Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
GIUSEPPE BONIFACINO, ATTUALE DIRIGENTE DI TECNOINDEX SPA NEL 1993, DA DIRIGENTE DI SIEMENS NIXDORF, CORRUPPE IL SENATORE SOCIALISTA PUTIGNANO… LA SOCIETA’ CHE HA PERSO L’APPALTO DENUNCIA: “DIETRO TECNOINDEX UN GIOCO DI SCATOLE CINESI PER NASCONDERE I PROPRIETARI”
“Consegnai al senatore Putignano, in occasione di un appuntamento con lo stesso
avvenuto nei pressi di Roma-Eur, una busta contenente circa 230 milioni di lire in contanti”.
Era il 1993, l’anno di Mani Pulite, e a parlare era Giuseppe Bonifacino, all’epoca dirigente di Siemens Nixdorf, e attuale direttore operativo di Tecnoindex spa.
La tangente all’epoca era servita per corrompere il senatore Psi Nicola Putignano, al fine di ottenere un appalto miliardario per la fornitura di computer presso il ministero del Lavoro.
Lo si legge negli atti del Senato, e più esattamente in una domanda di autorizzazione a procedere contro l’allora senatore socialista, firmata dai pm Antonio di Pietro, Piercamillo Davigo e Francesco Borrelli.
“Siemens avrebbe dovuto fornire calcolatori elettronici per 17 miliardi di lire per gli anni 1990-1993″, spiegava Bonifacino ai magistrati. E grazie alla tangente, Siemens ottenne il contratto.
Curiosamente, proprio in questi giorni, lo stesso dirigente, che dalla Siemens è passato alla Tecnoindex spa, si è aggiudicato l’appalto per la gestione dei servizi informatici della Camera dei deputati (15 milioni per tre anni).
Vent’anni dopo, cambiano i nomi delle società , ma non le persone.
A nulla, infatti, è valso il ricorso della società che è ha perso la gara, la Business-e di Ravenna. Come anticipato da Il Fatto Quotidiano.it l’impresa romagnola aveva denunciato il fatto che dietro Tecnoindex ci fosse un gioco di scatole cinesi mirato a nascondere i proprietari: la società risulta partecipata al 94% dalla Brianza fiduciaria, che a sua volta è controllata dalla lussemburghese De Vlaminck.
In questo modo, secondo i legali di Business-e, sarebbe stato violato il divieto di intestazione fiduciaria previsto dal codice degli appalti pubblici, finalizzato, tra le altre cose, a prevenire le infiltrazioni mafiose.
Ma il collegio d’appello presieduto dal deputato Pdl Maurizio Paniz ha deciso proprio in questi giorni (come ha fatto sapere una nota della Camera) di confermare l’aggiudicazione a Tecnoindex.
La fiduciaria avrebbe comunicato che quel 94% di quote schermate appartengono alla società romana Nous Informatica.
Resta il fatto, però, che Montecitorio si ritrova in affari con i commercialisti brianzoli che amministrano Tecnoindex per conto di Nous Informatica.
Tra questi spicca Franco Riva, socio di Brianza Fiduciaria, ed ex sindaco di Giussano in quota Udc.
Durante il suo mandato, il Comune balzò agli onori della cronache per aver rilasciato un documento d’identità falso a un superlatitante della ‘ndrangheta.
Inoltre, da luglio scorso, Riva risulta indagato per corruzione in un’inchiesta urbanistica.
Tra i suoi “protettori” ci sarebbe l’ex assessore regionale all’Ambiente, il brianzolo Massimo Ponzoni (Pdl), arrestato l’anno scorso per corruzione in una maxi-operazione antimafia: avrebbe ricevuto alcuni boss della ‘ndrangheta nel suo ufficio.
Infine, il presidente della Brianza fiduciaria, l’avvocato milanese Federico Di Maio, fu arrestato nel 2007 per riciclaggio di valuta estera dalle Fiamme Gialle di Reggio Calabria.
Elena Boromeo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
PERPLESSITA’ A PARTE SUL MILIONE DI ISCRITTI PROCLAMATI DAI VERTICI DEL PDL, VI SONO PACCHETTI DI TESSERE IN MANO A POCHI…ALEMANNO, FORMIGONI, CESARO E CIRIELLI I GRANDI RACCOGLITORI
Come può il Pdl, attraversare una fase di governo così deludente, e vedere moltiplicare in due mesi il numero degli iscritti da poche migliaia a oltre un milione di tessere?
Come può esistere un partito che crolla a peso morto nei sondaggi, riuscire a recuperare una cifra vicina ai 12 milioni di euro di sottoscrittori in due mesi?
Come può questo Pdl agonizzante moltiplicare il numero degli iscritti dei partiti che solo tre anni fa, gli dettero vita? (An contava 250 mila iscritti, Fi circa 400 mi-la).
Ammesso che i dati siano veritieri (il che non è mai detto, nel gioco di tutti i partiti) una prima risposta è che, a differenza dell’entusiasmo dei leader di via dell’Umiltà , non ci troviamo davanti a una corsa degli elettori a volersi tesserare per il bellissimo partito di Angelino Alfano.
Siamo invece di fronte al più classico fronteggiamento tra correnti e capibastone, il primo eminentemente numerico, da quando il partito esiste.
Non è un caso, infatti, che, mentre ancora si attendono i dati ufficiali, già siamo in grado di “pesare” i singoli leader in regioni, province e grandi città .
Sappiamo ad esempio che il Lazio, dove si contano circa un quarto dei tesserati complessivi al Pdl, troviamo la truppa ex-aennina conseguire un certo vantaggio sugli ex-forzisti.
I “rampelliani” (famiglia politica vicina al deputato Fabio Rompelli), avrebbero dalla loro 50 mila tessere, contro le 30 mila del sindaco di Roma Gianni Alemanno, le 30 mila del sottosegretario Andrea Augello, le 15 / 20 mila del Dc Mario Cutrufo, le altre 30 mila dei gruppetti ex aennini.
Gli ex forzisti riuniti attorno al vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani e Fabrizio Cicchitto conterebbero qualcosa come 100 mila iscritti.
Anche in Lombardia i dati, pur non essendo ancora ufficiali (per il conteggio definitivo si dovrà attendere la prossima settimana), ci informano che, tra i centomila iscritti, l’ala di Roberto Formigoni, ha raggiunto le 30 mila tessere, contro del 25 mila di Ignazio La Russa, con le altre divise tra le diverse anime di un partito che deve averne molte in queste settimane.
A Varese, tanto per fare un esempio, dove si conta una modesta cifra di 3 mila tesserati, se le sono già spartiti in quattro gruppi: i ciellini di Raffaele Cattaneo avrebbero mille tessere, contro le 800 degli ex An di Marco Airaghi, gli altri 800 circa di un’area laica che si riconosce in Nino Caianiello e le 300 del senatore Antonio Tomassini.
In provincia di Caserta, su 13 mila tessere, la parte del leone la fa ancora l’asse tra Nicola Cosentino e Mario Landolfi. Gli ex An vicini al deputato di Mondragone, possono contare su un pacchetto di tessere, valutato in 4500 persone, vicine al consigliere regionale Angelo Polverino.
A Napoli, invece, i signori delle tessere hanno il nome del presidente della Provincia Luigi Cesaro (anche lui vicino a Cosentino) e Luigi Nespoli, sindaco di Afragola.
Il primo avrebbe raccolto qualcosa come 40 mila tessere, distanziando alla fine il secondo.
A Salerno, invece, il presidente della Provincia Ed-mondo Cirielli avrebbe asfaltato il capocorrente riconducibile al ministro Mara Carfagna. È finita 22 mila a 3 mila.
In Calabria le tessere sono state circa 50 mila.
A Cosenza, su 15 mila iscritti, 8 mila militano per il gruppo che sostiene l’assessore regionale ai Lavori pubblici della giunta Scopelliti Giuseppe Gentile. L’organizzazione del reclutamento sul territorio può spiegare una delle scene descritta da una lettrice del Fatto, dipendete delle Poste a Cagliari.
Vale a dire l’arrivo di schiere di ragazzi pronti a registrare gruppi di nuovi iscritti Pdl. Il reclutamento organizzato, fa sì che circoli e associazioni legati a questo o a quel candidato tesserino le persone assieme una volta raccolti i dati personali.
Adesso i camion con gli incartamenti sono in viaggio verso via dell’Umiltà , pronti a ridisegnare i nuovi assetti.
Con due accortezze.
La prima: per adesso a Roma arriveranno solo le “adesioni”.
Per l’iscrizione è infatti necessario presentare anche un documento.
Per adesso, infatti, alcune delle “iscrizioni” inviate a via dell’Umiltà non hanno un volto.
Nel Lazio, per fare un esempio, ci sono circa 30 mila iscrizioni senza documento.
Nel caso di congresso, quelle tessere, seppur pagate, non conteranno.
Poco male, perchè l’ultimo paradosso di questa storia è nel fatto che, in caso di elezioni anticipate nel Pdl non si farà nemmeno in tempo a svolgere i congressi provinciali, e quindi tutto il lavoro fatto sin’ora rischia di essere stato solo un enorme spreco di denaro.
Oltre che un bel regalo, in soldi, al Pdl.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
ANNALISA VESSELLA E’ STATA NOMINATA A.D. DELL’ISTITUTO DI SVILUPPO AGROALIMENTARE, L’AGENZIA FINANZIARIA DI CUI E’ SOCIO UNICO IL MINISTERO DELL’AGRICOLTURA DI SAVERIO ROMANO
Hanno quintuplicato il suo stipendio di amministratore delegato di un’azienda di Stato. 
Ed è già consigliere regionale della Campania a quasi diecimila euro al mese.
E, per di più, è anche moglie di un parlamentare.
Un’interrogazione parlamentare fa tornare la signora Annalisa Vessella agli onori della cronaca. E di riflesso anche il marito, Michele Pisacane.
Annalisa e Michele, una famiglia che vive di politica. Alla grande.
Lei l’abbiamo lasciata a settembre fresca di promozione da consigliera di amministrazione ad amministratore delegato dell’Istituto di Sviluppo Agroalimentare (Isa), a chiederci maliziosamente se esistesse un nesso tra la nomina e la circostanza che sia la moglie di un deputato dei Responsabili decisivo per le sorti del governo B.
Il peone Pisacane, eletto nell’Udc dopo aver collezionato una raffica di pettorine tra centro destra e centrosinistra, ha infatti lasciato Casini per diventare uno dei trasformisti alla Scilipoti.
Nel 2010 la moglie si candidò (e venne eletta) al consiglio regionale scegliendo di comparire sulla scheda col cognome Pisacane, mentre lui tappezzava la provincia napoletana di manifesti con la scritta ‘Vota Pisacane’.
Per di più, lui, ex sindaco di Agerola, paese di collina della provincia napoletana che affaccia sulla costiera amalfitana, è il cofondatore dei Popolari di Italia Domani insieme a Saverio Romano, ministro delle Politiche Agricole e in questa veste socio unico dell’Isa, l’agenzia finanziaria del ministero che eroga finanziamenti a tassi agevolati alle imprese agricole, circa 200 milioni di crediti già assegnati.
La lievitazione dello stipendio della signora Vessella Pisacane è rivelata da un’interrogazione a risposta in commissione Politiche Agricole presentata dal deputato calabrese Nicodemo Oliverio e in attesa di essere evasa.
Oliverio mette nero su bianco che prima del rinnovo estivo del Cda il compenso spettante ai consiglieri uscenti dell’Isa ammontava a 25.000 euro su base annua, fatta salva un’indennità aggiuntiva al presidente e all’amministratore delegato.
In base a un decreto legge del 2010 — ricorda Oliverio — le indennità dei Cda delle società interamente pubbliche andrebbero ridotte del 10%.
Invece all’Isa le cose sarebbero andate diversamente.
L’assemblea — afferma il deputato Pd — ha “rideterminato i compensi su base annua prevedendo per il presidente (Nicola Cecconato, un 45enne di Treviso, ndr) un compenso di 160mila euro, per il vice presidente e per l’amministratore delegato (la signora Vessella, laureata in legge ed ex segretario comunale, ndr) un compenso di 140mila euro, per i consiglieri un compenso di 80mila euro”.
Come se non bastasse, si legge nell’interrogazione, il Cda successivo all’assemblea avrebbe attribuito a presidente ed Ad indennità aggiuntive da nababbi: 137.500 euro per il presidente e 117.500 per l’ad “oltre al riconoscimento di un rimborso spese forfettario per alloggio ed auto pari a euro 55mila annui ciascuno”.
Per farla breve: tra lei col doppio stipendio di Ad dell’azienda pubblica e consigliere regionale, e lui con l’indennità parlamentare, la famiglia Pisacane intasca più di 30mila euro mensili.
Che si sarebbero ridotti a poco più di 20mila euro se i compensi dell’Isa fossero rimasti quelli del vecchio Cda.
Pisacane intanto a ottobre ha guadagnato una meritatissima fama per essere stato il 316° e ultimo deputato a votare la fiducia a Berlusconi, nella zona Cesarini della seconda chiamata.
Un voto maturato al termine di una lunga meditazione. “Così ora Berlusconi mi sape”, avrebbe esclamato in dialetto napoletano riferendosi a chi doveva capire ed ha capito. Non si capisce, invece, se sia stato opportuno nominare un consigliere regionale (e persino moglie di un parlamentare) alla guida di una società pubblica che eroga finanziamenti ai potenziali elettori.
L’interrogazione di Oliverio prova a sollecitare il ministro Romano anche su questo punto.
Chissà se otterrà risposta.
“Il ministero delle Politiche Agricole — afferma il deputato calabrese — avrebbe bisogno di un ministro che affronti le difficoltà del settore e non di uno impegnato in tutt’altre faccende per rafforzare le sue clientele, quelle degli amici e degli amici degli amici”.
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Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA DI UN POLIZIOTTO DELLA “STRADALE” CHE DESCRIVE LE VICISSITUDINI DI UNA SOTTOSEZIONE LIGURE CHE HA DOVUTO AFFRONTARE I MOMENTI TRAGICI DELL’ALLUVIONE
Delle tante storie da raccontare della triste tragedia che ha colpito la Liguria, c’è anche quella della sottosezione della Polizia Stradale.
Una caserma duramente coinvolta, sommersa dal fango, privata dei più elementari mezzi per operare adeguatamente: acqua , corrente e riscaldamento senza parlare del totale isolamento dovuto alle difficoltà di comunicazione sia via radio che telefoniche.
Lo scenario che si parava davanti mostrava detriti e fango dappertutto.
Difficile operare in certe situazioni ma nonostante ciò i ragazzi della sezione hanno prestato servizio sia in autostrada (scortando i mezzi di emergenza sulla A12 gravemente lesionata) che nelle operazioni di soccorso, lavorando anche 15-20 ore filate, fino a casi di addirittura le oltre 24 ore, quasi senza sosta.
Già il solo recarsi a lavorare era un’avventura: non potendo percorrere le strade ordinarie si doveva transitare per l’autostrada chiusa, passando sui detriti e tra i guard rail abbattuti, con il rischio di nuovi crolli e di finire quindi negli strapiombi delle autostrade liguri.
L’impegno profuso in ambito autostradale è stato quello principalmente di scortare i numerosi mezzi di soccorso in quanto la situazione era realmente pericolosa ed era fondamentale avere l’appoggio di qualcuno che conoscesse perfettamente il posto, nel tentativo di evitare che oltre a rischiare di non giungere a destinazione, i soccorritori rischiassero la vita.
Nel paese, gli appartenenti a questa caserma si sono distinti per il soccorso portato alla comunità , ininterrottamente, trasportando bimbi e anziani dalle proprie famiglie, rimuovendo fango e detriti, nel tentativo soprattutto di rappresentare il primo intervento dello Stato in attesa di aiuti esterni certamente più numerosi ed attrezzati.
Per ovvi motivi al momento non si può entrare nel dettaglio dei singoli casi, delle singole vicende, ma ci sarebbero molte storie da raccontare con protagonisti i tanti soccorritori delle Forze dell’Ordine, delle Forze Armate, dei Vigili del Fuoco e dei Volontari.
Nella sua tragedia infatti, questa vicenda è stata anche una lezione.
In mezzo ad un disastro, alla devastazione come si fa a scorgere qualche cosa di bello? Quando si vede la fine del vivere quotidiano di tante persone, troppe, conosciute o no. Eppure vedere il sacrificio della gente che vuole ripartire, l’arrivo in massa da Lombardia e Piemonte dei Vigili del Fuoco, della Polizia e dei Carabinieri del posto che vanno avanti ore e ore senza soluzione di continuità .
Non so se arriveranno le polemiche, certo si sa che il coordinamento non è sempre stato pronto nè perfetto, comprensibile se gli eventi ti prendono alla sprovvista, ma personalmente posso dire della felicità che provi quando riporti un figlio alla madre o quando riesci a trovare qualcuno che con una semplice idrovora risolve il grosso problema di una famiglia temporaneamente senza casa.
Gli occhi, gli sguardi di queste persone ti ripagano piu di mille premi straordinari e grazie che tanto non verranno.
Nel nostro piccolo la priorità è stata il ripristino del “sistema Italia”, ovvero restituire viabilità ad una importante strada del nostro paese.
Alla fine di questa vicenda ricorderò gli abbracci ai ragazzi della zona che non sapevo che fine avessero fatto e agli sconosciuti soccorsi e cercherò di dimenticare le polemiche di quei pochi estranei.
La natura ha travolto e distrutto i nostri paesi e le nostre arterie stradali, percorse per giorni dagli sparuti gruppi di automobili e mezzi di soccorso scortati da noi fino all’ultimo goccio di benzina e gasolio.
Passerotti che tranquillamente saltano sull’asfalto e la fitta vegetazione della Val di Vara che trasportata dalla tragedia giace ai bordi e spesso in carreggiata.
Personalmente mi ha dato un senso di smarrimento vedere la mia caserma “inginocchiata”, indifesa, violata, spenta.
E’ una sensazione brutta, strana, sbagliata.
So che le vere tragedie sono state altre ma un piccolo pensiero non può non andare al proprio amato lavoro e a chi in questi giorni, in condizioni del tutto precarie si è speso nel più profondo impegno.
Toccato il fondo si cercherà di ripartire sperando che la gente non abbia ancora a soffrire e che più nessuno abbia da vedere e subire un’altra simile violenza brutale.
Un saluto da un Poliziotto in mezzo alla catastrofe.
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Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
ALESSIO BONCIANI E IDA D’IPPOLITO LASCIANO IL PDL PER PASSARE CON CASINI…PIPPO GIANNI ANNUNCIA CHE POTREBBE VOTARE CONTRO LA FIDUCIA…. TRE RESPONSABILI TORNANO AL GRUPPO MISTO
Con il passare delle ore i “maldipancia” della maggioranza si stanno trasformando in vere
e proprie coliche.
Dopo le manovre degli “scajoliani”, i malumori dell’area che fa riferimento a Beppe Pisanu, i distinguo di un fedelissimo come Paniz e la lettera dei sei “frondisti”, lo stillicidio di prese di distanza da Silvio Berlusconi è proseguito anche oggi.
A nulla sono servite la decisione del premier di porre la fiducia sul maxiemendamento al ddl Stabilità e l’ottimismo del segretario Angelino Alfano secondo cui “si risolverà tutto” perchè gli scontenti “non sono usciti ma hanno posto questioni politiche che valuteremo con attenzione”.
Due in meno.
La novità di oggi pomeriggio è il passaggio di altri due deputati dal Pdl all’Udc. “Alessio Bonciani e Ida D’Ippolito. Benvenuti!”, ha “twittato” Roberto Rao, braccio destro di Pier Ferdinando Casini, per salutare l’ingresso dei due parlamentari nelle file dell’opposizione.
Scelta confermata dal presidente di turno della Camera, Rocco Buttiglione, che ha formalizzato durante la seduta d’Aula il cambio di gruppo dei due deputati.
Si torna a quota 314.
Secondo un primo conteggio, con la perdita di questi ulteriori due voti Berlusconi perde la maggioranza assoluta in aula alla Camera, finendo sotto quota 316, cioè a quota 314, quella faticosamente raggiunta il 14 dicembre, quando l’assemblea di Montecitorio bocciò per soli tre voti la mozione di sfiducia.
Dentro questa maggioranza, però, ci sono tante zone d’ombra e se, ad esempio, i nomi dei cosiddetti “dissidenti” si traducessero in voti contrari al governo, il Cavaliere rischierebbe di essere sfiduciato.
Nei 314 deputati ci sono infatti Roberto Antonione, Isabella Bertolini, Giancarlo Pittelli e Giorgio Stracquadanio.
I quattro del pdl che, insieme a Fabio Gava e Giustina Destro (che già non hanno votato la fiducia lo scorso 14 ottobre), hanno firmato la lettera degli scontenti che chiede al premier di promuovere un nuovo esecutivo.
Soltanto così la maggioranza scenderebbe a quota 310.
Ma le incognite non sono finite qui.
Resta per esempio in bilico il futuro di Pippo Gianni, eletto nelle liste dell’Udc e poi passato ai Reponsabili (chiamati ora Popolo e Territorio) che ha annunciato un voto contro il governo “al 75-80%”.
“Voterò la fiducia solo dopo aver visto il decreto”, ha anticipato alla trasmissione Radio2 ‘Un giorno da Pecora’. “Se conterrà delle norme sull’occupazione nel Meridione e nel Centro Sud lo voterò, altrimenti non lo voterò. Io non sono stato nominato da Berlusconi e non vengo dalla maggioranza…”.
Ancora da decifrare invece la mossa di altri tre parlamentari di Popolo e Territorio, Amerigo Porfidia, Elio Belcastro e Arturo Iannaccone, che hanno mollato il loro gruppo a Montecitorio per passare in quello Misto seppure, garantisce Iannaccone, “non solo confermiamo la fiducia, ma aggiungiamo che la nostra fiducia va personalmente a Silvio Berlusconi”.
“Ricostituiamo la componente del Misto, da cui già provenivamo – precisa ancora il deputato – perchè siamo impegnati a organizzare il nostro partito sul territorio meridionale e ci serve la visibilità che ci garantisce formare una nostra componente nel Misto”.
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Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
ANCHE LORO SONO CONSIDERATI ORMAI TRADITORI, NON SI SALVA PIU’ NESSUNO… SCHIERATI I PLOTONI DI ESECUZIONE DELLA BECERODESTRA
Sui giornali li chiamano “ribelli”, ma gli elettori del Pdl preferiscono rinominarli “traditori”.
Sono durissime le reazioni online dei militanti del centrodestra nei confronti della lettera firmata da tre ex pasdaran del Pdl Isabella Bertolini, Giancarlo Pittelli e Giorgio Stracquadanio e dagli “ex” di centrodestra Roberto Antonione, Giustina Destro e Fabio Gava.
Tutti uniti per chiedere al premier di “agire da uomo di Stato” affinchè si faccia “promotore di una nuova fase politica e di un nuovo governo”.
In sostanza, chiedono al Presidente del Consiglio di fare un passo indietro e di aprire alle larghe intese col centro, magari con un governo tecnico guidato da Gianni Letta.
Nel mirino delle critiche c’è Giorgio Stracquadanio, fondatore del Predellino e berlusconiano doc.
Fino a ieri, a quanto pare.
La sua firma ha sconcertato gli elettori che sulla sua pagina Facebook lo attaccano. “Lei è tra i firmatari di questa pseudo lettera? Non ci posso credere”, scrive Lorenzo a cui seguono i commenti di chi spiega che questo gesto, specie in un periodo di profonda crisi economica, mette a rischio la sopravvivenza dell’intero paese (“Non capite che qui, altro che centrodestra, il crollo che si rischia è quello dell’Italia tutta?”, nota Giorgio).
“La vostra iniziativa è inaccettabile — aggiunge Melina — noi abbiamo votato consapevoli che Berlusconi sarebbe stato il Premier e vogliamo che lui continui a governare fino alla fine della legislatura”.
E il leit motiv di decine di utenti è un sentimento di tradimento, reso ancor più paradossale dalla firma di un deputato considerato uno dei fedelissimi del premier. “Ci sentiamo traditi — si legge online — e da lei in particolare non c’è lo saremmo mai aspettato. Alle prossime elezioni evitate di candidarvi se poi non rispettate la nostra volontà ”.
La lettera di Stracquadanio e degli altri cinque ribelli viene equiparata alla scissione di Futuro e Libertà di Gianfranco Fini.
E non manca chi crede che si tratti solo di un metodo ricattatorio per ottenere nuove poltrone (“Si deduce che adesso vuole comandare anche lui, vuole un poltrona da Ministro? Ma Ministro di chi o di che?”, chiede Rocco).
Poi c’è chi in passato ha sempre tenuto alta la bandiera del Pdl, ma oggi ha deciso di gettare la spugna (“L’ho difeso in tempi non sospetti — scrive Francesco- e adesso le dico che ha deluso. Arrivederci a lei e ai suoi complici”) e i delusi, come Nikolas, che ormai optano per il centrosinistra (“Meglio all’opposizione con onore che in maggioranza con i traditori: vergogna Stracquadanio!”).
Davide, poi, ricorda al fondatore del Predellino il suo curriculum politico e i privilegi di cui fino a oggi ha goduto.
“Caro Onorevole — scrive sulla bacheca Facebook — Le ricordo sommessamente che Lei è in Parlamento dal 2006, eletto prima con Forza Italia, e poi con il Pdl, tra l’altro usufruendo di un’opzione al Parlamento Europeo di un’altra deputata lombarda. Ergo: se lei rinuncia a tutti i suoi privilegi dovuti grazie al presidente Berlusconi che l’ha voluta e nominata in lista, poi può fare tutte le lettere che vuole e passare anche a sinistra”.
Anche su Twitter con l’hashtag #stracquadanio sono decine gli utenti che commentano la lettera (“#Stracquadanio come i fascistissimi repubblichini Dario Fo o Giorgio Bocca. Più sono intransigenti servitori, prima tradiscono”, twitta Donzelli) e sulla bacheca di Spazio Azzurro gli elettori invitano i frondisti a lasciare il partito.
Se davvero lo faranno, Tomaso propone il nome del nuovo gruppo a chi deciderà di seguire i “malpancisti” e suggerisce “Pdi: Partito badogliani italiani”.
E nel caso ancora non fosse chiaro aggiunge: “Siete degli infami, dei traditori!”
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Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
FINITE LE OPERAZIONI DI CONTROLLO A CAMPOBASSO E ISERNIA: TUTTA LA DOCUMENTAZIONE TRASFERITA IN CORTE D’APPELLO… LA VERIFICA SU APPENA 40 SEGGI AVEVA PORTATO AL RECUPERO DI 500 VOTI DA PARTE DI FRATTURA CHE RIDUCEVA A SOLI 1000 VOTI LA DISTANZA DA IORIO
Trecento cittadini molisani saranno denunciati per falso dalla procura della repubblica
di Campobasso.
E’ la conseguenza di un atto dovuto, stando a quanto si apprende in ambienti giudiziari, da parte delle commissioni elettorali che hanno avuto il compito di controllare la documentazione che i partiti hanno dovuto allegare per la presentazione delle candidature alle recenti elezioni regionali.
Si tratta in sostanza di cittadini che hanno sottoscritto liste di diversi partiti contravvenendo così alla legge elettorale che prevede che l’elettore può firmare per la presentazione di una sola lista.
Alcuni lo avrebbero fatto ignari del reato che stavano commettendo, altri invece avrebbero agito pur sapendo di correre questo rischio.
Con il lavoro delle commissioni però le doppie firme sono venute a galla, i funzionari delegati infatti si sono trovati di fronte a nomi di cittadini che comparivano a corredo di più di una lista.
E così diciotto giorni dopo le elezioni regionali in Molise non è ancora stato proclamato ufficialmente il vincitore delle regionali tra il candidato del centrodestra e presidente uscente, Michele Iorio, e quello del centrosinistra, Paolo Di Laura Frattura, battuto per 1.505 voti.
Le operazioni di controllo e verifica nelle commissioni elettorali provinciali di Campobasso e Isernia sono terminate ieri sera e ora tutta la documentazione è negli uffici della Corte d’Appello.
Quest’ultima, però, potrebbe anche disporre ulteriori accertamenti prima di proclamare ufficialmente eletto il nuovo presidente.
La verifica di una quarantina di seggi aveva portato al “recupero” di circa 500 voti da parte di Frattura.
Resta per ora il fatto che neanche stamane la proclamazione ha avuto luogo e non è chiaro quanto bisognerà aspettare ancora.
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Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
COME UN POKERISTA FALLITO BERLUSCONI COSTRETTO ALL’ULTIMO BLUFF… IL PREMIER E’ RIMASTO SENZA DECRETO LEGGE E SENZA MAGGIORANZA
Di fronte a un’Europa sospesa fra la tragedia greca e la farsa italiana, Berlusconi riesce a sprecare anche la sua ultima carta.
Come un pokerista fallito, che non ha punti in mano e vive solo di bluff, butta via in un colpo solo la borsa e la vita.
Si gioca il Paese (con un ridicolo “piano anti-crisi” che i partner della Ue potrebbero bocciare) e il governo (con una penosa retromarcia che i frondisti del Pdl hanno già bocciato).
Atteso al varco dai Grandi del mondo, il presidente del Consiglio si presenta a mani nude al G-20 di questa mattina.
Senza decreto legge, e ormai senza maggioranza.
Siamo all’atto finale del berlusconismo. La lunga “notte della Repubblica” non è bastata al Cavaliere per ricostruire le macerie della sua coalizione.
Il Consiglio dei ministri non è stato in grado di varare il provvedimento urgente con le misure più severe per il risanamento dei conti pubblici e il rilancio della crescita.
È riuscito a malapena a raffazzonare un maxiemendamento alla legge di stabilità con le misure più indolori dal punto di vista sociale e più incolori dal punto di vista economico.
Un po’ di privatizzazione del patrimonio pubblico, un po’ di liberalizzazione degli ordini professionali, qualche pasticcio “ad aziendam” nella giustizia civile e la solita bufala propagandistica sulla sburocratizzazione dello Stato.
Tutto qui.
Nessun intervento sulla previdenza, con un ritocco sull’anzianità .
Nessun ridisegno del prelievo fiscale, con una patrimoniale o una reintroduzione dell’Ici.
Nessuna riforma del mercato del lavoro e del Welfare.
Tutto rinviato a un decreto futuro e ad un futuro disegno di legge. Già questo dà la misura dello scarto drammatico che esiste nella percezione della crisi.
Da una parte la battaglia furiosa che si combatte sulle piazze finanziarie internazionali, dall’altra la palude stagnante che si registra nel teatrino berlusconiano. Il tempo del mercato globale, luogo del verdetto giornaliero sui debiti sovrani, non coincide con il tempo di Palazzo Grazioli, “tempio” della trattativa estenuante, del rinvio sistematico, del compromesso levantino.
Il “libro dei sogni”, dunque, si è trasformato nel peggiore degli incubi.
La pomposa e pretenziosa lettera che il Cavaliere aveva illustrato al vertice europeo del 26 ottobre, com’era prevedibile, è già carta straccia.
Era una truffa, mendace e velleitaria.
Alla Ue il premier l’ha rivenduta come fosse un “Contratto con gli europei”, simulando impegni inverificabili e scadenze improbabili.
Peccato che i mercati non l’hanno bevuta: il palazzo Justus Lipsius di Bruxelles non è lo studio di Bruno Vespa.
Agli italiani il premier l’ha smerciata come fosse la sua nuova “rivoluzione liberale”, evocando addirittura lo “spirito del ’94” nelle sedute ormai fantasmatiche del cerchio magico forzaleghista.
Da allora sono passati otto giorni e bruciati oltre 100 miliardi, tra crolli in Piazza Affari e picchi dello spread tra Btp e Bund: la “frode” berlusconiana è drammaticamente manifesta in Europa, e puntualmente svelata in Italia.
Quella del Cavaliere non è una scelta. È piuttosto una resa.
Il premier si arrende all’ordalia dei mercati e all’eutanasia della maggioranza. La politica, in questo centrodestra mutilato da oltre un anno della componente finiana, non esiste più già da un pezzo.
Ma con la lettera finalmente autografa degli scontenti del Pdl (che gli chiedono un passo indietro e un allargamento della coalizione) viene forse meno anche l’aritmetica. Si vedrà presto, nei prossimi appuntamenti parlamentari.
Il maxiemendamento alla legge di stabilità potrà anche passare al Senato, la prossima settimana. Ma quando approderà alla Camera, tra il 13 e il 20 novembre, sarà una terribile roulette russa.
Molto più di quanto non lo siano state le rocambolesche fiducie votate dal 14 dicembre 2010 al 14 ottobre 2011.
Una mossa così impudente rispetto agli impegni sottoscritti nell’Eurozona, e così inconcludente rispetto ai bisogni del Paese, si spiega solo in un modo: Il Cavaliere non può e non vuole combattere la grande guerra per la modernizzazione, da uomo di una destra thatcheriana dura e pura che in Italia non è mai esistita e che lui (a dispetto della grancassa bugiarda del Foglio e di “Radio Londra”) non ha mai incarnato.
Vuole invece sopravvivere almeno fino alla fine dell’anno.
Per impedire che nasca subito un altro governo di salute pubblica al posto del suo.
Per aprire la crisi a gennaio (evitando lo spettro del referendum sulla “porcata” di Calderoli) e pilotarla fino alle elezioni anticipate della prossima primavera.
Ma questa “strategia della sopravvivenza”, che nasce dal puro interesse personale e fa strame del bene comune, ha ormai il fiato cortissimo.
L’opposizione politica è coesa, quanto meno nell’immediata disponibilità ad approvare anche le misure di risanamento più severe, purchè Berlusconi esca di scena un minuto dopo.
L’opposizione sociale è compatta, quanto meno nella richiesta di un’immediata “discontinuità ” di governo. Soprattutto, è in campo il presidente della Repubblica, che ha di fatto avviato un ciclo di consultazioni informali, come se una crisi di governo fosse già virtualmente in atto. Il comunicato diffuso due giorni fa dal Quirinale, alla luce di quanto sta accadendo, assume un significato sempre più chiaro.
L'”assunzione di decisioni efficaci”, nel solco degli impegni assunti in sede europea, è ormai “improrogabile”.
I gruppi di opposizione “hanno manifestato la disponibilità a prendersi le responsabilità necessarie in rapporto all’aggravarsi della crisi”.
Il Paese “può contare su un ampio arco di forze sociali e politiche consapevoli della necessità di una nuova prospettiva di larga condivisione delle scelte” che tutti si attendono dall’Italia.
Nessuno può permettersi di snaturare il pensiero o di forzare l’azione di Giorgio Napolitano.
Ma ogni ora che passa, si fa sempre più forte la sensazione che il Cavaliere non è più “salvabile”.
E che un altro governo, finalmente, è davvero possibile.
Massimo Giannini
(da “La Repubblica”)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, denuncia, economia, elezioni, emergenza, Giustizia, governo, la casta, Lavoro, Politica, radici e valori | Commenta »
Novembre 3rd, 2011 Riccardo Fucile
RAPPPORTI SEMPRE PIU’ TESI CON GIULIO, ACCUSATO DI ESSERSI SCHIERATO CON IL QUIRINALE… IL MINISTRO RIBATTE: “SE MI LASCIAVATE FARE NON SAREMMO A QUESTO PUNTO”…L’ALLARME DI ALFANO: “IL TERZO POLO PRONTO A RUBARCI DIECI PARLAMENTARI”
Niente decreto. Tremonti era contrario, lo stesso Napolitano non voleva che si
trasformasse in un “carrozzone”.
Si è infranta così, alle otto di sera, l’ultima speranza di Berlusconi di presentarsi oggi al summit dei G20 con qualcosa di concreto (e immediatamente esecutivo) in mano.
A questo punto il governo è appeso a un filo sempre più sottile.
Anche il Colle ha fatto sapere a Gianni Letta che palazzo Chigi non poteva infarcire il decreto di norme che con l’emergenza finanziaria non c’entrano nulla.
Come quelle sulla giustizia e sul mercato del lavoro.
“Un decreto sulla materia economica va bene ma non potete fare un carrozzone”, il messaggio recapitato dal Quirinale.
Inoltre non sarebbe stato corretto, mentre il capo dello Stato chiede all’opposizione “responsabilità ” e “condivisione” sulle misure per il risanamento, stroncare ogni dialogo parlamentare agendo per decreto.
Niente da fare, visto che in maniera surrettizia Berlusconi aveva provato a infilare nel decreto qualcosa che al Quirinale non deve essere piaciuto affatto.
Come l’incandescente riforma dell’articolo 18 dello Statuto, quella che liberalizza i licenziamenti senza giusta causa, che nel Pdl hanno provato a approvare subito sfidando le proteste sindacali.
E invece no, si farà solo un maxi-emendamento alla legge di stabilità , come chiedeva anche Giulio Tremonti, contrario ad agire con un provvedimento d’urgenza.
E per questo accusato da Giuliano Ferrara di voler la fucilazione del Cavaliere per motivazioni “ciniche e politiciste”.
Berlusconi, caricato come una molla da Ferrara (che si è precipitato a palazzo Chigi dopo il Consiglio dei ministri), ha puntato i piedi fino alla fine pur di non mollare il decreto.
Imputando quindi al ministro dell’Economia la responsabilità di aver convinto il Quirinale a dire di no. “Tremonti si è messo in testa di sostituirmi e pensa così di costringermi a fare un passo indietro – ha detto il premier ai suoi ministri – ma si sbaglia di grosso: se io cado si va alle elezioni”.
Proprio l’acceso scontro con Tremonti, che questa mattina volerà a Cannes con Berlusconi, ha dominato le 48 ore più lunghe del governo.
Il processo al ministro dell’Economia è proseguito infatti con toni ultimativi da una parte e dall’altra.
Durante il lungo vertice a palazzo Chigi, iniziato due sere fa e continuato ieri mattina per oltre cinque ore, Tremonti ha messo Berlusconi e i ministri della “cabina di regia” di fronte alla cruda realtà , strappando ogni velo d’illusione: “Lunedì prossimo, il primo giorno di riapertura dei mercati dopo il G20, potrebbe essere ancora più nero di lunedì scorso. Forse è tempo di prendere atto che le Borse chiedono un segnale di discontinuità sul piano politico”.
Una considerazione che ha scatenato gli altri ministri, mentre Berlusconi continuava a tacere guardando in cagnesco Tremonti.
Il primo a sbottare è stato Renato Brunetta, poi l’affondo è venuto da Paolo Romani: “Allora dillo chiaramente che vuoi le dimissioni di Berlusconi, devi avere il coraggio di dirlo!”. “Non ho detto questo, ho detto solo che serve un segnale politico. Con l’economia ormai questa crisi c’entra poco”.
Ancora Tremonti: “Se mi aveste lasciato fare il mio lavoro, senza mettermi i bastoni fra le ruote, oggi forse non ci troveremmo in questa situazione”.
È stato solo allora che il premier si è scosso, lasciando scivolare sul tavolo una frase avvelenata: “Se mi avessero fatto fare il presidente del Consiglio, senza mettermi i bastoni fra le ruote, oggi forse tu non saresti il ministro dell’Economia”.
Una fucilata a cui Tremonti ha risposto piccato: “Posso anche andarmene subito se non servo. Posso tornare al mio studio professionale”.
In questo clima, mentre il governo e Berlusconi erano impegnati nel corpo a corpo con Tremonti, si sono sentiti sempre più forti i rumori di sciabole nei corridoi del Pdl.
È stato Angelino Alfano, nell’ufficio di presidenza a palazzo Grazioli, a dare la notizia: “Casini è scatenato, sta per lanciare una nuova formazione politica per raccogliere una decina di parlamentari nostri e far saltare il governo. Si chiamerà “costituente dei moderati”, guardate che sono pronti”.
Berlusconi è terrorizzato, il giorno scelto per l’imboscata è fissato per l’8 novembre, quando alla Camera bisognerà votare nuovamente il Rendiconto generale dello Stato. Sono già scattate le contromisure per riacciuffare in extremis i ribelli e Gianfranco Rotondi ci scherza su: “Il governo è appeso a un ballottaggio Verdini-Casini”.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
argomento: Berlusconi, economia, elezioni, governo | Commenta »