comportamenti hanno testimoniato di avere a cuore il bene comune della patria e non il loro potere o il loro conto in banca.
Abbiamo un dovere di gratitudine verso chi si è sacrificato per l’Unità e per l’indipendenza.
Un popolo di ingrati non può che vivere servo, perchè non ha le energie morali necessarie per difendere o per riconquistare la libertà .
Celebrare con le persone giuste e in modo serio il Risorgimento è dunque un modo intelligente per difendere la nostra libertà e la nostra dignità di cittadini.
Il nostro Risorgimento, lo ha ribadito Paul Ginsborg, (Salviamo l’Italia, Einaudi, 2010) ha elaborato l’ideale della “nazione mite” che non discrimina, ma accoglie e rispetta le altre patrie.
Il federalismo leghista è l’antitesi del federalismo di Cattaneo, il quale riteneva, fa bene Ginsborg a citare questo bel passo, che la virtù non fosse esclusiva prerogativa di un’unica nazione o di un singolo gruppo etnico: “Barbaro può suonare quanto tedesco quanto francese, quanto italiano; e che dei barbari ogni nazione ha i suoi”.
Vale anche la pena di ricordare che i personaggi di maggior rilievo del nostro Risorgimento avevano animo mite, anche quando erano formidabili combattenti.
Non mancarono certo fra i patrioti, nota Ginsborg, figuri che si distinsero per la loro crudeltà e disumanità .
Ma le descrizioni di Mazzini , Settembrini, Santorre di Santarosa, Goffredo Mameli e tanti dei Mille ci restituiscono l’immagine di persone “che mostravano compassione in battaglia e, deposte le armi, la dolcezza poteva tornare in campo, nella vita come nella morte”.
“Mite Giacobino” era poi chiamato, è bene ricordarlo, Alessandro Galante Garrone, mentre Norberto Bobbio, l’altro grande erede della tradizione azionista, scrisse uno splendido Elogio della mitezza.
E in nome della patria mite (che non vuol dire nè docile nè debole) è possibile oggi unire molte forze sociali e intellettuali per contrastare il degrado civile che ci soffoca.
La nostra storia è lì ad insegnarci — s’intende a chi ha la grandezza d’animo e l’umiltà di voler imparare — che le conquiste di libertà sono sempre state realizzate non contro, ma con l’idea di patria.
Mai come in questi tempi abbiamo bisogno dell’idea di patria.
L’esperienza del presidente Carlo Azeglio Ciampi dimostra che quando ascoltano persone degne parlare di patria, gli Italiani capiscono e sentono la bellezza di quell’ideale e sono pronti ad operare.
Non dobbiamo lasciare il Risorgimento ai servi.
Maurizio Viroli
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Gennaio 10th, 2011 Riccardo Fucile
L’EDITORE DI TELERAMA CONTRO RADIO PADANIA CHE TRASMETTE NEL LECCESE SU UNA FREQUENZA RUBATA AL SUO GRUPPO E “CONCESSA ILLEGITTIMAMENTE” DAL MINISTERO… PER PROTESTA CONTRO GLI ASPIRANTI E VOLGARI COLONIZZATORI PADAGNI, VA IN ONDA L’INNO DI MAMELI
Uniti contro Radio Padania Libera a suon di inno nazionale.
E’ guerra di frequenze nel Salento con la neonata radio padana, sbarcata il 17 dicembre con le sue antenne nel comune di Alessano e accusata di aver scippato le frequenza a una storica emittente locale.
La battaglia è anndata in onda con la trasmissione a reti unificate dell’inno nazionale sulle radio del gruppo dell’editore Paolo Pagliaro, che si è visto togliere la frequenza 105,6 Mhz della sua Radio Nice (figlia di Radiorama, gruppo Mixer Media).
L’iniziativa segue il mandato dato all’avvocato Gianluigi Pellegrino di verificare le procedure di assegnazione presso il ministero delle Comunicazioni.
Il legale, a mezzo stampa, fa sapere di star analizzando le carte ma dice che a quanto pare le frequenze sono state cedute a Radio Padania.
“Un atto illegittimo”, contro cui si scaglia senza mezzi termini l’editore leccese.
Denunciando lo “scippo delle frequenze” che sarebbe stato compiuto ai danni di Radiorama, una delle emittenti del gruppo, parla in una nota di “Padania ladrona”, e annuncia la protesta di oggi alle 16, quando le radio e le tv del gruppo (Rama, Manbassa, Nice, Jetradio, Salento, Telerama e Telerama 1) trasmetteranno in contemporanea l’inno nazionale.
L’editore leccese accusa i leghisti di essere “violenti, voraci, arraffoni, illiberali, furbacchioni, aspiranti colonizzatori”.
“Sono violenti – afferma – perchè hanno ottenuto grazie alla gestione del potere l’opportunità di un sopruso-abuso: accendono la frequenza che desiderano, e questa diventa di loro proprietà se ‘non disturba’ e se entro 90 giorno non vi sono reclami”.
“Sono voraci ed arraffoni – aggiunge – perchè intendono invadere un mercato scavalcandone le regole. Sono illiberali perchè i contenuti di questa Radio Padania sono volgarmente e qualunquisticamente anti-meridionali, perdendo così l’occasione del confronto positivo e costruttivo di idee che poteva scaturire dal loro ‘sbarco’ nel Salento”.
Pagliaro rivolge quindi un appello “a tutti i colleghi per fare squadra: chiedo un loro sostegno per essere uniti contro l’ingiustizia di una Radio Padania che per non rispettare le regole riceve un contributo di 500mila euro l’anno mentre noi combattiamo per la salvaguardia dei posti di lavoro dei nostri collaboratori”.
La Radio della Lega infatti, come Radio Maria, ha ottenuto il riconoscimento di “radio comunitaria”.
L’amministratore unico Cesare Bossetti ha spiegato l’utilità della radio nordista perchè “far conoscere le idee della Lega sul federalismo potrebbe portare dei benefici anche al Sud”, ma le polemiche non sono mancate.
Molti hanno definito vergognoso l’atteggiamento del governo “che taglia anche l’aria che respiriamo e consente ai ‘predoni’ leghisti di appropriarsi gratuitamente di un mercato; che consente a coloro che bruciano il tricolore di razziare in lungo e in largo la penisola; che finanzia Radio Padania ma con i tagli mette in ginocchio editoria ed emittenti locali”.
“Ma la cosa ancora più vergognosa” ha sottolineato “è il totale silenzio, a fronte di tutto questo, da parte dei parlamentari meridionali del Pdl e in particolare dei salentini, ora che anche il ‘nostro’ etere viene inondato dagli insulti quotidiani in camicia verde. E per di più con i nostri soldi”.
argomento: Bossi, Costume, denuncia, governo, LegaNord, Politica, radici e valori | Commenta »