Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
COLTI IN FLAGRANZA DI REATO MENTRE TENTAVANO DI ABBORDARE TRE SQUILLO, SI DIFENDONO IN TRIBUNALE CITANDO IL PREMIER: ASSOLTI
A volte basta il nome del Presidente del Consiglio per scongiurare il carcere.
Così è accaduto ai tre turisti italiani di Ancona colti in flagranza di reato dalla polizia di Spalato, in Croazia, mentre tentavano di abbordare tre prostitute romene.
Un caso di ordinaria giustizia se non fosse per l’arringa difensiva: i tre accusati avrebbero infatti dichiarato: ”E che abbiamo fatto? Che problema c’è? È quello che fa il nostro Presidente del Consiglio”.
”Il nostro esempio – hanno precisato i tre – è Silvio Berlusconi”.
La notizia ha fatto il giro del web ed è stata ripresa dal quotidiano croato Croatiantimes e dal romeno ”Romaniantimes.at”.
I tre italiani, in tribunale, si sono difesi affermando che non intendevano approfittare della situazione: non avevano avuto rapporti sessuali e il loro avvicinamento alla prostitute era un tentativo per aiutarle e portarle via dalla strada.
Le ragazze erano infatti in ostaggio dello sfruttatore che brutalmente le teneva sotto chiave e che aveva sequestrato i loro passaporti.
Spinti quindi dal loro buon cuore volevano salvarle.
Citare l’esempio di Silvio Berlusconi ha portato bene ai tre turisti.
Il giudice convinto delle buone intenzioni dei tre italiani ha deciso di stravolgere radicalmente la loro posizione giuridica: da imputati, i tre italiani sono diventati testi chiave per catturare e arrestare il protettore delle tre prostitute.
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA ATTACCA A TUTTO CAMPO IL PARTITO DI BERLUSCONI, COSTRETTO A “TACERE” SULLE “PAROLE INTOLLERABILI DELLA LEGA” E A INGOIARE “BOCCONI AMARI”
“Non passerà molto tempo prima che si torni alle urne”: è il pronostico del presidente della
Camera Gianfranco Fini, che durante un convegno di Fli ad Agrigento è tornato a criticare pesantemente Silvio Berlusconi e il suo governo.
Che in questo momento è “debole, soprattutto per quello che riguarda le questioni economiche” e “ha scarsa credibilità a livello internazionale”.
E le elezioni, secondo Fini, “non sono poi così lontane”.
Anche perchè, ha proseguito, “l’asse Berlusconi-Bossi non può rappresentare il centrodestra”. Anche se un passo indietro da parte del premier è, secondo la terza carica dello Stato, assai poco probabile: “Da più parti si è chiesto al presidente del Consiglio di prendere atto di questa situazione e di fare un passo indietro, ma il realismo impone di pensare che il premier non abbia intenzione di farlo”.
Il voto è vicino, ma le modalità vanno cambiate, c’è la necessità di modificare la legge elettorale, un cambiamento che il leader di Fli definisce “sacrosanto, perchè gli elettori hanno il diritto di scegliere chi li rappresenta”.
Un durissimo attacco arriva dall’ex alleato anche con riferimento ai rapporti con il Carroccio: “Le parole della Lega sono intollerabili ma il Pdl è costretto a tacere”.
Il governo, insomma, è sempre più soggiogato dalle posizioni del partito di Umberto Bossi, “con tutta una serie di conseguenze negative, soprattutto per il Meridione”.
Il segretario Angelino Alfano, ha continuato Fini, è “costretto ad ingoiare bocconi amari pur di mantenere la gestione del potere”.
E riferendosi al delfino del premier, si è domandato: “Alfano cosa aspetta a dire a Bossi che le sue parole sono intollerabili? So che non la pensa diversamente da me”.
E sulle accuse lanciate nei suoi confronti dal presidente del Consiglio, che gli ha imputato di essere stato la causa delle riforme promesse e poi mai realizzate, ha risposto: “Queste sono le amenità che si dicono quando non si hanno argomenti”.
L’ex alleato di Berlusconi, nel corso del convegno, ha anche gettato uno sguardo sul passato, e riguardo alla legge sull’immigrazione firmata proprio da lui e da Umberto Bossi ha dichiarato che tornando indietro rifarebbe la norma “con aggiustamenti e aggiornamenti” .
Una legge, insomma, improntata al “rispetto del principio dell’accoglienza, ma con rigore”.
Poi ha ammesso che la gestione del flusso degli immigrati è un problema che necessita dell’”intervento in prima linea dell’Unione europea, che deve scoprire di essere soggetto politico e non solo moneta”, altrimenti “non ci sarà nulla da fare per affrontare l’emergenza”.
Altro tema chiave è quello della giustizia: i magistrati, ha sottolineato Fini, “non sono un contropotere da abbattere” ma, anzi, “la magistratura andrebbe ringraziata per il lavoro che fa”.
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
COME NELLE DITTATURE SUDAMERICANE: OBBLIGO DI RETTIFICA ENTRO 48 ORE, NESSUNA POSSIBILITA’ DI REPLICA, MULTE SALATE… VA IN ONDA LA CENSURA SULLA STAMPA CON IL DECRETO ANTI-INTERCETTAZIONI
Il governo torna alla carica sul ddl intercettazioni, fortemente voluto dal premier Silvio Berlusconi.
Una questione su cui l’esecutivo è orientato a porre la fiducia, bloccando la via a ogni eventuale emendamento.
Ma il disegno di legge attualmente allo studio contiene ancora la norma cosiddetta “Ammazza blog”, una disposizione per cui, letteralmente, ogni gestore di “sito informatico” ha l’obbligo di rettificare ogni contenuto pubblicato sulla base di una semplice richiesta di soggetti che si ritengano lesi dal contenuto in questione.
Non c’è possibilità di replica, chi non rettifica paga fino a 12mila euro di multa.
Una misura che metterebbe in ginocchio la libertà di espressione sulla Rete, e anche le finanze di chi rifiutasse di rettificare, senza possibilità di opposizione, ciò ha ritenuto di pubblicare.
Senza contare l’accostamento di blog individuali a testate registrate, in un calderone di differenze sostanziali tra contenuti personali, opinioni ed editoria vera e propria.
Ai fini della pubblicazione della rettifica, non importa se il ricorso sia fondato: è sufficiente la richiesta perchè il blog, sito, giornale online o quale che sia il soggetto “pubblicante” sia obbligato a rettificare.
Ecco il testo: “Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.
Al di là delle diffamazioni e degli insulti, ogni contenuto sul web diventerebbe potenzialmente censurabile, con l’invio di una semplice mail.
E sul ddl intercettazioni, il governo ha particolarmente fretta: il documento potrebbe passare così com’è entro pochi giorni.
Un caso unico in Europa che, come in passato, sta già allarmando il popolo del web e mobilitando i cittadini in favore della difesa della libertà di informazione, come già accaduto ai tempi della contestata delibera AgCom.
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PREOCCUPATO PER IL DISCREDITO DEL NOSTRO PAESE ALL’ESTERO…L’INCOMUNICABILITA’ TRA IL PREMIER E IL MINISTRO DELL’ECONOMIA NON E’ PIU’ SOSTENIBILE: LA RESA DEI CONTI RISCHIA DI FAR PRECIPITARE L’ITALIA
Il presidente Napolitano segue ora per ora l’evolversi della crisi che è certo finanziaria e
internazionale, ma che a Roma ha un’aggravante politica.
Apprensione che, raccontano, al Colle si è trasformata negli ultimi giorni in irritazione per quanto avvenuto in seno al governo.
Aver mandato Giulio Tremonti quasi allo sbaraglio a Washington, screditato da pesanti giudizi del premier («Immorale») non smentiti da Palazzo Chigi e infilzato da giudizi sprezzanti degli altri ministri dopo il voto sull’arresto di Milanese, il tutto mentre il ministro dell’Economia rappresentava il Paese al G20 e dinanzi ai vertici del Fmi, ecco, è stato uno spettacolo al quale al Quirinale avrebbero preferito non assistere.
Sul colle più alto – come avrebbe avuto modo di apprendere personalmente Gianni Letta – si sarebbero attese precisazioni ufficiali, smentite, magari un intervento del premier per arginare gli affondi dei ministri contro l’inquilino di via XX Settembre.
Quanto meno in questi giorni già abbastanza critici e delicati per l’Italia. Non è avvenuto nulla di tutto questo e non è stato un buon segnale.
Così, adesso tocca correre ai ripari.
Proprio facendosi interprete e ambasciatore delle aspettative e delle preoccupazioni del capo dello Stato, in queste ore il sottosegretario Letta si è mobilitato per riaprire un canale di dialogo con Tremonti.
Lo ha ripetuto al Cavaliere rientrato eccezionalmente a Roma e non ad Arcore dopo il breve soggiorno sardo a Villa Certosa.
Bisogna trovare il modo di riattivare le comunicazioni col ministro, meglio ancora un incontro, è stato il suggerimento del braccio destro.
Diplomazia al lavoro tra Chigi e via XX Settembre, dunque, con l’obiettivo di organizzare a breve un faccia a faccia chiarificatore tra Silvio e Giulio. Fino a ieri non tirava aria. Il premier tentenna riluttante.
Nonostante ci sia un decreto sviluppo da varare per il rilancio dell’economia e sarà difficile farlo in autonomia, senza un confronto col ministro responsabile.
Perchè Tremonti è certo sulla corda, ma è anche saldamente in carica e tutt’altro che intenzionato a farsi da parte.
Il clima nel governo resta assai teso. I ministri pidiellini non fanno mistero, nei colloqui privati, di essere pronti a non votare il decreto o altri provvedimenti economici eventualmente portati in Consiglio da Tremonti «a scatola chiusa».
Collegialità o il professore di Sondrio sarà messo «in minoranza» nel governo, è il messaggio-avvertimento che fanno filtrare all’esterno.
Musica per le orecchie di un Berlusconi che intanto fa sapere di essere rientrato anzitempo a Palazzo Chigi proprio per lavorare al decreto.
Ma anche per lanciare nel giro di pochi giorni un segnale rassicurante all’indirizzo di Confindustria.
Il Cavaliere ha mal tollerato gli affondi quasi quotidiani della Marcegaglia. Allo studio c’è proprio l’accoglimento di alcune delle proposte del “manifesto” che gli imprenditori si accingono a pubblicare per «salvare l’Italia».
Dismissioni, liberalizzazioni, opere pubbliche in cima alla ricetta della presidenza del Consiglio. Sarà sufficiente?
Giulio Tremonti, di rientro dalla missione Usa, si è ritirato a Pavia, oggi incontrerà Bossi. A Fiumicino, in attesa dell’imbarco per Milano, ieri lo hanno incrociato Francesco Rutelli e l’ad Enel Fulvio Conti.
Parlando poi coi suoi, il leader dell’Api ha confessato di essere rimasto «basito per il pessimismo cosmico, quasi disperato» del ministro dell’Economia.
A dispetto delle rassicurazioni pubbliche di sabato da Washington al termine del vertice Fmi, Tremonti si sarebbe lasciato andare a «giudizi catastrofici sulle prospettive europee, sulla crisi Usa, sul ruolo delle banche».
D’altronde, da oggi si riparte con le montagne russe, per borse e titoli italiani. Berlusconi lo sa, lo teme.
Sono gli unici contraccolpi che ritiene possano davvero impensierire il suo governo. Non certo le levate di scudi dei pidiellini irrequieti, da Alemanno a Formigoni, intenti a invocare già primarie e rinuncia del premier alla futura leadership.
Sarà pure vero, come diceva ieri mattina Gasparri ai vari Guido Crosetto, Enrico Costa, Fabrizio Cicchitto, Laura Ravetto a margine della manifestazione Pdl di Cuneo, che «a questo punto è assai probabile che si voti in primavera 2012», per schivare il referendum elettorale.
Ma è altrettanto vero, va ragionando un berlusconiano doc come Osvaldo Napoli, che se si vota tra sei mesi «l’unico leader per noi è Berlusconi».
E allora addio primarie e addio ricambio per il centrodestra.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
Il “PACCO SICUREZZA” DI MARONI SI E’ RIVELATO UNA PATACCA: IN DUE ANNI SONO AUMENTATI GLI SCIPPI E LE RAPINE… PER IL SINDACO NON SERVONO, PER LA POLIZIA SONO UN OSTACOLO: LA MICROCRIMINALITA’ VA COMBATTUTA CON GLI INVESTIGATORI
Per il sindaco, dati alla mano, la loro “presenza non è servita a nulla”, per i poliziotti e i carabinieri sono addirittura “un ostacolo”.
Svanito l’effetto mediatico, l’invio degli alpini a Genova per combattere la micro-criminalità si rivela un gigantesco flop.
La conferma indiscutibile arriva dai dati – che rivelano un inquietante aumento di scippi e rapine da strada – riconosciuti dallo stesso prefetto Francesco Musolino che ha più volte parlato di “vera emergenza per Genova”.
Nell’agosto del 2009, scortati dalle dichiarazioni del ministro Ignazio La Russa, gli alpini arrivavano a Genova per essere impiegati in ronde nel centro città affiancati da poliziotti e carabinieri.
Due anni dopo, le penne nere non fanno nemmeno più folklore.
“Nonostante li avessi accolti, ero scettica fin dall’inizio e oggi i fatti e i numeri mi danno ragione – accusa il sindaco Marta Vincenzi -. Per quanto riguarda l’efficacia, l’utilizzo degli alpini per quel genere di compito mi sembra sia diventato più un problema che una soluzione. L’incremento di reati del tipo che dovevano proprio contrastare, dimostra che a Genova gli alpini non sono serviti a nulla”.
Ma anche tra i compagni di ronda l’utilizzo degli alpini ha provocato molte perplessità : “Tutta la simpatia per i militari – sottolinea Roberto Traverso segretario provinciale del Silp – ma sono solo il volto dell’ennesima trovata mediatica di questo governo. Ai nostri colleghi creano solo intralcio. Primo non sono stati formati per questi compiti; secondo non sono ufficiali di polizia giudiziaria quindi non possono procedere a fermi o compilare determinati atti”.
A parlare, poi, direttamente con gli agenti e i carabinieri che lavorano abitualmente con gli alpini, si scopre che gli ordini sono quelli di evitare, prima di tutto, che le penne nere restino ferite durante l’attività di ronda, e poi nessun poliziotto affronta particolari rischi con compagni che non seguono le stesse procedure e che non conoscono minimamente il territorio.
“Vede – prosegue il sindaco Marta Vincenzi – mi sembra che gli alpini siano la miglior dimostrazione di come il governo sia incapace di rimodulare i propri strumenti a seconda delle situazioni. E’ chiaro che due anni fa la situazione genovese era migliore di adesso. Ed è evidente che l’arrivo di immigrati dalla Libia ha avuto un ruolo in questo peggioramento. Temo, però, che come il governo ha abbandonato gli enti locali nella gestione dell’accoglienza di queste persone, allo stesso modo non ha saputo o voluto supportare la prefettura, la questura e i comandi dell’Arma di fronte alla mutata geografia sociale della città “.
Roberto Traverso rilancia: “Abbiamo sentito che per combattere gli scippi vogliono distaccare altri 30 agenti nel Centro storico. Chiederemo al prefetto un incontro per dirgli che queste misure non servono a niente. Per ripulire il territorio ci vogliono più investigatori, non eserciti e soldati”.
Marco Preve
(da “La Repubblica”)
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
“LE PROVE CONTRO BERLUSCONI SONO GRAVI ANCHE SENZA LE INTERCETTAZIONI
Tra gli opinionisti ospiti dei talk-show obbligati, loro malgrado, a occuparsi di prostitute,
inchieste giudiziarie, latitanti e prosseneti, Paolo Mieli è uno dei pochi a dire cose che sono normali su qualunque pianeta, tranne che sul pianeta Italia.
Mieli, si sentiva un po’ un marziano lunedì sera a Porta Porta?
Vabbè: c’era anche Rosy Bindi. Io penso di comportarmi come una persona normale, che osserva senza pregiudizi.
Ha detto: “Lasciamo da parte le intercettazioni”.
Sì, perchè si può tranquillamente formulare un giudizio senza averle lette.
Spieghiamoci meglio.
Le racconto una storia, ambientata negli Stati Uniti. Il presidente Clinton, dopo il caso Lewinsky…
…perchè dopo?
Perchè già prima di Noemi e della D’Addario, al presidente Berlusconi venivano rimproverate le ragazze della Rai, quelle della telefonata a Saccà .
Allora, dopo il caso Lewinsky Clinton imbarca sull’Air Force One una trentina di ragazze, le porta nella sua residenza estiva dove organizza festini.
Poi Hillary chiede il divorzio, sostenendo che stanno ‘portando le vergini al drago’.
Ma lui continua a frequentare apertamente, tramite un commerciante di droghe, una tipo Divine Brown, la prostituta del caso Hugh Grant. Prima ancora va nel Bronx al compleanno di una ragazza che compie 18 anni, ma già prima di essere maggiorenne frequentava quei festini eleganti dove, secondo alcuni testimoni, si beveva abbondantemente del Sanbittèr.
Poi telefona per ottenere il rilascio di una ragazza imputata di furto, minorenne, con documenti non in regola.
Ma vi immaginate in che subbuglio, ben prima delle intercettazioni, sarebbero gli Stati Uniti? Sono veramente stupito che questo, in Italia, sia messo nel conto delle 100 mila intercettazioni.
Giuliano Ferrara le ha ricordato che anche Mitterrand e Kennedy erano dei, cito testuale, “puttanieri”.
Kennedy aveva delle amanti. Una di queste aveva dei contatti con un boss della mafia, è vero. Ma era sempre un’amante. Mitterrand ha avuto una figlia fuori del matrimonio: ma nulla di paragonabile a quello di cui stiamo parlando.
Se Clinton, che aveva delle inclinazioni a trascorrere serate allegre, dopo il caso Lewinsy non si fosse dato una calmata lo avrebbero cacciato a pedate dalla Casa Bianca. Come peraltro ai tempi si auguravano alcuni che oggi difendono strenuamente Berlusconi.
Come si può negare l’evidenza in modo così spudorato?
Si nega l’evidenza perchè è una cosa abnorme, clamorosa, mondiale. È quello che vede un cittadino normale, come sono io, senza pregiudizi nei confronti di Berlusconi.
Davvero senza pregiudizi?
Quando era direttore del Corriere della Sera, nel 2006 fece il famoso endorsement per Prodi. E fu oggetto di un “editto albanese” due anni dopo, quando il premier da Tirana disse che certi direttori — lei e Giulio Anselmi — dovevano essere cacciati.
Io penso di essere un elettore del centrosinistra dichiarato, che ha subito delle ritorsioni dopo la dichiarazione del 2006, ma questo non vuol dire che io abbia pregiudizi.
Perchè questi scandali non hanno portato alle dimissioni del premier?
Il presidente dispone ancora della maggioranza parlamentare. Ed è solo politico il modo in cui questa maggioranza può essere smontata. I numeri ci sono anche se, con Milanese, si è visto un comportamento clamoroso dei parlamentari leghisti, che a certi temi erano sempre stati molto sensibili. Ma quando è di loro convenienza sono meno sensibili.
Si fa un gran parlare di un Dino Grandi che porti l’Italia a un nuovo 25 luglio.
Grandi pensava di avere un ruolo nella stagione successiva a Mussolini. Ma non dimentichiamo che alcuni di quelli che avevano votato l’ordine del giorno Grandi furono fucilati dopo il processo di Verona, altri si diedero alla macchia. Alcuni sembrano quasi chiedere a Napolitano di essere lui il Dino Grandi. Ma è assurdo. Il Colle non ha nessuno strumento per fare più di quello che fa. La battaglia contro Berlusconi, che è più che legittima per le ragioni che ho descritto all’inizio, deve avvenire entro le regole parlamentari. Sono d’accordo con quello che ha scritto Sergio Romano sul Corriere: così come stanno le cose, con una maggioranza parlamentare ancora esistente, l’unica via è persuadere Berlusconi ad andare a elezioni anticipate, annunciando che non si ricandiderà .
Quindi ce lo teniamo?
È un inconveniente della democrazia. Non è una situazione che si possa superare con un gesto di volontà .
Lei è stato due volte direttore del Corriere: che effetto le fanno i colleghi che pur di difendere il premier mistificano la realtà ?
Non voglio dare giudizi sui singoli. Cerco di rispondere con degli argomenti. Cerco di vedere, l’ho fatto più volte con Vittorio Feltri, quando danno prove di coraggio.
No, m’interessano più gesti minimi nel centrodestra che magniloquenti dichiarazioni da parte degli storici avversari di Berlusconi.
La nostra immagine, basta leggere i titoli di giornali come l’Economist o il Financial Times (“Mentre Roma brucia, Berlusconi si trastulla”), è completamente compromessa.
Il premier pensa che sia un complotto dei giornali, lo diceva già nel 1994, ma non è così. Tutta la stampa, dai Paesi arabi alla Cina agli Stati Uniti, si limita a osservare quanto accade. Badi, non è nemmeno un problema di morale: non m’interessa e non è mio compito. Il guaio è che il governo è finito in un gorgo ed è troppo distratto. E stiamo attraversando la peggior crisi economica dei nostri tempi. Abbiamo un gruppo di autisti di un autobus, il Paese, lanciato a tutta velocità in cui a uno manca un braccio, all’altro una gamba e un altro è accecato.
L’anno scorso disse ad Annozero che la situazione era simile a quella prima di Tangentopoli, che “il tappo stava per saltare”. Lo pensa ancora?
Bè, il tappo è saltato.
Veramente pensavamo che l’espressione sta per saltare il tappo significasse la fine di un sistema.
Infatti sta finendo. Da questa tempesta economica, politica e morale, l’Italia uscirà radicalmente diversa da com’era un anno fa.
Tempi?
Rapidissimi: purtroppo sono dettati dalla crisi economica.
Silvia Truzzi
(da (”Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI PIACENZA SVELA IL GIALLO DEL FORFAIT ALL’ULTIMO MINUTO DEL PRIMO CITTADINO DI VERONA: “L’HO SENTITO AL TELEFONO, ERA MORTIFICATO, MA L’IMPUT GLI E’ VENUTO DA VIA BELLERIO E LUI SI E’ ADEGUATO”
Si è aperto un giallo Tosi al Festival del Diritto di Piacenza: “Non è venuto per il diktat dei vertici della Lega“.
Due giorni fa, ospite alla kermesse giuridica, sarebbe dovuto essere il sindaco di Verona, Flavio Tosi, appunto, che insieme ad alcuni suoi omologhi come Michele Emiliano (Bari) e Irene Priolo (Calderara di Reno) avrebbe dovuto partecipare al dibattito “Come i sindaci comunicano con i cittadini, moderato da Giuliano Giubilei.
Ma il leghista ha dato forfait.
“Mi ha telefonato questa mattina- spiega il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi, che con Tosi sembra essere in ottimi rapporti nonostante le divergenze politiche — e mi ha detto che era mortificato perchè era impossibilitato a venire”.
Il motivo è presto detto: “I vertici nazionali e regionali della Lega gli hanno dato indicazioni dicendogli di non venire e così hanno perso una, anzi due, opportunità di confronto”.
Basiti alcuni esponenti regionali della Lega venuti ad omaggiare il sindaco del nord.
Non è un mistero che lo stesso centrodestra non abbia mai amato il Festival del Diritto, quest’anno alla sua IV edizione.
E’ infatti di pochi giorni fa la polemica tra il presidente della Provincia, Massimo Trespidi, ed il sindaco Reggi sull’opportunità di ospitare ancora una volta a Piacenza la consolidata esperienza di forum e workshop a tema giuridico.
“Non porta nessun valore aggiunto a Piacenza, è inutile e di parte”, sosteneva Trespidi a proposito del Festival, nonostante un mese fa fu uno dei primi ad indignarsi quando il primo cittadino si oppose al passaggio del Giro di Padania dentro le mura di Piacenza, “quello forse- chiosa Reggi- non avrebbe portato valore aggiunto”.
Sta di fatto che, nonostante i diktat, leghisti e pidiellini non si sono certo nascosti in ultima fila nel partecipare a molti dei dibattiti in programma da ieri a domenica.
“Spiace per Tosi- precisa il sindaco di Piacenza- anche perchè la Lega ha perso l’opportunità di far vedere che ha un sindaco bravo che, in confronto, alcuni locali si dovrebbero vergognare”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
LA VEDOVA CHE A FINALE LIGURE VENDE I SACCHETTINI DI LANA SUL LUNGOMARE E LO SQUALLORE DI NICLA TARANTINI CHE ESIGE 20.000 EURO AL MESE PER “CAMPARE”
L’altro giorno passeggiando sul lungomare di Finale Ligure ho visto, seduta su una panchina, una vecchia che sferruzzava.
Non stava facendo un golfino per il nipotino, ma dei piccoli sacchetti in lana leggera da appendere al collo e dove infilare la patente, la carta di credito, le chiavi della macchina, quelle di casa, gli spiccioli e insomma tutte quelle cose che d’estate, in braghette e t-shirt, non sai dove mettere.
Li vendeva a pochi euro.
La vecchia signora non è una clochard. Vedova, con due figlie adulte, vive a Vercelli con una pensione modestissima e in tarda primavera, d’estate e nei primi mesi d’autunno, si sposta sulla Riviera per arrotondare le sue magre entrate.
Non però in luglio e agosto perchè in piena stagione il costo della stanza del modesto albergo dove alloggia (modesto ma decoroso, son andato a dare un’occhiata) le rimangerebbe tutto il magro guadagno.
Ho pensato a Nicla Tarantini, la moglie di Gianpi, quando dice, piangendo, ai pm di Napoli: “E adesso senza quei soldi che ci dava il presidente come faremo a campare?”.
Alla signora non passa nemmeno per la testa che si possa “campare” lavorando.
E al pm che le chiedeva come mai avendo ricevuto dal “Presidente”, oltre ai 20 mila euro sborsati mensilmente, un surplus di altri 20 mila per una vacanza a Cortina, abbia sentito il bisogno di bussare ulteriormente a quattrini da Berlusconi reclamandone ancora 5 mila, ha risposto: “Siccome era la prima vacanza che facevamo dopo tre anni, eravamo in quattro e volevo far fare una bella vacanza alle mie bambine”.
Penso a Nicla Tarantini e sento montare in me una collera pericolosa.
Vorrei prendere a sberle questa impunita, raccontarle della vecchia signora di Finale, ricordarle che 20 mila euro al netto sono lo stipendio annuale di un impiegato o che i suoi coetanei se la sfangano nei call center a mille euro.
Non è una questione personale, naturalmente.
Perchè la tipologia di Nicla e Gianpi Tarantini, gente che “campa” nel lusso senza aver mai battuto un chiodo, è vastissima.
Per capirlo basta entrare in uno dei tanti locali “trendy” di Milano frequentati dal demimonde dello spettacolo, da escort (ammesso che vi sia ancora una differenza) e da una fauna maschile indefinibile, uomini di quaranta e cinquant’anni che ricordano, nell’eleganza kitsch e nel gestire, certi magliari degli anni Cinquanta.
Dai tavoli senti discorsi di questo tipo: “Domani sono a New York, poi faccio un salto a Boston e prima di rientrare mi fermo una settimana in Thailandia”.
Se ti capita di parlare con uno di questi e, dopo un po’, gli chiedi che lavoro fa, le risposte sono vaghissime.
Non è un grande avvocato, non è un primario, non è un architetto di grido.
Si muove, vede gente. Ma che mestiere faccia non si sa, anche se intuisci che non deve essere molto diverso da quello degli infiniti Tarantini, Lavitola, Bisignani che popolano questo Paese.
Ma la questione è più ampia.
Da quando esiste la democrazia non ha fatto che allargare il divario fra ricchi e poveri.
Un contadino dell’ancien règime era più vicino al suo feudatario di quanto lo sia oggi il cittadino comune a un personaggio dello star-system.
Non solo in termini di ricchezza ma, paradossalmente, anche di status (in fondo feudatario e contadino, abitando sullo stesso pezzo di terra, facevano, almeno in una certa misura, vita comune).
Ancora negli anni Cinquanta un alto dirigente Fiat guadagnava 15 volte il suo operaio, oggi un grande manager 400 volte.
Un divario intollerabile, osceno.
C’è del marcio nel regno di Danimarca.
C’è del marcio nella democrazia.
Un sistema, come ho scritto brutalmente in Sudditi, “per metterlo nel culo alla gente, e soprattutto alla povera gente, col suo consenso”.
Massimo Fini
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
LA PARLAMENTARE ANTIMAFIA DI FLI CHIEDE AL MINISTRO DI INTERVENIRE CON URGENZA…”OCCORRE ROMPERE L’INDECOROSO MURO DI OMERTA’ CHE PERVADE LA POLITICA REGGINA”
Mai come ora Reggio Calabria è una città impaurita e sgomenta.
Nessuno ha o ha avuto il coraggio di avanzare neppure il più piccolo dubbio su quanto sta accadendo negli ultimi mesi (eppure chi conosce gli uffici giudiziari reggini sa che la frattura all’interno della Procura di Reggio è datata anni).
Nessuno tra i miserevoli politici locali ha alzato il dito neppure quando la possibilità di uscire allo scoperto e dire la propria è stata servita su un piatto d’argento con l’intervista di lunedì scorso di Calabria
Ora al timido e riservato ma sorprendentemente cazzuto Procuratore generale della Repubblica Salvatore Di Landro, che evidentemente non ce la faceva più di ingoiare una verità a senso unico.
Ed è proprio la sua Procura generale a essere stata immediatamente (e ad essere ancora) nel mirino della ‘ndrangheta: intorno ai suoi uffici nasce la strategia della tensione politico-mafioso-massonica (si ricordi l’attentato del 3 gennaio 2010) e lì si continueranno nelle prossime settimane e mesi a toccare i nervi scoperti di quella putrida matassa che governa Reggio.
I procedimenti si susseguono e alla sbarra ci sono rappresentate tutte le cosche.
E ora veniamo all’intervista che ho fatto in occasione della visita che Nitto Palma dovrebbe (e sottolineo dovrebbe) fare domani a Reggio.
Onorevole Napoli perchè ha rotto il muro di omertà e ipocrisia proprio ora?
Perchè l’interesse principale del ministero governato ora da Nitto Palma ma prima da Angelino Alfano è quello di indagare sulle Procure che toccano gli interessi del loro capo Silvio Berlusconi. Nulla invece fa il ministero nei confronti di quelle Procure in prima linea nella lotta alla mafia, come Reggio Calabria, dilaniata da una guerra tra bande.
Non mi dica che un politico di lungo corso come lei crede davvero a Babbo Natale e che dunque gli ispettori o la visita del ministro possano davvero risolvere qualcosa.
La visita di Nitto Palma, ammesso e non concesso che davvero domani 26 scenderà a Reggio, sarà solo una passerella mediatica. E’ in difficoltà . Prima doveva scendere, poi non più. Poi il 20, ora il 26. Mah! Credo che Nitto Palma non potrà prendere posizione perchè da una parte è guardato a vista dal segretario del Pdl ed ex ministro Angelino Alfano che ha necessità di salvaguardare Pignatone Giuseppe, dall’altra si sa che Palma è stato collega di Alberto Cisterna.
Già Cisterna il corrotto, amico della cricca di cui fanno parte anche Mollace e Macrì e chissà chi altro.
Non voglio entrare sui fatti attuali dei quali chiedo appunto che si faccia chiarezza ma va dato atto che questi magistrati fino a ieri hanno svolto un lavoro estremamente positivo nella lotta alla ‘ndrangheta.
Torniamo alle guerra tra bande. Fa venire i brividi se riferita a una Procura…
Ma è così. C’è una guerra tra bande che inficia la bontà di qualsiasi operazione antimafia. Una guerra tra bande all’interno dell’antimafia reggina nella quale rientra anche il rapporto tra le due Procure reggine.
In che senso.
Nel senso che dopo il primo attentato e poi il successivo sotto casa di Di Landro non mi pare che ci sia stata una chiara intesa e armonia tra i vertici delle due Procure.
E questo perchè, secondo la sua opinione?
Ma perchè sono abissalmente diverse le visioni della lotta alla ‘ndrangheta tra Pignatone e Di Landro.
E in tutto ‘sto bordello chi ne beneficia?
E secondo lei? La ‘ndrangheta. Quella delle cosche militari che non vengono colpite visto che l’attenzione è rivolta necessariamente solo ad alcune altre e quella della borghesia mafiosa, la zona grigia. Nella mia interpellanza l’ho scritto chiaro e tondo. Vanno bene i colpi alle ali militari ma i colpi alla zona grigia, ai colletti bianchi, alla borghesia mafiosa dove sono? E dire che le indagini ci sono, tutti a Reggio sanno che alcuni magistrati su questo stanno lavorando da tempo ma…
Ma…
Ma la politica e la classe dirigente dormono sogni tranquilli.
Ah che bello. Torniamo sulla guerra tra bande. Se c’è una guerra c’è un obiettivo: qual è secondo la sua opinione?
Lo scopo ultimo è legato solo ed esclusivamente all’acquisizione di poteri e cariche più prestigiose da parte di qualcuno (inutile cercare di farle dire chi, ndr).
Se c’è una guerra ci saranno anche vincitori e vinti
Chi uscirà sconfitta sarà la lotta alla mafia. Non solo. Ho l’impressione che sul campo potrebbero restare le vittime sbagliate.
Allora forse la visita del ministro può servire a rasserenare il clima.
Ormai è troppo tardi per mediare. Ci sono denunce reciproche, ci sono carte, ci sono inchieste, ci sono indagini…
Ci sono pentiti…
Ah i pentiti…
Ah i pentiti, appunto.
Bisognerebbe verificare l’attendibilità di questi pentiti. Se il fine ultimo della gestione dei pentiti è quella di aumentare i veleni stiamo freschi. Vuol dire che la Giustizia è davvero alla frutta. La gestione dei pentiti deve garantire un risultato con il riscontro inattaccabile di quel che dicono.
Ma c’è il nano ghiacciato, Lo Giudice, che parla, parla, parla…
Guardi, voglio essere chiarissima. Hanno fatto diventare Nino Lo Giudice boss di mafia ma era lo “zio nessuno”. Lo hanno fatto diventare collaboratore di giustizia dopo una settimana e questo fa capire tante cose (ma Napoli non vuole andare oltre ndr)
Fortuna che c’è la libera stampa calabrese…
Non mi faccia parlare.
No parli altrimenti che l’intervisto a fare?.
Calabria Ora contro Pignatone, Il Quotidiano della Calabria contro Cisterna e la Gazzetta del Sud che, come al solito, non interviene proprio.
argomento: Costume, criminalità, denuncia, Giustizia, governo, Politica, radici e valori | Commenta »