Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
“E’ COME PIPPO BAUDO, CERCA SOLO POLTRONE, TRA POCO VI SPUNTERA’ ANCHE DALL’OBLO’ DELLA LAVATRICE”
“Salvini? La sua è un’operazione di facciata, cerca solo poltrone. E’ dovunque ormai, ho paura di vederlo
anche nell’oblò della lavatrice. Manco Pippo Baudo ai suoi tempi d’oro stava così tanto in tv“.
Sono le parole di Vladimir Luxuria, ospite di “Ecg Regione Lazio”, su Radio Campus. “Salvini” — continua — “aspira a diventare premier comprato da Putin. La cosa strana è che la leader di un partito che si chiama Fratelli d’Italia (Giorgia Meloni, ndr) sia stata a Roma sullo stesso palco della Lega, che da sempre ha contrapposto l’inno italiano al “Va, pensiero” di Verdi. Perchè la Meloni non ha chiesto a Salvini di cantare “Fratelli d’Italia”? E perchè Casapound non ha imboccato di trippa alla romana Borghezio, come fecero Alemanno e la Polverini con Bossi?”.
L’ex deputata di Rifondazione Comunista si sofferma sulle contraddizioni della Lega e sottolinea: “Non mi meraviglierei se un giorno Salvini chiedesse il voto anche ai nomadi, quando questi potessero avere il diritto di voto. Mi ha colpito il fatto che Salvini, che prima aveva cercato di farsi comprare da Putin, ormai icona dei fascisti e dei leghisti, non con la moneta padana ma con rubli, ora non parla più dell’amico russo, forse per l’omicidio di Nemtsov“.
Luxuria si esprime poi su Putin, definendolo uno “zar pericoloso e omofobo” e racconta l’episodio di censura in cui è incorsa nel novembre dello scorso anno, dopo l’intervento di Mario Adinolfi: “Il direttore di Tv2000 mesi fa mi invitò per commentare le notizie del loro telegionale. Adinolfi per impedire la mia partecipazione nella tv dei vescovi fece social bombing e inondò di mail la redazione della rete tv, scomodando non so chi. Io non l’avrei mai fatto: ecco la differenza tra me e lui. Ad oggi Tv2000 non mi ha fatto sapere più nulla, anche se mi aveva detto che l’ospitata sarebbe stata solo rinviata di qualche settimana”
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
“SALVINI STA TIRANDO TROPPO LA CORDA, LA PORTERA’ IN UN BURRONE”
Mentre Matteo Salvini e Flavio Tosi consumano le ultime ore del loro lunghissimo divorzio con una sequela di diktat reciproci, l’uragano Veneto comincia ad avvicinarsi anche a Roma.
E’ lì, tra Montecitorio e palazzo Madama, che gli effetti dello strappo potrebbero farsi sentire molto presto, con una scissione numericamente ancora più pesante di quella consumata mercoledì scorso nel consiglio regionale Veneto.
Cinque deputati e tre senatori, per un totale di otto parlamentari: sono questi i numeri su cui Tosi può contare, almeno sulla carta.
L’enclave più numerosa è alla Camera, dove il gruppo leghista scenderebbe sotto il numero di 20, il minimo per un gruppo parlamentare.
Attualmente i leghisti sono venti precisi, dunque basterebbe anche un solo addio per far sparire il gruppo: ma i precedenti vengono in soccorso alla truppa fedele a Salvini.
I partiti che hanno presentato il proprio simbolo alle elezioni possono chiedere e ottenere delle deroghe, come è già successo a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che sono meno di dieci.
Ciononostante, perdere un quarto del gruppo sarebbe un grosso problema per i leghisti.
Anche perchè dal gruppo uscirebbero tutti e cinque i deputati veneti.
Sicuri al 100% il veronese Matteo Bragantini (che è anche numero due del gruppo) e il veneziano Emanuele Prataviera. In bilico il padovano Roberto Caon, Filippo Busin e Marco Marcolin.
In Senato di sicura fede tosiana ci sono Patrizia Bisinella (compagna del sindaco di Verona), la bellunese Raffaela Bellot ed Emanuela Munerato, operaia di professione, che a fine 2011 si presentò in Aula alla Camera con la divisa da lavoro per il suo intervento sulla sfiducia alla manovra di Monti.
A palazzo Madama, nessun problema di numeri: il Carroccio passerebbe dagli attuali 15 a 12 senatori, quando il limite minimo è dieci.
E tuttavia, per una pattuglia parlamentare formata da 35 unità , l’addio di 8 eletti non sarebbe una passeggiata.
Sia in termini di risorse, che di agibilità nelle varie commissioni.
Bisinella, che in questi ultimi giorni ha fatto da pontiere, favorendo anche il pranzo di giovedì a Milano con Salvini, spiega: “Non è una questione di affetti personali, quello che stanno provando a fare alla Liga Veneta ed al suo segretario è inaccettabile. Al punto che alcuni di noi in Parlamento stanno valutando ogni mossa possibile…”.
La senatrice respinge l’ipotesi di abiura verso la fondazione di Tosi, uno dei diktat di Salvini: “Non ci siamo mai posti il problema della doppia appartenenza perchè era una cosa abbastanza chiara visto che siamo partiti due anni fa, legittimati anche dall’allora segretario Maroni. Mi sembra che Salvini in passato abbia detto che la fondazione potesse dare una mano a ‘Noi con Salvini’. Se serviva chiarezza, bastava dare regole. Sembra una pensata punitiva con intenti politici. La fondazione non è un movimento politico, è un’associazione che chiede le primarie di centrodestra”.
Oltre che a Roma, lo strappo avrebbe conseguenze pesanti anche in Veneto.
In consiglio regionale, attualmente la maggioranza dei leghisti è di fede tosiana, ma di fronte a una scissione molti potrebbero decidere di restare fedeli al Carroccio di Salvini e Zaia.
In queste ore Tosi sta contando le sue truppe sul territorio. Giovedì sera ha verificato di avere una robusta maggioranza, disposta a seguirlo anche nel frontale con Salvini, dentro il Consiglio della Liga veneta.
Da qui a organizzare una lista contro Zaia però ce ne passa. Il sindaco di Verona può contare sulla sua Fondazione “Ricostruiamo il Paese”, messa in piedi nel 2013 per le primarie del centrodestra che non si sono mai svolte, e ben radicata in Veneto e, a sentire i tosiani, anche nel centrosud.
Proprio quella fondazione da cui, secondo il diktat di Salvini, entro lunedì tutti i leghisti doc dovrebbero separarsi, pena l’espulsione.
“Non cerco di spaccare la Lega, sono in Lega da 25 anni, non cerco scissioni. Ma so che un piccolo, modesto consenso personale in Veneto Flavio Tosi ce l’ha”, dice il sindaco veronese.
E aggiunge: “Se il Consiglio federale della Lega mantenesse la posizione del commissariamento valuterei le dimissioni da segretario della Liga Veneta. Poi a quel punto liberi tutti, potrei anche candidarmi a governatore”.
Salvini però non pare avere nessuna intenzione di ritirare il commissariamento o di fare altri passi in direzione del sindaco ribelle.
In queste ore, e probabilmente per tutto il weekend, i pontieri cercheranno una sempre più difficile mediazione tra i due litiganti.
Pesa lo spettro della scissione a Roma (i fuoriusciti potrebbero andare nel Misto, o confluire in un secondo tempo in Area popolare se in Veneto Alfano sosterrà Tosi), ma anche la paura di perdere la regione.
Tra i parlamentari non schierati, c’è la preoccupazione che Salvini stia tirando troppo la corda. E che porti la Lega in un burrone.
Il punto dirimente sarà il commissariamento della Lega in Veneto. Tosi ha fatto votare il consiglio nazionale giovedì sera per respingerlo, e dunque rimandando la palla al Consiglio federale di Milano.
Salvini però ha già detto che “lunedì non ci sarà nessun federale, per me la questione del Veneto è chiusa”.
Il punto di mediazione potrebbe essere fare solo una lista della Lega, e riempirla di seguaci di Tosi e di Zaia con il manuale Cencelli.
Ma è un’ipotesi sempre più remota. E anche la Bisinella vede pochi spazi: ”Per ricucire occorre rispetto per il segretario e per il Consiglio della Liga veneta. Il commissariamento non ha fondamento giuridico…”.
Il sindaco di Verona oggi è andato a Palermo per presentare la sua Fondazione, che ha come simbolo un faro.
“Dopo poco più di un anno, siamo arrivati a più di sessanta riferimenti nelle province italiane e la gran parte di essi sono al centro sud. Adesso ci stiamo radicando in vista della ricostruzione del centrodestra che ora è distrutto, non è rappresentativo, è largamente perdente rispetto a Matteo Renzi. Dobbiamo quindi creare qualcosa di nuovo per ridare fiducia agli elettori”.
Lui per ora scherza sul dress code: “Io non sono un tipo da magliette, nè da felpe. Non è per irriverenza verso Salvini. Non ho mai fatto politica con questo tipo di comunicazione. Mi vesto normalmente…”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
RIVELATA DALLA UIL LA NUOVA PROGRESSIONE ECONOMICA ALLO STUDIO DEL GOVERNO… IN PRATICA UNA SOMMA PERSINO INFERIORE A QUELLA PREVISTA ATTUALMENTE
Da 21 a 30 euro mensili (lordi) di aumento, ogni tre anni, per i docenti meritevoli. Solo 10 euro al mese
di incremento, sempre ogni tre anni e sempre lordi, per coloro che resteranno al palo.
Ecco la nuova progressione economica che ha immaginato il governo Renzi per i docenti con la Buona scuola.
A decrittare l’algoritmo sui nuovi scatti stipendiali per il personale docente la Uil scuola.
Che ha semplicemente utilizzato il testo ufficioso del decreto-legge abortito venerdì scorso e aggiunto le somme di cui parla l’articolo 20: quello che ridisegna appunto la carriera degli insegnanti e i nuovi aumenti stipendiali.
In altre parole, secondo i calcoli del sindacato, i docenti meritevoli della scuola 2.0 guadagnerebbero meno di quanto non guadagnino attualmente tutti: meritevoli e non meritevoli.
Perchè un docente di scuola superiore che supera l’ottavo anno di servizio, attualmente, si vede calare 195 euro lordi mensili in più sullo stipendio per il semplice motivo che ha già prestato otto anni di servizio.
Euro di aumento che calano a 156 mensili lordi per una docente di scuola dell’infanzia e primaria.
“E’ la realtà dei numeri la vera ragione per cui vogliono evitare il contratto ed emanare un editto”, dichiara Massimo Di Menna riferendosi al governo.
Il conteggio estrapola dalle pieghe del decreto il nuovo meccanismo di attribuzione delle risorse — che restano le stesse di oggi — agli insegnanti. I 350 milioni all’anno che servono per pagare gli scatti stipendiali dei docenti che maturano l’anzianità prevista si riducono a 280 perchè 70 spettano al personale Ata: amministrativo tecnico e ausiliario.
Questi 280 milioni vengono suddivisi in un 30 per cento — pari a 84 milioni — che serviranno a pagare gli scatti in base all’anzianità a tutti i docenti in servizio.
Per un totale di 125 euro lordi mensili di aumento, ogni tre anni.
La restante parte, 196 milioni di euro, pari al 70 per cento, sarà appannaggio dei docenti più attivi e meritevoli.
Ma prima di ripartire la somma a quell’80 per cento di super docenti presenti in ogni scuola occorre sottrarre le somme per le nuove figure che l’esecutivo intende introdurre: i due docenti mentori e il docente staff per scuola.
Una semplice moltiplicazione che decurta di 66 milioni di euro i 196 destinati al merito.
Con i 130 milioni annui rimanenti si potranno pagare gli scatti di merito che corrisponderanno a 16 euro mensili di aumento, ogni tre anni, se si prevede un’unica fascia.
Undici, 13 e 20 euro mensili di aumento, sempre ogni tre anni e lordi, se le fasce di merito saranno tre.
In questo modo, un docente meritevole potrà ottenere da 21 a 30 euro di aumento mensili ogni tre anni.
I meno bravi soltanto 10 euro lordi in più al mese, ogni tre anni.
“Coloro che avranno ottenuto crediti formativi e professionali, quanti avranno raggiunto i requisiti per un riconoscimento da parte del Nucleo di valutazione, che sarà costituito a tal scopo, potranno contare su 16 euro medi di aumento ‘per merito’. Ogni tre anni”, sottolinea Di Menna.
“Il mentor e il docente di staff avranno 200€ medi lordi al mese in più sullo stipendio, che sostituiscono quanto oggi ricevono in quanto funzioni obiettivo e di collaboratori del dirigente scolastico. Sono queste le cifre del progetto del governo per riconoscere il lavoro che si fa a scuola. La realtà dei numeri — conclude — è la vera ragione per cui vogliono evitare il contratto ed emanare un editto”.
Salvo Intravaia
(da “La Repubblica”)
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Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
SEQUESTRATI AL BOSS BENI PER DUE MILIONI … PERQUISIZIONI IN CORSO
Esplode l’inchiesta che intreccia mafia, usura e politica nel Savonese.
Carmelo Gullace stamane è stato arrestato nella sua casa di Toirano: è considerato il boss della ‘ndrangheta a Savona ma con interessi in tutta la Liguria e anche in Piemonte e Lombardia.
Sequestrati beni per due milioni di euro intestati a lui e a presunti prestanome. Perquisizioni in corso.
A fare scattare le manette i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Savona e gli uomini della Dia, la Direzione investigativa antimafia di Genova: le accuse sono tentata estorsione, usura e intestazione fittizia di beni.
Le indagini coinvolgono anche la politica locale.
Tra gli indagati figura Fabrizio Accame, ex segretario della Margherita ad Albenga e fervido sostenitore dell’attuale sindaco di centrosinistra, sempre di Albenga, Giorgio Cangiano: alle amministrative dello scorso anno era infatti candidato nella lista civica “Voce alla gente”, in sostegno all’attuale primo cittadino, e si fece ritrarre durante la campagna elettorale in una serie di fotografie insieme allo stesso Cangiano e al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi.
Il nome di Accame, di professione mediatore creditizio, era già finito nelle intercettazioni delle inchieste per riciclaggio su Antonino Fameli – essendone stato collaboratore – ma non aveva ricevuto avvisi di garanzia.
Oggi le sue responsabilità agli occhi degli inquirenti sono più gravi e per questo risponde, sebbene a piede libero, di concorso sia nell’usura che nell’estorsione praticate dal boss.
Gli inquirenti hanno inoltre “mappato” una serie di incontri con Gullace, oltre ad aver registrato numerose intercettazioni ritenute «decisive».
C’è quindi la mafia, a Savona e provincia. Le prove concrete, con nomi e cognomi, erano emerse
nell’ambito di un’inchiesta i cui elementi essenziali il “Secolo XIX” aveva rivelato per la prima volta nello scorso mese di ottobre.
La mafia c’è, con capi e “soldati” che hanno qui la loro base, viva e nascosta.
Gli uomini d’onore sono radicati nel territorio stretti attorno a un boss. Da qui comandano anche i clan fuori Liguria.
Da qui danno disposizioni, mandano ordini. Sempre eseguiti. Perchè a Savona ci sarebbe il regista, che governa la ‘ndrangheta del Nord Ovest: il sessantenne Carmelo Gullace.
Questo il quadro emerso dalle indagini concluse circa un anno fa (ottobre 2013) e condotte inizialmente dalla Procura savonese, insieme agli investigatori della squadra mobile della Questura.
Successivamente, proprio per l’importanza del caso, sono subentrati gli specialisti dell’antimafia della Dia e dello Sco (polizia) di Genova. Ma non è finita.
I faldoni con le carte fatte di intercettazioni, appostamenti e pedinamenti su quel mondo che gli inquirenti non esitano a ritenere “mafia”, sono stati trasferiti a Reggio Calabria, per competenza.
La procura calabrese avrebbe raccolto un dossier contenente elenchi di nomi di affiliati, la loro organizzazione, struttura e gerarchia.
E i loro rapporti e affari con la politica e la pubblica amministrazione.
A partire dalle indicazioni di voto alle urne di cui si sarebbero avvantaggiati politici savonesi insospettabili. L’esame laborioso delle carte era stato iniziato dai pm Giuseppe Pignatone, ora procuratore capo a Roma, e Michele Prestipino, che poi sono stati destinati ad altri incarichi. Ma i due magistrati avevano già messo la firma sulle autorizzazioni alle intercettazioni, scottanti per la provincia di Savona.
L’iter è così ripartito da zero con altri pm e davanti ad altri giudici. Le carte sono imperniate su un nome e tutta la sua corte.
Il boss Carmelo, detto “Nino”, “Ninetto” Gullace, di Toirano. Ufficialmente un operaio di cava. Il boss del nord ovest della ‘ndrangheta. Un nome chiacchierato da decenni, finito sulle cronache per accuse pesanti che lo hanno visto coinvolto in omicidi e sequestri (assolto poi in Cassazione) e al centro di sequestri patrimoniali e indagini dei Ros dei carabinieri.
Al suo presunto ruolo rilevante all’interno della ‘ndrangheta gli investigatori sarebbero arrivati durante le indagini che avevano portato in carcere quello che sarebbe poi risultato essere, sempre secondo gli investigatori, il suo braccio destro: Antonio Fameli, di Loano.
E proprio il loro legame, al centro dell’indagine inizialmente della polizia di Savona (coordinata dall’allora pm Danilo Ceccarelli) poi della Dia di Genova, adesso è al vaglio di pm e gip di Reggio Calabria.
Fameli era stato arrestato per una serie di reati finanziari e lavorando su di lui e sulle sue utenze e reti di prestanome, era emersa la fedeltà al capo, a Gullace.
Da lì sono stati monitorati incontri, colloqui, anche in Calabria. E dopo un vertice tra magistrati e procure del Nord Italia, presieduto dal magistrato milanese Ilda Boccassini, sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta, anche l’ipotesi “Savona” è finito davanti all’antimafia della Dda calabrese.
Sono stati monitorati anche i continui viaggi di Gullace dalla villa di Toirano al suo paese d’origine, Cittanova.
Da dove avrebbe scalato il potere ‘ndranghetista- secondo i dossier di Sco e Dia- arrivando ad essere a capo della potente cosca dei Gullace-Raso-Albanese.
Alberto Parodi e Matteo Indice
(da “il Secolo XIX“)
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Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
AL CAPITANO 900.000 EURO L’ANNO… I RESIDENTI: “INFILTRAZIONI E SCARAFAGGI”… TOPAIE DI PERIFERIA PER L’EMERGENZA CASA: 75 MILA EURO AL MESE PER 35 ALLOGGI. E UN PALAZZO ALL’EX SISMI
Pubblichiamo uno stralcio de ”I Re di Roma. Destra e sinistra agli ordini di Mafia Capitale” di Lirio
Abbate e Marco Lillo, in vendita da ieri (Chiarelettere, 272 pagine, 14.90 euro)
Il 19 maggio 2014, meno di tre mesi prima di presentare la richiesta di arresto per i protagonisti di “Mafia Capitale”, i pubblici ministeri romani mettono nel mirino i Caat, una parolina criptica che sta per Centri di assistenza abitativa temporanea, uno scherzetto da quasi 43 milioni di euro di spese all’anno nel bilancio di Roma Capitale. (…)
Questi centri vengono creati nel maggio del 2005 con una delibera del consiglio comunale ai tempi in cui è sindaco Walter Veltroni.
Negli anni successivi vengono attivati alloggi di emergenza in numerosi palazzi, quasi sempre in periferia, di proprietà dei soggetti che ne fanno richiesta dopo un apposito bando del Comune. (…)
L’amministrazione spende 42 milioni e 597.000 euro all’anno per 33 residence, a cui si sommano i centri della Eriches 29, di Salvatore Buzzi, che ospitano complessivamente 584 persone.
Nell’elenco dei Caat troviamo grandi immobiliaristi (…). La procura finora non ha mosso accuse sull’emergenza abitativa.
Non mancano casi di estrema “concentrazione”. Su 18 strutture a disposizione del Dipartimento Politiche sociali, ben 16 sono delle solite “coop bianche” (…).
Alla fine le cooperative vicine a Comunione e liberazione racimolano grazie ai Caat del Comune più di 8 milioni di euro.
Secondo il prospetto del Campidoglio, consegnato ai pm nel maggio del 2014 e poi girato al Ros dei carabinieri, Eriches 29 — quindi il versante “rosso” — costa alle casse dell’amministrazione pubblica ben 5 milioni e 179.000 euro, circa 740 euro al mese per immigrato (…).
Grazie a Odevaine 5 milioni vanno alla società di Francesco Totti
Nella lista consegnata dal pm Luca Tescaroli al Ros per le “concordate verifiche” c’è anche, all’undicesimo rigo della tabella dei Caat, il residence della Immobiliare Ten, amministrata dal settembre del 2009 da Riccardo Totti, fratello del capitano della Roma, e controllata indirettamente per l’83 per cento proprio dal fuoriclasse giallorosso, mentre il restante 17 per cento è diviso tra la mamma e il fratello stesso. La catena societaria a monte del palazzo di via Tovaglieri, zona Tor Tre Teste, è composta da tre società che fanno tutte riferimento al numero impresso sulla maglia del“Capitano”: a valle c’è l’Immobiliare Ten, proprietaria dell’immobile affittato al Comune; più su c’è invece l’Immobiliare Dieci che possiede — oltre al 100 per cento delle quote della Ten — anche altri due palazzetti (ora uniti in un unico stabile, ndr) in via Rasella, a due passi da via Veneto.
Più su ancora c’è la holding di famiglia, la Numberten Srl: per l’83 per cento di Francesco Totti, per il 6,7 per cento del fratello maggiore Riccardo, amministratore di tutte e tre le società , e per il 10 per cento circa della mamma Fiorella Marrozzini.
La società Immobiliare Ten del Capitano ha ottenuto dal Comune di Roma più di 5 milioni di euro in sei anni, per l’affitto di 35 appartamenti arredati in una zona dell’estrema periferia romana.
Grazie al canone accordato dall’amministrazione, la società ha potuto realizzare negli anni utili interessanti: nel 2013 (ultimo bilancio depositato in Camera di commercio), 128.000 euro; nel 2012 addirittura 184.000.
Il punto è che il grande affare di Francesco Totti con il Campidoglio è stato fatto, come è accaduto per il gruppo Pulcini e per Salvatore Buzzi, grazie anche a un signore che oggi è in galera: Luca Odevaine.
Nessuno è indagato per queste storie, ma resta lo sperpero di denaro pubblico (…).
Il 16 ottobre 2007, dopo la pubblicazione di un bando sulla Gazzetta ufficiale il 13 agosto 2007 e dopo l’arrivo delle offerte, viene nominata dal direttore del Dipartimento Politiche abitative del Comune di Roma in carica, Luisa Zambrini, una commissione di gara. (…)
Il presidente della commissione è il “dottor Luca Odevaine”.
Qualche giorno prima, il 27 settembre, l’Immobiliare Dieci Srl “spara” l’offerta: per l’affitto di via Tovaglieri chiede un canone annuale complessivo di 1 milione e 280.851 euro.
Una cifra spropositata. In pratica Francesco Totti, o meglio, l’amministratore di allora che non era il fratello Riccardo — subentrato solo nel 2009 — ma il commercialista Adolfo Leonardi, chiede al Comune di Roma di pagare più di 3.000 euro al mese per ognuno dei 35 appartamenti del palazzo di Tor Tre Teste.
Lo stesso giorno il Campidoglio dispone di sottoporre l’offerta a un “parere di congruità tecnica” e “a seguito di tali verifiche l’amministrazione di Roma ha informato l’Immobiliare Dieci Srl di essere interessata all’offerta in locazione della struttura” però “a un canone di locazione di 15 euro/mq per mese e 9,50 euro/mq per mese per i servizi gestionali pari a un canone annuo di 714.481 euro oltre Iva al 20 per cento (in tutto fanno 857.000 euro) di cui 437.437 euro oltre Iva al 20 per cento per le unità abitative e 277.000 e 44 oltre Iva al 20 per cento per i servizi di pulizia delle parti comuni (tre volte alla settimana), la portineria 24h, la pulizia al cambio inquilino e la manutenzione ordinaria”.
Il contratto, dalla cifra originaria di 857.000 euro, forse per gli aumenti automatici, sale poi a 908.000 euro l’anno.
Un’enormità se si pensa che la società di Totti ha comprato l’immobile con un leasing, poco prima di affittarlo al Comune di Roma, e lo ha pagato 6 milioni di euro più Iva. In pratica, se il Campidoglio avesse acquistato a rate il palazzo invece di pagare la locazione e i servizi di portierato e pulizie alla società di Totti, avrebbe speso quasi la stessa cifra entrando, però, in possesso di un bene.
Il contratto è scaduto il 31 dicembre 2014 ma l’amministrazione continua a pagare anticipatamente ogni mese i 75.000 euro di affitto per le 35 unità immobiliari di questo palazzo di periferia. (…)
La società , inoltre, incassa gli affitti dei negozi — per un totale di 1900 metri quadrati — che sono esclusi dal contratto con il Comune.
Al piano terra, infatti, troviamo un bel bar, della catena Blue Ice, e un supermercato Conad.
Nel 2007 questi affitti extra erano pari a 231.000 euro all’anno. (…)
“Infiltrazioni in camera da letto, piove dal bagno di sopra, gli scarafaggi ci tormentano”
Lo stabile è il classico immobile costruito per ospitare uffici, non certo appartamenti residenziali.
“Quando siamo entrati qui — racconta Elisa Ferri che abita con il marito e tre figli piccoli in un appartamento di 75 metri quadrati al primo piano — era tutto in ordine con i mobili ancora imballati. Dopo sei anni e mezzo la situazione è ben diversa. La manutenzione è fatta male. Da un mese nella nostra camera da letto e nel bagno ci sono le infiltrazioni che vengono dall’appartamento del piano di sopra. Uno schifo! Non possiamo fare intervenire i nostri idraulici e siamo costretti ad aspettare quelli della proprietà ”.
E ancora: “In realtà qui in via Tovaglieri non c’è nessuno della Immobiliare Ten di Francesco Totti. Siamo costretti a passare tramite il portiere che mi risulta lavori per una cooperativa (…)”.
“Non sappiamo nemmeno il cognome del responsabile con cui parliamo. Io — si lamenta Elisa Ferri — so solo che si chiama Stefano. Nonostante le promesse, però, a casa mia dopo un mese non è venuto nessuno, piove da sopra e la macchia si allarga a vista d’occhio. Anche l’ascensore è rimasto rotto per settimane questa estate senza che nessuno intervenisse nonostante la presenza di anziani. La casa è molto umida. Le pareti e i tramezzi sono troppo sottili e questo palazzo non è stato costruito per essere abitato ventiquattr’ore al giorno, ma solo per lavorarci”.
E come se non bastasse, “il Comune spende tanto per la bolletta elettrica. Inoltre siamo tormentati dagli scarafaggi. Io penso che Francesco Totti non immagini nemmeno in che situazione ci troviamo. Qui non lo ha mai visto nessuno. Pensi che nel palazzo si era diffusa la voce che aveva regalato tutto al Comune”. In realtà non è così.
La Immobiliare Ten, amministrata da Riccardo Totti, in questa storia si è comportata come una società che massimizza il profitto.
Semmai è il Comune che ha fatto beneficenza al calciatore più ricco di Roma.
Tra affitto e spese, gli appartamenti “ci” costano l’uno 2.161 euro di affitto al mese. Un canone degno del centro di Roma, non certo di Tor Tre Teste.
Un bell’autogol per tutti.
Quello stabile a due passi da via Veneto che ospita gli uffici dell’Aise
A questo punto è interessante capire la storia del palazzo di via Tovaglieri. Inizialmente il proprietario, come accaduto per altri residence poi affittati come Caat al Comune, è la società Fimit Sgr, un grande fondo immobiliare italiano nato nel 1998 per iniziativa di Inpdap e Mediocredito Centrale.
Fino a maggio del 2007, alla guida c’è Massimo Caputi, un manager molto importante che ha guidato colossi come Invitalia e Grandi Stazioni (…). Il 30 maggio 2007 l’Immobiliare Dieci Srl stipula un preliminare con Fimit per comprare il palazzo di via Tovaglieri e due stabili in via Rasella.
La società del Capitano si impegna ad acquistare il “pacchetto” a 16 milioni e 950.000 euro. Il prezzo è buono per gli acquirenti e permette al fondo di fare una plusvalenza di 3,3 milioni.
Il vero affare per i Totti sono i due palazzetti accanto a via Veneto, mentre quello di Tor Tre Teste viene infilato giusto per venderlo.
In via Rasella, infatti, il Capitano compra immobili quasi totalmente liberi da inquilini, con una superficie netta da affittare pari a 1.860 metri quadrati al prezzo di 10 milioni e 950.000 euro, tutt’altro che elevato per quella zon (…)
Ben diversa, almeno sulla carta, la situazione di via Tovaglieri. (…) Nel maggio del 2007, quando la società di Totti firma il contratto preliminare di acquisto al prezzo di 6 milioni con Fimit, è un mezzo bidone: difficile da affittare e con un valore in calo. Tra il preliminare e il definitivo però le cose cambiano. (…) Il 16 ottobre viene nominata la commissione che deve valutare le offerte, presieduta da Luca Odevaine, e venti giorni dopo, il 7 novembre, la società di Totti stipula il contratto definitivo di acquisto con Fimit per il palazzo di via Tovaglieri.
Sembra un azzardo ma il 16 dicembre 2008, il Comune e l’Immobiliare Ten firmano il contratto di locazione. (…) Via Tovaglieri, grazie al contratto per sei anni rinnovabile tacitamente, è una gallina dalle uova d’oro (…).
I due palazzi di via Rasella sono stati invece uniti e ristrutturati. Oggi ci sono gli uffici amministrativi dei servizi segreti italiani.
L’Immobiliare Dieci detiene in leasing lo stabile e ottiene, nel 2013, ricavi per 1 milione e 70.000 euro. Probabilmente pagati tutti dall’Aise (Agenzia informazione e sicurezza esterna).
Sul palazzo c’è anche la targa della presidenza del Consiglio.
L’Immobiliare Dieci sostiene per via Rasella una rata del leasing pari a 545.000 euro ai quali bisogna assommare altri costi e ammortamenti.
Alla fine, il netto utile è di 182.000 euro nel 2013. (…) Francesco Totti, pur essendo il maggiore azionista delle due società immobiliari e quindi “il beneficiario” economico principale, non è amministratore delle due società e potrebbe non essere a conoscenza della genesi e dell’evoluzione dei rapporti con il Comune di Roma e con la presidenza del Consiglio per la locazione dei palazzi di via Tovaglieri e di via Rasella.
Francesco e Luca, romanista sfegatato, si incontravano negli uffici del Comune In Comune raccontano che Francesco Totti, ai tempi di Veltroni sindaco, aveva un buon rapporto personale con Luca Odevaine.
L’allora braccio operativo del primo cittadino è un romanista sfegatato. Il Capitano lo conosceva bene e andava anche a trovarlo talvolta nel suo ufficio in Campidoglio.
A testimonianza di un rapporto profondo tra i due, c’è un necrologio pubblicato in occasione della morte del padre di Luca, Remo Odevaine (…): “Sinceramente addolorati per la triste circostanza porgiamo le nostre condoglianze. Vito Scala e Famiglia, Francesco Totti e Ilary Blasi”.
Il necrologio è datato 15 novembre 2005, quindi precedente alla decisione, da parte della commissione presieduta da Luca Odevaine, di affittare per sei anni a un canone complessivo che supera i 5 milioni di euro il palazzo di proprietà della società dell’amico Francesco.
Nonostante ciò, Odevaine non riterrà più opportuno astenersi da quel ruolo che spetterebbe a persone “terze” e in Comune nessuno dirà nulla. Il rapporto tra i due non si è mai interrotto, come il contratto di affitto.
Una traccia di questa stima reciproca si trova anche sui quotidiani del 24 gennaio 2013.
Quel giorno Odevaine, sotto la bandiera di Fondazione Integra/Azione e in collaborazione con Legambiente e cooperativa Abitus, organizza una partita contro il razzismo (…).
“L’iniziativa — scrive Repubblica — è stata apprezzata dal capitano dell’A. S. Roma, Francesco Totti” (…). Un’altra “battaglia giusta” potrebbe essere anche quella contro gli sprechi, che dovrebbe imporre a Totti — certamente all’oscuro dei malaffari di «mafia Capitale» — di migliorare la condizione degli inquilini del palazzo di via Tovaglieri e al Comune di chiudere al più presto il contratto con la società Immobiliare Ten e trovare una sistemazione più degna per 35 famiglie.
Lirio Abbate e Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
L’8 MARZO TERMINERA’ DI SCONTARE LA PENA
L’ex premier Silvio Berlusconi è giunto alla Sacra Famiglia di Cesano Boscone per il suo ultimo giorno di affidamento ai servizi sociali nella struttura per anziani. Berlusconi è entrato direttamente alla Sacra Famiglia in auto.
“Silvio Berlusconi è arrivato alla Sacra Famiglia puntuale, verso le 9. Oggi sarà il suo ultimo giorno da noi ma non cambia nulla per quanto riguarda la sua attività ” ha affermato Generoso Simeone, portavoce dell’istituto Sacra Famiglia, dove ogni venerdì da 10 mesi l’ex Cavaliere svolge 4 ore di servizi sociali.
Oggi è l’ultimo giorno di attività per Berlusconi, che domenica 8 marzo terminerà di scontare la sua pena e da lunedì sarà libero.
“È entrato in auto dal cancello, come sempre – dice il portavoce – e non si è fermato con i giornalisti e le telecamere che lo attendevano all’ingresso”.
C’è anche la signora milanese, tra le fan più devote a Silvio Berlusconi in attesa, davanti alla fondazione Sacra Famiglia.
La pasionaria, che non è mai mancata alle visite di Berlusconi, è con un altro estimatore dell’ex Cavaliere.
Entrambi indossano una maglietta con la scritta: “Sempre nel core, uomo di Arcore”.
“L’incontro con la Sacra Famiglia di Cesano Boscone, il tempo passato con i malati, con i volontari, con gli operatori sanitari e sociali è stata un’esperienza toccante e ha rappresentato una pausa di serenità . Per questo intendo continuare questa esperienza e questo impegno” dice Silvio Berlusconi.
La fondazione Istituto Sacra Famiglia onlus è nata a Cesano Boscone, nel milanese, nel 1896 con il nome Ospizio Sacra Famiglia, quando il parroco del paese, Don Domenico Pogliani, del quale è in corso la causa di beatificazione, accoglie in casa sua cinque bisognosi.
Oggi, spiega il sito della Onlus, assiste ogni giorno oltre duemila utenti – disabili ed anziani non autosufficienti – in forma residenziale, diurna, ambulatoriale e domiciliare, operando in diverse sedi non solo in Lombardia, ma anche in Piemonte e Liguria.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
MEDIOLANUM PIAZZERA’ AI CLIENTI IL FONDO ALGEBRIS DEL FINANZIERE RENZIANO
Il nuovo patto del Nazareno? È finanziario. 
A stringerlo con il giglio magico renziano non è stavolta Silvio Berlusconi ma il suo amico (nonchè socio in Fininvest) Ennio Doris.
Il patron di Mediolanum ha infatti organizzato la mega convention del suo gruppo all’Adriatic Arena di Pesaro: in mezzo alla platea di 4.500 family banker provenienti da tutta Italia sono spuntati anche alcuni prestigiosi ospiti.
Come Oscar Farinetti, mister Eataly assai vicino al premier, e soprattutto il finanziere Davide Serra arrivato da Londra con tanto di stampelle dopo un brutto incidente sugli sci che nei giorni scorsi gli ha imposto di rimandare l’audizione in Consob sulle ipotesi di insider trading legate alla riforma delle Popolari
La presenza del fondatore di Algebris non è però casuale perchè Serra e Doris — a quest’ultimo il fisco ha contestato 500 milioni di euro a fine 2014 tra imposte non versate e sanzioni — hanno deciso di fare affari insieme.
Banca Mediolanum ha infatti avviato una collaborazione con Algebris per la distribuzione ai clienti di un fondo che investe in azioni e obbligazioni denominato “Financial Income Strategy”.
L’annuncio è stato dato ieri proprio dal palco della convention da Massimo Doris, vicepresidente del gruppo e figlio di Ennio.
Una “partnership strategica”, l’ha definita Serra che non ha voluto far commenti su altri temi come le Popolari e si è limitato a ricordare che di Mediolanum si era occupato ai tempi della quotazione in Borsa del gruppo milanese, quando lavorava per Morgan Stanley
Quanto a Doris jr, ha tenuto a precisare che la decisione di avere Algebris come partner per uno dei nuovi fondi da proporre ai clienti “è una scelta tecnica, non per la visibilità di Davide Serra”.
Nè quindi per i rapporti fra il finanziere e il presidente del Consiglio.
Rapporti che continuano a far discutere.
Secondo un articolo apparso sul Messaggero, Serra ha deciso di rilanciare su Banca Etruria. Dopo una prima lettera inviata all’istituto aretino all’inizio di febbraio e dopo il commissariamento della banca deciso da Bankitalia l’11 febbraio, il patron del fondo Algebris è tornato alla carica con un’altra lettera, datata 19 febbraio, indirizzata ai due commissari Riccardo Sora e Antonio Pironti e, per conoscenza a via Nazionale. Nella missiva — secondo quanto scrive il quotidiano romano — il finanziere ha formulato “una proposta di cooperazione, risanamento e rilancio di Banca Etruria”.
La proposta avrebbe una portata più ampia di quella precedente con cui si era fatto avanti per acquisire i cosiddetti non performing loans (npl), ovvero le sofferenze. Serra è infatti disposto a farsi carico di 20 dipendenti dell’istituto basandoli ad Arezzo e di 40 di Etruria Informatica.
E sarebbe infine pronto a reclutare partner che possano ricapitalizzare l’Etruria facendola uscire dalle secche. Non solo.
Invece di attendere come accade in questi casi, che i commissari completino l’indagine prima di farsi avanti con un’offerta, Serra si è dunque mosso solo otto giorni dopo l’avvio della gestione straordinaria
La notizia ha riacceso subito le polemiche sul fronte politico: “Scopriamo che Serra avrebbe già sottoposto ai commissari di Bankitalia che governano Popolare dell’Etruria una proposta di cooperazione, risanamento e rilancio. E questo avviene insolitamente prima ancora che sia stata completata dai commissari un’indagine sulla reale situazione della banca e quindi al buio, a meno che non si disponga di altre informazioni”, ha sottolineato il capogruppo di Sel in commissione Finanze a Montecitorio, Giovanni Paglia.
Aggiungendo che “Consob, Bankitalia e Tesoro non possono restare inerti in un quadro simile, pena la perdita di credibilità del Paese, e per questo chiederemo – conclude Paglia – che la commissione Finanze di Montecitorio abbia da loro un supplemento di informazioni e valutazioni”.
Intanto, sul palco dell’evento di Mediolanum ieri è salito un altro supporter renziano della prima ora, Oscar Farinetti, che ha addirittura tenuto una lezione per motivare la rete di vendita.
Dietro il patron di Eataly veniva proiettato a caratteri cubitali lo slogan della convention, anch’esso molto renziano: “Io cambio”.
Il Nazareno è vivo e lotta insieme a Doris.
Camilla Conti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
LA CANDIDATA DEL CENTROSINISTRA VISITA OTTO PAESI AL GIORNO…. E SI E’ DIMESSA GIA’ DAL PARLAMENTO EUROPEO
E chi l’ha detto che in Veneto sono tutti tesi in vista delle Regionali?
Alessandra Moretti, per esempio, è serena. Serenissima.
Le possibilità di successo per la candidata del centrosinistra sono direttamente proporzionali alle crepe che si stanno creando nella Lega. «Loro litigano e io mi prendo il Veneto».
Quanto le piace questo scontro Tosi-Zaia?
«Sono problemi loro, io sono concentrata sul Veneto».
Dai, dica la verità …
«Guardi, mentre loro litigano e manifestano con i neofascisti io giro tutta la regione. Voglio andare in ognuno dei 579 Comuni. Ne ho già visitati 236: mercati, piazze, ospedali, aziende…».
Sicuramente lei fa il tifo per la candidatura di Tosi…
«Non sono interessata al tema. Non vincerò sulle macerie della Lega, ma per le mie proposte. Perchè io ascolto i problemi della gente: lavoro, sanità , corruzione, sicurezza…».
Ha chiesto al governo più uomini delle forze dell’ordine. Come un leghista qualsiasi.
«Siamo sicuri? La giunta Zaia ha azzerato i fondi per la sicurezza. Facile parlare…”.
Anche lei, come Salvini, ha difeso Stacchio, il benzinaio, che ha ucciso un rapinatore…
«Ma non si risolve il problema indossando una maglietta con slogan banali. Cosa vuol dire “io sto con Stacchio”? È ovvio che tutti stiamo con lui, con chi si difende…”.
Quindi ha fatto bene? E hanno fatto bene quei cittadini di Oderzo che l’altra sera hanno cacciato i ladri sparando con i loro fucili da caccia?
«Capisco questi cittadini, ma non capisco chi istiga alla giustizia fai-da-te.
L’errore è a monte: non si può arrivare a questo punto, coi cittadini che si devono difendere da soli».
Un sindaco si è rifiutato di incontrarla e le ha fatto avere un buono da 20 euro da spendere dall’estetista: quel «LadyLike» la perseguita…
«Del folklore mi interessa poco. I cittadini che incontro apprezzano una cosa della sottoscritta: per candidarmi mi sono dimessa dal Parlamento Ue. Il resto sono dettagli».
Non è un dettaglio la questione autonomista: lei che dice?
«Che da 20 anni Lega e centrodestra prendono in giro i veneti su questo tema, senza mai concludere nulla. Io credo che il Veneto debba avere, in certi settori, la stessa autonomia delle sue regioni confinanti, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige».
Marco Bresolin
(da “La Stampa“)
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Marzo 6th, 2015 Riccardo Fucile
“SALVINI VIOLA LO STATUTO, LE LISTE SPETTA DECIDERLE AL VENETO”… MARONI PREOCCUPATO: “SI RISCHIA DI PERDERE IL VENETO”
“Basta, si lavora con Zaia. Abbiamo un patrimonio che è Zaia e per me il riferimento è Zaia”. Lo ha detto
un nervoso Matteo Salvini, a SkyTg24, parlando dello scontro in Veneto tra Luca Zaia e il sindaco di Verona Flavio Tosi.
“Per me la vicenda è chiusa. Ho finito di parlare di questioni interne, l’ultima delle mie preoccupazioni sono le questioni interne al partito”.
Poi, intervenendo a Radio Padania, il leader del Carroccio ha rincarato la dose: “Non ho più tempo per litigi e beghe, chi sceglie questa via si mette automaticamente fuori”.
La risposta di un determinato Tosi arriva a stretto gito su Radio 24: “Se il consiglio federale della Lega mantenesse la posizione del commissariamento, valuterei le dimissioni da segretario della Liga Veneta. Poi a quel punto liberi tutti. Se venisse portata avanti la linea del commissariamento la frattura sarebbe irreparabile. Spero che loro rivedano questa decisione presa, una decisione sbagliata”.
Sull’ipotesi di candidarsi a governare il Veneto il sindaco di Verona afferma: “Io sono stato da sempre fin troppo leale e corretto, quindi ho sempre sostenuto la candidatura di Zaia. L’ho fatto anche lunedì scorso, salvo poi essere commissariato. Ora, se ci fosse una frattura ognuno poi deciderebbe liberamente. Ma se così fosse non avremmo certo provocato noi la situazione, noi abbiamo chiesto solo un diritto scritto nell’articolo 39 dello statuto della Lega, cioè fare le liste. Se loro portano avanti questa frattura, allora ognuno può fare quel che vuole. Posso rimanere sindaco, ritirarmi in seminario o anche candidarmi a governatore”.
Interviene anche un preoccupato Maroni: “Non credo faccia l’errore di lasciare la Lega. Anzitutto per lui, perchè chi si mette fuori dalla Lega non va da nessuna parte e poi perchè rischia far perdere Zaia alle elezioni regionali ed è incredibile”.
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