Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
SMASCHERATO CHI STA DISTRUGGENDO FLI IN LIGURIA: NON NE AZZECCA UNA…ORA DIFFAMANO CHI SI INDIGNA PER CERTE FREQUENTAZIONI CON PLURI-INQUISITI ACCUSANDOLI DI ESSERE AL SERVIZIO DI AVVERSARI POLITICI, MA NON DICONO QUALI…NAN ANNUNCIA DI AVER AVUTA RINNOVATA LA FIDUCIA DA BOCCHINO, MA VIENE SMENTITO DA GRANATA: IL CASO LIGURIA SARA’ OGGETTO DI DECISIONI DA PARTE DELL’UFFICIO POLITICO, COME DA STATUTO
Oggi siamo buoni e abbiamo deciso di rendere noto un comunicato stampa fantasma (che
altrimenti non avrebbe letto nessuno) del coordinatore regionale di Fli, Enrico Nan, nota che ovviamente non è apparsa sulla stampa genovese poichè il mittente non lo considera nessuno.
Dato che noi invece amiamo anche la cronaca umoristica, abbiamo ritenuto giusto dargli lo spazio che merita.
Prima chicca del comunicato
“Per ascoltare Gianfranco Fini, presidente della Camera e leader del partito, in oltre 300 sono arrivati con ogni mezzo dalla Liguria a Mirabello”.
Non sappiamo se tra i mezzi utilizzati vi siano stati anche i barconi dei profughi di altri partiti, saltati sul carro di Fli per acchiappare una posto a poppa e non è neanche precisato da dove Nan sia partito, se da Savona o dopo aver fatto sosta in qualche albergo di lusso di Cannes, ma è certo che chi dovesse leggere il comunicato stampa (dieci persone) penserebbe a una moltitudine di liguri all’assalto dei tortelli alla zucca della festa di Fli.
In realtà gli accrediti, le fotografie, le informazioni raccolte in loco e in Liguria, con la nostra consueta precisione e relative testimonianze, dimostrano in modo incontrovertibile che non erano 300 i “militi noti” dell’esercito di Nan, come sostiene il comunicato tarocco, ma appena una misera trentina considerando pure tutte le province della Liguria (molti dirigenti con cariche interne e/o aspirazioni elettorali)
Il coordinatore regionale ha notoriamente un tal seguito nel savonese, dove opera e abita da una vita, che ha ovviamente coinvolto nel viaggio un gruppo numeroso e agguerrito: ben tre persone più una congiunta e la segretaria, totale cinque.
Ma forse nel comunicato , causa colpo di sole, è stato per errore aggiunto uno zero in più.
Seconda chicca del comunicato, dedicata ai 250 iscritti (il 70% del partito in provincia di Genova) che si sono dimessi e le cui dimissioni sono state bloccate a Roma
Costoro sarebbero stati “cacciati” non perchè avevano denunciato le frequentazioni con inquisiti del coordinatore regionale o per il fatto che la sede di Fli fosse stata gentilmente offerta da un pluri-indagato socio in affari di Nan, ma per presunta “manifesta incapacità ”.
Patetico: il giorno prima che qualcuno commissariasse Genova, questi “incapaci” avevano portato 120 persone alla presentazione de “il Futurista”, con ampio servizio sul Tg3 regionale e articoli sulla stampa locale.
In realtà cominciavano a dare fastidio perchè stavano facendo crescere Fli fuori dagli interessi di clan: qualcuno ha visto in pericolo la sua poltroncina tanto agognata.e ha tramato per farli fuori.
Terza chicca
Si legge nel comunicato: “Enrico Nan, coordinatore regionale, ha incontrato tutti i leader nazionali e in particolare Italo Bocchino e Gianfranco Fini, ricevendo una rinnovata fiducia”.
Ma quando mai.
Abbiamo sentito Fabio Granata che ha seccamente smentito questa palla mediatica: ogni decisione sulla Liguria è stata infatti rinviata all’ufficio politico di Fli.
E’ noto che è stato chiesto il commissariamento della Liguria da parte di alcuni deputati di Fli.
Quindi Nan avrà sognato i fantasmi, causa cattiva digestione dopo il colpo di sole che già gli aveva fatto decuplicare i desaparecidos liguri.
Quarta chicca
Si legge sempre nel comunicato: “Gli “infiltrados” evidentemente sono spinti dagli avversari politici”
Ovvero chi critica il regime militare dei golpisti è al servizio del nemico.
Grande scuola stalinista.
Bene Nan, coraggio, fai i nomi di chi sarebbero coloro che “spingerebbero” le persone oneste a denunciare cose politicamente incompatibili con il manifesto di Fli.
Fuori i nomi e le prove, oppure qualcuno è un diffamatore, oltre che un incapace politico.
In ogni caso continuate così, siete troppo divertenti: leggervi il mattino rende allegri per tutta la giornata.
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO I FISCHI DEL POPOLO DI MIRABELLO, PIOVONO MESSAGGI SUI SOCIAL NETWORK: “CI HAI DELUSO, DOVEVI LASCIARE LA CARICA A MONTECITORIO E DEDICARTI AL PARTITO”
Moriremo democristiani?
Si rispolvera Luigi Pintor per descrivere lo stato d’animo di buona parte della base di Futuro e Libertà .
Le mancate dimissioni di Gianfranco Fini hanno lasciato il segno.
Forse più del resto del suo discorso.
L’atto di coraggio richiesto da Fabio Granata e Angela Napoli non c’è stato.
E il malumore si sente.
Si è sentito anche dalla platea di Mirabello, anche se i fischi sono stati immediatamente subissati dagli applausi.
Ma i rumori se ne vanno e la delusione resta.
Per averne un’idea basta passare in rassegna il popolo del web che ha preso d’assedio facebook.
Si parte con il profilo di Fabio Granata, al quale giungono post come “Io democristiano non ci divento…”.
La voce telematica di Granata rimane muta.
Sempre su facebook Angela Napoli è silente dal 5 settembre.
C’è anche chi ha creato una pagina ad hoc per suscitare un confronto sull’argomento.
Alla voce “Gli assenti hanno sempre torto, anche a Mirabello” Mauro Martini scrive, anche se con finalità di critica verso chi non c’era, di come “ieri per la prima volta Fini ha concluso con la gente che gli voltava le spalle e se ne andava delusa dal mancato “annuncio” del Presidente”.
“E ora? Diteci cosa dobbiamo fare…” chiede un militante a Flavia Perina. Sulla bacheca dell’ex direttrice del Secolo d’Italia piovono le voci di chi accusa il leader di “giocare con gli ideali di giovani militanti” e di quelli che erano “pronti, davvero, tutti a commuoverci e a seguire il condottiero ovunque volesse… invece siamo rimasti lì, rassicurati a voce bassa che la strada è quella giusta, ma lasciati soli a proseguire ancora quella traversata del deserto”.
C’è chi invece sente il bisogno di “dirigenti nuovi” per la destra e sollecita “Perina, Granata e gli altri a parlare al cuore della gente di Destra”.
Tra i vari “Potevo stare con la mia famiglia” ed “è un fallimento”, qualcuno denota come “l’energia di un anno fa e le speranze di cambiamento” sono state “annacquate dai fatti.
Personalmente speravo in un impegno maggiore di Fini e non sentire solo le stesse cose di un anno fa”.
E avverte: “Le rivoluzioni “democristiane” non funzionano ed il calo delle percentuali nei sondaggi è chiaro”.
Anche sulla pagina del presidente fioccano gli interrogativi di chi “si aspettava un passo da statista e non da politico” e chiede di tornare “sul territorio spiegare le sue ragioni che francamente non le abbiamo capite”.
Se si passa poi alla “Festa Tricolore Futuro e Libertà ” si leggono, accanto ai complimenti a Enzo Raisi e agli organizzatori, i disagi di chi arriva a dar ragione alla stampa “nemica” (saremo sempre meno…Fini ieri mi ha deluso e il Giornale mi ha letto nel pensiero!… pfff poca gente rispetto allo scorso anno…stiamo perdendo colpi…e so anche il motivo…) e chi sembra non riconoscere più il carisma del leader: “Per me Mirabello non è stato Fini, per me Mirabello sono state quelle centinaia di persone che ho incontrato”.
Non mancano i pollici versi nemmeno nella bacheca di Raisi.
Più rammarico che rabbia: “peccato poteva essere una bella storia onorevole, ma così non è stata”.
Oppure: “se Fini dimostrasse lo stesso tuo entusiasmo avremmo un leader. Ma oggi Fini mi ha deluso. Mi aspettavo che suonasse la carica. Invece ci ha praticamente seppelliti nel terzo polo dei sepolcri imbiancati alla Casini e alla Rutelli abdicando al suo ruolo di condottiero del cambiamento per conservare l”insignificante scettro di Montecitorio”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
NON E’ ANCORA LEGGE LA QUARTA VERSIONE DELLA MANOVRA ACCHIAPPASOLDI E GIA’ IL GOVERNO LAVORA A UNA NUOVA STANGATA ENTRO OTTOBRE
Facce tirate, parole gravi, sguardi preoccupati. 
Tra il capo dello Stato e il governatore Mario Draghi non è stato certo un colloquio di piacere.
Sul piatto la necessità di ridare credibilità internazionale all’Italia anche attraverso misure diverse da quelle contenute nella manovra che sta per essere licenziata dalla Camera (con un’altra fiducia, la 50esima).
Napolitano ha invocato passi avanti nel segno della crescita, ma a Palazzo Chigi e a via XX settembre pensano a tutt’altro.
Lo sanno anche Silvio Berlusconi e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti che lo strappo che si è consumato venerdì alla Bce e le misere previsioni di crescita del Pil italiano non lasciano scampo.
E, infatti, il cantiere di una nuova manovra (la quarta da luglio), da 28/30 miliardi per rimettere in carreggiata i conti del 2011 e correggere il deficit nel 2012 è già stato aperto da giorni, anche se ufficialmente si nega l’esistenza di qualsiasi nuovo progetto di intervento sui conti pubblici “per non destabilizzare i mercati”.
Senza questi aggiustamenti il pareggio di bilancio nel 2013 diventa una pura dichiarazione d’intenti , destinata a infrangersi contro lo scoglio della stagnazione e l’alto costo del debito pubblico.
Nell’attesa di capire chi deciderà le prossime misure anti-crisi, dai cassetti dei tecnici del Tesoro sono rispuntate, come per incanto, nuove proposte di tagli e tasse.
Sarà una stangata pesante: nuovo ritocco all’Iva, beni dello Stato in vendita da subito e, soprattutto, addio per sempre alle pensioni di anzianità .
Si parla di un nuovo maxi-decreto, casomai in due tempi, ma comunque da mandare alle stampe entro la fine di ottobre.
Anche perchè i conti che il governo ha fatto per questa manovra non sono tornati.
È stata infatti prevista una crescita del Pil dell’1,1% nel 2011 e dell’1,4% nel 2012: numeri scritti sull’acqua perchè le stime più aggiornate parlano di una crescita dello 0,6-0,7% quest’anno e addirittura dello 0,5 l’anno prossimo.
In pratica, l’Italia si perderà per strada un punto e mezzo di Pil, peggiorando così il deficit e costringendo il governo a camminare in salita.
Tanto vale, dunque, incidere subito, anche perchè quasi 10 miliardi serviranno entro dicembre per raddrizzare i conti del 2011.
Altro che misure per la crescita, invocate da Napolitano.
In caso di vero tracollo, con le Borse sempre in subbuglio, il governo — sostengono informalmente alcuni tecnici del Tesoro — sarà costretto ad aumentare di un altro punto l’aliquota ordinaria dell’Iva dal 21 al 22 per cento (la soglia massima europea è del 23), ricavando così altri miliardi, ma la trovata dell’ultima ora è stata quella di intervenire anche sull’aliquota agevolata del 10 per cento (sui beni di prima necessità ) che può consentire di ricavare altri 2 miliardi, se l’aumento sarà di un punto.
Le accise su benzina, sigarette e altri beni di consumo sono un’altra scorta fiscale preziosa, in grado di garantire altri 1-2 miliardi l’anno anche con ritocchi di un punto percentuale.
Ma la batosta fiscale non si fermerà qui.
Si torna, infatti, a parlare di un contributo di solidarietà più consistente del 3% e della famigerata patrimoniale sui ricchi.
A questo punto, i tagli agli enti locali saranno confermati.
E quindi Regioni e Comuni scaricheranno sui cittadini i costi dei servizi sotto forma di addizionali locali Irpef e Irap, come del resto è loro consentito dal federalismo fiscale.
Un quadro a cui, però, manca ancora il tassello più importante: le pensioni.
Si favoleggia che Berlusconi sia pronto a incontrare il leader della Lega Umberto Bossi già nei prossimi giorni per convincerlo a mollare sulle pensioni di anzianità ; una vera sfida all’Ok Corral.
Perchè la stretta che hanno previsto gli uomini di Tremonti prevede due possibilità .
La più leggera (che troverebbe sponda anche in una parte della Lega) è quella di rispolverare l’ex “scalone Maroni” (62 anni d’età e 35 anni di contributi) nel 2012 per arrivare nel 2015 a “quota 100” (65 anni di età e 35 di contributi o meno di 65 anni con più contributi ).
In questo modo, sarà impossibile andare in pensione prima di 60 anni e, rispetto ai requisiti, bisognerà comunque calcolare un anno in più (18 mesi per gli autonomi) per effetto delle finestre scorrevoli. In caso di emergenza (ecco il piano B) gli interventi potrebbero essere più drastici; qualcuno, a via XX settembre, ha persino fatto balenare l’ipotesi del blocco totale delle uscite fino al pareggio di bilancio: una misura che riguarderebbe circa 250 mila lavoratori l’anno con un risparmio di 2,5 miliardi.
Alla fine del blocco, si andrebbe in pensione con i requisiti della “quota 100” in modo da scaglionare le uscite di coloro che sono rimasti al lavoro più a lungo.
In ultimo, i “gioielli di famiglia” i beni dello Stato messi in vendita; ce n’è per 400 miliardi, ma chi — oggi in Italia — è in grado di comprare subito?
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
SI FERMA LA COMMISSIONE BILANCIO: SI SPOSA LA FIGLIA DEL PRESIDENTE PDL…IL PREMIER INTANTO VA AL RICEVIMENTO DI NOZZE DI TITTI E RENATO BRUNETTA
“Iamme, iamme, ncoppa iamme ià ”. Tutti a Napoli e auguri agli sposi!
C’è la crisi, l’Italia rischia il default, i mercati sono in fibrillazione, la Germania ci deve salvare, ma i tedeschi sono pure un po’ incazzati per certe battute fuori luogo sulla loro Cancelliera e la Commissione Bilancio di Montecitorio si ferma.
A mezzogiorno preciso, col mondo che casca, i deputati hanno riposto faldoni e tabelle contabili, statistiche e grafici, proiezioni e dati sui conti correnti e hanno chiuso i battenti.
Si sospende l’esame dei provvedimenti. Arrivederci a oggi.
Panico tra ministri e sottosegretari.
Giustificazione da parte del capogruppo Pdl in Commissione: si sposa mia figlia e nessuno vuole rinunciare all’invito, ergo se non sospendiamo la seduta, la maggioranza non ha i numeri.
Alla faccia del Paese e dei suoi problemi: si sposa la figlia giovanissima di Gioacchino Alfano e si va tutti a Napoli a festeggiare.
Gioacchino, ex sindaco di Sant’Antonio Abate, ha fatto una rapida carriera politica e si appresta a scalare tutti i vertici del Pdl nella disastrata Campania di Nicola Cosentino.
L’onorevole lo ha capito quando il suo omonimo, l’altro Alfano, Angelino, ex Guardasigilli in nome e per conto del Cavaliere, è stato nominato segretario del Pdl.
“Se Angelino mi chiama non potrò dirgli di no”, disse con un sorriso sornione al Corriere del Mezzogiorno quando l’Alfano-bis scalò i vertici del Pdl.
I due sono amici per la pelle. “Ogni anno andiamo in pellegrinaggio e ripercorriamo i percorsi della Bibbia, del Vecchio Testamento. Siamo stati anche in Russia sulle tracce della Chiesa ortodossa”.
Chiesa, famiglia e partito.
Come ai vecchi tempi della Dc. Tutti a Napoli, allora, a festeggiare.
Il pranzo sarà luculliano, i vini ottimi, la Falanghina e i rossi vesuviani, il pesce rigorosamente del Golfo, e per finire babà e limoncelli di Sorrento.
Ospiti illustri Angelino Alfano, ovviamente, e Maurizio Lupi, vicepresidente dei deputati Pdl alla Camera, gli amici veri.
Feste, farina e forca.
Ma il recordman delle feste di matrimonio, è Renato Brunetta.
Il ministro della Funzione pubblica, nemico giurato di perditempo (i precari) e parassiti vari (impiegati pubblici e pensionati al minimo), si è sposato una volta sola con la sua Titti, ha festeggiato a Ravello, perla della Costiera amalfitana e non contento ha deciso di ri-festeggiare a Roma.
Bastava farsi un giro ieri in via Nazionale all’altezza del Palazzo delle Esposizioni e vedere uno spiegamento di forze di agenti, carabinieri, artificieri per “bonificare” gli ambienti e le sale dell’Open Colonna.
“Aspettiamo 300 invitati — ci racconta un addetto ai lavori — tutte personalità importanti, big del partito e ministri e forse anche lui. Il Cavaliere”.
Atteso fin dal pomeriggio, Silvio Berlusconi non poteva mancare questa volta. Già diede forfait a Ravello e Renatino Brunetta ci rimase male.
Anche Titti, per la verità .
Ma erano giorni complicati, con Tremonti che dava del cretino a Brunetta e i precari che minacciavano di assediare Ravello e di rovinare la festa.
Cose che a Berlusconi, fondatore del partito dell’amore, fanno venire l’orticaria.
Ma questa volta Silvio non è mancato.
Ha deluso i pm napoletani che volevano sentirlo per l’affaire Lavitola-Tarantini, martedì non ci sarà , non ha voluto fare altrettanto con l’amico Brunetta.
E allora, basta con la crisi e le toghe rosse.
Tutti alla festa.
Viva, viva gli sposi
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE DEL LAZIO E IL SINDACO DI VERONA “LICENZIANO” IL PREMIER, ALEMANNO LI SEGUE A RUOTA…NEL CENTRODESTRA SI ALLARGA LA FASCIA DEGLI SCONTENTI CHE ORA ESCONO ALLO SCOPERTO…PER ALFANO “E’ SCONFITTISMO, POSSONO ACCOMODARSI IN PANCHINA”
Silvio Berlusconi perde i pezzi. 
Oggi due nomi di peso della sua maggioranza lo invitano esplicitamente a farsi da parte: Renata Polverini, governatore della Regione Lazio eletta dal Pdl, e Flavio Tosi, sindaco di Verona con grande seguito nella base leghista.
Pochi giorni fa il medesimo invito era arrivato dal senatore Beppe Pisanu, uno dei fondatori di Forza Italia.
L’ultima puntata dello scandalo escort spinge in superficie il malcontento che cova nel centrodestra.
Anche se può contare su una maggioranza numerica in Parlamento, il premier “deve fare un passo indietro”, afferma Polverini in un’intervista al Messaggero.
Perchè “le vicende che hanno coinvolto Berlusconi nell’ultimo periodo ne hanno minato la credibilità e la reputazione”, continua, e questo si traduce “in un serio problema di credibilità per il Paese”.
Il governatore del Lazio rivela che all’interno del Pdl sono tanti a pensarla così, ma non hanno il coraggio di fare outing: “Ne parlano, è vero in segreto. Ma è diverso affermarlo alla luce del sole, dirlo in faccia”.
A dirglielo in faccia è il leghista Tosi, sulle pagine del Corriere della Sera: ”Un ciclo è concluso. La cosa migliore sarebbe che Berlusconi decidesse di farsi da parte. Ma non nel 2013: il prima possibile”.
Le colpe del premier, secondo Tosi, sono da ricercare in una “gestione della finanziaria piuttosto ondivaga” e nelle sconfitte rimediate ai referendum e a Milano”.
Per il sindaco di Verona, andare alle elezioni politiche oggi sarebbe “una cosa da pazzi”. Neppure un governo tecnico lo convince, dunque “ci vorrebbe una svolta dentro la stessa maggioranza”, che così facendo potrebbe conquistare “nuovi consensi”.
Ma una cosa è certa: non si può tirare a vivacchiare per un anno e mezzo”.
Da motore a zavorra: questa la parabola del Cavaliere secondo un numero sempre più consistente di rappresentanti del centrodestra.
In tarda mattinata arriva la replica del segretario del Pdl Angelino Alfano, ospite ad Atreju, la festa dei giovani del partito, che se la prende “il nichilismo e lo sconfittismo” di certi “scambi di interviste sui giornali” dove si fa “a gara a chi dà la martellata più forte”.
Chi non sta con Berlusconi è fuori, dice in sostanza: “Chi ci crede gioca la partita, chi non ci crede si metta a bordo campo e faccia giocare chi ha voglia di vincere”.
La “questione della premiership” è rimandata “a fine 2012, inizi 2013″, cioè alla fine naturale della legislatura.
Tutti i candidati di rango inferiore, invece, d’ora in poi dovranno sottoporsi alle primarie: ”Entro il mese di settembre — spiega Alfano — al tavolo delle regole affermeremo il principio che tutti i nostri candidati, a sindaco, a presidente provincia, devono avere l’indicazione popolare. L’idea e’ che si deve passare dal ‘calati dall’alto’ allo ‘spinti dal basso’, questo e’ il capovolgimento di prospettiva su cui lavoriamo”.
Ma a manovra economica allarga il campo degli scontenti del centrodestra.
E’ semplicemente “drammatica” per il sindaco di Roma Gianni Alemanno, Pdl, intervenuto ad Atreju insieme al collega milanese Giuliano Pisapia, di Sel (qui il video).
Senza giri di parole, Alemanno ha spiegato che se non verrà cambiata “il servizio di trasporto pubblico sparirà ”.
Poi il sindaco si getta nel dibattito innescato da Polverini e Tosi e aggiunge il suo benservito al Cavaliere: ”Penso che per il 2013 ci sia bisogno di fare le primarie, per individuare un nuovo candidato”, dice ai cronisti durante una visita al parco acquatico Zoomarine.
I toni sono quelli che si rivolgono a un capo che va in pensione: “L’importante è che vada avanti il Pdl e il suo progetto politico, ovviamente siamo tutti grati a Berlusconi per aver fondato il partito”.
Berlusconi va avanti per la sua strada, apparentemente impermeabile agli squilli di rivolta. Torna a parlare nel giorno del decimo anniversario degli attentati negli Stati Uniti contro le Torri gemelle e il Pentagono, in un audiomessaggio pubblicato sul sito dei Promotori della libertà .
Che si conclude con un accenno al caso escort.
E cioè, secondo il Cavaliere, alle “infinite falsità che vengono scritte in questi giorni, anche su di me come persona”. Ma il suo intervento parte dalla “crisi economica”, che “è stata insieme al terrorismo il dato preminente, saliente di questo decennio”.
Da qui la difesa d’ufficio della manovra approvata nei giorni scorsi al Senato, che definisce “la più equa possibile”. Il “necessario rigore” del provvedimento è stato chiesto “dall’Europa e dalla Bce” e “imposta in tempi molto stretti dai mercati”.
Sintesi finale: ”Abbiamo salvato i nostri conti, abbiamo salvato i risparmi dei cittadini italiani, abbiamo salvato l’Italia”.
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
I RISCHI DELL’INTERROGATORIO PRESSO I PM DI NAPOLI CHE IL PREMIER HA VOLUTO EVITARE…SE TARANTINI CAMBIASSE VERSIONE, PER BERLUSCONI SI PROFILEREBBE IL REATO DI FAVOREGGIAMENTO DELLA PROSTITUZIONE
È giudiziariamente stretto il crinale su cui si muove Berlusconi.
Un passo, una svista, un minimo errore e… oplà , dall’estorsione si precipita nella corruzione di un testimone. Il premier nelle vesti di chi dà i soldi al imprenditore barese Tarantini per garantirsi una versione favorevole sulla vicenda delle escort.
Estate 2008, notti calde a Roma e in Sardegna.
Una versione in cui risulti che solo lui, il medesimo Tarantini, pagava le donne, mentre il capo del governo non ci ha messo una lira.
Pensava, questo finora ha raccontato Tarantini ed è scritto nei verbali di Bari, che le ragazze erano «amiche sue» e non escort di professione.
Versione preziosa, un salvavita per il Cavaliere.
Se Tarantini cambiasse versione e dicesse che Berlusconi sapeva tutto e ha pagato, si aprirebbero subito due porte: quella dell’incriminazione per favoreggiamento della prostituzione e quella delle dimissioni da palazzo Chigi.
È con il fantasma del caso Mills, dell’avvocato londinese David Mills per cui il premier è accusato di corruzione, che il Cavaliere si sveglia e va a dormire in questi giorni.
E sta qui la ragione, tutta giudiziaria e non politica, che ha spinto i suoi consiglieri giuridici a metterlo in guardia e a guidarlo verso il rinvio dell’interrogatorio di martedì.
Nel quale, lui da solo di fronte ai pm senza i fidi Ghedini e Longo, sarebbe bastata mezza parola in più per precipitarsi in un nuovo caso Mills.
Dal quale, merita ricordarlo, il presidente del Consiglio non è ancora uscito.
Anzi, cerca viuzze legislative, tipo processo lungo, per bloccare una possibile condanna per corruzione.
La stessa subita da Mills, ben quattro anni e sei mesi.
S’innesta in questa paura – l’estorsione che può diventare corruzione – la decisione, pure questa “made in Ghedini”, di addossare alla procura di Napoli e di conseguenza denunciare la fuga di notizie sull’inchiesta Lavitola-Tarantini, attraverso un’interpellanza urgente firmata da Costa e Contento, ma anche dal vice capogruppo Pdl Baldelli.
Quindi espressione dei vertici Pdl a Montecitorio.
Attenzione, perchè lo snodo è delicato.
Dicono ottime fonti Pdl: «Berlusconi è vittima di un’estorsione, ma la procura fa uscire carte che lo presentano e lo sputtanano come colpevole».
Colpevole di che? Giust’appunto di una possibile corruzione.
Ecco i verbali della fedele segretaria Marinella Brambilla, interrogata senza avvocato e senza aver ottenuto copia del suo verbale, sui versamenti di denaro a Lavitola.
Tanti soldi, sempre cash, con un’evidente violazione delle regole sul contante.
Ecco interrogare Tarantini e farci cader dentro una risposta di un precedente interrogatorio dell’avvocato Perroni, dal quale risulta che Berlusconi gli ha imposto di difendere l’imprenditore barese che gli procurava le escort.
Stesso avvocato, stessa versione.
O comunque controllo sulla versione possibile.
Ecco la telefonata del 24 luglio con Lavitola, scoperta dall’Espresso, in cui gli si dice di non tornare in Italia.
Tutte carte che possono generare domande assai imbarazzanti per Berlusconi.
Del tipo. Perchè procurava e pagava un avvocato, il suo stesso avvocato, per Tarantini.
Era, o non era un modo per avere la certezza che il manager della sanità pugliese finito in carcere per un anno, non lo avrebbe mai tradito.
E ancora. Tanti, troppi soldi.
A quale scopo? Estorsione o corruzione?
Tutto propende per la seconda ipotesi, soprattutto a sentire quanto rivela Tarantini.
Quando, come se nulla fosse, nell’ultimo interrogatorio, rivela ai pm una frase del Cavaliere: «Io sono dispiaciuto, comprendo che la tua situazione è avvenuta per cause indirette, per cause mie, perchè sono coinvolto con te».
Proprio così, «coinvolto con te».
In che cosa gli avrebbero chiesto i pm.
E allora meglio rinviare.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
LA VICENDA CHE HA VISTO PROTAGONISTA IL VICEPRESIDENTE DI FLI NON E’ RIDUCIBILE SOLO A GOSSIP, MA RIPORTA ALL’IMMAGINE DEL POLITICO INCAPACE DI GESTIRE IL PROPRIO PRIVATO
Qualcuno dica al recidivo onorevole Bocchino che il mondo è pieno di donne: non sono tutte
ministri o “amiche dell’anima” del bunga premier, teoricamente suo avversario politico.
Sono frequentazioni nocive (anche per noi che dobbiamo sorbirci gli strascichi pseudo giudiziari).
Lo sputtanamento era, come si dice, in re ipsa.
Allora: all’inizio dell’estate Bocchino — che si è separato dalla moglie (la quale non ha gradito di essere pubblicamente cornificata con la ministra più bella del mondo) — incontra in un ristorante romano Sabina Began.
L’ape regina del circolo ellenico di Arcore ha un famoso tatuaggio: “S. B. la persona che mi ha cambiato la vita”. C’è anche la farfallina, marchio indelebile delle papi girl: impossibile confonderla con altre.
Ma Bocchino s’infatua e getta il testosterone oltre il pungiglione.
I due si frequentano, poi le foto escono sui settimanali.
E lì comincia una tiritera infinita di dichiarazioni e smentite, sputtanamenti reciproci, minacce. “Siamo solo amici, no lui mi ha chiesto un bacio, ma io non glielo ho dato, gli ho dato solo il cellulare.
“Eravamo a una cena con altre persone, è tutta una macchinazione”, “non è vero e siamo perfino andati a Ravello con la sua auto blu”: come direbbe Rino Gaetano, Nuntereggaepiù. Finchè lei non rivela gli sms “cuore di panna” ricevuti dal finiano: “All’improvviso mi aggredisci senza ragione. Io mi sono aperto con te, sto bene con te e mi piaci. Ma sono sensibile e quando mi tratti male soffro”.
Ma i particolari non finiscono lì: “Italo mi ha implorato. Tu che sei la regina, mi diceva, parla con Berlusconi. Penso che fosse disposto a lasciare Fini per tornare con il premier”.
La faccenda è diventata pubblica e Bocchino non l’ha presa bene.
Così la racconta Sabina: “’Quello s… di Berlusconi’, urlava Italo. Ma io ti mangio vivo se parli male del mio presidente”.
Perchè, spiega la signora, “Berlusconi è come uno sciamano, è un uomo spirituale e io gli devo tutto. È un santo” (per questo le ospiti delle cene eleganti si vestono da suore).
Diversa la versione di Bocchino: “La Began è una diffamatrice, ha detto cose incredibili di Berlusconi. Ma io non le rivelo perchè non ci credo”.
Querele, denunce, avvertimenti: il massimo sarebbe che Bocchino venisse denunciato per stalking, reato previsto da una legge voluta dalla Carfagna.
Il non molto onorevole di Fli si sfoga con un video-messaggio sulla sua pagina Facebook: “Da Lavitola all’ape regina, ecco la macchina del fango. La macchina del fango è sempre al lavoro, al posto di Lavitola viene utilizzata la cosiddetta ape regina, una persona che avrei fatto bene a non frequentare, sebbene questo sia accaduto attraverso amici comuni”.
La video-lagna non è piaciuta agli amici di Italo, questi i commenti più gentili su Facebook: “Fai pena”; “Ti accorgi adesso che era una trappola? Dovremmo mettere l’Italia in mano a questi abboccolani”; “Ti assicuro che non c’è stata nessuna operazione di distrazione di massa, agli italiani che non arrivano a fine mese delle tue modeste questioni private non gliene importa un fico secco”.
Ma non si può mettere del bromuro nei piatti del ristorante del Parlamento?
Oppure ritirare il cellulare ai politici? Non sono in grado di usarlo.
E sono talmente sciocchi da non aver intuito che alla gente non frega un tubo dei loro fatti e dei loro piselli: o si danno da fare per salvare il “Paese di merda” dalla catastrofe economica o i cittadini ricominceranno a tirare pomodori, uova marce e le poche monetine che sono rimaste loro.
Se gli va bene.
Silvia Truzzi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 12th, 2011 Riccardo Fucile
GENTILINI: “BASTA CON BERLUSCONI E LE PUTTANE”…IL VENETO NON E’ PIU’ INNAMORATO DEL SENATUR: GIA’ A SCHIO I LEGHISTI AVEVANO FATTO SELEZIONE ALL’INGRESSO PER EVITARE I FISCHI
Il Senatur annulla il comizio nella terra monocolore leghista.
Motivo ufficiale l’operazione al braccio, ma pesa il malcontento della base.
E l’ex sindaco, idolo locale invoca la rottura definitiva con il Cavaliere
“No, stasera niente Umberto Bossi… dopo l’intervento al braccio ha deciso di annullare tutti gli impegni. Avremo però il ministro Calderoli e domani, forse, il ministro Maroni… è un bel colpo lo stesso, no?” .
Sarà .
Eppure a Treviso — dove la Lega Nord comanda in Comune, in Provincia, in Regione — il forfait del “Senatùr” alla festa provinciale del partito che si chiude domani, al Prato della Fiera (o, come dicono i “padani”, al Prà dea Fiera, un tempo roccaforte comunista della città ), si sente, eccome.
È un fatto che stride e che preoccupa anche i più ottimisti e fedeli tra i militanti.
Non bastano le saporite grigliate padane, i sostanziosi risotti con i funghi e la salsiccia e le bellezze in fiore viste sfilare in passerella lo scorso giovedì a lenire il vuoto.
“Bossi non viene perchè, dopo l’intervento chirurgico al braccio, ha deciso di annullare tutti gli appuntamenti che aveva precedentemente preso”, spiega il segretario organizzativo provinciale della festa, Roberto Loschi, che sceglie con cura le parole da usare per tentare di sgombrare efficacemente il campo da sospetti e illazioni.
Secondo fonti ufficiali, Bossi, operato a fine agosto in una clinica svizzera, avrebbe deciso di disdire l’impegno anche a Vigevano, a Cantù, in provincia di Como e a Torino.
Non si tratta di essere maligni se si rammenta con puntualità che, specialmente dall’estate scorsa, il Veneto pare non essere più molto “innamorato” del “suo” Bossi.
Non era mai successo prima che il Capo lasciasse in fretta in furia, di notte, l’albergo di Calalzo, nelle montagne del Cadore, dopo le accese proteste di diversi amministratori leghisti locali e dopo che la “base”, allarmata per il clima divenuto ormai “rovente”, aveva cancellato il suo comizio.
“E’ scappato come un ladro”, aveva commentato il giorno dopo il suo amico Gino Mondin, proprietario del Ferrovia — l’albergo dove ogni anno, ad agosto, Bossi va per festeggiare il compleanno di Giulio Tremonti — , rimasto letteralmente di stucco per la frettolosa dipartita dell’illustre ospite.
Non era nemmeno mai successo prima che la Lega Nord organizzasse un comizio con tanto di selezione “alla porta” (come al Billionaire…): è invece accaduto a Schio, ancora quest’estate, ancora nel timore di essere travolti da fischi e polemiche.
Sembrano proprio appartenere a un’altra era le sue festose “arringhe” venete di dieci, quindici anni fa.
Allora, rustico Masaniello del nord era venerato dagli uomini (e dalle donne) del Carroccio che lo portavano in trionfo tra piazze, zone industriali, tendoni allestiti alla bell’e meglio tra capannoni e campi coltivate a soia.
Allora il pubblico si spellava le mani a forza di applaudirlo e perdeva la voce a causa dei toni decisamente robusti con cui rispondeva alle sue promesse.
“Certo, rispetto alle precedenti edizioni della festa, questa (la settima, ndr) è contraddistinta da un malumore diffuso tra i militanti e i simpatizzanti. L’oggetto, però, non è Bossi, non è la Lega, ma sono le incertezze economiche, sono i loro portafogli che diventano sempre più vuoti”.
Loschi, il segretario organizzativo, cerca di gettare acqua sul fuoco: ma le fiamme, ormai, sono davvero troppo alte per essere spente con così poco. “ La gente non è delusa ma si aspetta dei cambiamenti forti. Nell’attesa di questi cambiamenti, è molto impaziente. Vuole vedere i risultati. D’altronde è una caratteristica di noi veneti: siamo il popolo del fare, non delle parole”.
E quando gli si obietta che la Lega, a partire da Bossi, ha invece preferito parlare anzichè fare, fa capire che la Lega fa quel che può all’interno del governo e che il potere dei suoi rappresentanti, è limitato.
Ma non tutti i militanti la pensano tutti come lui.
“Non riusciamo a capire come si stanno muovendo i nostri vertici”, afferma preoccupato Moreno Vanzin, uno degli addetti alla cucina.
“Dopo questa manovra sarà difficile andare avanti, soprattutto qui al Nord. È per questo che la base è spaesata e in difficoltà ”.
“Bossi? Dovrebbe farsi da parte — è l’amareggiato commento di Attilio Sultato — è il capo e lo sarà sempre, ma adesso ci vogliono idee nuove, giovani, come Tosi”.
Leghisti che, lo si è visto bene mercoledì scorso, sembrano non credere più molto alle promesse dei big, ne spuntano un po’ ovunque in terra trevigiana.
I vertici sono sentiti ormai come degli alieni in un territorio e da quella base che stava al centro del discorso politico della Lega.
C’è bisogno di chiarezza, di concretezza: per questo lo slogan urlato a gran voce dai militanti all’indirizzo dell’ottantaduenne pro-sindaco sceriffo del capoluogo, Giancarlo Gentilini (“Ricandidati”) è un segnale chiarissimo che chi sta in alto non dovrebbe più sottovalutare.
E “Genty”, lui sì, ancora una volta non li delude: “Questo matrimonio politico doveva essere un divorzio immediato — tuona — sono tre anni persi a fare da zerbini a Berlusconi e andare dietro alle puttane. I leghisti non ne possono più, è tempo che qualcosa cambi, o il nostro movimento è pronto a sfaldarsi”.
Quanto ai due leader maximi, “Bossi e Maroni,dovrebbero cospargersi il capo di cenere”.
Monica Zornetta
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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