Ottobre 30th, 2011 Riccardo Fucile
SUI GIORNALI DIOCESANI L’ECO DELLA SVOLTA DI TODI…IL VESCOVO DI ASSISI:”LA GENTE E’ NAUSEATA DAL LOSCO INTRECCIO TRA FESTINI EQUIVOCI E AFFARI SPORCHI”
«Dopo Todi! Dopo Silvio!». «Cambiare il presidente del Consiglio». “Alle spalle la stagione di Berlusconi”.
Serve «un nuovo governo» e «un passo indietro» di «un premier che passa più ore ad organizzare divertimenti serali e sessuali che a governare». Commenti al veleno, analisi ed editoriali quasi tutti orientati a chiedere al presidente del Consiglio di gettare la spugna.
Ma anche nuovi richiami per il «degrado morale delle istituzioni socio-politiche».
Ecco gli umori che – all’indomani del seminario di Todi del 17 ottobre scorso – hanno preso a circolare nelle parrocchie e nelle diocesi tra i 190 settimanali diocesani (oltre un milione di copie distribuite) che, liberi dalle prudenze vaticane e delle gerarchie episcopali, danno una severa spallata al premier e invitano i laici cattolici ad essere più attivi sulla scena politica.
«La Chiesa ha il dovere di parlare senza calcoli e senza intenti politici», scrive, infatti, su La Voce di Assisi il vescovo Sergio Goretti.
«La gente – ricorda – ha capito ed è nauseata del losco intreccio tra immoralità , festini equivoci e spregiudicati affari» e si chiede se «è proprio proprio vero che quello che avviene tra le mura domestiche non ha effetti sociali… quando si è sporchi dentro le maschere sono destinate a crollare! L’Italia è malata», e per salvarla «c’è urgente bisogno di persone preparate e serie». «In questi giorni caldi, dopo gli incidenti di Roma e l’incontro di Todi, ci si chiede se i cattolici si indignano, se si sono indignati e se si indigneranno», si interroga Frontiera (Rieti) nell’editoriale «Ma i cattolici si indignano?».
Non meno tenero L’Avvenire di Calabria che sostiene l’inutilità di «andare avanti ad ogni costo dentro tali scenari», auspicando «un decisivo passo indietro» degli attuali governanti.
Amara l’analisi di Nuovo Cammino, diocesi sarda di Ales-Terralba, che si chiede “fino a quando sopporteremo Berlusconi e i suoi cortigiani” che «fingono che il premier sia vittima di una congiura mediatica, mentre invece è dedito alla beneficenza e all’assistenza delle fanciulle orfane e abbandonate… come è possibile continuare a conservare al governo un uomo che ha passato più ore ad organizzare i propri divertimenti serali e sessuali, mentre tanti cattolici continuano a sopportarlo pur avendo organizzato feste con ragazze vestite da suore erotiche, accompagnato a Roma Gheddafi che distribuiva il Corano, mentre i suoi alleati facevano battesimi padani?».
«Il paese ha bisogno di una nuova moralità » a partire dai politici, sentenzia La Vita del Popolo (Treviso); Vita Trentina nell’editoriale “Il dopo Todi, il dopo Silvio” traccia scenari futuri sui cattolici in politica in vista un governo senza Berlusconi, che viene bocciato anche da Gente Veneta nell’editoriale “Quando il leader perde il carisma”.
Il Nostro Tempo (Torino) nota con favore che a Todi i cattolici sono “tornati a parlare” tra di loro anche in vista di “un nuovo governo” orfano di Berlusconi; l’altro settimanale torinese, La Voce del Popolo, invita i cattolici ad assumersi responsabilità politiche perchè nel Paese «ci vuole aria pulita»; di «stagione con Berlusconi alle spalle» si legge anche su L’Unione Monregalese (Mondovì) e su Difesa del popolo (Padova) che nell’editoriale «Parole chiare per tutti» argomenta che «cambiare ora premier può essere un inizio, ma non basta certo a considerare risolta la pratica” del rinnovamento politico-morale.
Da qui l’invito ai cattolici a prendere posizione, scrive Il Popolo (Pordenone), per ridare vita ad una «buona politica per il bene comune».
Tema ripreso da La Vita Cattolica (Udine), che nell’editoriale «Cristiani è tempo di scendere in campo» parla anche di «coerenza tra fede e vita privata». «C’è un tempo per la responsabilità » scrive Risveglio Duemila (Ravenna-Cervia), che nota come «la gente è disorientata, mentre chi governa fa i propri interessi personali, senza seguire gli interessi generali, o dà sfogo alla propria insipienza e arroganza».
Il Corriere Apuano (Massa Carrara-Pontremoli) auspica «una nuova stagione di unità politica dei cattolici» perchè «viviamo un momento di estrema gravità , il degrado avanza, soprattutto morale” anche per “quei governanti che si dichiarano cattolici sempre pronti a difendere i valori non negoziabili: ma quali sarebbero a questo punto i valori negoziabili?».
«Il Paese ha bisogno dei cattolici, è questa la vera novità di Todi», sostiene Il Nuovo Amico (Pesaro-Fano), che fa risalire le cause della attuale «grave crisi non solo a problemi economici-finanziari, ma anche alla decadenza della classe dirigente e alla fragilità della presenza cattolica» nelle istituzioni.
Orazio La Rocca
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 30th, 2011 Riccardo Fucile
“COSI’ IL GRUPPO SEGRETO DI GIUDICI VOLEVA SCREDITARE I COLLEGHI”…GLI ATTI DELLA PRESUNTA ASSOCIAZIONE SEGRETA PER METTERE IN MOTO UNA MACCHINA DEL FANGO CONTRO LE TOGHE CHE INDAGAVANO SULLA P4
Esposti, interrogazioni parlamentari, ispezioni ministeriali con un obiettivo preciso:
«Provocare iniziative disciplinari tese alla delegittimazione dei magistrati e al loro allontanamento dagli uffici giudiziari di Potenza».
In cima alla lista c’era il pubblico ministero Henry John Woodcock, seguito dal gip Alberto Iannuzzi.
Ma l’attenzione si era concentrata anche su altri tre loro colleghi: Vincenzo Montemurro, Laura Triassi e Annagloria Piccininni.
Gli atti dell’inchiesta avviata dalla Procura di Catanzaro sulla presunta associazione segreta che sarebbe stata guidata dai sostituti procuratori generali Gaetano Bonomi e Modestino Roca e composta, secondo l’accusa, da carabinieri e finanzieri in servizio in Basilicata, svelano il meccanismo utilizzato per spiare e annientare le toghe ritenute «nemiche».
Associazione a delinquere finalizzata alla calunnia, corruzione in atti giudiziari, abuso d’ufficio e rivelazione di segreto sono i reati contestati a Bonomi che sarà interrogato mercoledì prossimo dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli.
Nel capo di imputazione sono elencate le contestazioni all’alto magistrato, sospettato di aver avviato e alimentato questa guerra interna ai palazzi giudiziari di Potenza.
In particolare gli viene contestato di aver «inciso sull’ordinario svolgimento delle attività investigative attraverso una serie di iniziative calunniose e diffamatorie nei confronti di magistrati autori di iniziative o decisioni non gradite» seguendo uno schema che aveva modalità perfettamente studiate: «Attraverso esposti anonimi ovvero la presentazione, da parte di esponenti politici coperti da immunità parlamentare, di atti di sindacato ispettivo; attraverso la raccolta di informazioni riservate sugli stessi magistrati nonchè su esponenti politici locali, al fine di condizionarne l’attività , da parte di ufficiali di polizia giudiziaria; attraverso il diretto condizionamento dell’attività investigativa in considerazione della appartenenza degli ufficiali di polizia giudiziaria al sodalizio e del conseguente sistematico sviamento funzionale dell’esercizio della loro funzione; attraverso la garanzia apprestata a soggetti legati da vincoli amicali di uno svolgimento parziale della funzione di pubblico ministero di udienza in grado di appello».
Per cercare di screditare Woodcock si sarebbero mossi su due fronti.
Il primo riguardava i suoi rapporti con Federica Sciarelli, conduttrice di «Chi l’ha visto».
Dopo aver fatto acquisire i tabulati telefonici dei due, il cancelliere Nicola Cervone, anche lui ora indagato, aveva preparato un esposto anonimo che dava conto dei contatti della giornalista con il magistrato, ma anche con Iannuzzi, entrambi accusati di averle passato notizie riservate.
Ma per Woodcock avevano «costruito» anche un’accusa ben più pesante, come è spiegato negli atti d’inchiesta: «Pur sapendoli innocenti, incolpavano l’ispettore Pasquale Di Tolla di aver fatto pervenire, previa intesa con il dottor Woodcock, atti relativi all’indagine che lo riguardava a tale Rocco Francesco Ferrara, attinto da ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Potenza, tra i quali brogliacci di alcune intercettazioni, attraverso la donna a lui sentimentalmente legata».
Una vera e propria macchinazione che mirava a distruggere carriere, visto che la Procura generale ha anche poteri disciplinari.
In realtà Bonomi mirava a trasferirsi proprio all’Ispettorato del ministero della Giustizia e per questo avrebbe cercato di accreditarsi con politici, imprenditori e anche con altri magistrati.
Tra le centinaia di conversazioni intercettate, ce ne sono alcune con l’amico Gianfranco Mantelli che di quell’ufficio in via Arenula è uno dei vicecapi.
E adesso è stato incaricato dal Guardasigilli Francesco Nitto Palma di svolgere l’ispezione a Napoli proprio su Woodcock e sugli altri pubblici ministeri titolari delle inchieste sui pagamenti effettuati dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi all’imprenditore Gianpaolo Tarantini e al faccendiere Valter Lavitola.
Uno dei capitoli dell’indagine di Catanzaro riguarda proprio il ruolo ispettivo di Bonomi e Roca che «con le loro iniziative disciplinari miravano all’allontanamento dei colleghi, ma anche alla loro intimidazione laddove non avessero seguito le indicazioni che trasparivano dalle richieste di informazioni che la Procura generale di Potenza avanzava nell’esercizio del suo potere di vigilanza, ma che evidenziavano il ben preciso intento di sanzionare i magistrati che ne erano destinatari qualora avessero insistito in attività investigative sgradite».
Una guerra tra toghe andata avanti per oltre tre anni.
Fiorenza Sarzanini –
(da “Il Corriere della Sera“)
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Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
A FIRENZE FINI PARLA DI “ESECUTIVO IRRESPONSABILE SUL LAVORO”, AUSPICA LA PATRIMONIALE, INVOCA IL CONFRONTO CON LE PARTI SOCIALI E LE CATEGORIE ECONOMICHE…”LA DESTRA NON DEVE RAPPRESENTARE I CLUB DEI MILIONARI, MA GARANTIRE GIUSTIZIA SOCIALE PER I CETI PIU’ DEBOLI”
Gianfranco Fini tira fendenti al governo, al Pdl e alla Lega.
Un discorso tutto politico, con toni da campagna elettorale, nel giorno in cui i riflettori mediatici sono puntati sulla convention dei “rottamatori” del Pd.
E in una fase nella quale le elezioni anticipate sono un’ipotesi concreta, dato lo scontento sempre meno sotterraneo che alberga nella compagine berlusconiana.
Il presidente della Camera, intervenuto a Firenze al congresso regionale di Fli, ha attaccato innanzitutto la “libertà di licenziare”, cioè un punto di forza delle ultime proposte anticrisi dell’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi.
“Se si tende soltanto a favorire la possibilità di licenziare, corriamo il rischio di veder moltiplicare il tasso di disoccupazione che da qualche anno a questa parte sta crescendo e che riguarda in particolare un’area del Paese”, ha affermato.
“Mi auguro che il governo non sia così irresponsabile da non confrontarsi con le parti sociali e con le categorie economiche, per tutelare non solo le imprese ma anche per farle crescere e competere”.
In caso contrario, “si rischia un autunno caldo che ci farebbe tornare indietro”.
Sempre in tema di economia, il presidente della Camera ha sostenuto l’ipotesi di un’imposta patrimoniale, in modo molto polemico verso il partito di cui è stato cofondatore, e contro lo stesso Berlusconi: “Nel Pdl non si rendono conto di quanto sia ingiusto dire che non si può mettere una tassa patrimoniale, facendo salva la prima casa, come continua a dire il presidente del Consiglio, perchè questo colpirebbe i loro elettori di riferimento”.
E ancora: “”Il Pdl non è un club di milionari”.
In un momento di crisi così grave, ha continuato Fini, l’Italia “merita di più delle divisioni tra gli amici di Berlusconi e chi lo vuole abbattere”.
Ce n’è anche per l’altro ex alleato, la Lega di Umberto Bossi, toccata nel vivo sull’”inganno” del federalismo.
“Bossi non può presentare l’utopia fallimentare del federalismo, che si è rivelato un clamoroso inganno”, ha attaccato Fini.
“Il suo federalismo ha fatto moltiplicare le tasse: oggi i cittadini e gli imprenditori pagano le tasse come mai le hanno pagate prima”.
Non è tutto: “Se la Lega rilancia la bandiera stinta della secessione è solo perchè non può presentare un bilancio positivo ai suoi elettori. Rispolverare la bandiera inesistente dell’identità padana altro non è che la manifestazione di un fallimento”.
La sintesi finale chiama in causa tutta la compagine di governo, e di nuovo l’ottimista a oltranza Berlusconi: ”Per mesi e mesi si è autocelebrato quotidianamente il rito dell’Italia che reggeva la crisi. Non era vero. L’Italia non è il paese dei balocchi. La crisi si è fronteggiata e si fronteggia tenendo i conti pubblici sotto controllo, cosa indispensabile, ma sarebbe stato meglio non aver negato per troppo tempo la necessità di farlo”.
Il nuovo corso di Fini tutto all’attacco su legalità e giustizia sociale, diritti civili e meritocrazia sta facendo salire ogni giorno i consensi di Futuro e Libertà nei sondaggi, a fronte di un Pdl dilaniato da lotte intestine e senza una linea politica che non sia quella di rappresentare una becerodestra che sta ridicolizzando il nostro Paese nel mondo.
Un’altra destra è possibile.
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Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
IL DEPUTATO “RESPONSABILE” CHE INSIEME A SCILIPOTI HA SALVATO IL GOVERNO BERLUSCONI UN ANNO FA E’ NELLA DELEGAZIONE CHE RAPPRESENTERA’ IL NOSTRO PAESE IN GIAPPONE… COLUI CHE PARLAVA DI DENTIERA E MUTUO DA PAGARE STA COLLEZIONANDO VIAGGI IN TUTTO IL MONDO
Chi rappresenta le istituzioni italiane all’estero? L’on. Antonio Razzi.
Il deputato di Popolo e territorio infatti — diventato “celebre” per l’uscita dall’Idv insieme a Domenico Scilipoti per votare la fiducia al governo Berlusconi il 14 dicembre 2010 — è stato inserito nella delegazione di parlamentari che, con seguito di traduttrici e impiegati della Camera, trascorreranno alcuni giorni in Giappone incontrando autorità istituzionali.
Quali siano gli obiettivi della delegazione dell’Unione interparlamentare, però non risulta dagli atti sul sito della prestigiosa istituzione.
Risulta invece una certa effervescenza diplomatica di Razzi che il 1 febbraio 2011 riceve a Montecitorio la delegazione del parlamento indiano, il 25 febbraio 2011 quella del Paraguay ed il 21 e 22 marzo 2011 quella della Corea oltre a essersi personalmente recato in missione a Panama dal 15 al 20 Aprile 2011.
Razzi risulta essere “revisore dei conti” dell’ufficio di Presidenza dell’Unione interparlamentare nonostante sia stato inserito nel gruppo di Presidenza dall’Idv, e quindi teoricamente decaduto poichè uscito dal partito in appoggio a Berlusconi.
Fino ad oggi Razzi ha collezionato viaggi in tutto il mondo.
Dal Qatar al Vietnam, dall’America Latina agli Stati Uniti.
Utilizzando le visite dell’Unione Interparlamentare, il deputato seguace di Scilipoti a volte si è infilato in sostituzione di rinunciatari, apparendo in foto, servizi giornalistici e resoconti.
Ma con quale ruolo e competenze effettive? Nessuno lo sa.
Sarebbe curioso sapere quali risultati sono stati conseguiti dal deputato e quanto è costata questa attività allo Stato.
C’è da notare che, in occasione di questi viaggi, oltre ai traduttori, vi prendono parte funzionari della Camera che, in veste di accompagnatori, hanno una disponibilità di denaro contante in loco per risolvere qualsiasi esigenza nasca all’onorevole in missione all’estero. Insomma, una bella spesa per le spremute tasche statali.
Cosa dirà in questi giorni Razzi ai suoi colleghi giapponesi: “Sayonara”?
E pensare che due settimane fa il deputato di Popolo e territorio ha mostrato di non avere particolare familiarità con la lingua italiana.
Ospite alla trasmissione radiofonica La Zanzara, Razzi, che nel curriculum vanata anche l’appartenenza alle commissioni “Cultura, scienze e istruzione” e “Politiche dell’Unione Europea”, è stato protagonista di una performance linguistica a dir poco audace.
Quindici minuti tra nonsense, legami fantasiosi, nomi e coniugazioni sbagliate.
Il suo maestro? “L’italiano me lo insegna Sgarbi”
Massimo Pillera
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
DALLE PROMESSE AI FATTI CHIEDE IL RESPONSABILE ECONOMICO DELLA GERMANIA: “SOLO COSI’ L’ITALIA CONVINCERA’ I MERCATI”
Durissimo monito-accusa della Germania all’Italia: Roma deve decidersi con la massima
urgenza a passare dalle promesse di risanamento e riforme ai fatti, perchè molto del destino dell’euro e dell’Unione europea dipende dal futuro italiano.
Lo dice il ministro delle Finanze federale Wolfgang Schaeuble, ex delfino del padre della riunificazione tedesca e dell’euro Helmut Kohl e numero due di fatto del governo, nell’intervista a Der Spiegel anticipata dall’edizione online dell’autorevole settimanale di Amburgo.
E’il secondo avvertimento di Berlino al governo Berlusconi in poche ore, dopo che venerdì la cancelliera Angela Merkel, per bocca del suo portavoce Steffen Seibert, aveva pubblicamente auspicato che l’esecutivo italiano segua l’opinione del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Affermazione seguita dalle note dichiarazioni del presidente del Consiglio contro l’euro, che evidentemente qui in Germania hanno esasperato pessimismo e allarme sulla sorte politica e di conti pubblici della terza economia dell’eurozona.
Al vertice di Bruxelles abbiamo fatto grandi passi avanti, ma molto resta ancora da fare, dice Schaeuble a Der Spiegel.
E continua: resta da fare molto lavoro, soprattutto da parte dell’Italia.
Perchè l’Italia ha annunciato dichiarato e promesso più volte e da tempo di essere disponibile a misure severe e riforme di fondo, e adesso queste promesse devono diventare fatti, nel modo più urgente.
“Annunciare e promettere sono gesti che non bastano da soli” nell’attuale situazione in cui versa l’Europa, ammonisce il ministro più importante nel gabinetto di Angela Merkel.
Non è finita: l’ex delfino di Kohl e attualmente uomo-chiave dell’Eurogruppo passa a elencare tutto quanto, secondo lui, il governo italiano deve fare con la massima urgenza.
L’Italia, dichiara a Der Spiegel, deve prima di tutto ridurre in modo veloce e significativo il suo debito pubblico e rafforzare gli stimoli alla crescita economica.
Poi ha bisogno di riforme strutturali sul mercato del lavoro e nei suoi sistemi di sicurezza sociale.
”L’Italia”, prosegue, “deve convincere i mercati di essere decisa e determinata a varare e a portare a termine tutte queste riforme strutturali”.
Il suo secondo monito, il ministro lo ha lanciato alle banche europee, chiamate a partecipare spendendo ben più di quanto abbiano fatto finora al salvataggio della Grecia, degli altri paesi in preda alla crisi del debito sovrano e dell’euro: attenzione, ha avvertito, “vie e scelte meno consensuali da parte dei poteri politici non sono escluse”.
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Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
LO STUDIO DELL’ASSOCIAZIONE ARTIGIANA HA CONTEGGIATO IL NUMERO DI LAVORATORI CHE DAL 2009 HANNO USUFRUITO DELLA CASSA INTEGRAZIONE, STRUMENTO CHE, CON LE NUOVE NORME, SAREBBE UTILIZZABILE SOLO DOPO AVER PERSO IL LAVORO
Se le nuove norme in materia di licenziamento — annunciate nella lettera che mercoledì
scorso Silvio Berlusconi ha portato a Bruxelles — fossero già state in vigore in questi anni di crisi economica, la disoccupazione sarebbe schizzata all’11%.
E’ il dato che viene fuori da una simulazione dalla Cgia (l’associazione degli artigiani) di Mestre.
Che proprio mentre già infiammano le polemiche nei confronti del Ministro del Welfare Maurizio Sacconi, fa sapere che la nuova disciplina, se applicata già dal 2009, avrebbe fatto schizzare in alto il dato dei senza lavoro, attualmente pari all’8,2%.
E avrebbe prodotto 738mila disoccupati in più rispetto a quelli attualmente censiti dall’Istat.
Il segretario dell’associazione della città veneta Giuseppe Bortolussi ha però chiarito che si tratta di “un puro esercizio teorico”, che come tale va interpretato.
Nella simulazione è stato calcolato il numero dei lavoratori dipendenti che tra l’inizio di gennaio del 2009 e il luglio di quest’anno si sono trovati in cassa integrazione a zero ore. Cioè i lavoratori che per ragioni economiche hanno utilizzato questo ammortizzatore sociale del quale, con il nuovo provvedimento, si potrà disporre probabilmente solo a licenziamento avvenuto.
Ma non si è tenuto conto, ha continuato Bertolussi, “di quanti lavoratori avrebbero potuto potenzialmente aver perso il posto di lavoro senza avvalersi di nessun ammortizzatore sociale”.
Bertolussi ricorda che accanto al provvedimento sui licenziamenti ci sono anche misure “per incentivare la trasformazione dei contratti di apprendistato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, per agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro delle donne e per utilizzare il credito di imposta per chi assume in aree svantaggiate”.
Tutti interventi, aggiunge, che “dovrebbero facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”.
Ma il problema dei licenziamenti resta: “Se questa crisi economica durerà ancora, c’è il forte pericolo che coloro che prima erano coperti da un ammortizzatore sociale, con questa misura non l’avranno più e ne potranno usufruire, eventualmente, solo dopo il licenziamento”.
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Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
“SIAMO STATE ABBANDONATE DALLA CAMUSSO”… LA PRODUZIONE DEL GRUPPO GOLDEN LADY TRASFERITA TOTALMENTE IN SERBIA…LA RICONVERSIONE DEL SITO PRODUTTIVO RESTA UN MIRAGGIO…COSI’ E’ SCOMPARSA UNA DELLE ULTIME GRANDI INDUSTRIE DELLA ROMAGNA
L’Omsa come la Vynils: cronaca di una morte annunciata.
A Faenza non ci sono segnali per la riconversione del sito produttivo. Non migliore è la situazione negli stabilimenti dell’industria chimica di Porto Torres e Marghera, che sono prossimi alla chiusura.
Se ne è parlato alla libreria Mody Dick di Faenza in un incontro organizzato dal “Gruppo dello zuccherificio per la legalità , la Costituzione e la libera informazione”. Invitati, a colloquio con una rappresentanza delle operaie dell’Omsa, Michele Azzu e Marco Nurra, autori del libro “Asinara revolution”
I due ventisettenni sardi e le operaie faentine si sono conosciuti in Piazza San Giovanni a Roma, lo scorso 10 settembre, in occasione di un tavolo sul lavoro organizzato dal blog dell’Isola.
C’erano Indignati, esponenti del Popolo viola e rappresentanti di tutte le principali vertenze lavorative italiane: Vinyls, Omsa Faenza, Tacconi, Agile-Eutelia, Basell, Fiat, Teleperformance, Aiazzone, Teatro Valle Occupato.
Sono 242 le operaie ancora in forza allo stabilimento produttivo della Golden Lady Spa, di cui il marchio Omsa fa parte.
Solo 30 di loro varcano i cancelli degli stabilimenti produttivi per 4 ore al giorno e intanto la sabbia nella clessidra della cassintegrazione continua a scorrere inesorabile. Restano solo 5 mesi al 14 marzo 2012, giorno in cui cesseranno gli ammortizzatori sociali. Intanto di soluzioni in vista neanche l’ombra.
Alla Vynils pare che un accordo sia stato trovato solo per i 35 operai della fabbrica ravennate, mentre ai colleghi di Porto Torres e Marghera (200 per stabilimento, più tutte le migliaia dell’indotto) non resta che la protesta a oltranza.
In Sardegna la forza è quella della disperazione di chi capisce che non ce la farà , nonostante un anno e mezzo di occupazione dell’Asinara, un paradiso della natura tutt’altro che ospitale.
A Marghera invece gli operai sono tornati sulla torcia dell’impianto, una torre alta 150 metri.
Il 25 maggio e il 25 luglio sono stati organizzati due tavoli ministeriali, il primo a Bologna, il secondo a Roma, per rilevare e riconvertire il sito produttivo dell’Omsa.
A maggio nella sede bolognese della Regione c’erano Gianpiero Castano del ministero dello Sviluppo economico, Giancarlo Muzzarelli assessore regionale alle attività produttive, Claudio Casadio presidente della Provincia di Ravenna, Giovanni Malpezzi sindaco di Faenza, Germano Savorani assessore al lavoro del Comune Manfredo e l’azienda Golden Lady rappresentata dal responsabile del personale Federico Destro.
In quella data è stato individuato l’advisor che si deve occupare di trovare investitori interessati all’acquisto dei due grandi capannoni di proprietà della Golden Lady. L’uomo designato per questo ruolo chiave è l’ingegnere Marco Sogaro, rappresentante della società torinese di consulenza fiscale Wollo Srl. Sogaro, raggiunto telefonicamente ha dichiarato di non poter fornire alcun dettaglio sulla vicenda Omsa, in quanto legato a “un patto di riservatezza” con la proprietà Grassi.
Ma da chi ottenere risposte, se i proprietari storicamente hanno scelto la linea del silenzio?
In questi anni l’interlocutore aziendale, l’uomo che siede ai tavoli ministeriali per Golden Lady è stato Federico Destro, l’uomo irreperibile, perennemente fuori azienda quando lo si cerca.
La sua linea è sempre stata quella del silenzio: mai una parola con la stampa.
Il 25 luglio è stata la volta di un secondo incontro al Ministero dello sviluppo economico, due mesi dopo il tavolo di maggio. In quell’occasione l’incontro con il ministro Paolo Romani è servito a verificare a che punto fosse l’attività dell’advisor incaricato, ma nulla di fatto, ancora una volta.
“Ci sono dei contatti” è il mantra che si sentono ripetere le operaie, ma quali non è dato loro sapere, per “una questione di riservatezza”.
Poche parole si lasciò sfuggire Sogaro a giugno, quando da poco aveva ricevuto l’incarico: “Comprendo l’aspetto sociale del problema, ma i tempi sono dettati da una situazione congiunturale di mercato che non dipende da noi”.
Da chi dipendano i loro guai lo sanno le operaie dell’Omsa.
È diretta la denuncia della Filctem Cgil alla proprietà di Nerino Grassi, l’imprenditore di Castiglione delle Stiviere che “ha deciso di chiudere lo stabilimento di Faenza per continuare ad arricchirsi in Serbia, non rispettando l’accordo firmato al ministero dello Sviluppo economico il 18 febbraio scorso, il quale prevede di proseguire con la produzione ancora esistente e con la riconversione e rioccupazione delle lavoratrici”.
Un gruppo ristretto di queste continua a portare avanti l’impegno quotidiano, per mantenere i riflettori accesi sulla vertenza.
Iniziano però a serpeggiare i malumori di chi sente di aver giocato ormai tutte le carte: la via sindacale, l’apparizione mediatica, la realizzazione del documentario “Licenziata” per la regia di Lisa Tormena, le “brigate teatrali dell’Omsa”, per raccontare attraverso il palcoscenico la favola nera dell’azienda, fino al boicottaggio dei negozi Golden Lady, presidiandone l’entrata nei sabati dello shopping.
Alcune operaie iniziano a nutrire anche una certa disillusione nei confronti dell’appoggio fornito dal sindacato.
Non è stato chiarito ufficialmente dai vertici della Cgil perchè sia stato rimosso dal suo incarico Idilio Galeotti, coordinatore Cgil del comprensorio faentino.
Al sindacalista si deve la strategia, adottata sin dalla prima ora, che ha permesso alle lavoratrici di Omsa di arrivare ad Annozero e dare alla vertenza la eco che merita. Intanto molte operaie hanno restituito la tessera al sindacato, convinte che la mossa di ‘far fuori’ Galeotti sia da iscrivere in un contesto più ampio che giustifica -come si legge nel sito del Popolo viola di Faenza- “il sospetto che buona parte del mondo politico-istituzionale e sindacale avesse avallato da tempo la scelta di Golden Lady di chiudere l’Omsa e per questo avrebbe preferito il silenzio sulla vertenza”.
Accuse di un certo peso che un’operaia, sul suo profilo di Facebook, non ha risparmiato neppure al segretario generale della Cgil Susanna Camusso: “È avvilente, le abbiamo provate tutte! Prima abbiamo chiesto, poi gridato poi anche minacciato e raccolto firme. Abbiamo protestato con la Cgil provinciale, con quella regionale e addirittura con la nazionale, ma anche la signora Camusso che sbandiera tanto i diritti delle donne non ha voluto aiutarci”.
I problemi della faentina Omsa hanno ormai varcato i confini regionali e riguardano altri siti produttivi della Golden Lady.
La multinazionale ha deciso di ridurre drasticamente la sua presenza in Italia: anche negli stabilimenti di Gissi (Chieti) e di Basciano (Teramo) sono in discussione centinaia di posti di lavoro e si prospetta il rischio chiusura.
Fa ridere, di un riso amaro certo, leggere sul sito in quattro lingue della Golden Lady che l’azienda si promuove come “un nome del made in Italy”, “una grande impresa che cammina insieme alla donna italiana” in “un percorso lineare fatto di valori precisi”.
Bisognerebbe chiedere alle dipendenti dell’Omsa, “donne italiane”, se ritengono che la delocalizzazione si possa considerare un valore.
Non basta: anche la “mission” dell’azienda è un degna di nota: tra i “fattori che hanno contribuito al successo dell’azienda — si legge — c’è una capacità di adattamento ai cambiamenti del mercato veloce e funzionale alle richieste”.
Come dare torto a Golden Lady?
Senza dubbio l’azienda è stata veloce, quanto inamovibile, nella sua decisione di spostare il ciclo produttivo in Serbia.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
TAGLI, STIPENDI E TRASFERIMENTI DALLA MANOVRA 2010 ALLA LETTERA UE… BLOCCO DEL TURNOVER FINO AL 2014, NESSUN RINNNOVO CONTRATTUALE PRIMA DEL 2018
«Poteva andare peggio», sospira sollevato un alto funzionario pubblico. 
Ma è ironia amara.
Raccontano che a Roma, il giorno della lettera all’Europa sia stato vissuto come l’Armaggedon.
L’apocalisse degli statali. Un Natale senza tredicesime e stipendi tagliati di brutto.
E invece “solo” la conferma di strumenti già attivati, come mobilità obbligatoria e cassa integrazione a busta paga ridotta.
Da rendere «effettivi», però, «con meccanismi cogenti/sanzionatori». Più tartassati di quanto già deciso da tre manovre in un anno, più di 20 rasoiate?
Impossibile, replicano in molti dicasteri. «Siamo all’osso».
Tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici in Italia. Il 15% degli occupati.
Meno di Usa, Grecia, Gran Bretagna, Canada, Francia.
Il paese del ridente Sarkozy è al 23%. Ma con retribuzioni più alte.
Parigi spende per gli statali il 13% del Pil, Roma l’11%. Anzi spendeva, nel 2009.
Perchè la crisi – prima finanziaria, ora dei debiti sovrani – ha inciso nella carne viva del settore pubblico italiano. Peggio solo in Grecia.
La manovra del 2010 ha bloccato tutto: assunzioni, stipendi, contrattazione, carriere.
Per tre anni, fino al 2013.
Ha tagliato del 10% le spese dei ministeri. Ha mandato in pensione le statali a 65 anni nel 2012. Ha chiesto ai dirigenti un contributo – allora ancora non “di solidarietà ” – del 5% oltre i 90 mila euro lordi annui e del 10% oltre i 150 mila.
Poi sono arrivate le manovre estive di quest’anno.
Quella di luglio pesa per un terzo su ministeri ed enti locali: 5 e 6,4 miliardi di tagli, rispettivamente.
Oltre a prorogare fino al 2014 tutti i blocchi dell’anno prima: turnover, buste paga, rinnovo dei contratti.
Questi almeno fino al 2018, visto che tra 2015 e 2017 si rivedranno solo le indennità di vacanza contrattuale.
E poi ciliegine: mobilità rafforzata e visite fiscali già il primo giorno di malattia, se segue o precede un festivo.
Ad agosto, manovra bis. Mobilità obbligatoria in ambito regionale.
Scatti di carriera bloccati, se alla vigilia della pensione. L’erogazione della liquidazione, per i pensionati d’anzianità , slitta da 6 a 24 mesi. I tagli a ministeri ed enti locali salgono a 6 miliardi ciascuno nel triennio.
Rimane il contributo di solidarietà , tolto invece ai privati. Spariscono gli enti pubblici con meno di 70 addetti.
Si salva solo l’Accademia della Crusca.
Infine la lettera all’Europa. Con l’accenno vago a superare «le dotazioni organiche» dei ministeri.
Uno tsunami in arrivo per la città di Roma? Nei vari tira e molla, si salvano le tredicesime, i buoni pasto, il riscatto di laurea e militare, i permessi sindacali.
Capitoli messi e tolti.
Torneranno?
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Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
ANALISI CONFCOMMERCIO: GLI ORGANI ELETTIVI COSTANO 12.000 EURO A TESTA IN UNA VITA MEDIA… RIDUCENDO DI UN TERZO I PARLAMENTARI AVREBBERO BENEFICI CIRCA 30 MILIONI DI CONTRIBUENTI
Di “costi della politica” si parla tanto, spesso rimanendo nel vago.
A dipanare i dubbi arriva un’analisi di Confcommercio Imprese che rileva quanto costano gli organi elettivi a famiglie e individui.
E i numeri sono di tutto rispetto: oltre nove miliardi di euro l’anno, corrispondenti a poco più di 350 euro per nucleo familiare, circa 150 euro a testa.
Ovvero in una vita media di 80 anni, circa 12 mila euro.
L’organizzazione sottolinea che per contenere la spesa pubblica basterebbe ridurre di poco più di un terzo il numero dei parlamentari, per ottenere un risparmio di spesa di oltre 3,3 miliardi all’anno.
2.900 euro all’anno per i poveri.
Quello che si risparmierebbe, dice Confcommercio, è una “cifra sufficiente ad attuare una riduzione permanente di circa otto decimi di punto della prima aliquota Irpef a beneficio di oltre 30 milioni di contribuenti o, in alternativa, a ottenere permanentemente una somma di 2.900 euro all’anno da destinare a tutte le famiglie in condizioni di povertà assoluta”.
Stando così le cose, sottolinea Confcommercio, e immaginando una vita media di 80 anni sia per le donne che per gli uomini, e un’indicizzazione dei costi della politica pari al tasso d’inflazione a sua volta pari al tasso d’interesse nominale, al momento della nascita ogni cittadina e cittadino italiano dovrebbero considerare un debito vitale per costi della rappresentanza pari a poco più di 12 mila euro.
Quasi il 77% dei costi monetari sono costituiti dalle spese di funzionamento delle strutture di supporto alle assemblee legislative nazionali e locali. All’interno di queste, le sole spese denominate indirette, corrispondenti alla remunerazione dei dipendenti pubblici che operano in funzione di staff, valgono poco meno del 47% dei costi monetari totali.
Solo organi elettivi.
Nella definizione del perimetro dei costi adottato nello studio Confcommercio non vengono considerati i costi della Presidenza del Consiglio dei Ministri nè degli organi costituzionali diversi da quelli direttamente elettivi, nè delle giunte di Regioni ed Enti locali.
Inoltre, non vengono inserite nei costi della politica, la spesa delle pubbliche amministrazioni per trattamenti di quiescenza.
Nel complesso i costi monetari misurabili della rappresentanza politica calcolati per l’anno 2009, superano i 9,1 miliardi di euro e quindi, considerando i quasi 25 milioni di famiglie e gli oltre 60 milioni di abitanti, i costi della rappresentanza politica valgono circa 367 euro per nucleo familiare, pari a 152 euro a testa.
I dati.
I costi diretti, invece, che rappresentano il totale delle indennità di funzione e di carica corrisposte ai rappresentanti politici, pesano per oltre il 19% del totale, una proporzione largamente inferiore a quella dell’insieme dei costi gestionali (il 30,1%, sostanzialmente gli acquisti di beni e servizi utilizzati nella ‘funzione di produzione della politica’).
Il costo complessivo vale in termini medi poco più di 59 mila euro per ciascun rappresentante eletto su base nazionale e locale (cioè 9.148,6 miliardi di euro diviso per gli oltre 154 mila membri di organi collegiali).
Stimando una proporzione di riduzione di eletti a qualsiasi livello pari a circa il 36,5%, valore che proviene dalla spesso ipotizzata operazione di passaggio dagli attuali 945 parlamentari a 600 rappresentanti, suddivisi in 400 deputati alla Camera e 200 senatori presso il costituendo Senato federale, si otterrebbe a regime un risparmio di oltre 3,3 miliardi di euro all’anno.
L’organizzazione ricorda che quei circa 3,3 miliardi di risparmi consentirebbero una riduzione permanente di circa 7-8 decimi di punto della prima aliquota dell’Irpef (quella al 23%), con un beneficio generalizzato per circa 31 milioni di contribuenti capienti.
In alternativa, per esempio, si disporrebbe di risorse pari a oltre 2.900 euro all’anno per ciascuna famiglia che in Italia versa in condizioni di povertà assoluta (un milione e 156 mila famiglie nell’anno 2010, secondo l’ultima indagine Istat).
Probabilmente, osserva ancora Confcommercio, “la più grande ed efficace operazione di redistribuzione mirata mai effettuata in Italia. Ma probabilmente priva, a oggi, di condizioni politiche per essere effettuata. Allora, un’ipotesi più concretamente praticabile, potrebbe essere quella di considerare, come base per applicare un taglio del 36,5%, il totale dei costi al netto di quelli di funzionamento indiretti, realizzando un risparmio quantificabile in quasi 1,8 miliardi di euro”.
In altre parole, spiega l’organizzazione, “stiamo escludendo dal computo (della riduzione dei costi) tutti i costi relativi al personale dipendente (i costi di funzionamento indiretti, appunto), ipotizzando, in qualche modo, un trasferimento dei dipendenti pubblici connessi al funzionamento delle assemblee legislative ad altre funzioni. La cifra di 1,8 miliardi di euro è, comunque, ragguardevole, anche perchè di carattere permanente”.
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