Ottobre 13th, 2011 Riccardo Fucile
L’INTERVISTA A LUCIANO SARDELLI, EX RESPONSABILE ED ESPONENTE DI “POPOLO E TERRITORIO”… “LA MAIL IN CUI HO AVVERTITO SILVIO CHE SAREBBE ANDATO SOTTO? DICIAMO CHE HO INTUITO E CHE QUALCOSA SO”
Luciano Mario Sardelli da San Vito dei Normanni, 56 anni, nel 2001 eletto per un conteggio errato delle schede, è un medico pediatra con la passione per la poesia. «Sì, io in realtà sono un poeta, e me ne vanto. Non a caso scrivo versi anche per Al Bano, il cantante».
«No, non sono un veggente…».
Però al premier, l’altro giorno, ha spedito una e-mail descrivendo i rischi che poi, martedì pomeriggio, si sono puntualmente concretizzati.
«Eh…».
Gli ha scritto: «Attento, presidente, il governo andrà sotto»
«Diciamo che ho intuito, e che qualcosa so. Anzi, facciamo così: ora le faccio pure qualche altra previsione. Ma lei non scriva tutto… se no, beh, mi mette nei guai».
Cos’altro sa, onorevole Luciano Sardelli?
«Intanto so che se hanno intenzione di continuare a vivacchiare, magari il governo non cade nelle prossime ore, perchè magari un’altra fiducia riescono a strapparla, però frana sicuro la prossima settimana».
Prosegua.
«La maggioranza è ormai frantumata, spaesata, confusa… Arriva un pomeriggio che ti volti, e non li trovi. E ogni giorno può essere quello fatale: martedì, oppure mercoledì…».
Denis Verdini e Fabrizio Cicchitto sostengono però che è tutto abbastanza sotto controllo.
«Io penso che se uno fa il consigliere di mestiere, almeno con il capo dovrebbe essere sincero, e raccontargli la verità ».
A Berlusconi non raccontano la verità ?
«Non vorrei che, per rassicurarlo, gliela confondano».
Invece, com’è?
«Allora: Tremonti ha idee personali sull’economia e sta lì, isolato e guardato storto da tutti, specie da Crosetto. L’Europa ci osserva preoccupata e severa. Lupi polemizza appena può, Formigoni chiede addirittura le primarie. Bossi ricatta e vuole votare nel 2012 per fare un po’ di pulizia etnica nel suo partito. Intanto però Scajola e Pisanu…».
Cosa fanno?
«Ecco, questo sarebbe meglio non scriverlo…».
Coraggio.
«Scajola e Pisanu sono molto più forti di quanto non appaia. Scajola ha dietro una truppa notevole, Pisanu ha la benedizione della Chiesa. So che hanno già pronto un documento. Il loro piano è preciso: non vogliono un ribaltone del governo Berlusconi, anzi sperano che sia lui, il Cavaliere, a farsi da parte. L’ideale, m’hanno spiegato, è che facesse un passetto indietro indicando la soluzione…».
Quale?
«Un governo guidato da Gianni Letta».
Piuttosto informato, eh?
«Chiacchiero, ascolto, mi telefonano. Prima mi ha chiamato anche Casini».
Per dirle?
«Pier Ferdinando è preoccupato. Mi fa, esplicito: la situazione è drammatica e voi dovete cercare di convincere Berlusconi a mollare… provateci, tentate…».
E lei, che è uno dei più «responsabili»?
«Guardi, io penso che o Berlusconi si presenta in Aula e chiede la fiducia dettando un’agenda seria e credibile… oppure, come le dicevo, nel volgere di una settimana viene giù tutto».
Lei garantisce il suo voto di fiducia?
«Mah… Le chiedo, sono io il problema? Posso pure darglielo, questo benedetto voto, ma poi? La verità è che qui o Berlusconi capisce che deve sparigliare, dare un segno di vitalità , scrollandosi di dosso Bossi e i suoi mugugni e aprendo ai moderati, oppure qui non finisce come finì Bettino Craxi, a monetine lanciate e a insulti…».
E come finisce?
«Come sono finiti Hosni Mubarak in Egitto e Ben Ali in Tunisia».
Fabrizio Roncone
(da “Il Corriere della Sera“)
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Ottobre 13th, 2011 Riccardo Fucile
L’OPPOSIZIONE DISERTA, RADICALI IN AULA, VENTI MINUTI DI BANALITA’ PER DIRE QUELLO CHE GIA’ TUTTI GLI ITALIANI SANNO: RESTANO ATTACCATI ALLA POLTRONA….DOMANI UN VOTO SCONTATO
Venti minuti di intervento, undici applausi e lo sbadiglio di Umberto Bossi in diretta
televisiva mentre il premier parla alla Camera.
Più delle parole di Berlusconi sono le immagini a dare il senso della situazione della maggioranza. Il Cavaliere garantisce che “non esiste nessuna alternativa a questo governo” e al suo fianco il leader del Carroccio sbadiglia.
E nell’aula per metà vuota, con i parlamentari dell’opposizione che disertano l’emiciclo, si vedono quattro ministri seduti sui banchi dell’Italia dei Valori. Palma, Galan, Maroni e Calderoli. E’ dunque più il contorno a colpire.
Giulio Tremonti che spinge in aula Bossi dicendogli “muoviamoci altrimenti ci accusano di essere assenti”.
Domenico Scilipoti che entra correndo e Alessandra Mussolini che lo riprende: “Stai attento a te”.
E Daniela Santachè che non si vede ma, garantisce, è solo in ritardo.
La maggioranza doveva mostrarsi al completo, invece si contano oltre venti assenti.
Ma alle undici Berlusconi prende la parola, puntuale.
E già le prime parole confermano che Gianni Letta è riuscito a far desistere il premier dallo scontro: “Mi scuso per l’incidente parlamentare, la bocciatura del rendiconto è una anomalia da sanare”.
Il premier legge un testo scritto, senza sbavature.
E la mano di Letta si riconosce anche nel passaggio sul Quirinale. “La vigilanza istituzionale del Capo dello Stato è impeccabile”, scandisce il premier.
“Sorveglia sul regolare svolgimento delle istituzioni e stimola i soggetti della politica senza fare politica”.
Un tentativo di rispondere alle due comunicazioni che Giorgio Napolitano ha inviato al governo in meno di 24 ore. Ma il Colle aveva chiesto provvedimenti concreti.
E invece stamani, il Consiglio dei ministri convocato proprio per mettere mano al rendiconto economico e trovare una soluzione, ha rimandato tutto a dopo il voto di fiducia previsto per domani.
In pratica l’esecutivo ha deciso di incassare prima la fiducia e poi individuare una strategia.
La preoccupazione di non superare l’esame di Montecitorio è concreta.
Timore confermato anche dai toni pacati e distensivi usati dal premier.
A parte un attacco all’opposizione e una alla stampa (definita “patiboli di carta”).
“A chi ci chiede un passo indietro noi rispondiamo che mai come ora sentiamo al responsabilità di non accondiscendere a questa richiesta — ha detto Berlusconi — il nostro governo comunque andrà avanti senza farsi condizionare da nulla se non dal rispetto della Costituzione e degli impegni presi”.
“Questo governo non ha alternative credibili e le elezioni anticipate non sarebbero una soluzione ai problemi che abbiamo” oggi, ha proseguito Berlusconi, “il nostro primo dovere è di mettere l’Italia al riparo dalla crisi economica”.
“Le opposizioni — ha sottolineato — esercitano un legittimo diritto dovere di critica anche aspra ma sono frastagliate, anzi oggi addirittura sparite. Non hanno nè un esecutivo di ricambio nè un programma alternativo da sottoporre agli elettori. Io sono qui e con me una maggioranza politicamente coesa al di là degli incidenti d’aula”.
Nel suo intervento Berlusconi ha infatti definito lo scivolone della maggioranza sul rendiconto di bilancio “un incidente parlamentare di cui la maggioranza ha la responsabilità e di cui mi scuso”, un incidente che ha “determinato una situazione anomala che dobbiamo sanare con un voto di fiducia politica”.
Il governo, ha spiegato, “presenterà al Parlamento nuovo provvedimento di un solo articolo al quale aggiungerà tabelle e dati contabili” che sarà poi “sottoposto alla Corte dei Conti e presentato in Senato”.
“A questa soluzione non c’è alternativa” ha detto il premier.
Secondo Berlusconi parlare di “sfiducia” al governo per il voto negativo sul Rendiconto “è del tutto improprio perchè si tratta di un atto squisitamente contabile”.
Berlusconi ha poi affrontato il tema della crisi economica: “Sono qui per testimoniare che l’Italia ce la farà battendo la strategia del pessimismo” ha detto sottolineando che “la stabilità dell’euro è il pilastro della costruzione europea” ma che “la moneta unica ha un vizio d’origine perchè non esiste ancora una autorità europea che possa coordinare le politiche fiscali ed emettere bond. L’Europa deve fare un passo avanti decisivo nel coordinamento della politica fiscale”.
Il presidente del Consiglio ha assicurato che il “il decreto sviluppo sarà un mattone” importante per ricostruire la fiducia e che il governo “continuerà a lavorare nell’interesse delle famiglie e delle impresse anche se contro di noi è stata montata una campagna di inusitata violenza basata solo sull’antiberlusconismo”.
Poco altro.
Poco di nuovo oltre a quello già detto il 14 dicembre, impegni.
Ma la maggioranza ha applaudito. “Bel discorso, domani il governo ci sarà ancora”, ha garantito Bossi.
Dopo lo sbadiglio.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 13th, 2011 Riccardo Fucile
IL NOME DEL NUOVO PARTITO: “ITALIA PER SEMPRE”…IL TERZO POLO PRONTO A CREARE UN GRUPPO PER AGGREGARE I DELUSI DEL PDL CON CAPOGRUPPO VERSACE
La linea di resistenza Berlusconi l’ha illustrata ieri a Claudio Scajola ed è quello che si sono sentiti ripetere tutti coloro che gli hanno fatto visita nelle ultime ore: «Dobbiamo reggere fino a Natale, aiutatemi a resistere».
Il premier è infatti alla disperata ricerca di un periodo di tregua, indispensabile per invertire la rotta e provare a recuperare consensi.
Nessun Berlusconi-bis, nè rimpasti, nè l’annuncio di non ricandidarsi alle prossime elezioni: il premier ora pensa solo a galleggiare nella tempesta. «Se facessimo un passo indietro non ci fermeremmo più: sarebbe il segnale del “rompete le righe” e salterebbe tutto. Non mi si può chiedere questo»
E dunque avanti, nonostante la situazione comatosa della maggioranza, avanti fino a che sarà possibile.
Sperando di arrivare fino al 2013. «Al paese – dirà oggi il premier in aula – non servono avventure, ma un governo solido per affrontare la crisi e rilanciare lo sviluppo».
Ma se, nel frattempo, il caos del centrodestra dovesse precipitare in una crisi di governo, il premier si tiene pronto al peggio. Alle elezioni anticipate.
Ad Alessandra Ghisleri ha chiesto nei giorni scorsi di testare il gradimento di una lista che si chiamerà «Italia per sempre», un contenitore da affiancare al Pdl ma che potrebbe anche essere il nuovo nome del partito.
Già sono stati prenotati gli spazi pubblicitari per le affissioni, se dovesse saltare la legislatura.
E anche il discorso che il Cavaliere pronuncerà oggi sarà giocato all’attacco, quasi un intervento da campagna elettorale.
«Dopo Natale – ha spiegato il premier a un sottosegretario – ci potrà essere un tratto in pianura, un periodo di calma necessario per pianificare la comunicazione e riconquistare gli italiani. Adesso però dobbiamo resistere».
Per questo, dopo la fiducia prevista per domani, il premier ha dato ordine di approvare a tambur battente (con un’altra fiducia) la legge bavaglio sulle intercettazioni.
Una legge «necessaria», altrimenti «continueranno a uscire le mie telefonate sui giornali e saremo sempre costretti a difenderci».
Di fronte a un Berlusconi che intende barricarsi e «resistere», diventa quindi centrale l’atteggiamento del capo dello Stato.
Naturale che a palazzo Grazioli siano stati letti con molta attenzione i segnali che arrivavano ieri dal Colle.
Segnali rassicuranti, almeno stando a quanto raccontano gli uomini del premier: «A Napolitano non possiamo addebitare nulla, al contrario di Fini. Il comportamento del capo dello Stato è stato ineccepibile».
Nonostante il premier non si sia scomodato per riferire al presidente della Repubblica (circostanza che ha provocato una discreta irritazione al Quirinale, tanto che il comunicato ufficiale della mattina è stato diramato senza preavvertire palazzo Chigi), Napolitano ha spiegato a Gianfranco Fini e ad alcuni esponenti dell’opposizione che non avrebbe potuto comportarsi diversamente.
Il capo dello Stato – si sono sentiti dire – non può fare di più.
Non può sciogliere le Camere nè costringere il premier alle dimissioni.
L’unica arma che il presidente della Repubblica ha a disposizione è quella di costringere Berlusconi ad ammettere che la sua maggioranza ha subito «un vulnus».
E che la nuova legge sul rendiconto dello Stato, che ripartirà dal Senato, dovrà avere la precedenza su tutto il resto.
Tutto qui, a costo di deludere le opposizioni.
La partita si sposta di nuovo a Montecitorio, come il 14 dicembre.
Nessuno si aspetta sorprese dalla fiducia, anche se la Camera è ormai diventata “terra incognita” per il Cavaliere.
In particolare al premier è giunta voce di un progetto in avanzata fase di gestazione da parte di Fini, Casini e Rutelli, un’operazione che potrebbe causare qualche pericolosa defezione fin dal voto di domani.
L’idea è quella di dar vita a un nuovo gruppo parlamentare, denominato “Terzo polo”, con l’apporto di deputati presi in prestito da Udc e Fli. L’idea è costruire un’arca di Noè per accogliere i delusi di Berlusconi, scajoliani e cani sciolti, che non potrebbero però traslocare direttamente sotto le bandiere di Fini e Casini.
Il capogruppo sarà Santo Versace, appena uscito dal Pdl, mentre hanno già assicurato la loro adesione i liberaldemocratici Melchiorre e Tanoni, Giorgio La Malfa e Calogero Mannino.
Ma ci sarebbero avanzate trattative con tre deputati del Pdl, che già domani potrebbero annunciare il loro no alla fiducia.
Sarà come dar vita ai Responsabili… all’incontrario.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 13th, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER: “HO I NUMERI”… L’AMALGAMA A DESTRA GARANTITO DAI RESPONSABILI?
Silvio Berlusconi ieri non ha parlato. Conoscendolo è già una notizia. 
Silvio Berlusconi ieri non ha parlato, ma Montecitorio parla per lui, il Transatlantico è uno scrigno di sussurri, ipotesi surreali, paradossi di ingegneria istituzionale, scenari di governi e di crisi, immagini grottesche: è l’amalgama che non tiene.
A metà mattina Massimo D’Alema, sereno come mai è stato di questi tempi, allarga le braccia e azzarda un pronostico: “Non c’è molto da dire. Vivacchiano. Berlusconi farà finta di nulla, proverà a sopravvivere e sapete cosa accadrà ? Si andrà a votare a marzo”.
Silvio Berlusconi oggi non parla, e Montecitorio è un’amalgama impazzita, in cui ogni singola componente della maggioranza scricchiola, fibrilla, produce ipotesi fantasmagoriche come la nascita di un secondo gruppo responsabile di centrodestra intorno a Claudio Scajola, che permetta di recuperare la maggioranza nella strategica (anche ieri) conferenza dei capigruppo, e regali al suo leader un sospirato re-ingresso nel governo.
Questa notte Scajola ha condotto la trattativa più importante della sua vita e solo oggi capiremo se il prezzo era giusto.
Silvio Berlusconi non parla, ma fa filtrare virgolettati per i pastoni. “Venerdì incasseremo la fiducia”, “la maggioranza va avanti”, e “Lo vedete che Napolitano non si sta facendo influenzare?”.
Frasi che si declinano nel codice dei retroscenisti, ma che valgono come moneta falsa.
Questa mattina alla Camera capiremo se davvero Berlusconi crede al mantra che sta ripetendo ai suoi: “Se superiamo questo attacco riusciremo a riprenderci”.
Ma il punto è tutto lì, ci vuole “l’amalgama”.
L’amalgama fra le tribù leghiste, ormai più divise di quelle libiche, l’amalgama fra le tribù responsabili (un branco di predatori in cerca di poltrone), l’amalgama con Giulio Tremonti, che ormai è a tutti gli effetti un nemico.
L’ultima, e più difficile alchimia: quella con il Quirinale.
Berlusconi dice che Napolitano gli consentirà di rivotare il Rendiconto dello Stato, “in qualche modo”.
Nel Pd si sostiene il contrario, fino a ipotizzare una critica a Napolitano.
Amalgama. Composto di silicio e minerali costituito per unire, ma soprattutto per tappare buchi, falle, carie dentarie.
Alle due del pomeriggio, contornato da uno sciame di giornalisti come un apostolo, intento a declinare il suo verbo odontoiatricamente corretto, riappare l’uomo-simbolo della seconda repubblica e mezzo: Domenico Scilipoti.
Uno dei gialli dell’ultima Caporetto del governo è la sua assenza: “Non c’era perchè sta alzando il prezzo”, diceva qualcuno. “No, era in tribunale: condannato”, assicuravano gli innocentisti. Macchè, era a un congresso odontoiatrico, ha scritto un’agenzia.
E lui, ieri, con il sorriso sfavillante da re dei peones tranquillizzava tutti: “Il giorno del voto sono stato in tribunale fino all’ora di pranzo, poi sono dovuto correre da mia madre, novantenne, che si è sentita male”.
E poi: “L’odontoiatria c’entra. Stamattina non ero a Montecitorio perchè assistevo a un interessantissimo convegno sulle amalgama a base di mercurio…”.
Il capannello dei cronisti che lo insegue viene attraversato da un moto di ilarità .
Allora lui si pianta in mezzo al corridoio dei passi perduti, e paziente spiega: “Vi farà pure ridere. Ma milioni di italiani di hanno in bocca amalgama a base di mercurio che hanno conseguenze disastrose sul sistema immunitario, fino a produrre il Parkinson”.
Una giornalista si preoccupa: “Oddio, io ho una otturazione! La devo levare?”.
E dunque accade anche questo, a Montecitorio, che “Scili” si improvvisi guru paradentario. “Non lo faccia! Se l’otturazione è piccola, il rischio della rimozione è ancora più grande!”. Mentre lo ascolto penso che lo scilipotismo produca metafore epocali, e che il tappo di amalgama che compromette il dente è una icona perfetta di quello che ieri accadeva al centrodestra.
Sempre più cariato dalle sue divisioni interne, sempre più costretto a tamponare e ad erodere. Davanti ai cessi (un luogo strategico della Camera) un capannello post-democristiano affrontava il paradosso aperto dalla bocciatura.
Tiene banco Beppe Fioroni: “Berlusconi non può cavarsela con una fiducia. Deve anche approvare il bilancio che è stato bocciato. Non si può rivotare due volte un testo identico!”.
Davanti a lui Sergio D’Antoni assentiva con aria grave.
E Fioroni diceva quello che tutto il Pd oggi pensa: “Non vorrei fare una velata critica al capo dello Stato, ma i casi sono due. O il testo viene modificato, e il ragioniere capo dello Stato si deve dimettere… O non viene modificato, e allora il Colle o Fini devono bloccarlo”.
Dicono gli uomini di Berlusconi: “Anche stavolta dimostrerà di avere i numeri”.
E intanto si scopre che il discorso non pronunciato domenica dal segretario provinciale uscente della Lega di Varese, Stefano Candiani conteneva questo passaggio: “Noi non c’entriamo con questa Italia puttaniera”.
Tutto va bene, assicurano da Palazzo Grazioli.
Però persino Renato Farina dice alla Zanzara: ”Il vero Berlusconi è quello che di giorno fa le leggi vicine alla morale cattolica. La notte diventa fragile, intende il sesso come consumo. E’ inaccettabile”.
Forse ha ragione D’Alema, stavolta: questa fiducia è un tappo pieno di minerali venefici, una otturazione provvisoria, un’amalgama che non tiene.
Luca Telese blog
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Ottobre 13th, 2011 Riccardo Fucile
COMPRENSIVO DI SPOGLIATOI, MA SENZA ALCUNA AUTORIZZAZIONE… A DIRIGERE I LAVORI UN GEOMETRA ASSESSORE ALLE OPERE PUBBLICHE DEL COMUNE DI IMPERIA, PROPRIO COLUI A CUI AVREBBE DOVUTO CHIEDERE IL PERMESSO
Claudio Scajola è evidentemente un perseguitato.
Pensate: non solo i magistrati di Perugia, ma persino a casa sua lo beccano a costruire abusivamente, e gli tocca pagare la multa.
Con il piccolo dettaglio che a dirigere i lavori c’è il geometra Gianfranco Gaggero, assessore alle opere pubbliche del comune di Imperia. Ovvero, scrive Ferruccio Sansa sul Fatto, proprio colui al quale doveva chiedere il permesso:
Per Scajola, che nelle sua Imperia viene ancora chiamato “u ministr u”, è la terza volta che il cemento nasconde una rogna.
Certo, in passato gli è andata peggio: prima c’è stato l’appar tamento con vista sul Colosseo, che, secondo i pm, sarebbe stato pagato dall’imprenditore Diego Anemone con 80 assegni circolari da 12.500 euro.
Parliamo della famosa casa comprata, disse l’allo — ra ministro, “a sua insaputa”.
La Procura di Roma l’ha indagato per violazione della legge sul finanziamento illecito ai partiti.
Poi sulla testa dell’ex ministro è piovuta un’altra tegola che pochi ricordano: “u ministr u” è ancora indagato per associazione a delinquere insieme con l’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone (uno dei patrioti della cordata Alitalia).
Oggetto dell’inchiesta la costruzione del mega-porticciolo di Imperia, un’opera da 140 milioni di euro fortemente voluta da Scajola.
Insomma, da un politico scafato come l’ex ministro ci si sarebbe aspettato che si muovesse con i piedi di piombo.
E invece due anni fa ha deciso di realizzare nuove costruzioni nei terreni della sua villa da sogno: ecco allora il campetto per le partitelle con amici e parenti, poi gli spogliatoi, quindi muretti a secco e qualche sentiero.
Non un ecomostro, ma bisogna tener presente dove siamo: parliamo di una zona vincolata, uno degli angoli più belli del Ponente ligure.
E la villa di Scajola è una via di mezzo tra un’abitazione e un monumento: 29 stanze affacciate sul Golfo di Imperia, un complesso capace di ospitare nel 2002 il vertice tra gli allora ministri dell’Interno italiano e francese, Claudio Scajola e Nicolas Sarkozy. Un edificio tanto semplice quanto elegante, finito sulle pagine patinate dei magazine di mezza Italia, con le fotografie dell’allora ministro e della signora Maria Teresa Verda ritratti in mezzo ai saloni scintillanti, nel parco e in sella a moto d’epoca. Mentre i cronisti entusiasti scrivevano: “Più che il ministero dello Sviluppo economico avrebbero dovuto dargli quello dell’ambiente”.
Scajola disse: “Da casa nostra si cattura tutta Imperia”, una frase che a qualcuno parve quasi un’allusione allo strapotere dell’allora ministro sul Ponente ligure. Ma qualcosa lo stesso mancava a quel paradiso. Così Scajola ha deciso di aggiungere l’impianto sportivo privato.
La pratica alla fine è arrivata sui tavoli della Sovrintendenza e del Comune.
Così il 7 giugno la Sovrintendenza ha dichiarato la conformità delle opere, ma “u ministru” ha dovuto pagare 4.000 euro di sanzione (il massimo previsto).
Poi la parola è passata al Comune, che ha concesso il permesso dopo il pagamento di un’oblazione di 1.288 euro.
Giovanni De Cicco, l’ingegnere che ha presentato il progetto assicura: “Il progetto è compatibile con le norme, sennò non ci avrebbero dato il parere favorevole”.
Gaggero, vicesindaco e titolare dell’impresa che ha costruito, spiega: “È tutto secondo la legge. In quella zona il piano regolatore prevede che si possano costruire gli impianti che abbiamo real izzato ”.
Aggiunge: “Noi lavoriamo da quindici anni per Scajola e sappiamo che lui ci tiene a rispettare la legge. È stato lui a insistere per pagare il massimo delle sanzioni previste”.
Gaggero è uomo di fiducia di Scajola. Gli è vicino anche Paolo Strescino, il sindaco. Sindaci, vicesindaci, membri del cda di banche e autostrade, “u ministru” nel Ponente è ancora monarca assoluto, in barba agli scandali romani e alle inchieste .
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 13th, 2011 Riccardo Fucile
IL DISCORSO MAI LETTO DEL SEGR. PROV. USCENTE STEFANO CANDIANI, MARONIANO DOC, E’ STATO TAGLIATO PER TIMORE DI POLEMICHE… “ABBIAMO MANDATO PER ROMPERE IL SISTEMA, NON PER MANTENERLO”
“Non vogliamo tenere in piedi un’Italia cotta e decotta, corrotta e puttaniera che sfrutta il
lavoro dei padani! Noi non abbiamo nulla da spartire con questa gente e con questa idea di politica”. Eccolo qui il discorso che i delegati del congresso leghista di domenica a Varese non hanno potuto ascoltare.
Ed è un discorso pesante.
Perchè non avrebbe dovuto pronunciarlo un iscritto qualsiasi, ma il segretario provinciale uscente, Stefano Candiani.
E invece niente. Quelle parole che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere, non le ha ascoltate nessuno.
Perchè, per ordine di Umberto Bossi, il presidente dell’assemblea Andrea Gibelli, ha chiuso la porta al dibattito.
E al posto di Candiani (maroniano doc) è stato imposto — senza votare — il bossiano Maurilio Canton.
Così le parole del segretario uscente diventano il simbolo della spaccatura feroce che divide il Carroccio proprio nella terra che lo ha visto nascere.
Sui contenuti dell’intervento, il segretario uscente minimizza: “Nulla di devastante, solo espressioni di affetto. Non ci sono proclami rivoluzionari”.
In realtà , dalla lettera emergono con chiarezza le differenze di vedute tra maroniani e bossiani (ad esempio quando Candiani scrive: “Tre anni fa fui eletto segretario, quella volta, sì, per acclamazione…”).
E il mal di pancia della base leghista e di molti dirigenti viene fuori in diversi passaggi.
Scrive Candiani: “Noi abbiamo chiesto il mandato ai cittadini per cambiare il sistema, per romperlo e non per mantenerlo”.
L’insofferenza verso la situazione interna del partito è un ritornello che ricorre in diversi passaggi del discorso mai pronunciato: “È evidente a tutti che se oggi siamo a congresso con un unico candidato è solo per rispetto e fedeltà nei confronti di Umberto Bossi. Ma è anche evidente che questa non è una scelta che rispetta e compatta i militanti, cosa di cui ci sarebbe invece molto bisogno”.
La scelta di negare la parola a Candiani ha certamente contribuito ad alimentare quel sentimento di rancore covato dalla gran parte dei delegati del lungo l’arco di una mattinata estremamente tesa, sfociata poi nella più aspra manifestazione di dissenso mai partorita dal partito più bulgaro della Seconda Repubblica.
Contro un leader, Bossi, finora considerato intoccabile quantomeno nei suoi territori.
Il vecchio segretario è stato costretto a battere in ritirata apostrofando come “fascisti dell’Msi” i suoi compagni di partito che lo contestavano.
Ma soprattutto la novità sta nel fatto che i “dissidenti” non sono stati zittiti — come sarebbe accaduto fino a pochi mesi fa — dalla maggioranza dei delegati.
Anche se si è evitata la votazione, è parso evidente a tutti che il leader non rappresenta l’unità , e probabilmente nemmeno la maggioranza, del suo partito.
“Oltre a me — dice ancora Candiani — avrebbero voluto e dovuto parlare in molti, altrimenti che congresso è?”.
Ma oltre al contenuto dell’intervento, alla luce dei fatti è rimasto qualcosa di non detto?
“Certo sono mancate la voce e il voto della base, che deve sempre avere la possibilità di esprimersi”.
Nelle ore della rabbia sono stati in molti a esporsi con affermazioni fino ad oggi inimmaginabili da parte di un tesserato leghista.
Arriveranno altre prese di posizione da parte dei militanti? “Per quanto mi riguarda no, non vogliamo fare danno alla Lega, dobbiamo pensare a tenere unita la base”.
Unita sì, ma attorno a cosa?
Le parole di Candiani non sembrano essere molto rassicuranti per il neo segretario, il bossiano Maurilio Canton. A lui toccherà il difficile compito di gestire il partito nella terra di Bossi e Maroni, di Giorgetti e Reguzzoni, ma come farà a lavorare senza il sostegno della base?
“È una cosa impossibile da immaginare — dice Candiani -. Se non c’è la base non c’è il segretario, se vorrà guidare il partito in provincia di Varese Canton dovrà guadagnarsi il rispetto dei militanti”.
E a giudicare dalle prime reazioni e dopo lo striscione “Canton segretario di nessuno”, per lui la strada sembra decisamente in salita. Ma per Bossi, d’ora in poi, lo sarà ancora di più.
Intanto i vertici del partito si sono dati appuntamento in via Bellerio da dove non è arrivata — ufficialmente — alcuna reazione all’onda anomala del dissenso varesino.
Bossi, Calderoli, il segretario della Lega lombarda Giorgetti, i capigruppo alla Camera e al Senato Reguzzoni e Bricolo, il presidente della Regione Piemonte Cota e il Trota, Renzo Bossi, si sono chiusi nella sede federale.
Bocche cucite, clima teso e facce scure.
Li ha raggiunti anche il ministro dell’economia Giulio Tremonti che si è intrattenuto con loro per un’ora.
Ufficialmente si è parlato delle misure da inserire nel decreto sviluppo, ma non è stato fornito alcun dettaglio sui contenuti della riunione.
Alessandro Madron
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 13th, 2011 Riccardo Fucile
LE BANCHE MANOVRANO LO SPREAD… BANKITALIA DENUNCIA LUCI E OMBRE SUI COSTI DEI CONTI
I mutui prendono il volo, nonostante i tassi di riferimento scendano.
In compenso i conti correnti sono meno cari: il costo medio annuale nel 2010, secondo le rilevazioni della Banca d’Italia, è di 110,2 euro, contro i 113,6 euro del 2009.
Ma i vantaggi riguardano soprattutto i conti di nuova apertura, che hanno un costo medio annuo di 67,7 euro: più il conto è vecchio, e più costa.
I dati sui conti correnti sono solo in parte confortanti per i consumatori anche per una serie di altre ragioni: infatti via Nazionale precisa che il costo medio è sceso anche perchè è calato il numero delle operazioni.
Inoltre, se per alcuni tipi di spese fisse si registra una diminuzione (la tenuta del dossier titoli, liquidazione interessi, invio di estratti conto e comunicazioni di trasparenza) per altre, forse di maggior peso, invece nel 2010 c’è stato un aumento.
In particolare, i canoni, gli oneri per i bonifici e le spese di scrittura.
In ogni caso rimangono più convenienti i conti correnti postali, il cui costo medio, nonostante un aumento di 3,4 euro maturato nel 2010, si attesta intorno ai 60 euro.
Se la valutazione dei costi dei conti correnti è controversa, quella sull’impennata dei costi dei mutui è decisamente sconcertante.
Con Euribor e Irs a bassi livelli, i mutui per acquistare casa stanno prendendo il volo. Da una rilevazione effettuata su MutuiOnline il 7 settembre di quest’anno e poi a distanza di un mese, ipotizzando un mutuo trentennale a tasso fisso di 150.000 euro, con Webank si è passati da una rata di 741 euro ad una di 872 euro.
Il mutuo di Banca Carige evidenzia un incremento della rata di 59,16 euro.
Cala, invece, il mutuo di IW Bank (-30,02 euro) che monetizza la stabilità dello spread e la flessione dell’Irs.
Ed è sufficiente leggere i nuovi fogli informativi delle banche per rilevare che, ad esempio, Unicredit ha portato lo spread massimo su molti prodotti al 3,5% e che Banca Popolare di Vicenza si è attestata sul 4,5%.
La cosa sembrerebbe inspiegabile, non è così.
I soldi che le banche prestano non sempre provengono dalla loro raccolta presso i risparmiatori, normalmente li “acquistano” a loro volta da altre banche.
Per questo servizio devono pagare uno spread che è anche collegato alla “affidabilità ” del compratore.
«In questi ultimi giorni — spiega Egidio Vacchini, amministratore delegato di Progetica — abbiamo saputo dei downgrade che le società di rating hanno assegnato all’Italia ed alle sue banche principali: sicuramente anche questo ha contribuito a far aumentare gli spread che le nostre banche pagano per approvvigionarsi. I tassi che poi praticano ai mutuatari possono dipendere da molti fattori: le politiche commerciali dei singoli istituti principalmente, ma anche dal fatto di aver disponibile denaro acquistato in momenti meno “agitati”».
«Nuovi aggiornamenti di condizioni e di spread sono previsti nelle prossime settimane — spiega Roberto Anedda, vicepresidente di MutuiOnline – i valori medi potrebbero salire ancora e portarsi stabilmente oltre il 2% per tutte le tipologie di prodotti.
Dietro ad aumenti così corposi si può anche leggere, a volte, la possibile intenzione del singolo istituto bancario di “restare alla finestra” e non spingere sui mutui in attesa di una situazione di mercato considerata più favorevole dalla banca stessa”.
Rosaria Amato e Rosa Serrano
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 13th, 2011 Riccardo Fucile
ARRIVANO DALL’INGHILTERRA NUOVE REGOLE PER EVITARE GLI SPRECHI… “OCCORRE PRECISARE CHE I PRODOTTI SONO COMMESTIBILI ANCHE DOPO IL GIORNO INDICATO”
La data è scaduta, ma la scatoletta di cibo è ancora in frigo: che fare? 
Mangiarlo lo stesso, magari dopo avergli dato una annusatina, oppure gettarlo nella spazzatura?
Questo dilemma, comune a milioni di famiglie nell’Occidente del consumismo, non si porrà più nel Regno Unito, dove il governo ha deciso di abolire l’avvertenza “sell by” (vendere entro – seguita da una data) che appare attualmente sulle confezioni di tutti i tipi di prodotti alimentari.
Il motivo è evitare o perlomeno limitare uno spreco colossale: gli esperti calcolano che 5 milioni di tonnellate di roba da mangiare, la cui data di vendita è scaduta ma che in realtà è ancora perfettamente commestibile, vengono buttate via ogni anno, per un valore di 12 miliardi di sterline (circa 14 miliardi di euro), soltanto in Gran Bretagna.
Lo sperpero così generato ha conseguenze sul budget delle famiglie, che spendono una media di 700 sterline l’anno (850 euro) per cibo che non viene utilizzato, e in senso più ampio sul bilancio della società : gli alimentari buttati via aumentano le dimensioni dei rifiuti da trasportare agli appositi depositi dell’immondizia ed eventualmente da eliminare, operazioni che costano denaro e causano inquinamento.
E disfarsi di prodotti ancora buoni, in un mondo incapace di sfamare tutta la sua popolazione, è un controsenso che mette sotto accusa l’intera catena alimentare.
Del problema si parla da tempo, del resto, non solo a Londra ma in tutta Europa e negli Stati Uniti: le iniziative per ridurre gli sprechi di cibo, facendo più attenzione su come, quanto e dove acquistarlo, si moltiplicano ovunque, Italia compresa.
«Vogliamo mettere fine alla confusione cui si trova davanti il consumatore, quando fa la spesa al supermercato o nei negozi», ha affermato il ministro dell’Ambiente britannico Caroline Spelman, commentando il provvedimento. In Inghilterra l’incertezza è aumentata dal fatto che molti prodotti hanno due o più date: una riguarda la scadenza del periodo in cui la merce può essere esposta e venduta, una indica entro quale data andrebbe consumata (“use by”) e un’altra ancora entro quale data il prodotto sarebbe nelle condizioni migliori, ottimali (“best by”).
D’ora in avanti l’etichetta avrà solo la dicitura “best by” per gli alimentari in scatola o sottovetro, per gli snacks, le marmellate, i biscotti e altri prodotti simili, informando dunque che entro una certa data il prodotto è al suo meglio, ma che si può mangiare anche dopo la scadenza; mentre avrà solo la dicitura “use by” (da consumare entro) per i cibi che è effettivamente nocivo mangiare dopo una certa data, come i formaggi soffici, la carne fresca, il pesce, le uova.
La nuova misura è stata varata dal Department for Food, Environment and Rural Affairs dopo consultazioni con produttori, catene di distribuzione e associazioni di consumatori. Vari attivisti contro gli sprechi si battevano da anni per cambiare il sistema di datazione delle scadenze, che fu introdotto nel 1980.
Enrico Franceschini
(da “La Repubblica”)
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