Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
CALDEROLI PROPONE SETTE GIORNI DI PROROGA, IL TERZO POLO NON CI STA: “NON BASTANO, SERVONO SEI MESI PER ATTUARE LE NECESSARIE MODIFICHE, OCCORRONO RISPOSTE CONCRETE, IL TESTO E’ STATO PEGGIORATO”…E IN COMMISSIONE IL GOVERNO NON HA LA MAGGIORANZA
Si fa sempre più tortuosa la strada del federalismo. 
Il consiglio dei ministri ha deciso il rinvio di una settimana per l’esame e il voto dei pareri sulla delega al federalismo fiscale da parte della ‘bicameralina’ per il federalismo.
Il rinvio di una settimana è stato proposto dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli che spiega: “Vogliamo proseguire il dialogo”.
Il governo, in questo modo, ha concesso una settimana in più alla commissione per discutere ed approvare il testo, il cui via libera in questo modo slitterà da mercoledì prossimo a quello successivo.
“E’ andata bene, c’è solo qualche giorno in più per leggere gli emendamenti”, sottolinea il ministro delle Riforme, Umberto Bossi.
Che però torna a minacciare le urne: “Se ci sono i voti bene, altrimenti si va a votare”.
Le opposizioni, intanto, non ci stanno.
Il Terzo Polo dice che una settimana di tempo non basta affatto, e anzi chiede una proporoga di sei mesi.
Analoga posizione dei democratici: “Rinvio di una settimana è una presa in giro”.
“Il governo ha la volontà di spaccare anche il capello se necessario ma chiederemo all’ufficio di presidenza della bicamerale che sia fissato un orario per la seduta del mercoledì successivo in modo che ci sia la certezza dei tempi”, spiega Calderoli.
Riguardo alla proroga di sei mesi per la legge delega che scade il 21 maggio, chiesta dall’opposizione, rimanda la decisione al Parlamento: “è una valutazione che spetta all’Aula, il governo non può esprimersi su questo”.
Ma la scelta del governo non convince del tutto i Comuni.
“A noi interessano risposte positive sui temi che abbiamo proposto, se una settimana in più serve per approfondire e dare risposte in quel senso, ben venga” dice il sindaco di Torino e presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino – Comunque anche di fronte alle posizioni che sono emerse in Commissione bicamerale, il rinvio mi sembra saggio, ma non so se sufficiente. Ma questo non sono in grado di valutarlo ora, valuteremo i testi che ci verranno proposti”.
“Resta fermo -conclude Chiamparino- che nostro giudizio dipenderà dalle risposte ai punti che abbiamo sollevato e che tutti conoscono, perchè li abbiamo consegnati ieri nero su bianco”.
In trincea il Pd e il Terzo Polo di Fini e Casini. “Una proroga di pochi giorni non è adeguata alla complessità dei problemi relativi al federalismo municipale” commenta Linda Lanzillotta.
“Presenteremo un emendamento al milleproroghe – ribadisce Mario Baldassarri di Fli – per chiedere una proroga di 5-6 mesi sulla delega”.
“Avevamo ragione noi. – osserva Davide Zoggia, responsabile enti locali del Pd – Prendiamo atto che c’è stata una decisione sulla proroga ma dobbiamo essere oggettivi e dire la verità : la proposta di rinvio di una settimana è solo una presa in giro. I testi devono essere riscritti prendendo il tempo che sarà necessario e tenendo conto degli importanti rilievi emersi in questi mesi”.
Fini e Casini hanno stretto all’angolo Bossi che non sa come uscirne: in commissione il governo non ha la maggioranza e se insiste va sotto.
In tal caso dovrebbe mettere in atto la minaccia della crisi di governo, ma il premier non vuole.
Alla fine è la Lega che rischia grosso, pressata tra esigenze di governo e volontà del suo elettorato.
E il senatur stavolta non può pensare di cavarsela con la solita raffinata pernacchia: quello che rischia di finire spernacchaito è lui e la sua patacca spacciata per federalismo.
Non potrebbe neanche più venderla come la panacea di tutti i mali ai beoti padani.
Beoti si, ma fino a un certo punto.
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Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
LA ESCORT STA PER ESSERE INTERROGATA DAI MAGISTRATI… IL 24 APRILE, QUANDO RUBY RISULTAVA IN EFFETTI DAI TABULATI AD ARCORE, C’ERA ANCHE LA MACRI’ CHE CONFERMA IL RAPPORTO SESSUALE A PAGAMENTO
Il 24 aprile 2010, una delle serate in cui Ruby – secondo i tabulati telefonici allegati alle carte dell’inchiesta di Milano – si trovava ad Arcore, il premier Silvio Berlusconi diede alla giovane marocchina una busta con 5mila euro.
È il racconto che Nadia Macrì, la escort che ha detto ai pm di Palermo di aver avuto due rapporti con il presidente del Consiglio e di aver ricevuto ogni volta 5mila euro, ha fatto in un’intervista ad Annozero.
La ragazza, secondo quanto riferito in trasmissione, sarà sentita venerdì dagli inquirenti milanesi che indagano sulle cene di Arcore e che hanno inviato l’invito a comparire al premier.
La sera del 24 aprile, racconta Nadia, «sono entrata nella villa di Arcore e c’era solo una ragazza che aspettava. Era scura di pelle, tipo indiana, molto bella, molto alta e magra. Siamo rimaste in compagnia nel salotto e poco dopo sono arrivati Lele Mora con cinque, sei brasiliane, anche loro molto belle».
Ad un certo punto «è arrivato il presidente. E c’era pure Emilio Fede».
Dopo la cena, prosegue la escort, «andiamo in un posto, una specie di privè dove c’è un palo piccolino, con le luci da discoteca. Eravamo lì tutte quante e abbiamo cominciato a ballare e a spogliarci. C’erano anche Fede e Mora, erano seduti sul divanetto a guardarci mentre noi ci divertivamo. E c’era il barista che ci offriva da bere».
«Ognuno faceva quello che voleva – dice ancora – vestite. E poi abbiamo cominciato a levarci la magliettina, i jeans, quelle cose là . Poi qualcuna col seno nudo, io ero a sedo nudo. E c’era questa ragazza qui, la marocchina che aveva un bel seno grosso ed era talmente ubriaca che girava per tutta Poi, è il racconto di Nadia, «abbiamo fatto il bagno in piscina, dove ci raggiunse il presidente. Nudo. Noi eravamo sei, sette ragazze. Siamo stati tutti quanti insieme a ridere, a scherzare, a toccarci. Poi lui dopo un pò si è avvicinato ad un’altra camera dove c’è un lettino in cui fai i massaggi e dopo un pò disse. ‘Avanti la prossima, avanti la prossima. E ogni cinque minuti noi aprivamo la porta e consumavamo il rapporto sessuale. Una alla volta».
Al termine della serata, conclude Nadia Macrì, «fui pagata cinquemila euro, dal presidente direttamente. Siamo andate io e questa ragazza marocchina, Ruby, nel suo ufficio».
E il presidente, chiede Sandro Ruotolo, consegna la busta anche a Ruby? «Sì, sì» risponde Nadia.
Poi Berlusconi «mi chiese cosa faccio nella vita e io gli dissi ‘la escort’.
Lui allora mi disse ‘no no Nadia per favore non dire queste cose, quando esci da qua non dire queste cose».
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Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
L’EX BRACCIO DESTRO DI LELE MORA, SELEZIONATORE DI METEORINE E AGENTE ANCHE DI NOEMI, NON SI STUPISCE CHE FEDE SIA COINVOLTO NELL’INCHIESTA CON ACCUSE PESANTI…”NEL NOSTRO AMBIENTE SONO ANNI CHE GIRA LA VOCE DI FESTINI AD ARCORE E CHE SIA FEDE AD ACCOMPAGNARE LE RAGAZZE”…”LE RAGAZZE, SE VOLEVANO ANDARE IN ONDA, DOVEVANO FERMARSI A DORMIRE A CASA SUA”
“Sì, sono stato l’agente di Noemi Letizia”. A parlare è Francesco Chiesa Soprani, ex braccio
destro di Lele Mora.
Quarantadue anni, ha selezionato le meteorine del Tg4 e nella sua scuderia, oltre alla papigirl di Casoria, sono passate Barbara Guerra, Marysthell Garcia Polanco e Nadia Macrì.
“A settembre nel 2009 ricevo un sms da Emilio Fede con il telefono di Noemi — racconta Chiesa Soprani — Penso che si tratti di un errore perchè con il direttore non avevo rapporti da un anno, comunque tramite un amico scopro che lei è in cerca di un agente e decido di farmi sotto”.
La telefonata va a buon fine e pochi giorni dopo a Milano si presenta Noemi in compagnia di Elio Letizia, suo padre.
“Non erano venuti per soldi, ma per ripulire l’immagine della figlia”, continua l’agente.
“Lo stesso Elio mi ha lasciato intendere che a occuparsi economicamente di loro fosse il premier”, dice il manager.
Fatto sta che lui è lì per avviare la carriera della ragazza nel mondo dello spettacolo.
“Era gentilissima, dolce e molto educata, ma aveva poco talento. Quando un quotidiano pubblica un articolo sui miei guai giudiziari il padre di Noemi mi chiama dicendomi che ‘dall’alto’ gli è arrivato l’ordine di prendere le distanze dalla mia agenzia”.
L’episodio è Vallettopoli, l’inchiesta che lo vede accusato (e poi assolto), assieme a Fabrizio Corona, di associazione per delinquere e induzione alla prostituzione.
È un fiume in piena Soprani, anche se assicura che le sue rivelazioni non sono una vendetta personale.
Dice di essere di estrema destra e votare Pdl, ma aggiunge che le ultime vicende giudiziarie lo hanno disgustato.
“È troppo anche per me”.
Ha lavorato anche per Emilio Fede.
“Il direttore l’ho frequentato per circa tre anni, gestivo il casting delle previsioni meteo del Tg4”.
Della colpevolezza di Fede, Soprani non ha dubbi.
Ha letto le carte dell’inchiesta e secondo lui sono tutte notizie che trovano riscontro nella sua esperienza diretta.
“Le ragazze che gli mandavo mi hanno confessato che subivano delle pressioni psicologiche dal direttore per avere dei rapporti , diciamo, più amichevoli. Se volevano andare in onda dovevano andare a cena con lui e, ad alcune di esse, chiedeva anche di fermarsi a dormire a casa sua”. Secondo Soprani, quando Fede scopriva che alcune di esse si erano fidanzate, le cacciava dal giornale in malo modo.
Secondo i magistrati milanesi, le ragazze reclutate per le feste bollenti nella residenza di Berlusconi passavano per le mani di Fede che si avvaleva della collaborazione di Lele Mora e Nicole Minetti.
Chiesa Soprani non ha dubbi: “Sono anni che nel nostro ambiente gira la voce dei festini nelle residenze del premier ed è sempre stato Fede a portargli le ragazze. Diciamo che conosce bene i suoi gusti in fatto di donne”.
A sostegno della sua tesi, il manager ricorda come una volta il direttore in una conversazione telefonica si lamentava di due gemelle che conducevano il meteo.
Per il direttore avevano il seno troppo procace.
Soprani racconta che al telefono Fede gli aveva detto che si doveva tenere “queste due zoccole perchè sono le preferite di Berlusconi”.
Il nome di Fede e quello di Berlusconi riemergono anche nel racconto del suo rapporto di lavoro con Nadia Macrì, la escort che ha dichiarato di avere avuto rapporti sessuali a pagamento con il premier e che ha aggiunto anche il particolare della droga ai festini.
“L’avevo conosciuta nel 2007 in una discoteca e dopo una breve esperienza a Uomini e donne l’ho mandata da Fede a fare un provino. Anche se gli era piaciuta, Nadia non è mai andata in onda. Lui comunque l’ha presentata al premier e poi sappiamo come è andata”.
Lorenzo Galeazzi e Davide Vecchi
( da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
RUBY SENTITA IL 6 OTTOBRE, MA NON DAI MAGISTRATI… GLI SMS E LE PAROLE INTERCETTATE DEL FIDANZATO… ERANO PRESENTI RUBY, LELE MORA, “L’AVVOCATO” E “UN EMISSARIO DI LUI”…. E IL GIORNO DOPO RUBY RICEVE UNA TELEFONATA DA “GESU” CHE ERA A CONOSCENZA DI QUANTO DA LEI DICHIARATO LA SERA PRIMA E LA RASSICURA
«Scene hard con il pr… con la persona»: chi sono i misteriosi «l’avvocato» e «l’emissario di lui» che la notte tra il 6 e 7 ottobre 2010, in compagnia di «Lele» (presumibilmente Mora), raccolgono le dichiarazioni «hard» dell’allora minorenne Karima«Ruby» El Mahroug in «un interrogatorio» che coinvolge «pezzi da novanta»?
È un «giallo» l’interrogatorio-fantasma della giovane marocchina.
Perchè quella notte a interrogare Ruby sicuramente non furono i magistrati milanesi.
E perchè l’interrogatorio fu precedente sia alle «indagini difensive» degli avvocati-parlamentari di Berlusconi su Ruby (datate 3 novembre), sia all’emergere pubblico del caso (26 ottobre su Il Fatto).
Paradossalmente, è un «giallo» nascosto nell’ormai pubblico invito a comparire al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per le ipotesi di concussione e prostituzione minorile: nel senso che affiora nelle pieghe degli atti già scritti in questi giorni, ma di colpo sorprendenti se collegati ad altri elementi ricavabili dalle date dell’indagine.
Negli sms l’incontro misterioso, venti giorni prima dello scandalo.
Luca Risso è il fidanzato che Ruby, l’altra sera nella trasmissione tv Kalispèra di Alfonso Signorini su Canale 5, ha presentato come suo prossimo marito a breve.
La notte del 6 ottobre 2010 Risso è con lei, presente a un «interrogatorio» complicato che accenna in diretta, tramite sms e colloqui telefonici intercettati, a una ragazza che l’annotazione di polizia redatta poi il 15 dicembre 2010 qualifica come una sua amica.
Risso deve essere in ballo già da parecchie ore quando in un sms delle 22.45 all’amica scrive: «Sono nel mezzo di un interrogatorio allucinante…Ti racconterò ma è pazzesco!».
L’amica gli risponde: «Stai attento… ricordati grano», frase che già nei giorni scorsi lasciava trasparire sottostanti interessi economici.
Solo che ora, a incrociare meglio le circostanze sparse negli atti, si scopre che a fare l’«interrogatorio» di Ruby o di Risso non possono essere stati i pm milanesi: mai hanno interrogato l’uomo nel corso dell’inchiesta, mentre l’elenco delle fonti di prova contro Berlusconi indica solo 4 verbali della minorenne, l’ultimo il 3 agosto 2010.
E anche il suo difensore esclude che poi sia stata reinterrogata.
«Sono qui, è sempre peggio. In mezzo ci sono pezzi da 90»
Eppure alle 23.42 Risso con un altro sms informa la sua amica che «io sono ancora qui… È sempre peggio, quando ti racconterò (se potrò…) ti renderai conto… Siamo solo a gennaio 2010 e in mezzo ci sono pezzi da novanta.
La sua amica gli domanda: «Perchè stanno interrogando Ruby? E perchè tu ascolti tutto? C’è Lele o solo l’avvocato?».
E Risso alle 23.54 le sintetizza chi c’è all’interrogatorio: «C’è Lele, l’avvocato, Ruby, un emissario di Lui, una che verbalizza. Sono qui perchè pensano che io sappia tutto».
Chi c’è dietro questo verbo al plurale? Non si capisce.
Ma da una intercettazione successiva, si capisce cosa Ruby sta raccontando ai misteriosi interlocutori.
Passati 39 minuti dopo la mezzanotte, infatti, Risso telefona all’amica con la quale si era scambiato gli sms: «Eccomi, sono ancora qua. Ora sono sceso un attimino sotto, a far due passi… Lei è su, che si son fermati un attimino perchè siamo alle scene hard con il pr… con la persona». «Il pr…», riferimento subito smozzicato in un più anonimo «la persona», è evocazione che lascia l’amica incredula: «Ma figurati».
Risso invece le conferma «sì, sì». Lei non ci crede ancora: «Con lei?». Lui si irrigidisce: «Mmm, guarda, ti racconterò tutto…».
L’amica capisce: «Va bè, non dirmelo per telefono».
E lui: «No, no, infatti, brava, brava, perfetto».
Chi dunque ricevette da Ruby il racconto di quelle «scene hard»?
Forse i difensori di Berlusconi che hanno sempre rivendicato di aver svolto «indagini difensive» (usando l’apposita legge) a favore del loro assistito, e che a questo scopo raccolsero a discarico del premier le dichiarazioni di 50 testimoni delle feste di Arcore, compresa Ruby?
Luca Giuliante, l’avvocato che tutelava Ruby al Tribunale dei minorenni e difendeva in un procedimento per bancarotta Mora (qui invece indagato per favoreggiamento della prostituzione), soltanto a fine ottobre riceve dai legali del premier, Ghedini e Longo, la richiesta di acquisire presso Ruby circostanze utili ai fini delle loro indagini difensive; ma siccome si profila una potenziale incompatibilità tra l’assistenza legale di Ruby e la propria difesa di Mora, risponde loro che si accingeva a consigliare a Ruby di cambiare avvocato, suggerito nella persona del collega Massimo Dinoia.
Dinoia ha il primo contatto con la ragazza il 29 ottobre.
E solo il 3 novembre raccoglie per iscritto, e inoltra a Ghedini e Longo, le risposte che Ruby aveva dato alle domande scritte poste tramite lui dai difensori del Cavaliere, il quale nel videomessaggio l’altro ieri sera ha letto proprio un passo di questa «dichiarazione giurata» nella quale Ruby lo scagiona negando qualunque rapporto di tipo sessuale.
E allora chi è che la notte del 6 ottobre aveva interrogato Ruby?
Chi erano «l’avvocato» e «l’emissario di lui» presenti mentre Ruby rivelava loro le «scene hard con il pr… con la persona»?
E dopo l’interrogatorio-fantasma Ruby è richiamata da «Lui-Gesù»
Il giallo assume una doppia rilevanza perchè l’indomani, cioè il 7 ottobre alle ore 19.21, Ruby racconta proprio a Risso di aver ricevuto una importante telefonata da un «Lui» definito anche «Gesù».
«Mi sono sentita con lui», esordisce con Risso, che le chiede conferma: «Chi è lui?». Ruby: «Lui! Lui!».
Risso pensa a uno preciso: «Lui lui? Lui il grande?».
E Ruby conferma con l’ormai noto paragone: «Luiiii, Gesù. Comunque… Mi sono sentita con lui che m’ha chiamato…». «Lui lui», «lui Gesù» può essere Berlusconi? Possibile.
Benchè tra i due non esistano telefonate intercettate, nel corso del tempo i tabulati hanno mostrato una sessantina di contatti fra il premier e la ragazza. Di certo, questo «lui» che chiama Ruby è perfettamente al corrente del contenuto del misterioso interrogatorio della notte precedente, perchè sa che era presente Mora, sa che la ragazza ha lì raccontato e scritto molte cose, sa anche che nella serata ha spiegato di non aver potuto negare ai magistrati (quando l’avevano interrogata in estate) fatti che essi avevano già scoperto. Dice infatti Ruby al telefono a Risso: «M’ha chiamato proprio tre minuti fa… Mi ha detto che s’è sentito con Lele, che io ho fatto, ho scritto tutte le cose, con l’avvocato e m’ha detto che ha saputo che ho detto tante cose. Guarda, io ho detto tante cose, ma ne ho nascoste tantissime. Tutte quelle che ho detto le ho dette per un semplice motivo, che ero messa davanti all’evidenza non potevo negare».
Poi Ruby, nella telefonata con Risso, comincia a riferirgli il colloquio con il Lui-Gesù, già pubblicato perchè evocativo di richieste economiche: «Mi fa “ma noi non siamo in pericolo, noi siamo in difficoltà “, mi fa “però sono cose da superare”.
Ho detto sì, però io ti volevo fare un’altra domanda, che m’interessa di più.
Mi fa “dimmi”, ho detto, cioè, io voglio che almeno da tutta questa situazione io ne esca con qualche cosa, perchè di tutta la situazione cioè, sinceramente, non me ne frega niente.
Lui fa “è normale”, lui mi fa un detto strano, mi ha detto “quando il mare è in tempesta non è che le persone si lasciano soccombere”, boh, una cosa del genere mi fa…».
Uscita la notizia dell’indagine il 26 ottobre, alle 20.51 viene ascoltata la telefonata in cui Ruby dice al padre di essere «con l’avvocato, stiamo parlando di queste cose e dobbiamo trovare una soluzione, mi ha detto… come si dice… Silvio gli ha detto “dille che la pagherò il prezzo che lei vuole l’importante è che lei chiuda la bocca, che neghi il tutto, e che dica che lei… che dica pure di essere pazza ma l’importante è che lei mi tiri fuori da tutte queste questioni, che io non ho mai visto una ragazza che ha 17 anni, o che non è mai venuta a casa mia”».
Luigi Ferrarella Giuseppe Guastella
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
BERLUSCONI, CON LE SUE PAROLE E I SUOI COMPORTAMENTI, HA INFERTO UNA FERITA A TUTTE LE DONNE ITALIANE, A QUELLE CHE STUDIANO E LAVORANO SENZA CERCARE SCORCIATOIE, A CHI A CERTE FESTE NON CI VA, A CHI PERCORRE CON DIGNITA’ LA STRADA DELL’IMPEGNO E DEL SACRIFICIO, CONCILIANDO LAVORO E MATERNITA’…NELL’ELENCO DELLE PRIORITA’ DI QUESTO GOVERNO MAI UNA BATTAGLIA A FAVORE DELLE DONNE
Quando è in corso un’indagine che riguarda un personaggio pubblico, l’immancabile
amplificazione mediatica che ne consegue è insidiosissima.
Di solito, gli elementi divulgati sono soltanto quelli raccolti dai pubblici ministeri. Si finisce così per attribuire il crisma di verità a tesi parziali.
E l’idea che se ne fa l’opinione pubblica può risultarne alterata.
Da avvocato, sento quindi l’obbligo di sottolineare che l’indagine sul premier Silvio Berlusconi non deve fare eccezione: prima di formulare giudizi in merito alla fondatezza delle accuse mossegli dalla Procura, bisogna senza dubbio attendere gli sviluppi processuali.
Fatta questa doverosa premessa, voglio però subito precisare che non sono affatto d’accordo con quanti usano questo ragionamento come arma per stroncare ogni tipo di riflessione critica: in questi giorni ho infatti sentito invocare la presunzione di innocenza per mettere a tacere chi contestava non la consumazione di reati ma fatti storici oggettivamente emersi, fatti che nessun processo potrà mai cancellare.
In definitiva, se prima di condannare è necessario aspettare che si faccia chiarezza sulla sussistenza di certi reati, non si può ignorare che non tutto quanto è emerso in questi giorni è “in attesa di giudizio”: il contesto oggettivo in cui sarebbero maturate le vicende processuali non ha improvvisamente squarciato un velo e mostrato un profilo imprevisto e del tutto inedito del premier.
Nelle aule di Milano si discuterà se Silvio Berlusconi abbia o meno consumato i reati di prostituzione minorile e di concussione, ma non erano necessarie le vicende sottostanti a queste contestazioni – nè una sentenza – per conoscere la sua opinione sulle donne.
Un’opinione che, se non ha rilevanza penale, ha tuttavia un’enorme rilevanza politica.
Un’opinione da lui stesso espressa in modo inequivocabile con battute, barzellette, colloqui pubblici e privati.
Un’opinione già delineatasi attraverso le dichiarazioni di Veronica Lario, quelle più recenti di Barbara Berlusconi (due testimoni molto attendibili), le vicende di Noemi Letizia e Patrizia D’Addario, nonchè attraverso la singolare questione di alcune donne prima forse inserite nelle liste delle candidature alle Europee del 2009 e poi da quelle liste sicuramente scomparse.
Quello che Silvio Berlusconi sembra maggiormente apprezzare nel genere femminile è l’avvenenza, al punto da far passare in secondo piano requisiti di ben altro spessore (credo sia rimasta impressa nella memoria di tutti la rozzezza della battuta all’onorevole Rosy Bindi); ancora meglio, poi, se a un aspetto fisico di un certo tipo si accompagnano giovane età , accondiscendenza e disponibilità ad abdicare al proprio spirito critico.
Di fronte a tutto ciò, ho sentito obiettare che si tratterebbe di questioni attinenti alla vita privata del premier e che dunque – appunto per questo – dovrebbero riguardare soltanto lui e la sua coscienza.
No, non è così.
Non c’è spazio per sostenerlo: lo stile e la filosofia di vita di un uomo che riveste la carica di presidente del Consiglio non possono non ripercuotersi sulla vita pubblica.
Lo dimostra il fatto che Berlusconi, con le sue parole e i suoi comportamenti, ha inferto una ferita a tutte le donne italiane: alle donne che studiano e lavorano (spesso percependo stipendi inadeguati o, come nel caso delle casalinghe, senza percepirli affatto), a tutte noi che facciamo fatica un giorno dopo l’altro; alle donne che per raggiungere ruoli di rilievo non soltanto a certe feste non ci sono andate, ma hanno semmai dovuto rinunciare a vedere gli amici; a quante, invece di cercare scorciatoie, hanno percorso con dignità la strada dell’impegno e del sacrificio.
E a coloro alle quali è stato chiesto, più o meno esplicitamente, di scegliere tra vita privata e vita pubblica, perchè conciliare un figlio con il successo sarebbe stato troppo difficile: con il risultato che hanno rinunciato alla maternità o che ci sono arrivate ben oltre il momento in cui avrebbero voluto.
A ciascuna di loro – nel momento in cui le donne vengono scelte e “premiate” in base non al merito ma a qualcos’altro che con la professionalità , l’impegno, l’intelligenza ha poco o nulla a che fare – è stata riversata addosso l’inutilità del suo sacrificio.
Brucia, questa ferita. Brucia anche perchè non sfugge che sono davvero in tanti a sottolineare, forse persino con un pizzico d’invidia, la fortuna e il fascino di un uomo più che maturo circondato da giovanissime più o meno avvenenti che si contendono i suoi favori, pronte a tutto pur di compiacerlo.
Anche se, in un paese maschilista come il nostro, la complicità tra uomini turba ma non sorprende.
Ma non si tratta esclusivamente di una ferita inferta alla dignità della donna, c’è di più; mai le battaglie del presidente del Consiglio hanno coinciso con le battaglie delle donne.
Basterebbe a tal proposito ricordare che negli elenchi delle priorità di questo governo, che via via vengono snocciolate, figura di tutto – in primis, battaglie contro magistrati “comunisti” – , ma mai, mai, battaglie a favore delle donne. Come se le donne non avessero problemi concreti e indifferibili.
Come si può ipotizzare che le leggi per combattere pm “politicizzati” siano più urgenti di quelle che dovrebbero venire incontro alle necessità di tutte noi?
E allora non copriamo con l’alibi del segreto istruttorio, o con il fragile scudo della privacy, ciò che segreto non è, e nemmeno riservato.
Ma sono le donne che per prime devono farsi forti della loro dignità e della consapevolezza del loro valore – senza distinzione di età , credo politico, provenienza geografica – per esprimere a voce alta lo sdegno che questa mentalità suscita, ne sono sicura, nella stragrande maggioranza di noi.
Se credono, gli uomini continuino pure ad ammirare e a sostenere Silvio Berlusconi; le donne, per favore, no.
Giulia Bongiorno
Futuro e Libert��
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Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
ECCO LE PROVE CHE SMENTISCONO L’AUTODIFESA DEL PREMIER SULLO SCANDALO CHE L’HA INVESTITO
Si contano dieci menzogne nell’intervento televisivo di Silvio Berlusconi.
Qui di seguito dimostriamo come le parole del premier siano variazioni falsarie.
Costruiscono per l’opinione pubblica una fiction che appare in gran parte fasulla anche alla luce di quel che è già emerso dai documenti dell’inchiesta di Milano.
Le bugie nelle dichiarazioni del presidente del Consiglio devono negare come e perchè sia riuscito ad esfiltrare dalla questura, sottraendola alla tutela dello Stato, una minorenne accusata di furto.
Una minorenne con la quale il capo del governo ha intrattenuto, per lo meno per tre mesi, una relazione molto intensa, al punto che ci sono tra i due 67 contatti telefonici in 77 giorni.
Impossibilitato a raccontare la verità su quella relazione, il premier è costretto a mentire ancora: parla di persecuzione giudiziaria; inventa una violazione della sua privacy; accusa la polizia di aver maltrattato le sue amiche: è un’autodifesa che non accetta di essere verificata. ”
Non mi devo vergognare”, dice Berlusconi.
Le sue dieci bugie lo dovrebbero convincere non solo a vergognarsi, ma anche ad assumersi la responsabilità di fare chiarezza davanti ai giudici e dinanzi al Paese.
Ecco dunque le dieci bugie che, se necessario, integreremo nel corso del tempo.
1. “Non ho minacciato nessuno”
Dice il premier: “Vi leggo le risposte del funzionario al pubblico ministero dove descrive la mia telefonata:
“L’addetto alla sicurezza mi disse: dottore, le passo il presidente del Consiglio perchè c’è un problema. Subito dopo il presidente del Consiglio mi ha detto che vi era in questura una ragazza di origine nord africana che gli era stata segnalata come nipote di Mubarak e che un consigliere regionale, la signora Minetti, si sarebbe fatta carico di questa ragazza. La telefonata finì così”. Ma vi pare che questa possa essere considerata una telefonata di minaccia?”.
Berlusconi sa di mentire perchè non ci fu una sola telefonata con il capo di gabinetto.
Come si legge nell’invito a comparire il funzionario riceve ripetute e “ulteriori chiamate dalla presidenza del Consiglio” (la procura ha escluso tutti i contatti telefonici di Berlusconi e non è ancora pubblico il numero esatto).
Devono essere state così urgenti e incombenti da consigliare al capo di gabinetto di telefonare 24 volte al funzionario di servizio, al suo diretto superiore, al questore.
La prima telefonata è delle 00.02.21, l’ultima addirittura delle 6.47.14.
Non importa se il capo di gabinetto abbia o meno avvertito “una minaccia” nelle parole del presidente.
E’ indiscutibile che il funzionario si dà molto da fare.
L’esito è l’affidamento di Ruby, di fatto, a una prostituta, Michele Coincecao, eventualità che il pubblico ministero per i minori, Anna Maria Fiorillo, aveva escluso. Questo è il risultato della pressione di Berlusconi: la polizia non rispetta le disposizioni del magistrato.
2. “Non ho fatto sesso con Ruby”
Dice il premier: “Mi si contestano rapporti sessuali con una ragazza minore di 18 anni, Ruby. Questa ragazza ha dichiarato agli avvocati e mille volte a tutti i giornali italiani e stranieri che mai e poi mai ha avuto rapporti sessuali con me”.
E’ utile ricordare come Ruby sia stata “avvicinata” dagli avvocati, da quali avvocati, in quale occasione.
E’ il 6 ottobre 2010, Ruby deve incontrare il suo avvocato non quello di oggi (Massimo Di Noja) che sarà nominato soltanto il 29 ottobre, ma Luca Giuliante, difensore anche di Lele Mora.
Ruby raggiunge lo studio del legale accompagnata da un amico Luca Risso. Risso, via sms, fa a una sua amica il resoconto di quel che accade.
Sono utili cinque messaggi. 1. “Sono nel mezzo di un interrogatorio allucinante… Ti racconterò, ma è pazzesco!”. 2. “E’ sempre peggio quando ti racconterò (se potrò…). 3. L’amica scrive: “Perchè stanno interrogando Ruby?”. 4. Scrive Risso: “C’è Lele (Mora), l’avv., Ruby, un emissario di Lui. Una che verbalizza. Sono qui perchè pensano che io sappia tutto”. 5. “Sono ancora qua. Ora sono sceso a fare due passi. Lei è su, che si sono fermati un attimino perchè siamo alla scene hard con il pr… con la persona”.
Da queste informazioni si deducono un paio di scene. Ruby è stata protagonista di “scene hard” con il presidente.
Lele Mora, un inviato di Berlusconi e l’avvocato Giuliante la “interrogano” per conoscere che cosa ha raccontato ai pubblici ministeri.
E’ un vero e proprio debriefing che può consentire di conoscere le accuse, prevedere le mosse dei pubblici ministeri, ribaltare i ricordi della ragazza con la dichiarazione giurata che oggi Berlusconi sventola. Inutilmente perchè appare più il frutto o di una violenza morale o di una corruzione, se si prende per buono quel che Ruby dice al padre: “Sono con l’avvocato, Silvio gli ha detto: dille che la pagherò il prezzo che lei vuole. L’importante è che chiuda la bocca”. E’ il 26 ottobre 2010.
3. “Anche Ruby mi scagiona”
Dice il premier: “Vi leggo quello che ha detto la stessa Ruby in una dichiarazione firmata e autenticata dai suoi avvocati: “Non ho mai avuto alcun tipo di rapporto sessuale con l’onorevole Silvio Berlusconi. Nessuno, nè l’onorevole Berlusconi nè altre persone, mi ha mai prospettato la possibilità di ottenere denari o altre utilità in cambio di una disponibilità ad avere rapporti di carattere sessuale con l’on. Silvio Berlusconi. Posso aggiungere che, invece, ho ricevuto da lui, come forma di aiuto, vista la mia particolare situazione di difficoltà , una somma di denaro. Quando ho conosciuto l’on. Berlusconi, gli ho illustrato la mia condizione personale e famigliare nei seguenti termini: gli ho detto di avere 24 anni, di essere di nazionalità egiziana (non marocchina), di essere originaria di una famiglia di alto livello sociale, in particolare di essere figlia di una nota cantante egiziana. Gli ho detto anche di trovarmi in difficoltà per essere stata ripudiata dalla mia famiglia di origine dopo che mi ero convertita al cattolicesimo”.
Ecco perchè vorrei fare il processo subito, con queste prove inconfutabili, ma con giudici super partes.
Più che inconfutabili, queste fonti di prova appaiono insincere.
Abbiamo visto in quale clima e dinanzi a quali attori nasca la lettera di Ruby che assolve Berlusconi.
La favola poteva essere congegnata meglio.
Anche a dimenticare quelle “scene hard”, ci sono almeno alcune rilevanti condizioni che la scompaginano e dicono quanto Berlusconi non racconti la verità .
Il premier sapeva della minore età di Ruby e non ha mai creduto che fosse di “una famiglia di alto livello sociale” perchè è Emilio Fede che la scrutina in un concorso di bellezza in Sicilia nel 2009. Il giornalista sa che è una “sbandata”. C’è un video che lo mostra quando, in quell’occasione, dice: “C’è una ragazza di 13 anni, se non sbaglio egiziana, mi sono commosso, ho solidarizzato (perchè) la ragazza non ha più i suoi genitori… “.
Per “solidarietà “, Fede indirizza la teenager da Lele Mora che la “svezza” e in quello stesso anno la destina alle serate di Berlusconi.
Alcuni testimoni riferiscono che nel 2009 Ruby frequenta in due occasioni Villa San Martino.
Lei lo conferma: “Frequento Berlusconi da quando avevo sedici anni”. L’incontro con il Sovrano non sarà occasionale. Il Drago ne incapriccia. Dal 14 febbraio al 2 maggio 2010 si contano 67 contatti telefonici tra Ruby e il presidente. Una telefonata al giorno, quasi.
4. “E’ la 28esima persecuzione”
Dice il premier: “Ho avuto finalmente modo di leggere le 389 pagine dell’ultima vera e propria persecuzione giudiziaria, la ventottesima in 17 anni”. Il numero dei processi di Berlusconi è un mistero misericordioso che cambia a seconda delle ragioni.
Dice il Cavaliere: “In assoluto [sono] il maggior perseguitato dalla magistratura in tutte le epoche, in tutta la storia degli uomini in tutto il mondo. [Sono stato] sottoposto a 106 processi, tutti finiti con assoluzioni e due prescrizioni” (10 ottobre 2009).
Nello stesso giorno, Marina Berlusconi ridimensiona l’iperbole paterna: “Mio padre tra processi e indagini è stato chiamato in causa 26 volte. Ma a suo carico non c’è una sola, dico una sola, condanna. E se, come si dice, bastano tre indizi per fare una prova, non le sembra che 26 accuse cadute nel nulla siano la prova provata di una persecuzione?” (Corriere, 10 ottobre 2009). Qualche giorno dopo, Paolo Bonaiuti, portavoce del premier, pompa il computo ancora più verso l’alto: “I processi contro Berlusconi sono 109” (Porta a porta, 15 ottobre 2009). Lo rintuzza addirittura Bruno Vespa che avalla i numeri di Marina: “Non esageriamo, i processi sono 26”.
Ventotto, ventisei, centosei o centonove, e quante assoluzioni?
In realtà , i processi affrontati dal Cavaliere come imputato sono sedici. Quattro sono ancora in corso: corruzione in atti giudiziari per l’affare Mills; frode fiscale per i diritti tv Mediaset (in dibattimento a Milano); appropriazione indebita nell’affare Mediatrade; e quest’ultimo per concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile.
Nei processi già conclusi, in soltanto tre casi le sentenze sono state di assoluzione.
In un’occasione con formula piena per l’affare “Sme-Ariosto/1” (la corruzione dei giudici di Roma).
Due volte con la formula dubitativa: i fondi neri “Medusa” e le tangenti alla Guardia di Finanza, dove il Cavaliere è stato condannato in primo grado per corruzione; dichiarato colpevole ma prescritto in appello grazie alle attenuanti generiche; assolto in Cassazione per “insufficienza probatoria”.
Riformato e depenalizzato il falso in bilancio dal governo Berlusconi, l’imputato Berlusconi viene assolto in due processi (All Iberian/2 e Sme-Ariosto/2) perchè “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”.
Due amnistie estinguono il reato e cancellano la condanna inflittagli per falsa testimonianza (aveva truccato le date della sua iscrizione alla P2) e per falso in bilancio (i terreni di Macherio).
Per cinque volte è salvo con le “attenuanti generiche” che (attenzione) si assegnano a chi è ritenuto responsabile del reato.
Per di più le “attenuanti generiche” gli consentono di beneficiare, in tre casi, della prescrizione dimezzata che si era fabbricato come capo del governo: “All Iberian/1” (finanziamento illecito a Craxi); “caso Lentini”; “bilanci Fininvest 1988-’92”; “fondi neri nel consolidato Fininvest” (1500 miliardi); Mondadori (l’avvocato di Berlusconi, Cesare Previti, “compra” il giudice Metta, entrambi sono condannati).
Più che persecuzione giudiziaria, siamo dinanzi a un’avventura fortemente segnata dall’illegalità .
5. “Mi spiano dal gennaio 2010”
Dice il premier: “Pensate che la mia casa di Arcore è stata sottoposta a un continuo monitoraggio che dura dal gennaio del 2010 per controllare tutte le persone che entravano e uscivano e per quanto tempo vi rimanevano. Hanno utilizzato tecniche sofisticate come se dovessero fare una retata contro la mafia o contro la camorra”.
“Sappiate che la Procura di Milano mi ha iscritto come indagato soltanto il 21 dicembre scorso, guarda caso appena sette giorni dopo il voto di fiducia del Parlamento, e quindi tutte le indagini precedenti erano formalmente rivolte verso altri ma sostanzialmente tenevano sotto controllo proprio la mia abitazione e la mia persona”.
Dio solo sa che cosa c’entra il voto di fiducia.
Che cosa avrebbe detto se quel voto fosse stato per lui negativo?
Avrebbe detto che, caduto il governo, la magistratura avvia la sua vendetta. Berlusconi deve lasciarlo credere per politicizzare una malinconica storia di prostitute minorenni e abusi di potere che con la politica non c’entra nulla.
E’ falso sostenere che la sua casa di Arcore sia stata tenuta sotto controllo da un anno.
Dopo le dichiarazioni di Ruby (3 agosto 2010), le indagini si muovono con molta cautela.
Inizialmente contro Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti.
Soltanto in autunno emergono le possibili responsabilità dirette del premier. Prima di iscrivere al registro degli indagati Berlusconi, i pubblici ministeri come sempre vagliano una prima e approssimata attendibilità delle accuse. Chiedono i tabulati delle telefonate di Ruby dal gennaio 2010: davvero conosce il capo del governo?
Quindi gli accertamenti sono fatti a ritroso e non in tempo reale come maligna, mentendo, il capo del governo.
6. “Hanno violato la mia casa”
Dice il premier: “Nella mia casa da sempre svolgo funzioni di governo e di parlamentare, avendolo addirittura comunicato alla Camera dei deputati sin dal 2004, e la violazione che è stata compiuta è particolarmente grave perchè va contro i più elementari principi costituzionali”.
Da nessun atto dell’inchiesta si deduce che la dimora del presidente sia stata “violata”. Si indaga su un prosseneta. Lo si tiene d’occhio.
L’uomo si muove con prostitute al seguito. Lo si segue. Si scopre che il corteo di auto, spesso scortato da auto di Stato, varca il cancello di Villa San Martino. Il domicilio non viene oltraggiato.
Piuttosto ci si deve chiedere se non lo oltraggia Berlusconi.
C’è qualche buona ragione per sostenerlo. Pretende che la sua casa privata sia considerata residenza di Stato. Bene.
Per questa ragione e per un elementare principio costituzionale (art. 54 della Carta: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore) Berlusconi non dovrebbe affollarla di prostitute (in forza del necessario “onore” che dovrebbe accompagnare la sua responsabilità pubblica).
Dovrebbe con “disciplina” proteggere se stesso e non trascurare la sua personale sicurezza, come gli accade aprendo la porta di casa a qualsiasi ragazza italiana e straniera disponibile a trascorrere la notte con lui.
La sua vita disordinata lo ha reso vulnerabile e ricattabile.
Berlusconi era continuamente taglieggiato dalle sue ospiti, come si apprende dalle indagini.
Viene da chiedere: questi sono piccoli ricatti, ma in quante e quali occasioni, magari internazionali, Berlusconi ha reso possibile anche grandi ricatti e chissà possono essere ancora “vivi”?
7. “Milano è incompetente”
Dice il premier: “Come prescrivono la legge e la Costituzione, entro 15 giorni dall’inizio delle indagini la Procura avrebbe dovuto trasmettere tutti gli atti al Tribunale dei ministri, l’unico competente per tutte queste vicende. È gravissimo, ancora, che la Procura voglia continuare a indagare pur non essendo legittimata a farlo. Tra l’altro la Procura di Milano non era neppure competente per territorio. Infatti il reato di concussione mi viene contestato come se fosse stato commesso a Milano. Questo è palesemente infondato poichè il funzionario della questura che ha ricevuto la mia telefonata in quel momento era, come risulta dalle stesse indagini, a Sesto San Giovanni. Quindi la competenza territoriale era ed è del Tribunale di Monza”.
E’ bizzarro che Berlusconi si travesta da azzeccagarbugli e disputi sulla competenza della procura di Milano in un video televisivo e non in aula.
Qui avrebbe più difficoltà ad avere ragione perchè la giurisprudenza è costante.
La concussione è un abuso. E’ di “potere” se chi lo pratica fa leva sulle “potestà funzionali per uno scopo diverso da quello per il quale sia stato investito” (Cassazione).
Per capire, sarebbe stata una concussione di potere se a telefonare in questura a Milano “consigliando” la liberazione di Ruby fosse stato il ministro dell’Interno.
L’abuso può essere anche di “qualità “. In questo caso “postula una condotta che, indipendentemente dalla competenze del soggetto (il concussore), si manifesta come una strumentalizzazione della posizione di preminenza ricoperta”. E’ il caso di Berlusconi.
Abuso di potere o abuso di qualità presuppongono due competenze diverse. L’abuso di potere di un ministro impone la competenza del tribunale dei ministri.
L’abuso di qualità prescrive la competenza territoriale: dove è stato commesso il reato?
Il capo di governo lo sa che questa è la domanda che decide e prova a truccare le carte.
Dice: è competente Monza perchè qui abita il capo di gabinetto della questura che riceve la mia telefonata. Errore.
La concussione è un reato d'”evento” e non di “condotta” e dunque la competenza si radica dove si materializza “il vantaggio”. E’ fuor di dubbio che il vantaggio (Ruby affidata alla Minetti e sottratta alla tutela dello Stato) diventa concreto a Milano.
8. “150 poliziotti contro 10 ragazze, le mie amiche sono state maltrattate”
Dice il premier: “Gli stessi Pm. che hanno ordinato con uno spiegamento di forze di almeno 150 uomini una imponente operazione di perquisizione contro ragazze colpevoli soltanto di essere state mie ospiti in alcune cene (…) Queste perquisizioni nei confronti di persone che non erano neppure indagate ma soltanto testimoni sono state compiute con il più totale disprezzo della dignità della loro persona e della loro intimità . Sono state maltrattate”.
E’ una bubbola.
All’inchiesta hanno collaborato i dieci uomini della polizia giudiziaria presso la Procura, disponibili non solo per quest’inchiesta, ma per il lavoro di tutti i 90 pubblici ministeri di Milano.
La squadra mobile di Milano, venerdì scorso, ha mandato 30 poliziotti (molte donne) a perquisire gli appartamentini delle dieci amiche del premier, abituali frequentatrici di Arcore.
Maltrattamenti? Berlusconi viene smentito anche da Giuseppe Spinelli, il ragioniere di Arcore, ufficiale pagatore delle amiche del presidente: “Alle 7,30 ci siamo trovati in casa cinque poliziotti della Criminalpol. Non sono stati mica sgarbati… “.
9. “Non ho pagato mai una donna”
Dice il premier. “E’ assurdo soltanto pensare che io abbia pagato per avere rapporti con una donna. E’ una cosa che non mi è mai successa neanche una sola volta nella vita. E’ una cosa che considererei degradante per la mia dignità “.
Già Patrizia D’Addario fu pagata, anche se da Giampaolo Tarantini, per tener compagnia al capo del governo nel lettone di Putin a Palazzo Grazioli. L’inchiesta milanese invece ci racconta come nessuna delle ragazze invitate ad Arcore lasciasse la villa senza la busta con i biglietti da 500 euro preparata dal ragioniere di casa.
Anche chi, come M. T., di soldi non ne voleva, si vede offrire una busta con 500 euro. Un cip. Nulla a che fare con i “7mila euro” ricevuti da Ruby. E da Iris. E da Imma. E da Barbara…
Si fa prima a dire quale ragazza non è stata pagata che elencare i nomi di chi si è intrattenuto nella sala del bunga bunga o tra le braccia del Drago in cambio di un compenso.
Nessuna delle ragazze che dopo cena raggiunge il sotterraneo di villa San Martino va via a mani vuote. Inutile dire quanto appaia degradata la dignità del premier.
10. “Non mi devo vergognare”
Dice il premier: “Non c’è stata nessuna concussione, non c’è stata nessuna induzione alla prostituzione, meno che meno di minorenni. Non c’è stato nulla di cui mi debba vergognare. C’è solo un attacco gravissimo di alcuni pubblici ministeri che hanno calpestato le leggi a fini politici con grande risonanza mediatica”.
Berlusconi non deve vergognarsi soltanto del disonore con cui ha travolto il Paese e del discredito che oggi insudicia la presidenza del Consiglio.
Il 28 maggio del 2009, a un mese dall’inizio dell’affaire Noemi, disse: “Giuro sulla testa dei miei figli di non aver mai avuto relazioni “piccanti” con minorenni. Se mentissi, mi dimetterei immediatamente”.
Berlusconi deve vergognarsi per le relazioni intrattenute dal 2009 al 2010 con due minorenni (Noemi e Ruby).
Deve vergognarsi per aver mentito al Paese.
Deve vergognarsi per non essersi ancora dimesso.
Giuseppe D’Avanzo
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
VIVEVANO IN COMODATO D’USO NELLO STABILE DI VIA OLGETTINA: L’AMMINISTRAZIONE CACCIA LE 14 PRESUNTE ESCORT PERCHE’ “ARRECANO DANNO AL DECORO DEL PALAZZO”….OTTO GIORNI PER FARE LE VALIGIE A CAUSA DELL’IRA DEI CONDOMINI
Più veloce della magistratura fu l’ira dei condomini. 
Arrecano un «danno al decoro del palazzo»: per questo, l’amministratore del condominio ha sfrattato dal residence di via Olgettina 65 le 14 ragazze al centro dell’inchiesta sul «caso Ruby» sospettate di essere delle prostitute.
Le giovani della scuderia di Lele Mora dovranno abbandonare i loro appartamenti entro otto giorni a partire da oggi.
Nel palazzo di Milano Due, stando a quanto raccontato da alcune testimoni sentite nell’inchiesta sulle feste ad Arcore, vivono numerose soubrette ed escort in comodato d’uso a spese del premier Silvio Berlusconi.
La dimora Olgettina è un complesso residenziale in via Olgettina 65 a Milano 2, a due passi dall’ospedale San Raffaele.
Un complesso di sei scale, decine di appartamenti dove vivono 14 showgirl che avrebbero partecipato alle feste del premier ad Arcore.
Quattro appartamenti sarebbero stati intestati a Nicole Minetti «per conto delle ragazze che di fatto occupano l’immobile» e che non avevano le «condizioni richieste per l’intestazione, quali un idoneo contratto di lavoro». Lo scrivono i pm di Milano negli atti dell’inchiesta sul caso Ruby trasmessi alla Camera.
Si tratterebbe delle showgirls Iris Berardi, Arisleida Espinosa, Annina Visan e Elisa Toti.
La consigliera regionale Minetti, si legge negli atti, «dalle conversazioni intercettate, sembra costituire per le ragazze indicate il tramite con Marcello Fabbri», agente immobiliare «della società Friza srl che gestisce l’immobile di via Olgettina», per ciò che riguarda «gli aspetti contrattuali».
Mentre, secondo i pm, «per ciò che riguarda la copertura finanziaria degli oneri delle locazioni, sia in relazione ai canoni che alle spese correnti» la Minetti fa da tramite, per conto delle ragazze, con il manager di fiducia di Silvio Berlusconi, Giuseppe Spinelli.
Dei sette appartamenti, in totale, che gli inquirenti hanno individuato nel residence Olgettina, due sarebbero intestati a Marysthelle Polanco e uno a Barbara Guerra.
«In particolare Fabbri – si legge ancora – mantiene i contatti con la Minetti e con lei si accorda per la firma dei contratti, per i «cambi» di assegnazione delle case e per l’incasso dei pagamenti dei canoni di locazione, delle caparre e delle cauzioni»
Sette sono gli appartamenti affittati alle stesse giovani che ci abitano.
Tra i loro nomi Barbara Guerra e Marysthelle Garcia Polanco, valletta di Colorado Cafè.
Nella dimora Olgettina ha abitato anche il consigliere regionale Nicole Minetti che è coinvolta nell’inchiesta Ruby, accusata di induzione e favoreggiamento dela prostituzione.
Secondo quanto riferito da una delle giovani donne in questione, Marysthelle, nella lettera di sfratto dell’amministratore del condominio, è spiegato che la decisione è stata presa per le lamentele degli altri inquilini.
«Non è giusto, anche noi siamo delle vittime. Io avevo anche tolto il mio nome dal citofono perchè mi insultavano giorno e notte» ha detto Marysthelle. «Io ero a Firenze per lavoro, ma mi hanno telefonato le altre ragazze per dire che era arrivata questa lettera – ha raccontato Marysthelle -. È una lettera uguale per tutte, firmata dall’amministratore del condominio, che ci dice che dobbiamo lasciare l’appartamento entro otto giorni altrimenti farà intervenire la forza pubblica».
«Io ho già telefonato al mio avvocato e gli ho detto di occuparsene – ha detto ancora Marysthelle -. Non credo che sia giusto nè legale un’imposizione del genere. Lo so che gli altri condomini si sono lamentati per la presenza dei giornalisti e dei fotografi davanti allo stabile, ma anche noi siamo delle vittime. Mi è capitato negli ultimi giorni di essere chiamata al citofono anche in piena notte e di sentirmi dire delle volgarità ».
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Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
FALLITA L’OPERAZIONE DI SOSTEGNO AL GOVERNO: NON ADERISCONO CALOGERO MANNINO E ANTONIO GAGLIONE, IL GRUPPO PER ARRIVARE A VENTI E’ STATO COSTRETTO A CHIEDERE AIUTO AL PDL CHE GLI HA PRESTATO PEPE E D’ANNA… DOVEVANO AGGREGARE ALTRI DEPUTATI, E’ FINITA CHE NE HANNO PERSI LORO
A Montecitorio arriva il gruppo dei ‘responsabili’, gli esponenti di varie mini formazioni politiche e i protagonisti di scelte individuali a favore del governo Berlusconi.
Il nuovo gruppo parlamentare “Iniziativa responsabile” sarà composto da 21 deputati, tutti quelli di cui si è parlato nei giorni scorsi, ad eccezione dell’esponente di Noi Sud, Antonio Gaglione e di Calogero Mannino, e con l’aggiunta di due new entry provenienti dal Pdl: Mario Pepe e Vincenzo D’Anna.
In attesa della votazione per il nuovo capogruppo, il reggente è Luciano Sardelli.
Nella conferenza stampa di presentazione è stato sottolineato che si tratta di un “gruppo federativo”, che – ha rilevato Sardelli, “non appartiene a nessuno e in cui nessuno può rappresentare tutti, in attesa di definire una sintesi”. Silvano Moffa ha precisato “Non siamo una stampella del governo nè un’armata Brancaleone, ma un valore aggiunto per la maggioranza”. Francesco Pionati ha parlato di “terza area” della maggioranza che punta a nuove adesioni nelle prossime settimane.
Calogero Mannino non ha aderito al nuovo gruppo dei Responsabili perchè, dice, non vuole che il Pid da lui fondato finisca per confondersi con il Pdl.
In realtà l’operazione del faccendiere Moffa è finita in farsa, naufragando miseramente a pochi metri da riva, invece che prendere il largo.
Per settimane Berlsconi e l’ex finiano Moffa hanno sparato palle, sostenendo che sarebbero stati almeno 10 i nuovi deputati che sarebbero andati a rafforzare i venti su cui già potevano contare e che hanno salvato il governo sul voto di fiducia.
I venti di base erano costituiti innanzi tutto dagli 11 di “Noi Sud”, (ovvero i quattro ex Mpa Belcastro, Iannacone, Milo e Sardelli, gli ex Udc siciliani Romano, Mannino, Pisacane, Ruvolo e Gianni, i due ex Idv Porfidia e Razzi).
Poi i quattro ex finiani Moffa, Polidori, Siliquini e Catone, i tre “responsabili” Scilipoti, Calearo e Cesario e infine Pionati e l’ex leghista Grassano.
Si è tirato fuori Gaglione di “Noi Sud” e all’ultimo momento anche Calogero Mannino.
Lo steso Grassano ha precisato di “aver aderito con riserva”: a lui interessano le riforme del federalismo e quella della giustizia: forse perchè spera di evitare la condanna del tribunake du Alessandria per aver sottratto 700.000 alle casse comunali ( processo in dirittura finale).
Qualificati gli interventi degli esponenti del “Partito dei venduti”: Razzi ha difeso la sua scelta perchè “andare al voto porterebbe giù l’economia””. E racconta che “sono stato all’Onu e sentivo che tutti dicevano che l’Italia avrebbe fatto la fine della Grecia. E’ lì che ho deciso.”.
Peccato che avesse sempre detto che aveva deciso a casa sua, dopo aver ricevuto un amico deputato.
L’operazione ha solo uno scopo: avere un rappresentante nelle 14 commissioni, riportando il centrodestra in maggioranza nelle Commissioni.
Con il prestito di due Pdl ce la faranno, ma l’operazione politica di aggregazione è miseramente fallita: alla fine hanno perso due deputati invece che guadagnarne dieci.
Complimenti al faccendiere Moffa che aveva garantito l’entrata in massa dei finiani.
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Gennaio 21st, 2011 Riccardo Fucile
COME FUNZIONA IL GIUDIZIO IMMEDIATO, IL PROBLEMA DEL TRIBUNALE COMPETENTE, IL TRIBUNALE DEI MINISTRI, IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO… PER BERLUSCONI NON CI SONO SCAPPATOIE
1) Il giudizio immediato (così come appare configurarsi nel caso Ruby) può essere
richiesto dall’imputato e dal pm.
Tralasciando la prima ipotesi che non ci riguarda, parliamo, ovviamente, solo del giudizio immediato chiesto dal pm e, in particolare, della strada che il pm di Milano vorrebbe percorrere nel caso specifico.
La ratio della legge è quella di premiare l’esigenza di rapidità connessa all’evidenza della prova (purchè l’imputato sia stato interrogato o messo in condizione di esserlo per difendersi).
Dunque il pm chiede il giudizio immediato in presenza delle seguenti condizioni: quando la prova appare evidente; se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova ovvero, a seguito di invito a presentarsi, la stessa abbia omesso di comparire, sempre che non sia stato adottato un legittimo impedimento e che non si tratti di persona irreperibile.
La richiesta del pm deve essere formulata entro 90 giorni dall’iscrizione delle notizia di reato con invio al giudice di tutto il fascicolo del pm e relativa documentazione d’indagine.
Sul giudizio immediato la decisione del giudice deve avvenire entro cinque giorni, dopo i quali emette il decreto per disporre il giudizio immediato, ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Il decreto emesso dal giudice deve contenere anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato ovvero l’applicazione della pena a norma dell’articolo 444 (cioè il patteggiamento).
Sembra da escludersi la possibilità che Berlusconi possa chiedere il patteggiamento.
Infine, una volta che l’immediato è stato disposto dal giudice, il processo si svolgerà dinanzi al tribunale secondo le regole ordinarie di ogni processo…
2) Certamente la competenza del tribunale dei ministri (ricollegabile solo all’ipotesi in cui i reati risultassero commessi “nell’esercizio delle loro funzioni dal presidente del Consiglio”) potrebbe essere invocata o eccepita anche adesso dall’indagato.
Il tribunale dei ministri competente all’indagine, comunque, sarebbe quello composto da tre giudici del Distretto di Milano, ma prima occorrerebbe ottenere l’autorizzazione della Camera.
È bene ricordare anche che, al di fuori dell’ipotesi del tribunale dei ministri, la competenza è sicuramente della procura di Milano.
Infatti, in fase di indagine preliminare per la prostituzione minorile la competenza è della procura distrettuale (e Monza è nel Distretto di Milano). Dunque sbaglia chi sostiene che, essendo avvenuti i fatti ad Arcore la competenza sarebbe della procura di Monza.
Quella distrettuale è la procura di Milano.
3) Berlusconi non ha molte speranze con eccezioni di incompetenza ed è anche difficile che possa accampare un legittimo impedimento valido, visto che, da un lato, la Corte costituzionale ha spazzato via l’impedimento auto certificato e, dall’altro, la procura gli ha dato e gli darebbe ancora un ventaglio di date molto ampio per comparire.
Infine, il conflitto di attribuzioni dinanzi alla Consulta: non sospende il processo in corso, anche immediato, che potrebbe andare avanti comunque. Nel caso Abu Omar, il processo, sospeso per ragioni di opportunità , riprese perchè i ritardi della Corte costituzionale rendevano inopportuno prolungare la sospensione.
Certo che il tribunale, se decidesse di andare avanti, si fermerebbe prima della decisione finale in attesa del pronunciamento della Corta costituzionale.
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