Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
STUDIA LE CARTE CON I SUOI LEGALI E CONTESTA LO STATUTO: “L’UNICO ABUSIVO E’ BERLUSCONI, NON E’ MAI STATO ELETTO PRESIDENTE”
Fitto resiste. Fitto rilancia.
Fitto, il capo dei ribelli ormai vuole farlo impazzire: “Berlusconi fa finta di non capire, lui e quelli attorno che soffiano sul fuoco. Mi vuole cacciare? Non riuscirà a cacciare nessuno”.
È già pronto, il ribelle, non solo alla battaglia politica, a un tour nell’Italia — a partire dall’iniziativa del 21 a Roma — all’insegna dell’“azzeriamo tutto”.
È pronto pure alla battaglia in tribunale, cartoffie e carte bollate.
Se Berlusconi proverà ad espellerlo: “Qua — ripete ai suoi — è tutto farlocco, pure lo statuto”. Analizzato, sottolineato, studiato già dai suoi avvocati. Carta canta.
Berlusconi pare allergico pure alle regole interne.
I legali di Fitto ci guidano tra le norme.
L’articolo 55 è quello che regolamenta “il provvedimento disciplinari”. Così recita: “Ogni iscritto che ritenga sia stata violata una norma dello statuto o che sia stata commessa un’infrazione disciplinare o un atto lesivo dell’integrità morale del Movimento, può promuovere con ricorso scritto il provvedimento davanti al collegio dei Probiviri competente”.
Come accadde ai tempi di Fini, nell’allora Pdl. Peccato che nel passaggio dal Pdl a Forza Italia, i probiviri non siano mai stati nominati. Non ci sono.
Attenzione, non è roba da poco. Perchè, sempre secondo lo statuto all’articolo 52, devono essere “eletti” dal Consiglio Nazionale, procedura non breve.
E senza i probiviri, è impossibile espellere qualcuno. O sospenderlo.
“Ma chi vuole cacciare”, ripete Fitto, “qua è tutto farlocco”.
Tutto farlocco perchè, secondo i ribelli, non è valido non solo questa o questa norma, ma lo statuto.
Riesumata Forza Italia, non è stato votato da un congresso.
Anzi, da quando è stata riesumata Forza Italia, non è stato fatto nessun congresso.
Non è un caso che — basta andare sul sito di Forza Italia e scaricare il documento — sulla copertina c’è scritto: “Statuto di Forza Italia 1998, approvato dall’Assemblea nazionale del 18 gennaio 1997. Con modifiche apportate dal Consiglio nazionale del 4 luglio 1997, del 20/21 febbraio 1998, dal congresso nazionale del 16 aprile 1998, dal consiglio nazionale del 20 luglio 1998 e dal congresso nazionale del 27/28/29 maggio 2004”.
Ecco, dopo la riesumazione, è stato mai votato? Per i fittiani no, per il cerchio magico fu approvato per acclamazione a un consiglio nazionale.
Certo è che non si è fatto mai alcun congresso.
“Tutto illegittimo” sostiene Fitto coi suoi. E se proprio il gioco si fa duro, ecco lo sfregio. Farlocco pure il presidente Silvio Berlusconi.
Carta canta, all’articolo 19: “Il presidente del Movimento Politico Forza Italia è eletto dal Congresso Nazionale secondo le modalità previste dal regolamento”.
Ma il congresso non si è fatto: “L’Epurator è abusivo” mormorano i ribelli. Abusivo e non solo.
Prosegue l’articolo: “In caso di dimissioni o impedimento permanente del Presidente, il comitato di presidenza convoca il consiglio nazionale per provvede alla sostituzione temporanea”.
Che si intende per impedimento? Stato di salute o pure i servizi sociali a Cesano Boscone sono impedimento.
Ecco, si affilano le armi. Casomai la rissa arrivasse in tribunale. Tragedia, farsa, chissà . Dall’epurazione alle comiche finali il passo è breve.
Un azzurro ammesso a corte dice: “Berlusconi ha un solo modo per liberarsi di Fitto, perchè non riuscirà a cacciarlo. Ed è quello di fondare un altro movimento, tanto il marchio Forza Italia rimane a lui”.
Dal Che fai, mi cacci? al Sai che c’è, mi caccio.
Qualche settimana fa, nel corso di una assemblea con i parlamentari la buttò così, quasi per gioco: “Con questa legge elettorale il centrodestra deve andare per forza unito. Sarebbe una follia andare frazionati al voto. Dobbiamo presentarci con una lista unica”. Il nome, fatto come esempio in quella sede è “Lega delle Libertà ”. Pare che il nome non sia ancora stato registrato, almeno così raccontano fonti autorevoli, ma la suggestione aleggia. Prematuro, forse. Prima ci sono le regionali.
Raffaele Fitto aspetta il cappotto di Forza Italia per marciare sul quartier generale. Berlusconi aspetta che Fitto perda in Puglia per dirgli che non vince neanche a casa sua. Si va avanti così, ormai è irrecuperabile.
Che fai, mi cacci o Mi caccio?
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
BERLUSCONI VENDE UN PEZZO DI MEDIASET, SFRUTTANDO UN PREZZO DI BORSA PIU’ ALTO CHE MAI…OSSIGENO PER LE CASSE FININVEST
Il Nazareno è morto, il momento è propizio per vendere. 
Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi, collocherà circa 92 milioni di azioni di Mediaset, pari al 7,79% del capitale, scendendo al 33,4% della controllata.
Una mossa che non gli farà perdere il controllo, restando azionista di riferimento del Biscione. Ma l’obiettivo è capitalizzare, fare cassa.
Con l’attuale valore in Borsa delle azioni Mediaset, che varia tra 4,06 euro e i 4,262 euro del prezzo di chiusura odierno, l’incasso per la famiglia di Arcore a questi valori si aggira tra i 373 e i 392 milioni di euro.
Il collocamento delle azioni avverrà attraverso una procedura di ‘accelerated book building’.
Un’operazione veloce, quindi, ma che comporterà uno sconto massimo del 4,7% sul prezzo di chiusura. Poco male, vista la crescita esponenziale del valore delle azioni Mediaset da due anni a questa parte.
Cioè quando sono nate le larghe intese del governo guidato da Enrico Letta: a quei tempi, un’azione valeva sul mercato 1,9 euro, oggi quasi il triplo.
La risalita è stata graduale ed è culminata con la stipula del Patto del Nazareno: a febbraio 2014 le azioni valevano 4,2 euro. Come oggi, grossomodo.
Se si tiene conto che la partecipazione nella tv di Cologno è in carico a 1,09 euro, la plusvalenza lorda per Fininvest potrebbe toccare, con questa operazione, la punta massima di 290 milioni.
Ora che il Patto del Nazareno è morto (o comunque moribondo), l’occasione, quella giusta, per cedere quote consistenti della partecipazione in Mediaset potrebbe non presentarsi più. Non a questi prezzi di favore.
D’altro canto per il Cav, oltre alle valutazioni politiche, ci sono quelle economiche da fare.
Come il fisiologico calo degli incassi derivanti da Publitalia: come ricordava il Fatto qualche giorno fa, solo nel 2007 Publitalia ’80 incassava 3 miliardi di euro, ora arriva a stento a due.
Un’emorragia continua nei conti di casa Berlusconi. E che non si può sottovalutare. Basti pensare che l’ultima volta che il Cav ha ceduto parte delle azioni del Biscione risale a 10 anni fa.
Come ricorda Repubblica, “nell’aprile 2005, all’indomani di una sonora sconfitta alle elezioni regionali, Fininvest, che allora deteneva direttamente e indirettamente il 50,99% di Mediaset, aveva avviato il collocamento di 197 milioni di titoli ordinari Mediaset, pari a circa il 16,68% del capitale sociale”.
La motivazione ufficiale della Holding è che la liquidità consentirà di “proseguire nel rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale della società e di agevolare eventuali investimenti in un’ottica di diversificazione del portafoglio azionario”. Ovvero, fare cassa per poi reinvestire in nuove attività imprenditoriali.
Oppure per rimpinguare un po’ le casse di Fininvest, certamente poco floride in questi ultimi anni.
Si tratta infatti di una indispensabile boccata d’ossigeno per la finanziaria, i cui conti a fine 2013 evidenziavano un rosso di 428,4 milioni dopo quello di 285 milioni di fine 2012.
A zavorrare il bilancio, oltre alla sentenza sul Lodo Mondadori, anche svalutazioni e oneri di ristrutturazione.
La decisione di cedere parte dell’azionariato arriva dopo l’indiscrezione di Dagospia, prontamente smentita dall’interessato, di possibili dimissioni di Fedele Confalonieri dalla presidenza di Mediaset.
“Fantasie”, le ha bollate. Eppure è noto come il Fedele compagno di Berlusconi abbia sempre criticato la scelta del leader di Forza Italia di andare allo scontro frontale con il premier Matteo Renzi, soprattutto in un periodo in cui il suo partito ha superato il Pd per divisioni interne e voci di scissioni.
Uno scontro da cui Mediaset avrebbe ben poco da guadagnare.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 13th, 2015 Riccardo Fucile
LA GRANDE MENZOGNA E’ DURATA LO SPAZIO DI UNA STRAGE… CI LAMENTIAMO PR 100 MILIONI DI SPESE COM MARE NOSTRUM, QUANDO SOLO LA BANDA FIORITO SI E’ FREGATA 21 MILIONI
I dettagli del naufragio e del calvario dei 460 migranti partiti sabato scorso su quattro gommoni dalla Libia li conosciamo dai racconti dei pochi superstiti (le vittime, dicono, potrebbero essere più di 300 ma, ammonisce la Procura, «non ci sono riscontri»).
Ove, come più spesso accade, non ci siano superstiti, non c’è racconto e, in definitiva, non c’è problema.
Quale che sia il conto finale delle bare (29 son già sulla terraferma) pare svelarsi lo scopo non dichiarato dell’operazione Triton: risolvere la questione epocale delle migrazioni nel Mediterraneo semplicemente ignorandola.
Pattugliare a trenta miglia dalla costa un braccio di mare largo quasi duecento miglia è infatti come non farlo per nulla.
Quando, il 1° novembre, venne varata l’operazione Triton, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, sorrise alle tv: «L’Europa per la prima volta scende in mare! A presidio della frontiera mediterranea!».
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, gli diede sostegno pur rassicurando i più sensibili (è cresciuta nel Pd): «Il soccorso in mare non viene meno, l’Italia non si volterà indietro».
Ora, contando di nuovo morti e dispersi, possiamo dire che non è andata così.
Mare Nostrum, con le navi della Marina italiana spinte sino alle coste libiche, ha salvato oltre centomila vite dopo il doppio naufragio dell’ottobre 2013, quando a centinaia annegarono proprio davanti agli scogli di Lampedusa.
Nacque dunque sull’onda dell’emotività e dell’emergenza: come tutto ciò che si riesce a decidere in un Paese altrimenti immobile.
Quando emergenza ed emotività cominciarono a scemare, quando gli orrori della jihad islamica iniziarono a proiettare assurdi bagliori sinistri su quel fiume di poveretti che proprio dalla jihad e dalle guerre scappava, quando insomma la propaganda prese il posto della pietà , Mare Nostrum ebbe i giorni contati.
Apre le porte ai terroristi, si farneticò. Aumenta gli afflussi (quest’ultima affermazione è smentita dall’Alto commissariato per i rifugiati: nel gennaio del 2015, senza Mare Nostrum, gli arrivi via mare sono stati il 60 per cento in più del gennaio 2014).
I vertici della Marina italiana si sono battuti in solitudine per proseguire i salvataggi in alto mare fino a prendersi accuse di insubordinazione: perbacco, era tempo che Triton entrasse in scena e Mare Nostrum in archivio!
L’Italia era riuscita a coinvolgere la riottosa Europa!
Ora sappiamo che l’Europa sulle questioni extracontabili (quelle politiche, vere) non esiste ancora.
Triton era una finzione.
Siamo soli, più che mai, davanti al consueto dilemma: accettare da nazione adulta un ruolo nel Mediterraneo, che porti fino alle spiagge libiche un nostro avamposto di umanità e legalità , o continuare a versare lacrime di coccodrillo quando le correnti ci trascinano a riva qualche cadavere?
Certo, Mare Nostrum costava 9 milioni al mese: tanti. Poi dipende sempre da come si spendono.
Per dire: la banda di Franco Fiorito, Er Batman del Lazio, se ne fece fuori 21, di milioni, tra teste di maiale, ostriche e festini.
Gli altri briganti di Rimborsopoli non sono stati da meno.
Qualche risparmio, suvvia, possiamo pur farlo.
(da “il Corriere della Sera”)
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