Novembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
ALTRE CONFERME E RACCONTI DI CHI ERA PRESENTE ALL’INCONTRO DEL LEADER FLI CON I SOSTENITORI
«Ma che c… dici. Me lo vieni a insegnare tu quello che devo fare. Con questa gente non parlo. Se siete così giustizialisti, andate con Di Pietro.Vergognatevi”. Queste le parole che ho sentito da Gianfranco Fini, prima di andarsene via, lasciando di stucco un’ottantina di simpatizzanti e semplici cittadini. Lo avevamo accolto con un applauso dopo il convegno di Janua, ma ho assistito a una caduta di stile della terza carica dello Stato. Non si possono apostrofare così i cittadini. Meritiamo rispetto».
A confermare la «scenata» di Fini di sabato scorso, e quello che aveva denunciato per primo l’avvocato Forino, ieri è stato pure Breganti, uno dei più noti leader dei comitati di quartiere: «In riferimento alle polemiche sul coordinatore regionale Nan, Gianfranco Fini ci ha pure detto che siamo tutti pregiudicati, lui compreso. Tuttavia, gli ho ricordato che Alemanno può definirsi un pregiudicato politico, ma è diventato sindaco della Capitale. Un conto è essere pregiudicati a seguito di scontri di piazza, avvenuti in un particolare contesto storico e clima politico, per sostenere le proprie idee contro il comunismo terrorista, armato e rivoluzionario. Un altro conto è finire nell’occhio del ciclone per altre tristi vicende, come la casa di Montecarlo. Un altro ancora è ritrovarsi nel mirino, come è successo per Nan, per presunte storie che sarebbero davvero preoccupanti. In tal senso, come era suo diritto fare, un giovane si era permesso di chiedere al Presidente Fini di prestare attenzione ai nomi da inserire in lista per le amministrative o nelle cariche del partito».
E ancora uno degli altri «indignados», testimone del «c…» di Fini a Genova: «Non sono iscritto a Fli – ha raccontato ieri Airoldi – ma sabato ho partecipato al convegno di Janua. Il Presidente della Camera era stato chiamato anche per redimere la spaccatura nel Fli genovese e i malumori della base. Fini doveva decidere se certificare quella linea del Fli o la legalità della corrente dei giovani e volenterosi, entusiasti e capaci. È stato riconfermato il responsabile Nan ovvero il suo delfino in Liguria. I giovani e meno giovani, sono stati sgridati, anche con parole poco eleganti e imperdonabili, che hanno lasciato di stucco tutti quanti. Inoltre, a dire di Fini, ci dovremmo vergognare e quindi iscriverci al partito di Di Pietro. Adesso basta. Fini e quelli come lui, di destra e di sinistra, se lo possono scordare».
Alla senatrice Barbara Contini, commissaria del partito in Città , che aveva fatto da intermediaria con gli «indignados», avrebbe quindi raccomandato di non occuparsi più di Genova.
Tuttavia, durante il convegno finale allo Sheraton, davanti a meno di 150 persone, ha baciato sulla guancia la commissaria «dimissionata sul campo».
Fabrizio Graffione
(da “Il Giornale“)
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Novembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
COLUI CHE AVEVA DATO IN COMODATO GRATUITO AD ENRICO NAN LA SEDE DI FLI A GENOVA SI E’ RIFUGIATO AD ABU DHABI PER NON RISPONDERE ALLA GIUSTIZIA…NAN CI AVEVA QUERELATO PER AVER DEFINITO IL SUO CLIENTE, BENEFATTORE ED EX SOCIO “ATTENZIONATO DALLA DIA”: ECCO LA RELAZIONE CHE CI DA’ RAGIONE
Lo indicammo e denunciammo… ed a Genova ci misero sotto processo. 
Poi lui stesso propose la remissione di querela che aveva presentato contro di noi e noi accettammo.
Intanto le nostre denunce, al Noe ed al Procuratore Granero, sui falsi documentali e lottizzazione abusiva per la T1 di Ceriale, così come quelli sugli strani buchi milionari nelle sue società (sempre alle procure del ponente ligure), sono state approfondite ed hanno contribuito da un lato ad accertare i reati commessi e quindi sequestrare il cantiere della T1 di Ceriale, e dall’altro ad individuare i gravi reati societari che caratterizzavano quel “GRUPPO GEO” che ora è crollato inesorabilmente.
Se di molto avevamo già parlato, ora, che ormai le contestazioni sono tutte chiare, talmente chiare che Andrea NUCERA non osa tornare in Italia (si trattiene a Dubai… o meglio ancora ad Abu Dhabi… vero?), possiamo andare avanti e raccontare quanto ormai è noto (e non quanto ancora noto non è, a differenza di altri le informazioni utili alle indagini che non si fermano noi non le rendiamo pubbliche!)…
Quelle contiguità mafiose vengono a galla…
Per rendere chiaro il punto su quanto, ad oggi, è stato accertato con conseguenti provvedimenti, non facciamo altro che riprendere un passaggio della Relazione della Prefettura di Savona alla Commissione Parlamentare Antimafia (2011):
“… la particolare attenzione sviluppata in ordine ai tentativi di infiltrazione nelle attività economiche di questa provincia ha consentito di indirizzare all’ITALFER SPA un’informativa antimafia “atipica” nei confronti della GEO COSTRUZIONI SPA ai sensi dell’art. 1 septies del D.L. 6 settembre 1982 n. 629 convertito in Legge 12 ottobre 1982 n. 726, integrato all’art. 2 della Legge 15 novembre 1988 n. 486. Il legale rappresentante di tale società è ANDREA NUCERA, più volte denunciato, da tempo oggetto di accertamenti e verifiche, ed imprenditore di particolare rilievo nel settore edile, del movimento terra e dello smaltimento di rifiuti con svariate società operanti anche nei Balcani e in Belgio. Il direttore generale della citata società è VINCENZO CHIARO, già titolare della “CHIARO VINCENZO & C SAS”, affiancatasi operativamente alla stessa GEO COSTRUZIONI, assieme a GIROLAMO DEMASI e Ettore REBORA, noti alle Forze dell’Ordine per frequentazioni con soggetti segnalati come appartenenti ad associazioni di stampo mafioso. Per lo stesso REBORA risultano precedenti e condanne per associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio, sequestro di persona a scopo di rapina, estorsione ed altro.”
Chiaro? No, qualcuno diceva che non c’erano contatti… ed invece i contatti ci sono.
Andrea NUCERA voleva – in poche parole – che noi certificassimo, in cambio della sua remissione di querela, che lui non aveva legame alcuno con soggetti legati alla criminalità organizzata, e noi non lo accontentammo, precisando solo che non vi era parentela con i NUCERA di Condofuri a capo del “locale” della ‘ndrangheta a Lavagna.
Informalmente sapevamo che dei contatti vi erano ma non avevamo la minima intenzione, ad indagini ancora aperte, di indicare quanto era a nostra conoscenza (perchè mai allertare chi è oggetto di indagini?) e che, attraverso i reparti, si era evidenziato in merito proprio ai rapporti con soggetti della criminalità organizzata, a partire dal savonese.
Ora i fatti ed i rapporti risultano ben più chiari!
Dopo i fallimenti, altri sequestri e poi il crollo definitivo…
Prima è arrivato il sequestro della T1 di Ceriale (con connessa imputazione) per falso documentale e lottizzazione abusiva.
Poi i fallimenti della GEO COSTRUZIONI e della GEO SRL di cui abbiamo ampiamente documentato.
E’ sopraggiunto anche il rinvio a giudizio per quei milioncini che l’Andrea NUCERA occultava all’estero (e di cui avevamo pubblicato già le carte).
Nel frattempo il suo legale storico (ed ex socio) Enrico NAN (che nel frattempo si è visto togliere l’incarico di Coordinatore di FLI a Genova, ma non quello di coordinatore regionale e nemmeno quello nazionale di responsabile nazionale del “settore credito”, grazie ai suoi ottimi rapporti con BOCCHINO) assicurava che tutto era a posto e che il GRUPPO GEO di NUCERA era non soltanto solido ma solidissimo…
Ma di solidissimo in quell’impero di NUCERA non vi era proprio nulla… manco la fantasia!
E così dopo l’estate che ha portato NUCERA verso altri lidi, non è più tornato (tanto era solida la situazione presentata dal NAN, sic!) ed a novembre sono arrivati nuovi provvedimenti. Vediamo con calma…
La GGI (GEO COSTRUZIONI IMMOBILIARI), controllata dalla GEO HOLDING, è la società che era stata indicata da Andrea NUCERA come “GARANTE” per onorare i debiti e scongiurare il fallimento.
Ma, era tanto “GARANTE” (e “solida”) questa società che, ad ottobre ha visto tutte le quote societarie finire sotto sequestro!
Ma scava e scava, in quel sistema di scatole cinesi che era l’impero dai piedi d’argilla del NUCERA, la Procura è arrivata alla svolta definitiva: a novembre quando scatta il sequestro dei beni per 125 MILIONI DI EURO (tra quote societarie, e l’intero patrimonio immobiliare costituito da 522 unità immobiliari, tra Liguria, Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Lazio) e la contestazione di bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale per decine di milioni di euro.
Lui tra Abu-Dhabi e Dubai… lascia un arido deserto
L’Andrea NUCERA non rinuncia a fare il “grande imprenditore”, ma evita accuratamente di tornare in patria.
Se la passa tra Dubai ed Abu Dhabi, da dove continua ad avere costanti contatti con le sue pedine nel savonese, a partire dal fulcro del suo impero, l’albenganese!
A parte il fatto che lo si può andare a prendere, il signorotto che faceva il gradasso (tanto da arrivare ad insultare Procuratore, Procura e tutti i reparti di Polizia Giudiziaria) e che ora sfugge dall’affrontare le proprie responsabilità … NUCERA ha ancora la faccia di fare il mondano nonostante i buchi che ha lasciato siano spaventosi e le piccole aziende e gli artigiani che lavoravano nei suoi cantieri, come la T1 di Ceriale, sono in attesa di vedere i compensi dovuti e, per ora, hanno solo potuto riprendersi le proprie attrezzature.
Ed in questo arido deserto lasciato da NUCERA sono molteplici le piccole aziende artigiane che son rimaste senza lavoro e senza compensi, fatto che in periodo di crisi non rappresenta certo un’indifferente conseguenza della sua spregiudicatezza.
Ed ora se il NUCERA non torna, non risponde alla Giustizia, e non paga con quanto ha nella sua disponibilità , i creditori non potranno far altro che attendere le aste fallimentari e, nel frattempo, in molti dovranno soccombere grazie al “grande imprenditore”.
CASA DELLA LEGALITA’
Ufficio di Presidenza
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Novembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
DOPPI INCARICHI E ASSUNZIONI CLIENTELARI, NON SOLO AL SUD: IN PIEMONTE IL DOPPIO DI DIPENDENTI DELLA LOMBARDIA…STRUTTURE ELEFANTIACHE E INEFFICIENTI, AUTO E BLU E LIVELLAMENTO
Non è vero che tutti i giudici sono schiacciati dagli arretrati.
Nicola Durante, ad esempio, al Tar di Salerno deve avere un mucchio di tempo libero. Infatti fa anche il dirigente alla Regione Calabria.
Due lavori, due stipendi, benefit deluxe. A partire dall’auto blu.
Prova provata che nelle Regioni, se Mario Monti userà le forbici, c’è da tagliare, tagliare, tagliare.
Si pensi che la Campania ha più dipendenti che Lombardia, Piemonte e Liguria insieme. E che organici «alla lombarda» permetterebbero risparmi per oltre 785 milioni.
Dice un rapporto della Corte dei Conti che quelle Regioni varate nel 1970 per alleggerire lo Stato, si sono via via gonfiate come un panettone impazzito.
Al punto che oggi quelle 15 che sono a statuto ordinario hanno 40.384 dipendenti.
Vale a dire 78,8 ogni 100 mila abitanti.
Tanti, ma vale più che mai la regola del pollo di Trilussa.
C’è infatti chi non arriva a 34, come appunto l’ente guidato da Roberto Formigoni, e chi sfonda la barriera del suono clientelare come il Molise.
Dove Michele Iorio, dello stesso partito del collega milanese (a dimostrazione che anche in questo caso le differenze di colore non sono poi così importanti) governa su un piccolo regno che ogni centomila abitanti di regionali ne ha 291: 8 volte e mezzo di più.
«Polentoni» e «terroni»? Fino a un certo punto.
Tanto è vero che, sempre rispetto all’unità di misura citata, la «destrorsa» regione Piemonte di dipendenti ne ha 70,5 e cioè più del doppio dei cugini lombardi.
E non ha neppure peso, come dicevamo, la tintura rossa o blu.
Prova ne sia che l’Umbria, da sempre amministrata dalla sinistra, ha proporzionalmente il doppio dei «regionali» (159 contro 74,5 ogni centomila residenti) della vicina Toscana. Quanto alla tanto maledetta «Roma ladrona», il Lazio si ritrova a essere con l’indice 62,8 non solo nettamente al di sotto della media ma addirittura di regioni comunemente più virtuose quali l’Emilia-Romagna (68) o la Liguria (68,6).
Una giungla inestricabile.
Che dimostra come il principio di autonomia costituzionale abbia avuto giorno dopo giorno un’interpretazione assai singolare: ogni Regione va per conto proprio.
Con sprechi e diseconomie in molti casi allucinanti.
Basti dire che, se si utilizzasse come criterio generale il parametro della Lombardia (quei 34 «regionali» scarsi ogni centomila residenti) quelle quindici regioni ordinarie, che hanno esattamente le stesse competenze, potrebbero tagliare addirittura 23.015 unità .
E svolgere gli stessi compiti quotidiani con appena 17.369 persone.
Con un risparmio, per le casse pubbliche, di 785 milioni e 350 mila euro l’anno.
È la somma che avrebbe permesso lo scorso anno di compensare largamente il costo (645 milioni) degli interventi d’emergenza per i disastri ambientali.
Oppure permetterebbe di coprire in nove anni il costo del piano straordinario di infrastrutture per il Sud.
Per non parlare dei risparmi impliciti nel dimagrimento di strutture spesso elefantiache e inefficienti: ogni ufficio in più, ogni dirigente in più, ogni funzionario in più vuole mettere becco in questa o quella pratica.
Non sono una ricchezza: sono un lacciuolo supplementare.
Ci sono numeri davanti ai quali è impossibile non fare un salto sulla sedia.
Quei 17.369 dipendenti che utilizzando il «parametro lombardo» basterebbero a far funzionare le 15 Regioni ordinarie, sono infatti meno di quanti sono oggi in carico alla Campania (che negli ultimi quattro anni ha ancora gonfiato gli organici di circa il 10%), alla Puglia, alla Calabria, alla Basilicata.
I quali sono 17.607.
E non parliamo della Sicilia. Dove, secondo i giornalisti Enrico Del Mercato ed Emanuele Lauria, autori del libro «La zavorra» (un atto d’accusa della classe dirigente locale micidiale proprio perchè scagliato da siciliani) i dipendenti complessivi del ciclopico carrozzone guidato da Raffaele Lombardo, compresi forestali e precari e dipendenti delle Asl, sono 144.147.
Ma ne riparleremo.
Per adeguarsi al parametro virtuoso, il governatore della Campania Stefano Caldoro sarebbe costretto ad affrontare moti di piazza: dovrebbe perdere 6.007 dipendenti, con un risparmio pazzesco, pari a oltre il 68% della spesa per gli stipendi.
Parliamo di una cifra che nel 2009 avrebbe coperto un terzo del disavanzo sanitario regionale.
Ma ancora più dura sarebbe la cura per una Regione “rossa” per eccellenza come l’Umbria. Il suo personale dovrebbe dimagrire di quasi il 79%, passando da 1.432 a 305 unità .
E anche le Marche potrebbero avere bruttissime sorprese, dovendo scendere da 1.487 a 529 dipendenti. Mentre il personale di una terza Regione storicamente amministrata dal centrosinistra, la Basilicata, sarebbe ridotto di cinque volte: da 1.052 a 200.
C’è chi dirà : certo, Stato, Regioni ed Enti locali sono da sempre un ammortizzatore, soprattutto al Sud.
Vogliamo licenziare tutti quelli in soprannumero? Buttare nella disperazione, di questi tempi, decine di migliaia di famiglie? No, certo.
Ma è fuori discussione che numeri come quelli devono dare risultati diversi.
Garantire un’efficienza diversa. Da recuperare anche attraverso una maggiore elasticità . E una rottura con vecchi meccanismi inaccettabili a maggior ragione dall’Europa, chiamata oggi a intervenire per arginare problemi dovuti proprio alla scarsa credibilità .
Quale credibilità può avere, ad esempio, una regione come quella campana governata fino all’anno scorso da Antonio Bassolino dove le promozioni sono state distribuite per anni nel modo indecente denunciato da un rapporto degli ispettori della ragioneria generale dello Stato?
C’è scritto, in quel dossier, che pressochè tutti i dipendenti hanno goduto, nel periodo compreso fra il 2002 e il 2008, di «progressioni orizzontali».
Cioè, in gergo tecnico, aumenti di stipendio concessi nel pubblico impiego a parità di mansione.
Fatta eccezione per 21 persone che proprio non potevano essere salvate a causa di gravi provvedimenti disciplinari, solo fra il 2004 e il 2005 ne hanno goduto in 7.254 sui 7.275 allora in servizio.
Vale a dire il 99,7%.
Dov’è, il «merito»? Perchè mai un inglese, un francese, un danese dovrebbero tirar fuori soldi per un Paese come il nostro se prima non spazza via scelte clientelari e indecenti come queste?
Come la spieghiamo, agli europei, la sproporzione insultante nella distribuzione dei dirigenti?
Il record assoluto lo detiene il Molise.
Con 320 mila abitanti, non solo ha quei 934 dipendenti regionali di cui dicevamo. Ma la bellezza di 87 dirigenti: undici volte di più, in proporzione, di quelli che avrebbe allineandosi alla Lombardia: 8.
Ma sono tante le regioni che perderebbero grappoli di dirigenti: scenderebbe da 221 a 128 del Veneto, da 114 a 35 l’Abruzzo, da 93 a 23 l’Umbria, da 167 a 52 la Calabria, da 71 a 15 la Basilicata…
Una strage di colletti bianchi. Immaginatevi dunque la preoccupazione, nel caso il nuovo governo decidesse di mettere ordine, di quel «colletto» di cui dicevamo, il calabrese Nicola Durante. Un uomo dalla doppia vita.
Nella prima guadagna una busta paga come giudice del Tar di Salerno, dove dicono di vederlo quando c’è udienza e dove mesi fa ha annullato il sequestro di una casa abusiva perchè il decreto di abbattimento non era stato notificato al titolare dell’abuso ma consegnato a mano a suo fratello.
Nella seconda fa il Capo dell’Ufficio Legislativo della regione Calabria, dove è stato preso dal governatore Giuseppe Scopelliti con un contratto da 176.426 euro e 57 centesimi l’anno. Più una «retribuzione annua di risultato».
Più i rimborsi spese «a pie’ di lista».
Più il «trattamento di missione nella misura massima prevista per la dirigenza regionale». Più, a spese dei cittadini, si capisce una speciale «copertura assicurativa della responsabilità civile e amministrativa per i danni eventualmente arrecati a terzi o alla Regione nell’esercizio dell’attività istituzionale, ivi comprese le eventuali spese di giudizio sostenute».
«E l’auto blu?», direte voi ansiosi. Tranquilli: ce l’ha, ce l’ha…
Sergio Rizzo e Guan Antonio Stella
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO IL CASO DELL’ATENEO DI PAVIA, CONDANNATO DAL TAR A RESTITUIRE 1 ,7 MILIONI DI EURO EMERGONO ALTRI DATI: 33 UNIVERSITA’ SU 61 HANNO FATTO PAGARE PIU’ DEL DOVUTO, SUPERANDO LA SOGLIA DI LEGGE ANCHE DEL 17%
Università italiane fuorilegge. Perchè più di una su due fa pagare agli studenti tasse maggiori di
quanto dovuto.
Un furto da 218 milioni di euro, secondo l’Unione degli universitari che ha analizzato i dati del ministero dell’Istruzione riferiti al 2010.
Così il caso dell’università di Pavia, che dopo una sentenza del Tar dovrà restituire ai suoi iscritti 1,7 milioni di euro, sembra essere solo la punta di un iceberg.
Con situazioni limite, come quelle degli atenei della Lombardia, tutti con tasse superiori ai limiti imposti dalla legge.
“Si tratta di un tesoretto illegalmente sottratto dalle tasche degli studenti e da quelle delle loro famiglie”, attacca Michele Orezzi, coordinatore dell’Udu.
Una legge del 1997 limita infatti le tasse universitarie al 20% del cosiddetto Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), ovvero il finanziamento di provenienza statale.
Secondo l’inchiesta del sindacato studentesco, ben 33 atenei pubblici su 61 non rispettano questa soglia.
Maglia nera della classifica l’università Carlo Bo di Urbino, dove nel 2010 gli studenti hanno pagato in tasse il 36,57% del Ffo, per una somma non dovuta di oltre 7,5 milioni di euro. Seguono l’Università degli Studi di Bergamo (36,52% del Ffo), la Ca’ Foscari di Venezia (34,05%) e la Statale di Milano (31,66%).
L’ateneo meneghino è quello che in valore assoluto vede entrare nelle sue casse la somma sopra soglia più alta: addirittura 32,1 milioni di euro.
“In media sono 537 euro che ogni studente nel 2010 ha pagato in più rispetto al dovuto”, spiega Orezzi. Statale e università di Bergamo sono in buona compagnia in Lombardia, dove le tasse “fuorilegge” ammontano a 82 milioni di euro.
Secondo i calcoli dell’Udu, infatti, nessuno dei sette atenei della regione rispetta le regole: l’università Insubria di Varese e Como chiede ai propri iscritti il 30,43% del Ffo, il politecnico di Milano il 30,3%, Milano-Bicocca il 30,1%, Brescia il 25,92%, Pavia il 23,21%.
“Gli atenei si muovono per concorrenza regionale — commenta Orezzi — ed è evidente che c’è una sorta di accordo tacito tra i rettori lombardi”.
Male anche le università di diversi capoluoghi regionali: Torino (28,39% del Ffo), Bologna (27,44%), Napoli Parthenope (25,74%), Roma Tre (23,62%), Genova (21,09%), Firenze (20,42%), Perugia (20,18%).
I dati dimostrano che l’università di Pavia, condannata settimana scorsa a un risarcimento da 1,7 milioni di euro in seguito a un ricorso presentato al Tar dallo stesso Udu, non è un caso isolato. E ora sugli atenei di tutta Italia rischia di cadere una pioggia di ricorsi, con cui gli studenti potrebbero cercare di riottenere indietro 218 milioni di euro.
Negli ultimi anni i fondi messi a disposizione dal ministero si sono sempre più assottigliati.
Le tasse universitarie invece non sono diminuite, sostiene l’Udu. E questo ha portato allo sforamento dei limiti imposti dalla legge.
“In pratica — accusa Orezzi — gli atenei hanno fatto pagare alle famiglie degli studenti i tagli della Gelmini. E nel 2011 questo fenomeno potrebbe aggravarsi, dal momento che una ventina di università nel 2010 erano vicine alla soglia del 20%”.
“Come Unione degli Universitari — dice Orezzi — ci rivolgiamo a tutte le università e ai rettori che in queste ore, terrorizzati da ricorsi a catena, attaccano gli studenti: il problema vero non siamo noi studenti. C’è un problema sostanziale legato al taglio delle risorse per le università . I nostri ricorsi non sono mirati a metterle sul lastrico, ma hanno invece il solo scopo di evidenziare questo punto. È necessario che tutta l’università si unisca alla voce degli studenti che dal 2008 protestano per un mondo dell’istruzione pubblica di qualità e accessibile a tutti”.
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Novembre 29th, 2011 Riccardo Fucile
CONGRESSO DELLA LEGA NORD IN EMILIA TRA FAIDE FAMILIARI: SEI ESPULSI IN UN ANNO… GHELFI PUNTA SULL’APPOGGIO DELLA COMPAGNA E DEL FUTURO SUOCERO
Tre espulsioni in due giorni. Tanto per ricordare che “la Lega ce l’ha duro“.
Succede a Modena, dove infatti, nei giorni scorsi, la segreteria provinciale ha fatto piazza pulita sbattendo fuori ben tre dissidenti: si tratta dei consiglieri modenesi Nicola Rossi e Walter Bianchini, e dell’esponente sassolese, Mauro Guandalini, colpevole di “lesa maestà ” nei confronti della giunta comunale targata Pdl-Lega.
Ma sono solo gli ultimi di una lunga lista di epurazioni portate avanti dalla segreteria di Riad Ghelfi (nell’ultimo anno sono state scomunicate altre sei camice verdi) e di una mossa di avvicinamento verso il congresso dove Ghelfi punta a mantenere la poiltrona forte dell’appoggio della compagna, Stefania Ballantini, e il padre di lei, Loredano Ballantini.
Una questione di famiglia, insomma. Anche se nella Dynasty in salsa padana, visto il clima e i nervi a fior di pelle, sono attesi colpi di scena.
Ma andiamo con ordine e ripartiamo dalle espulsioni a raffica.
Per Rossi, politico composto di ispirazione maroniana, il primo richiamo scritto è arrivato quando ha osato intonare l’inno nazionale in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia.
Il giovanissimo Bianchini (classe 1989), invece, avrebbe peccato di superbia nei confronti del leader Umberto Bossi, quando si è permesso di criticare la candidatura del Trota con una lettera ai parlamentari del Carroccio in cui la giudicava “inopportuna e non meritocratica”.
Come è andata a finire? Che è stato costretto dalla segreteria cittadina a inviare una controlettera di scuse.
Ma soprattutto, i due sarebbero colpevoli di aver “violato l’articolo 7 del regolamento federale della Lega nord Padania, che parla di tentativi di compromissione dell’unità e del patromonio ideale del movimento”, come è scritto nella lettera di espulsione.
Il gesto più grave è stato la mozione di sfiducia avanzata dai due nei confronti del capogruppo Stefano Barberini, che è stato così destituito dall’incarico.
Ma Barberini (un volto noto soprattutto al popolo delle discoteche, famoso per essere entrato in municipio con gli sci da neve, o per girare con una Bmw pur avendo dichiarato un reddito negativo di oltre 4.000 euro), oggi può contare sul sostegno indiscusso dei vertici del partito.
Sulla sua testa, però, pesa l’accusa di poca trasparenza nella gestione dei fondi del gruppo (circa 11 mila euro su un conto corrente a cui solo lui ha accesso), mossa dagli stessi compagni di banco ribelli, Nicola Rossi e Walter Bianchini, che sono in attesa di visionare l’estratto conto.
E’ con questi presupposti, e con questa atmosfera, che il popolo “verde” di Modena si prepara alle elezioni di primavera, quando dovranno essere rinnovati i segretari comunale e provinciale. In pole resta il leader uscente, Riad Ghelfi.
Attorno a lui, quasi certamente faranno quadro la compagna, Stefania Ballantini, consigliera comunale a Lama Mocogno, e responsabile organizzativa della segreteria Lega Nord Emilia, e il padre di lei, Loredano, segretario della circoscrizione di Frignano.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
MA ANCHE LUI E’ CONVINTO CHE LA LEGISLATURA ARRIVERA’ AL 2013… VOCE GROSSA CONTRO I “COMUNISTI” DI GIORNO E TRATTATIVE DI NOTTE
Berlusconi di lotta, Alfano di governo. 
È questa la spartizione dei ruoli che il Cavaliere ha in mente per i prossimi mesi, lo schema con il quale intende limitare i danni del sostegno a Monti.
È una partitura che ha iniziato a suonare ieri a Verona, chiamando a raccolta contro il pericolo di quegli stessi «comunisti» con i quali, di notte, Angelino Alfano tratta in gran segreto.
È un modulo molto rischioso con cui giocare, ne è prova la doccia fredda che ieri l’ex premier ha dovuto subire per bocca di Calderoli.
Un’umiliazione pubblica che in molti temevano e forse per questo – da Alfano a Cicchitto, da Letta a Bonaiuti – in fondo speravano (e consigliavano) che Berlusconi rinunciasse a intervenire al convegno di Giovanardi e rimanesse ancora un po’ «dietro le quinte».
A questa prudenza Berlusconi si è ribellato per una ragione che egli stesso ha spiegato in privato: «Deve alzare la voce contro il Pd e i tecnici, è l’unico modo per tenere aperto un canale con la Lega. Altrimenti il rapporto con Bossi è finito».
Un rapporto essenziale sia che si vada a votare con il Porcellum sia che riviva il Mattarellum dopo il referendum elettorale.
Senza la Lega, infatti, la speranza che il Pdl torni nell’area di governo resterebbe affidata unicamente a un’eventuale intesa con Casini.
Una prospettiva che fa rabbrividire l’ex premier. Berlusconi è tra l’incudine e il martello.
Ieri, alla tavolata allestita da Giovanardi al “Leon d’oro” di Verona dopo il comizio, il Cavaliere è parso immusonito, ancora sotto l’effetto delle dimissioni.
Niente «storielle» o barzellette, se ne è rimasto quasi sempre in silenzio.
Solo quando Gianfranco Rotondi, che in queste ultime settimane l’aveva spronato a non mollare, gli ha rinfacciato «l’errore » del passo indietro, Berlusconi si è scosso e ha risposto: «No, ti sbagli. Non potevo fare altro e poi così abbiamo accontentato Napolitano: il tempo ci darà ragione. Se questo governo farà le cose che deve fare bene, sennò… «.
Una frase lasciata in sospeso, per far capire a tutti che le elezioni anticipate restano un’arma a disposizione del Pdl e che Napolitano, se Berlusconi dovesse ritirare il proprio aver strappato al Quirinale il giorno delle dimissioni: «Mai nessuna maggioranza senza di noi in questa legislatura». Ma è una speranza a cui, in fondo, anche nel Pdl nessuno s’aggrappa.
«Per sciogliere il Parlamento serve un decreto firmato da due persone: Monti e Napolitano», osserva con realismo Guido Crosetto.
Nella cerchia stretta del Cavaliere sono in molti ormai rassegnati all’idea che l’attuale governo andrà avanti fino a scadenza naturale. Anche perchè la malattia dell’euro è più grave del previsto e il lavoro di Monti è soltanto all’inizio.
Per questo Berlusconi oscilla. Tiene un comizio in stile ’48 ma poi spedisce Letta e Alfano a trattare.
Un comportamento altalenante figlio dell’incertezza su come muoversi. «Dal giorno delle mie dimissioni – ha rivelato ieri per giustificare i toni accesi del convegno – io mi considero in campagna elettorale, ma questo non vuol dire che faremo venire meno la nostra collaborazione leale al governo».
Monti tuttavia «deve renderci partecipi delle misure che intende mettere in campo, perchè sia chiaro, il nostro non è un sostegno a scatola chiusa. Il Pdl resta il partito di maggioranza relativa e non rinuncerà a dire la sua su ogni provvedimento che contrasta con i nostri principi. Questo Monti non deve dimenticarlo ».
Voce grossa di giorno, accordi con «i comunisti» di notte.
È una tattica ad alto rischio, che può forse andar bene per qualche settimana ma sul lungo periodo le contraddizioni sono destinate a esplodere. «Se Monti va avanti fino al 2013 – confida Rotondi – l’asse con la Lega finisce. Questa fase può essere una parentesi solo se i tempi di Monti si accorciano».
Uno scenario che lo stesso Berlusconi, guardando alla crisi sui mercati, ritiene «purtroppo poco probabile».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Novembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE D’ORCHESTRA HA RICEVUTO IL PREMIO PAOLO BORSELLINO
«Non si può tenere la residenza fuori dall’Italia e poi sputare sul proprio Paese».
Il maestro Riccardo Muti, erede e massimo rappresentante della tradizione musicale italiana, si scaglia contro i suoi colleghi che polemizzano accodandosi a chi critica la classe politica, ma hanno residenza all’estero per risparmiare sulle tasse: «Ho la residenza in Italia e so che molti miei colleghi, direttori, registi e cantanti, non hanno la residenza in Italia – ha detto il direttore d’orchestra intervistato da Armando Torno su Radio24 -. È una loro scelta e ognuno è libero di fare quello che vuole. Però non sopporto chi poi polemizza contro la politica e i ministri».
Muti ha inaugurato la stagione dell’Opera di Roma dirigendo il verdiano Macbeth, trasposizione in musica della tragedia scespiriana.
Il teatro lirico della capitale qualche mese fa ha nominato Muti direttore onorario a vita del teatro.
Il maestro ha ricevuto in questi giorni il premio Paolo «Borsellino, eroe italiano», per «gli altissimi meriti artistici e morali».
Ed è stata questa l’occasione per discutere di chi rinuncia alla propria nazionalità per pagare meno tasse: «È chiaro che questo premio verrà tassato, ma sono comunque contento di avere la residenza fiscale in Italia».
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Novembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
UN COMUNICATO DELLA PRESIDENZA FRANCESE TORNA, CON TONI DRAMMATICI, SULLA CRISI ITALIANA E RICORDA GLI IMPEGNI PRESI…ORE DECISIVE PER MONTI, DAL PDL ARRIVANO SEGNALI PREOCCUPANTI
Una domenica milanese per Mario Monti. 
Un ritorno a casa, dopo 16 giorni vissuti a Roma (con le parentesi delle trasferte europee a Bruxelles e Strasburgo). Il barbiere – che ha aperto per lui il negozio stamattina – assicura di averlo visto “sereno”.
Ma è improbabile che questo, per il professore, sia stato un weekend tranquillo.
Con le nubi che si addensano sul quadro politico interno e le nuove prove da superare a livello internazionale.
A partire da un richiamo imprevisto che arriva dall’Eliseo: “Se c’è un problema italiano,
il cuore della zona euro è stato raggiunto”, dice con una nota la presidenza francese. “L’impegno di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel per sostenere l’italia è molto forte”, continua il comunicato.
Poi il monito: “Spetta all’italia fare quello per cui questo paese si è impegnato. Gli impegni di Roma non sono messi in dubbio da nessuno”.
Insomma, formalmente una dichiarazione di fiducia ma – di fatto – un nuovo richiamo a fare presto.
Nelle vesti di ministro dell’economia, Monti è atteso a Bruxelles per l’eurogruppo di martedì e l’ecofin di mercoledì.
Ma potrebbe partire anche con qualche ora di anticipo, per un contatto anticipato con le delegazioni francesi e tedesche.
Sul piatto c’è il piano segreto voluto dalla cancelliera Merkel – e appoggiato da Sarkozy – per un nuovo Patto di stabilità dell’Ue.
Lo scenario è quello di una moneta comune a due velocità , con un gruppo di Paesi virtuosi e uno di Paesi periferici.
A Monti, che ha saputo del progetto nella trilaterale di Strasburgo, tocca il difficile compito di mediare per evitare che le nuove regole della governance possano spaccare l’Europa e per avere voce in capitolo sugli impegni e le sanzioni per i Paesi inadempienti.
Sul fronte internazionale, ci sono anche le indiscrezioni che filtrano da Washington, dal Fondo monetario internazionale.
Si parla di un piano da 600 miliardi di euro per l’Italia se la situazione dovesse peggiorare.
Gli aiuti avrebbero tassi fra il 4-5%”, condizioni assai migliori rispetto ai mercati”.
Il retroscena, rivelato dalla Stampa, si arricchisce di altri particolari: il nostro Paese avrebbe 12-18 mesi di tempo per fare le necessarie riforme e ci sarebbe già stata almeno una conversazione telefonica tra Monti e il direttore del fondo, Christine Lagarde.
Una conferma, comunque la si voglia guardare, della preoccupazione con cui le autorità finanziarie e monetarie internazionali guardano alla nostra crisi.
Il segretario del Pdl ha annunciato – ospite di Fabio Fazio – di aver ricevuto una telefonata da Mario Monti: un invito a incontrarsi per esaminare le linee guida economiche del nuovo governo.
Offerta fatta anche a Casini e Bersani. Il segretario del Pdl ha spiegato che intende avere incontri “separati” anche con Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani e “con coloro i quali sostengono il governo”.
Insomma, è finita la stagione degli incontri segreti e dei passaggi nei tunnel.
Sul piano interno, non è rassicurante per il premier il Berlusconi da campagna elettorale che ha preso la parola a Verona.
Il Cavaliere – oltre al consueto attacco contro il centrosinistra definito “comunista” – ha messo nel mirino una delle possibili misure anti-crisi , cioè l’abbassamento della soglia di tracciabilità , definendola una misura da polizia tributaria.
Resta da capire, tra l’altro, quale potrà essere l’atteggiamento del Pdl nei confronti della minipatrimoniale cui pensa il premier, per il primo pacchetto di misure da approvare nel consiglio dei ministri del 5 dicembre.
Dovrebbe trattarsi di una tassazione, probabilmente temporanea, sulla casa.
Casa che verrà toccata sicuramente anche con il ritorno dell’Ici sulla prima abitazione: rafforzata con l’Imu federale e con un aggiornamento delle rendite catastali.
Nel pacchetto entreranno sicuramente anche le pensioni, con un anticipo della riforma-Fornero e un possibile aumento dell’età pensionabile, probabilmente a 63 anni già dal prossimo anno.
Come se non bastasse, tra domani e martedì il governo dovrà sciogliere il nodo dei sottosegretari: la trattativa è in gran parte risolta, ma restano alcuni scogli: la delicata delega alle comunicazioni e il ruolo di Vittorio Grilli, che Monti vorrebbe come vice all’economia ma che dovrebbe così rinunciare all’incarico, assai meglio retribuito, di direttore generale del Tesoro.
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Novembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
ALLO STUDIO ANCHE LA RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE PER FAVORIRE LE ASSUNZIONI, ASSEGNI SENZA INDENNITA’ INFLAZIONE, ICI PROGRESSIVA E RITOCCO IVA
Blocco dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita; riduzione del cuneo fiscale sul lavoro; niente patrimoniale finanziaria, ma più imposte sulla casa con la revisione delle rendite catastali e un’Ici progressiva; nuovi aumenti dell’Iva.
Sono queste le novità emerse ieri dalla lunga riunione al ministero del Tesoro tra il presidente del Consiglio, Mario Monti, e i ministri economici per preparare la manovra di aggiustamento dei conti pubblici e per la crescita che verrà approvata dal governo al più tardi lunedì 5 dicembre.
Per ora sono stati individuati i capitoli sui quali intervenire per far fronte all’emergenza.
La manovra si limiterà a 15 miliardi, forse anche meno, se la prossima settimana la Commissione europea concederà all’Italia, ma anche agli altri Paesi, lo sconto sulla misura dell’aggiustamento, cioè di considerare il ciclo economico avverso.
In caso contrario servirebbero almeno 25 miliardi per centrare il pareggio di bilancio nel 2013.
Pensioni
Il premier e ministro dell’Economia fa molto affidamento su questo capitolo per recuperare risorse fin dal 1° gennaio.
Svariati miliardi si potrebbero risparmiare bloccando la cosiddetta «perequazione automatica» delle pensioni, cioè l’adeguamento al costo della vita che scatta a gennaio di ogni anno. Considerando che solo nel pianeta Inps (escluse quindi le pensioni del pubblico impiego) ogni punto di inflazione vale un paio di miliardi di spesa per la perequazione e che quest’anno l’inflazione si avvicinerà al 3%, la misura può valere molto.
Un assegno di mille euro perderebbe, a seconda di come si fa il decreto, da pochi euro a 30 euro al mese in caso di blocco totale.
Già un provvedimento del governo Berlusconi – come in passato avevano fatto con decisioni simili i governi Prodi e Amato – ha previsto per il biennio 2012-2013 un blocco completo della perequazione per le quote di pensione ricche, quelle eccedenti 5 volte il minimo (2.304 euro) e parziale per quelle tra 3 e 5 volte il minimo (1.382-2.304 euro) che saranno rivalutate al 70%.
Il decreto potrebbe colpire queste ultime e anche le pensioni di importo inferiore salvaguardando solo quelle fino al minimo (circa 460 euro) o due volte il minimo.
Un’altra ipotesi per far cassa prevede il blocco dei pensionamenti d’anzianità , ma sembra avere meno chance.
La riforma
Altre misure per far fronte all’emergenza potrebbero riguardare l’anticipo al 2012 dell’aumento dell’età pensionabile per le donne del settore privato e di quota 97 (62 anni d’età e 35 di contributi oppure 61+36) per la pensione d’anzianità , che a legislazione vigente scatterebbe nel 2013.
Il pacchetto di provvedimenti urgenti sarebbe comunque accompagnato dal varo della riforma strutturale «per l’equità » messa a punto dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che introdurrebbe dal 2012 il calcolo della pensione col metodo contributivo pro rata per tutti e la fascia d’età pensionabile flessibile tra 63 e 68-70anni.
Il fisco e la crescita
Non ci sarà la patrimoniale finanziaria perchè, è convinzione del governo, alla fine i grandi capitali e gli evasori la farebbero franca, il gettito sarebbe minimo e gli svantaggi superiori ai benefici.
I patrimoni immobiliari verranno invece colpiti con l’Ici progressiva e la rivalutazione delle rendite catastali.
Altre risorse potrebbero arrivare da un ritocco dell’aliquota Iva del 10% e forse di quella già portata al 21% mentre l’evasione fiscale dovrebbe essere combattuta con una riduzione del tetto all’utilizzo del contante.
Le maggiori entrate andrebbero a finanziare un taglio di qualche punto del cuneo fiscale sulle imprese, forse attraverso maggiori sgravi Irap sul costo del lavoro.
Questa misura dovrebbe favorire le assunzioni e la crescita dell’economia insieme col pacchetto infrastrutture (project financing, cioè coinvolgimento dei privati), liberalizzazioni (professioni, esercizi commerciali) e dismissioni.
Enrico Marro
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