Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
“LA CANCELLIERA TEDESCA HA CAPITO CHE L’OCCIDENTE DVE RITROVARE SICUREZZA E FORZA”
L’Occidente è in crisi, divorato dalla crisi finanziaria e dal senso di colpa nei confronti delle culture lontane come l’Islam. Eccessiva, cautela, scarso coraggio, incertezza del proprio ruolo, ai quali si aggiunge “uno scetticismo corrosivo”.
“Quanto freddo e piatto è diventato l’Occidente?” si chiede il New York Times, in un commento del giornalista tedesco di Die Zeit, Jochen Bittner.
Per Bittner la nostra società “ha bisogno urgentemente di una dose dello spirito di Kennedy, perchè la legittimazione di un sistema può andare perduta velocemente se i suoi rappresentanti perdono la fiducia nel perseguire quello che è giusto”.
Come esempio negativo, l’opinionista indica Federica Mogherini, rappresentante della politica estera dell’Unione europea, che sul conflitto russo-ucraino si è mostratta troppo “dubbiosa” e “cauta”.
E quindi dopo aver scartato Barack Obama, David Cameron e Franà§ois Hollande, il quotidiano americano arriva a una conclusione: l’unico leader in grado di rivitalizzare lo spirito di John Fitzgerald è Angela Merkel.
Non accetterebbe mai il titolo. Tuttavia potrebbe ritrovarsi a forza dentro quel ruolo, così come è diventata con riluttanza la leader dell’Europa. E ci sono i segnali che ne è consapevole – e pronta ad accettarne – il carico. Le sue dichiarazioni sulla Russia (deve ritirarsi dall’Ucraina, o rimarrà sempre più isolata) e sull’Islam (appartiene alla Germania ma deve diventare più moderno) stanno acquisendo una forza sempre maggiore.
Una forza anche fisica: nei giorni scorsi ha intrapreso una maratona diplomatica che avrebbe stroncato chiunque.
Il 5 febbraio si trovava a Kiev in missione per la crisi ucraina, il 6 febbraio era a Berlino per ricevere il premier iracheno, nello stesso giorno ha preso il volo per Mosca dove ha avuto un colloquio cruciale con Vladimir Putin e Franà§ois Hollande, il 7 febbraio ha partecipato alla Conferenza sulla sicurezza per poi recarsi negli Stati Uniti.
Ma sono stati gli ultimi appuntamenti a mettere a dura prova la resistenza della Cancelliera: mercoledì 11 febbraio il lunghissimo e delicatissimo vertice di Minsk con Vladimir Putin e Petr Poroshenko, dal quale è comunque scaturito un accordo; dopo una notte al tavolo dei negoziati, la Merkel è volata a Bruxelles per il vertice dell’Eurogruppo dove ha incontrato per la prima volta Alexis Tsipras.
Per il New York Times, la statura politica della Merkel risiede non tanto nella qualità delle decisioni bensì nella visione complessiva:
Ciò che davvero importa è il fatto che la Merkel non si fa illusioni sulla gravità dell’attacco intellettuale all’Occidente, e sulla sua vulnerabilità . Lo scorso weekend alla conferenza sulla sicurezza di Monaco ha dedicato gran parte del suo discorso alla “irrequietezza” della società occidentale. Questo è un buon punto di partenza. Ma avrà bisogno di essere ancora più chiara contro le frange che desiderano diventare il nuovo centro.
Nel frattempo, dovrebbe ispirarsi alla saggezza di uno dei suoi predecessori, Otto Von Bismarck, che un giorno disse: “La parte più forte è occasionalmente debole a causa dei sussulti di coscienza; la parte più debole a volte è forte per la sua sfrontatezza”. Certe verità sono senza tempo. Non siamo timidi. L’Occidente può dominare la propria malattia auto-immune.Ma per farlo, deve bilanciare la propria coscienza con una piccola dose di sfrontatezza.
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
POPOLARI, ECCO TUTTI I GUADAGNI, META’ CON IL “BANCO”…”VIA ALLE AUDIZIONI, RICOSTRUIREMO IL CIRCUITO DELL’INFORMAZIONE PRIVILEGIATA”
Qualche dichiarazione pubblica, un paio di tweet e alla fine un comunicato stampa ufficiale non sono
bastati a colmare la sete di conoscenza della Consob.
Davide Serra dovrà prendere un volo Londra-Roma per recarsi negli uffici dell’Authority che vigila sui mercati e spiegare cosa sapeva prima del 16 gennaio su quanto il governo del suo “amico” Matteo Renzi stava progettando sulla trasformazione delle banche popolari in società per azioni.
La lettera di convocazione è partita.
Ad anticipare le mosse dell’inchiesta era stato in qualche modo lo stesso presidente di Consob, Giuseppe Vegas, in un passaggio in “legalese” del suo intervento davanti alla Commissione Finanze.
“Sono in corso di predisposizione – aveva detto – richieste volte a ricostruire il circuito informativo dell’informazione privilegiata, ovvero l’ambito in cui la stessa è maturata, il momento a decorrere dal quale essa ha assunto i requisiti di informazione privilegiata e i soggetti coinvolti nel circuito informativo “.
Vegas vuole utilizzare tutti i poteri che la normativa sugli abusi di mercato gli concede per ricostruire i fatti: “Procederemo ad audizioni – ha aggiunto nei confronti di alcuni soggetti rispetto ai quali sono già emersi elementi che portano a ritenere necessari indagini specifiche più approfondite”.
E uno di questi soggetti è il finanziere Serra, che oltre ad aver sempre sostenuto di investire nelle Popolari, sembra sia stato protagonista la settimana stessa dell’annuncio di Renzi di una riunione a Londra negli uffici del suo fondo Algebris sul tema in discussione al governo.
Gli uffici ispettivi della Consob hanno ricostruito i momenti salienti con cui il mercato è stato informato della possibile abolizione del voto capitario (una testa, un voto) per le prime 10 banche popolari italiane.
Le prime indiscrezioni pubbliche hanno iniziato a circolare il 3 gennaio, mentre il primo annuncio ufficiale del governo risale a venerdì 16 gennaio, quando, a mercati chiusi, il premier Renzi ha parlato della riforma sul comparto bancario.
Il 20 gennaio si è chiuso il cerchio con il consiglio dei ministri che ha varato la riforma per le sole banche con attivi superiori a 8 miliardi di euro.
Il boom dei titoli in Borsa è avvenuto lunedì 19 gennaio: in una seduta la PopMilano ha guadagnato il 14,9%, la Ubi il 9,7%, il Credito Valtellinese il 9,63%, la PopEmilia l’8,5%, il Banco Popolare l’8,3%, la PopEtruria l’8,2% e la PopSondrio l’8%.
Gli uomini della vigilanza hanno scandagliato le compravendite avvenute nel periodo sensibile e hanno evidenziato plusvalenze effettive e potenziali per 10 milioni di euro.
Il dossier più scottante riguarda il Banco Popolare, una delle banche su cui Serra ha ammesso di aver operato, seppur in perdita, ma non nel periodo rilevante.
Secondo le carte Consob, tra il 2 e il 16 gennaio 2015 un intermediario estero trattando quasi l’1% del capitale avrebbe conseguito una plusvalenza di 3,5 milioni di euro.
La posizione è stata chiusa tra il 19 e il 23 gennaio.
Un operatore italiano invece ha incassato un milione con il trading sullo 0,3% della banca, un altro 350mila euro, altri ancora ricavi residuali compresi tra 23 e 30mila euro.
Qui la Consob ha trovato anche derivati acquistati il 13 gennaio con un obiettivo di prezzo di 10,5 euro e le scommesse al ribasso sul titolo da parte della società inglese Aqr Capital management Llc, un hedge fund londinese di proprietà di un ex banchiere di Goldman Sachs.
L’altro fascicolo corposo è relativo alla PopMilano, sulla quale sempre dall’estero è stata ottenuta una plusvalenza di 1,4 milioni di euro.
Un intermediario italiano ha acquistato tra il 7 e il 9 gennaio, portandosi a casa un utile di 800mila euro, un altro ha comprato il 16 e venduto il 19 con una plusvalenza di 220mila euro.
Quest’ultimo trader ha procurato anche un guadagno di mezzo milione di euro a un investitore estero.
Altri intermediari hanno avuto utili minori e uno di questi è risultato attivo anche sulla PopEtruria, la banca ai cui vertici siede il padre del ministro Maria Elena Boschi, sulla quale la Consob ha messo in luce due piccole operazioni (con profitti per 2500 e 10mila euro) e le vendite allo scoperto dei fondi Gsa Capital e Kairos Investment.
Movimenti minori per la PopEmilia e il Credito valtellinese, mentre su Ubi Banca gli 007 di Consob hanno scovato guadagni per 760mila, 300mila euro e 83mila euro, più un’operazione in derivati.
Walter Gabiati
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
IL BLOG PUBBLICA L’AUDIO DI UNA CONVERSAZIONE “RUBATA” TRA L’EX MUCCI E RABINO (SCELTA CIVICA), MA LA “PISTOLA FUMANTE” SI RIVELA UN FERROVECCHIO
«50mila euro al mese di soldi dei cittadini per appoggiare il governo Renzi».
Così il gruppo parlamentare dei 5 Stelle titola un audio «pirata» tra l’ex Movimento Cinque Stelle Mara Mucci, ora Alternativa Libera, e Mariano Rabino, deputato di Scelta Civica.
La telefonata, sotto forma di file video, è stata pubblicata sulla pagina Facebook del gruppo e sul blog di Beppe Grillo.
Nella registrazione si sente Rabino offrire la possibilità agli ex M5S di entrare nel gruppo di Scelta Civica e così avere a disposizione (come previsto dalle norme) 50mila euro al mese per le necessità organizzative del gruppo stesso.
Non si tratta quindi di chissà quale cifra corruttiva per giustificare un cambiamento di gruppo, ma semplicemente la quota pro-capite che viene assegnata a ciascun gruppo in base alla sua consistenza, cifra che viene percepita e incassata quindi anche dai Cinquestelle e destinata al funzionamento del gruppo.
Rabino: «Metodi da Gestapo»
«Siamo a metodi da Gestapo: l’audio pubblicato dai 5 stelle è estrapolato dal contesto. Mi riservo iniziative di carattere legale», annuncia Mariano Rubino commentando l’accusa dei parlamentari del Movimento.
«Io – aggiunge – non ho detto nulla di scandaloso, non vi è nessun mercanteggio: ho solo ipotizzato un processo di avvicinamento politico tra gruppi. E le risorse sono quelle a disposizione dei deputati, usate anche dal gruppo dei 5 Stelle».
Mucci: «Denuncerò in Procura»
Stessa rezione da parte della deputata di Alternativa libera Mara Mucci, l’altra persona coinvolta nella telefonata: «Come avevamo denunciato dopo la nostra uscita dal M5S siamo dinanzi a metodi di stampo fascista. Non c’è stata nessuna compravendita tra le parti, non ho mai accettato nessuna offerta, che tra parentesi non è stata mai fatta. Farò valere le mie ragioni in tutte le sedi opportune, comprese le vie legali».
E aggiunge: «I fondi di cui parliamo sono gli stessi che intasca il Movimento, quasi quattro milioni di euro, sul funzionamento del gruppo. Adesso attivano la macchina del fango. Cari deputati dipendenti della “Casaleggio associati” state esagerando, ma non ci fate paura. Non abbiamo nulla da nascondere. Anzi, gli unici che fanno politica per i soldi sono Grillo – che ha la residenza in Svizzera – e Casaleggio che grazie al blog e agli sponsor guadagnano cifre spropositate».
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
“LAVITOLA ALLORA SI PRECIPITAVA CON DENARO CONTANTE: DUE MILIONI DI EURO IN PIU’ RATE”
“Compravendita dei senatori? E’ la peggiore vicenda di malcostume politico della storia dell’Italia
repubblicana e io me ne sono fatto portatore“.
Sono le parole di Sergio De Gregorio, l’ex senatore reo confesso, che l’11 febbraio ha deposto al Tribunale di Napoli nel processo che vede imputati Silvio Berlusconi e Valter Lavitola, accusati di averlo pagato milioni per passare dal centrosinistra al centrodestra.
L’ex parlamentare, eletto con Idv e poi passato al Pdl, nella sua lunghissima deposizione ha ricostruito tutti i passaggi di quella che lui stesso ha definito la ‘compravendita dei senatori’.
“Ho pattuito con Berlusconi” — afferma — “di passare allo schieramento di centrodestra in cambio di 3 milioni di euro di cui uno corrisposto sotto forma di finanziamento al ‘Movimento Italiani nel mondo’ e il resto in contanti, somme consegnatemi in varie rate da Lavitola, che mi disse che la ‘provvista’ avveniva attraverso conti esteri”.
E spiega: “I soldi me li ha dati sempre Lavitola personalmente, impacchettati dentro una cartellina e avvolti da pagine di giornali. Mi faceva una telefonata. Andavo io alla sede dell’Avanti oppure veniva lui nei pressi di Palazzo Madama e mi consegnava i soldi”.
De Gregorio rivela: “Se c’era un ritardo inspiegabile nei pagamenti, per i quali io pressavo, non mi presentavo in Aula, il che scatenava il panico tra i senatori di Fi. A quel punto, Lavitola si precipitava per darmi i soldi”.
L’ex senatore ha ricordato che il primo contatto con Berlusconi avvenne agli inizi del 2007, in una clinica dove De Gregorio era ricoverato per una colica: “Il Cavaliere venne a trovarmi, era convinto che il governo Prodi sarebbe andato a casa. Io dissi che sarei andato in Aula anche in barella”
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE GENERALE L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI: “TRITON NON BASTA, MARINA ITALIANA EROICA CON MARE NOSTRUM”
“Nel canale di Sicilia non abbiamo assistito a una tragedia, ma a un crimine. Triton non basta: ha un raggio di intervento troppo limitato e troppi pochi mezzi a disposizione”.
A parlare da Ginevra è William Lacy Swing, tra i numeri uno dell’immigrazione mondiale. Il direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) critica l’Europa che “deve passare dal controllo delle frontiere al salvataggio di vite umane” e plaude agli italiani “eroici” e all’operazione Mare nostrum: “Ciò che è stato realizzato con questa operazione è stato impressionante”.
Direttore si parla forse di 300 morti nel canale di Sicilia. Come commenta l’ennesima tragedia?
“Secondo quanto appreso dal nostro staff a Lampedusa, è ancor peggio di una tragedia: è un crimine, uno dei peggiori che abbia mai visto in 50 anni di carriera. Le organizzazioni di trafficanti agiscono con impunità e centinaia di persone stanno morendo. Il mondo deve reagire”.
La tragedia poteva essere evitata?
“In questa circostanza è emerso chiaramente come gli italiani si siano comportati in modo eroico, quando all’inizio di questa settimana la Guardia costiera ha effettuato una operazione di soccorso molto coraggiosa, lontano dalla costa e in condizioni di mare proibitive. Nonostante l’assenza di Mare Nostrum, hanno comunque soccorso oltre 100 persone che si trovavano sul primo di una serie di gommoni partiti dalla Libia. Quello che è successo in seguito e che ha portato a un totale di oltre 300 vittime dimostra quanto sia necessario rafforzare le operazioni di salvataggio di vite umane nel Mediterraneo”.
Cosa si può fare per evitare ulteriori stragi?
“La priorità è salvare le vite di coloro che purtroppo cadono nelle mani dei trafficanti in Libia e altrove e si trovano ad affrontare una pericolosa traversata in alto mare. Sono state 170.100 le persone arrivate in Italia nel 2014. L’anno scorso a gennaio arrivarono 2171 persone, quest’anno 3528. È già evidente che la fine di Mare Nostrum non porterà a una diminuzione del flusso di tanti disperati che fuggono da gruppi armati o da persecuzioni. Gli arrivi via mare in Europa sono la diretta conseguenza di situazioni di crisi che non accennano a migliorare. Basti pensare alla guerra in Siria, alla crisi libica, alla presenza di Boko Haram in Nigeria, a ciò che accade in Iraq, ma anche a tante situazioni di instabilità economica. Sono tutte crisi umanitarie che non saranno risolte nel breve periodo. Con Mare Nostrum il Mediterraneo era pattugliato in modo ampio, ora non lo è più. Occorre dar vita a un meccanismo di ricerca e soccorso più efficace. Se la comunità internazionale è stata capace di porre termine alla pirateria lungo la costa della Somalia, può essere sicuramente in grado di salvare migranti che sono mandati a morire in mare dai trafficanti di persone”.
Quali sono i limiti e le criticità di Triton?
“L’operazione di controllo delle frontiere finanziata dalla Ue, Triton, ha un raggio di intervento geograficamente troppo limitato e ha troppi pochi mezzi a disposizione. Il focus deve essere la ricerca e il salvataggio in mare e non il controllo delle frontiere”.
Era meglio l’operazione Mare nostrum?
“Mare Nostrum ha portato avanti un compito altamente umanitario e ha salvato quasi 200.000 persone, tra cui molte donne e bambini. Nonostante 3279 migranti siano morti nel Mediterrano l’anno scorso, ciò che è stato realizzato con questa operazione è stato impressionante”.
L’Europa fa abbastanza per soccorrere in mare?
“È urgente che l’Europa modifichi le priorità , passando dal controllo delle frontiere al salvataggio di vite umane. L’Europa deve essere pronta a fornire assistenza a coloro che rischiano le loro vie in mare, ampliando il limite geografico dell’operazione Triton”.
L’Italia ha delle colpe?
“L’Italia ha fatto un grande sforzo con l’operazione Mare Nostrum, e sta ancora salvando vite umane solo grazie alla Guardia Costiera e a quelle ormai poche navi della marina Militare che ancora pattugliano il Mediterraneo”.
Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
ERANO ALL’APERTO E ZUPPI D’ACQUA, MA LO SPAZIO AL COPERTO ERA INSUFFICIENTE
Per loro, abituati a esaminare corpi mutilati, bruciati, gonfi d’acqua, il compito questa volta è stato
perfino più straziante.
«Intatti, senza un graffio, sembrava che dormissero. Ventinove ragazzi uccisi dal freddo». Loro sono gli uomini del Gabinetto regionale della polizia scientifica, appena rientrati a Palermo dopo avere esaminato i cadaveri dei migranti assiderati nel viaggio di ritorno sul gommone della Guardia costiera di Lampedusa che era andato a prenderli nel mare in tempesta.
A oltre 120 miglia dall’isola e a un tiro di schioppo dalla costa libica.
Il mare in tempesta
Tirati a bordo vivi, felici della morte scampata in mare, pronti a fare a pugni per salire prima degli altri sulla motovedetta della salvezza.
Una barca di 27 metri, dove al coperto possono stare non più di dieci uomini, diventata la loro tomba.
Temperatura di 3 gradi, mare forza 8, vento a 60 nodi, il mare che entrava dentro a ogni onda, nessun riparo se non la temporanea ospitalità a turno nel vano della tolda di comando, la coperta isotermica come un orpello inutile.
«Solo tre di loro indossavano giubbotti – raccontano gli uomini della Scientifica – gli altri avevano addosso tutto il guardaroba che possedevano, come fanno sempre i migranti che non possono portare bagagli. Biancheria, magliette, golf, pantaloni, uno strato sopra l’altro. Ai piedi al massimo ciabatte. Tutto inzuppato d’acqua, abbiamo dovuto faticare per togliere i vestiti ed esaminare i corpi alla ricerca di qualche elemento utile per l’identificazione: una cicatrice, un segno particolare…».
Le tasche piene di biglietti
Ma i 29 morti di freddo – tranne un ivoriano di 31 anni che aveva con sè la carta d’identità ed è riuscito a salvare almeno il nome – avevano addosso ben poco di particolare.
Una sfilata di corpi intatti, qualcuno con una mazzetta di euro nascosta nelle mutande, qualcun altro con un biglietto con i numeri di telefono da chiamare all’arrivo.
I soccorritori si sono resi conto solo all’arrivo che erano morti, credevano che dormissero. Soccorritori che hanno messo in gioco la loro stessa vita e hanno fatto rotta verso Lampedusa, con condizioni del mare proibitive, nonostante la Libia fosse a poche miglia. Avrebbero potuto chiedere al Comando generale l’autorizzazione a riparare nel porto più vicino e restare alla fonda, come vuole la legge del mare.
In un paio di ore di navigazione si sarebbero messi tutti in salvo.
E invece sono tornati indietro, affrontando un viaggio di oltre 20 ore contro le sei dell’andata. E con un motore mezzo in avaria.
La tragica scoperta
Sono in tanti, sommessamente, con il rispetto dovuto a gente che ha rischiato di morire, a dire che è stato un errore, mentre altri sostengono che non ci fosse altra scelta: la Libia è un Paese nel caos, senza più interlocutori affidabili.
Salvatore Caputo, 66 anni, infermiere volontario del Cisom, il corpo di soccorso dell’Ordine di Malta, era a bordo di quella motovedetta.
«Siamo partiti verso le tre del pomeriggio di domenica – racconta – dopo avere ricevuto l’allerta dalla centrale operativa e siamo arrivati nei pressi del primo gommone verso le otto e mezza di sera, con il vento che soffiava a 75 chilometri orari e i naufraghi che si accalcavano e si calpestavano per salire a bordo per primi. Dopo qualche ora, verso le 4-5 di mattina, il primo di loro non ha retto al freddo e agli sforzi del viaggio ed è morto». Via via, è toccato agli altri 28, nelle ore interminabili del viaggio verso le coste italiane. «Solo una volta, arrivati a poche miglia dal porto di Lampedusa – aggiunge Caputo – è stato possibile iniziare la conta dei cadaveri. Siamo approdati lunedì pomeriggio, ho avuto una crisi di pianto. Sono crollato, come molti vicino a me»
Le bare senza nome
Le bare sono arrivate a Porto Empedocle, accolte dal prefetto di Agrigento Nicola Diomede. Saranno tumulate nei cimiteri del comprensorio che hanno risposto all’appello della solidarietà .
Dentro le bare i ragazzi sono nudi, i loro vestiti laceri e duri come il cartone messi in una busta al loro fianco: difficile perfino rivestirli dopo l’esame dei cadaveri.
Gli uomini della Scientifica hanno scattato fotografie, hanno preso le impronte digitali, estratto il Dna, tolto e schedato i pochi oggetti che avevano con sè. Reperti che saranno portati nel laboratorio dell’antico palazzo in via San Lorenzo, periferia di Palermo, che ospita il Gabinetto regionale della polizia.
Accanto a quelli dei 366 morti del 3 ottobre 2013, nel mare dell’Isola dei Conigli.
Ancora in gran parte fantasmi, senza nome nè storia.
Laura Anello
(da “La Stampa”)
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
VINCE LA RIVOLTA POPOLARE CONTRO LA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA DI COMUNICAZIONI SATELLITARI DELLA MARINA AMERICANA
Il Muos è pericoloso per la salute dei cittadini.
Con questa motivazione i giudici del Tar di Palermo hanno accolto il ricorso presentato dal Comune di Niscemi (Caltanissetta) contro la realizzazione del sistema di comunicazioni satellitari della Marina militare statunitense che sorge in contrada Ulmo.
Nella sentenza della prima sezione del Tribunale amministrativo regionale, presieduta da Caterina Criscenti, si legge che lo “studio dell’Istituto superiore di sanità costituisce un documento non condiviso da tutti i professionisti che hanno composto il gruppo di lavoro e — fatto ancor più significativo — risulta non condiviso proprio dai componenti designati dalla Regione siciliana, Mario Palermo e Massimo Zucchetti“.
I due esperti, con una loro autonoma relazione allegata allo studio Iss, evidenziano, fra l’altro, che rimangono aperte le valutazioni predittive in campo vicino, per le quali la stessa relazione principale dell’Iss dà atto trattarsi di un campo molto esteso vista la dimensione delle antenne e di non avere a riguardo informazioni specifiche. Inoltre, non sarebbe stata ben indagata nello studio Iss neppure la reale dimensione del rischio alla salute”.
L’impianto, in corso di realizzazione da parte della Marina militare statunitense, inizialmente è stato avversato anche dal presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, che aveva sospeso i lavori, in attesa di un’analisi da parte dell’Iss.
Arrivate le valutazioni dell’Istituto, la Regione aveva ridato l’autorizzazione all’impianto.
Non solo: la sentenza dei giudizi amministrativi non solo sottolinea che l’autorizzazione paesaggistica concessa nel 2008 “sarebbe irrimediabilmente scaduta”, così come il nulla osta dell’Azienda Foreste demaniali, ma evidenzia la mancanza anche di “indagini preliminari circa le interferenze del Muos rispetto alla navigazione aerea relativa all’aeroporto di Comiso e studi in materia di tutela della salute dalle esposizioni elettromagnetiche e di tutela ambientale”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
UN SALTO ALLA CAMERA CON IL SOLITO ATTEGGIAMENTO PROVOCATORIO DA GUAPPO IN LIBERA USCITA
Giovedì 12 febbraio nella notte, dopo l’aggressione di alcuni deputati del Pd ai deputati di Sel (era in
corso la seduta-fiume sulle riforme costituzionali), è comparso alla Camera il premier Matteo Renzi.
Ci si aspettava che intervenisse per rasserenare gli animi o per rispondere nel merito posto dalle critiche dell’opposizione, ma è rimasto silente tutto il tempo. A parole.
Ma con i comportamenti e i gesti ha comunicato tutto il tempo.
Ha preso scherzosamente a microfonate il ministro Delrio, ha chiacchierato con la Boschi, ha guardato ostentatamente con sorrisi di scherno e con fare di sfida alcuni deputati dell’opposizione, ha continuato a darsi il cinque con il suo “cerchio magico”, da Carbone a Bonifazi, si è aggirato tra i banchi dei deputati diffondendo buffetti e battute.
Fregandosene del dibattito in corso e non rispondendo agli inviti ad intervenire per chiarire gli aspetti controversi della riforma costituzionale ha fatto dell’altro.
Con un atteggiamento che a Napoli, chiamerebbero da guappo, a Roma da coatto e a Firenze da bullo.
Un atteggiamento provocatorio. Un paio di volte si è fatto portare dagli uffici della presidenza il foglio con i tempi (pochi) rimasti a disposizione dell’opposizione per intervenire in aula, rimirandoli soddisfatto.
Era interessato a sapere quando si chiuderà la riforma della Costituzione-trattata come un decreto-legge- non a confrontarsi con il Parlamento.
Renzi si è laureato con una tesi su Giorgio La Pira, uomo sobrio, misurato, dialogante, capace di stabilire ponti, sincero e leale.
Non si capisce cosa abbia imparato Renzi, scrivendo quella tesi. Il premier ha dichiarato un paio di giorni fa: “Se vogliono lo scontro, lo avranno”.
La Pira avrebbe detto al contrario: “Se vogliono il dialogo, lo avranno”.
Giulio Marcon
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
LA MINORANZA PD: “NON SI VOTANO LE RIFORME CON UN’AULA MEZZA VUOTA, OCCORRE DIALOGO NON PROVE DI FORZA”… E IN FORZA ITALIA C’E’ CHI NON CONDIVIDE IL MURO CONTRO MURO
“Deriva autoritaria”, “vedrete i sorci verdi” e “votatevi da soli questo obbrobrio di riforme”.
Le forze dell’opposizione – Fi, M5s, Lega, Sel, FdI ed ex 5 Stelle – annunciano l’abbandono dell’aula mentre la maggioranza è determinata ad andare avanti ad oltranza sul nuovo Senato.
Il Pd però si spacca, come anche Forza Italia.
Di fatto, imploso il patto del Nazareno, le tensioni sulle riforme non fanno altro che portare a galla le divisioni interne alle due forze politiche.
Nella minoranza dem c’è chi appoggia l’Aventino e fa sapere che non parteciperà alle votazioni. E’ il caso di Pippo Civati e Stefano Fassina che si chiamano fuori.
Sul ddl Boschi è ancora scontro a Montecitorio.
Frasi durissime arrivano da Renato Brunetta, capogruppo a Montecitorio di una Forza Italia che al Senato questa riforma l’ha già approvata: “Denunciamo – dice invece oggi – la deriva autoritaria che, nel metodo e nel merito, la riforma costituzionale e la legge elettorale hanno assunto in questa fase della vita politica del Paese. Un colpo mortale alla democrazia parlamentare”.
E poi: “Abbiamo deciso di non partecipare ai lavori dell’aula. Altro che Aventino, vedranno i sorci verdi”.
Ma nel partito non tutti sono d’accordo, e le insoddisfazioni emergono all’istante: in via di costituzione un fronte di deputati a favore del rientro in aula.
Pare, peraltro, che anche alla riunione dei deputati Fi ci sia stata una discussione particolarmente accesa.
Tra i deputati ‘pro confronto’, Saverio Romano, Maria Stella Gelmini, Elena Centemero e Stefania Prestigiacomo.
“Piuttosto che non farle, le votiamo da soli”, replica in un primo momento il capogruppo democratico alla Camera, Roberto Speranza, a pochi minuti dall’assemblea del partito alla quale interviene anche Matteo Renzi, salvo poi ritentare una mediazione dinanzi a un muro contro muro che avrà come effetto d’impatto un emiciclo parzialmente vuoto.
Renzi continua a parlarsi allo specchio: “Qui c’è un derby tra chi vuole cambiare l’Italia e chi vuole rallentare il cambiamento”.
Parole che stoppano sul nascere le richieste di una fetta del partito.
Soltanto poco prima, infatti, era stato il dissidente dem Alfredo D’Attore ad anticipare la linea della minoranza: le riforme non si possono fare a colpi di maggioranza – aveva detto -, sì al dialogo col M5s.
Ecco perchè, durante l’assemblea con Renzi, a ribadire il concetto espresso da D’Attorre è il deputato Gianni Cuperlo che propone di aprire alla richiesta del Movimento 5 Stelle di votare a marzo l’articolo 15 del ddl Boschi, quello sul referendum. “Non possiamo votare le riforme – ha spiegato Cuperlo – con l’aula mezza vuota”.
A riunione conclusa, gli fa eco Fassina: “E’ inaccettabile votare” le riforme “da soli, abbiamo fatto il capolavoro politico di ricompattare tutte le opposizioni”.
Ed è a questo punto che Speranza ci riprova con un appello al M5s collocandosi con le sue dichiarazioni a metà strada tra la posizione del premier e quella della minoranza dem: “Non siamo soddisfatti – sottolinea il capogruppo -, un’aula con i banchi vuoti non è l’aula che vogliamo. Abbiamo i numeri per andare avanti anche da soli, ma penso che sia un errore”. Tra i banchi delle opposizioni è rimasto un deputato per gruppo per non far decadere gli emendamenti delle minoranze.
Le quali, nel frattempo, decidono di rivolgersi pure al capo dello Stato.
L’iniziativa la prende il forzista Brunetta che contatta il segretario generale del Quirinale, Donato Marra, per sondare la disponibilità di Sergio Mattarella a ricevere una delegazione di deputati ‘scontenti’.
E’ sempre Brunetta a far sapere che, bontà sua, alla fine il presidente della Repubblica ascolterà le opposizioni, gruppo per gruppo, da martedì.
(da “La Repubblica“)
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