Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
FORZA ITALIA DICE NO, MA SALVINI PREPARA LA FRONDA TRA SSENZE E ASTENSIONI… IN MATTINATA SI VOTA SULLE RIFORME, NEL POMERIGGIO LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
La paura è che il giorno possa passare alla storia come quello del “colpo finale”. Giudiziario e politico.
Teso, di umore plumbeo, Silvio Berlusconi ad Arcore già sente il rumore della raffica che può arrivare da Roma, dove la Cassazione si pronuncerà sul processo Ruby: è un plotone di esecuzione, la Corte, agli occhi dell’ex premier.
Che nelle ultime ore ha ricominciato a parlare coi suoi di toghe rosse. A Villa San Martino l’attesa è snervante. Perchè dalla procura non trapela alcuno “spiffero”.
E per la prima volta alle sue spalle stavolta Forza Italia è in preda al cupio dissolvi.
Alla riunione pomeridiana dei gruppi, Massimo Parisi, il fedelissimo di Verdini, chiede il voto di astensione quando le riforme approderanno in Aula.
E Daniela Santanchè spiega che è tentata dal sì: “Vediamo se la notte porta consiglio”. Posizioni pesanti, dopo che Berlusconi c’è andato giù duro con Renzi.
È il segnale che Denis è pronto allo strappo. Negli ultimi giorni i suoi contatti con palazzo Chigi si sono intensificati mentre con Berlusconi ormai sono pressochè inesistenti.
Proprio per trovare una soluzione, per tutto il giorno Mariastella Gelmini prova a convincere Berlusconi che un voto di astensione sarebbe il minore dei mali portando però sull’astensione il grosso del gruppo. Niente da fare.
Nei panni del falco dei falchi, l’ex premier detta personalmente la dichiarazione che dirama il suo consigliere Giovanni Toti: si vota no, perchè Renzi ha tradito ai patti.
È l’ora dello sfogo, della rabbia contro tutto.
“Berlusconi è un’ira di Dio” racconta chi lo ha sentito. Appena finita la pena per frode fiscale, già si intravede il prossimo calvario sul processo Ruby:
“Se la Corte — dice una fonte vicina al dossier — lascia in piedi un pezzo del processo, è una catastrofe”.
Già , perchè la Corte tra la conferma dell’assoluzione e il rinvio di tutto in appello ha anche una terza via: rinviare in appello la parte sulla “prostituzione” e confermare l’assoluzione sulla “concussione”.
E si capisce che l’impatto sarebbe devastante. E renderebbe già scritto l’esito del Ruby ter, dove l’ex premier rischia il rinvio a giudizio per corruzione dei testimoni.
Eccolo, il “colpo finale”.
E nella linea dura di Berlusconi c’è già la reazione, rabbiosa e disperata, ovvero l’opposizione totale sotto le bandiere di Salvini.
Tira dritto l’ex premier quando gli dicono che gli uomini di Verdini sono pronti a votare le riforme. Il pallottoliere dice che alla Camera non superano la quindicina ma il segnale “politico” è enorme.
I suoi potrebbero non partecipare al voto o astenersi, ma il messaggio è chiaro: tra Berlusconi e Renzi, Denis mette le sue fiches solo su Renzi.
E al Senato i verdinani molti di più. E tira dritto Berlusconi anche quando Mariastella Gelmini gli ripete che “così il gruppo non tiene”.
Il rischio è che in Aula, su settanta parlamentari, ci possano essere una ventina di assenti, a causa di una classica “influenza tattica”.
Attorno al segnale di Verdini potrebbe cioè coagularsi il malessere. Un malessere evidente visto che alla riunione dei gruppi erano presenti meno della metà dei 69 parlamentari di Forza Italia: “I gruppi — dice un verdiniano di ferro — non tengono più. Le riforme c’entrano ma fino a un certo punto”.
C’entra che c’è chi ce l’ha con Berlusconi perchè ormai è impossibile parlarci, perchè “non possiamo farci dare la linea dalle sue badanti”, perchè “prima ci ha fatto perdere voti col Nazareno e ora non si capisce che vuole”.
Le riforme sono il detonatore di tutto questo.
Pure all’interno di quelli che votano no c’è una frattura profonda.
Toti dice che si vota no perchè, sul capo dello Stato, Renzi non ha rispettato i patti. Fitto dice che si vota no per ragioni di merito e attacca Toti: “Trovo piuttosto surreale, come sento dire da alcuni attuali ‘strateghi’, che si vota contro perchè Renzi ha ‘imbrogliato’ Forza Italia: ammesso che ciò sia vero, è solo l’ennesima prova di quanto Forza Italia abbia sbagliato in tutti questi mesi”.
Il cupio dissolvi, appunto. Martedì 10 marzo.
Sulla riforme si vota in mattinata. La Cassazione si pronuncia nel pomeriggio.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Berlusconi | Commenta »
Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
DAI RUMENI AI TEDESCHI, DAI POLACCHI AI MAROCCHINI: SEMPRE PIU’ STRANIERI DECIDONO DI RIMPATRIARE: “COMPLICATO FARE IMPRESA”
L’immigrazione al contrario è un fenomeno in rapida espansione in Italia. 
E sta ridisegnando l’orizzonte socioeconomico, levando la speranza in chi proviene da contesti storicamente più critici. I numeri parlano da soli.
I primi a tornare a casa sono i rumeni: oltre 35.500 rimpatri dal 2008 al 2012.
Al secondo e terzo posto, scorrendo la classifica dell’Istat, troviamo i polacchi (con 6.369 partenze) e i marocchini (6.299).
“Sono arrivata a Roma nel 2001 perchè lo stipendio era il doppio — racconta Wioletta Rozczypala, 42 anni, dalla città di Siedlce, nel nord est della Polonia -. Ci sono rimasta per undici anni, fino a dicembre 2012. Io e mio marito avevamo capito che non c’era futuro per gli stranieri, nè per i giovani. Abbiamo un figlio di tre anni, è anche per lui che siano tornati indietro. L’Italia è bellissima ma la gente è ancora diffidente verso gli stranieri, pensa che possano fare solo gli operai o gli addetti alle pulizie. Un amico medico è scappato via, non trovava un posto. Anche molte infermiere. Io mi sono laureata in filologia polacca. A Roma insegnavo all’ambasciata del mio Paese, mio marito faceva il pittore. La ditta per cui lavorava poi è fallita. Insieme portavamo a casa 2500 euro al mese. A Siedlce abbiamo aperto un ristorante e ne guadagniamo quattro mila. A tempo perso faccio la traduttrice per gli imprenditori italiani che investono qui. Abbiamo una casa di proprietà e stiamo per comprare la seconda”.
Quello che più l’ha spaventata da noi è “il mercato nero degli affitti e nelle aziende — spiega. In Polonia se non paghi le tasse dopo un mese ti scoprono”.
Nordin Baqili ha 35 anni, è venuto in Italia quando ne aveva otto, e da gennaio 2014 vive vicino a Casablanca.
“L’Italia è il mio paese — esordisce -. Ho ancora la residenza a Pinerolo, in provincia di Torino, e la casa lì. Ma non potevo più andare avanti. Per 15 anni ho avuto una falegnameria con tre dipendenti. Ho dovuto chiudere perchè i clienti erano in ritardo coi pagamenti, le banche fanno fatica a darti credito e le tasse ti strozzano”.
È partito da solo, lasciando genitori, fratelli e cugini qui. Ora abita nella casa dei suoi in Marocco e sta imparando l’arabo.
“In un anno mi sono sposato, ho avuto un figlio, e ho trovato lavoro come dipendente in una falegnameria. Il piano è aprire entro un anno un’azienda mia, perchè qui ci sono molti incentivi, di portare mia moglie e il bimbo a Pinerolo, perchè la qualità della vita è migliore da voi, e io farei su e giù da Casablanca”.
Una volta era l’opposto: gli immigrati facevano fortuna in Italia e avevano la famiglia nel Paese di origine.
L’Albania, a più di vent’anni dal primo grande esodo, ha aperto la porta a seimila ex emigrati.
La Cina è la quinta meta di ritorno (5.731).
Le sue prospettive di crescita nel 2015 rallentano (il pil è al livello più basso da 24 anni), ma restano comunque invidiabili.
“C’è più dinamismo, per questo ho approfittato di un’offerta di lavoro qui”: Chen Renzong, 27 anni, lavora a Shenzhen, nella punta meridionale della Repubblica popolare cinese, per un’azienda italiana che si occupa di tubi marini per l’estrazione del petrolio.
Si era trasferito ad Ascoli Piceno quando aveva dieci anni, poi ha frequentato la facoltà di Ingegneria meccanica al Politecnico di Milano.
“Mia madre è stata la prima a venire in Italia e la prima a lasciarla nel 2009. Lei e mio padre avevano una fabbrica di jeans, ma poi è diventato sempre più difficile fare business. Ne hanno aperta una vicino a Qingtian, lungo la costa orientale, esportano jeans per i coreani”. A Chen mancano le colline ascolane. “Sento di avere due case, ma la Cina la conosco a malapena”.
A dire addio all’Italia, in sesta posizione ci sono i tedeschi (con 5.067 rientri), seguiti dagli ucraini (5.027).
Silke Roesh ha prenotato un volo da Milano a Berlino il 3 marzo. Ha 32 anni e molla un posto al Goethe institute, l’istituto di cultura tedesca.
“Ho lavorato qui due anni, mi sono occupata di progetti formativi per studenti e insegnanti. In Germania prima di partire facevo la professoressa di tedesco al liceo. Mi manca questo mestiere”.
Silke ha fatto più di un soggiorno in Italia. “La prima volta a Bologna per l’Erasmus. La seconda sempre a Milano, per uno stage al Goethe institute e un lavoro in una galleria d’arte. Amo il vostro Stato — conclude — ma non è facile fare l’insegnante qui, ti tocca un precariato di anni. In Germania è diverso, al massimo fai un anno di supplenza, poi ti assumono a tempo indeterminato. A me lo hanno già promesso a settembre. Lo stipendio è molto più alto, 2300 euro, però devi insegnare due materie, in tutto 26 ore alla settimana”.
Nadia ha un figlio che sta combattendo sul fronte orientale dell’Ucraina.
Un altro che ha un negozio vicino a Leopoli, nella parte occidentale, dov’è tornata a vivere anche lei dal 2012.
“Ho raggiunto Napoli nel 2002 a bordo di un pullman turistico. Ho finto di fare una vacanza ma volevo rimanere in Italia. Dovevo aiutare la mia famiglia. In Ucraina lavoravo in un laboratorio di analisi in ospedale, mio marito era farmacista, ma mi creda, si faceva la fame”.
Dopo sei mesi a Napoli, Nadia si è spostata a Mantova.
“Ho sempre fatto la badante, ho cambiato quattro famiglie, per 800 euro al mese. Per 12 anni ho visto mio marito e miei figli una volta l’anno. Con i soldi che spedivo uno di loro si è preso un appartamento. Oggi bado ai miei tre nipotini”.
È rimasta in ottimi rapporti con gli italiani. “Mi chiamano spesso, mi chiedono se ho bisogno di una mano”.
La lista dei primi dieci popoli in fuga dal Belpaese si chiude con indiani (3.701), moldavi (3.164) e bengalesi (3.051).
Singh Nishan ormai da cinque anni si è ritirato nel Punjab, lo stato a nord-ovest dell’India.
“Coltiva riso e granoturco nei terreni che erano di mio nonno e prima ancora del mio bisnonno — spiega suo figlio Dalgit, 28 anni, operatore turistico per un’agenzia di viaggi in Italia, che è venuto a far visita ai genitori -. Mio padre non si ricorda bene l’italiano. Ha 58 anni, ne ha passati una quindicina nella provincia di Brescia, dove vivo ancora io. Ha fatto l’operaio in una fabbrica di plastica, mia mamma invece casalinga”.
Anche gli zii hanno preferito abbandonare il sogno italiano: “Uno è andato a Londra, l’altro in Canada. Quasi tutti gli indiani vanno in questi paesi, oltre che in Germania. Così le donne possono parlare inglese e trovare lavoro”.
Chiara Daina
argomento: Immigrazione | Commenta »
Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
“IO DENUNCIO DEI DISASTRI, MA E’ INUTILE”: UN’ANALISI IMPIETOSA DELLA SINISTRA (E NON SOLO)
È l’una e trenta, c’è il sole, pochi turisti tra canali, ponti e piazze. È l’una e trenta “ma non ho fame, non mangio quasi mai. No, non sto attento, non ho mai avuto lo stimolo, salto sempre il pranzo. Vuole un bicchiere di vino? ”.
Meglio evitare. Meglio mantenere intatte le facoltà cerebrali quando si ascolta Massimo Cacciari dissertare di politica, di Venezia, gli scontri con Massimo D’Alema su Silvio Berlusconi, i dubbi su Matteo Renzi, la presunta love story con Veronica Lario.
I quadri di Emilio Vedova e i contrasti con il fratello.
Fino ai suoi testi, alcuni dei quali talmente complessi da inibire le recensioni dei critici: “Davvero? ”, sorride sornione, “è vero, spesso non sono semplici. Ma non sempre, ne ho scritti alcuni meno complessi”.
Iper borghese, ma di sinistra, iper critico verso il Pd, ma sempre democratico, iper impegnato (“do una mano per le primarie”), ma quando si discute non guarda mai l’orologio nè il cellulare.
La sua casa sembra la sintesi morettiana di un intellettuale impegnato: libri ovunque, quadri anche in bagno. Ordinata senza esagerare, vissuta, lo stendino carico di panni, il letto tirato su al volo
Professore, ha più volte definito le primarie una “farsa”, però continua a dare il suo contributo…
(Alza la voce, da semi sdraiato in poltrona si metti in punta di cuscino) M’hanno apparecchiato questa condizione, devo salvare qualcosa! Se la situazione di lotta è questa, lotto, spero che Renzi sbaracchi lo strumento, tanto gli è servito enormemente una volta, primarie concesse da questi deficienti. Adesso cerchiamo di diventare responsabili
In che modo?
Con un minimo di ragionevolezza, con l’albo degli elettori presentato con congruo anticipo, e solo gli iscritti possono votare. Mettiamo dei limiti.
Teme l’arrivo di truppe “straniere” anche a Venezia?
Qui siamo persone serie.
Anche a Genova e Napoli lo dicevano.
In Liguria erano Regionali. Vede, diventare sindaco è da matti, devi affrontare solo mega-grane con strumenti debolissimi. Le regioni sono potere, sono un mostro, sono dei catafalchi, enti che prendono risorse e le distribuiscono. Non hanno alcuna finanza autonoma, nessuna responsabilità , e potere assoluto. È chiaro che fanno a coltellate per venir eletti.
Anche lei ci ha provato nel 2000.
Nel momento top del berlusconismo e di colata a picco del centro-sinistra. Venne Berlusconi in nave a San Marco per un ricevimento con Galan e famiglia.
Galan ora è agli arresti domiciliari per il Mose.
E mi dispiace, ci sono situazioni molto più scandalose e gravi rispetto alla sua, a partire dal comportamento dei burocrati di Stato. Nessun Galan avrebbe mai potuto fare quello che ha fatto senza l’avallo dei poteri competenti dello Stato, a partire dai Magistrati alle Acque che hanno patteggiato. Erano loro a dire: ‘Il progetto Mose va bene’. E parlo della signora Piva e dell’ingegner Cuccioletta.
Le persone chiave della vicenda.
Per non parlare della Corte dei Conti, gli denunciai tutto. Una volta mi hanno convocato per tre minuti, ma guardavano altrove, non mi ascoltavano. Mentre si appassionarono al filmino promozionale dell’ingegner Mazzacurati. Ma vogliamo parlare di Prodi? di Berlusconi? dei presidenti del Consiglio?…
Cosa in particolare?
Tutti hanno avuto le mie carte, i documenti, i faldoni, i progetti alternativi, i dubbi. Niente. Ribadisco: tutto il Mose è, da sempre, in mano ai livelli più alti dello Stato, non fermatevi a Galan.
Resta il punto: lei accusa da sempre la politica, ma dalla politica non può stare lontano.
Si tratta di Venezia, la mia città , il posto dove ho speso gran parte della vita, già nell’89 ero quasi sindaco, poi mi sono presentato nel ’90 con una lista che si chiamava ‘Pci il ponte’, con il simboletto poi ripreso dal Pds e una lista con la metà di non iscritti al partito ma scelti da me.
Lei era occhettiano alla Bolognina.
Certo, ma non iscritto, ero uscito dal partito nel 1984, ma avevo buoni rapporti con tutti, meno che con D’Alema. Nel 1990 ero la sinistra dei club con Paolo Flores d’Arcais.
D’Alema non le è mai piaciuto.
Mai. È sicuramente intelligente e preparato, ma tradito dall’arroganza, per questo fa errori clamorosi.
“D’Alema intelligente” è oramai un assioma. Ma quando l’ha dimostrato?
Quando parla, quando fa un’analisi politica. Lo dimostra perchè è un uomo che ha letto due libri, è un uomo colto.
Va bene, ma nei fatti?
Politicamente è travolto dalla presunzione: lui, solo lui, ma allo stesso tempo è anche un uomo di partito, non è Renzi, non è un demagogo. Poi, quando si tratta del suo destino, dove ‘io posso prevalere’, ‘ io posso vincere su di te’, va nel pallone.
L’errore più grande di D’Alema?
Venne qui durante la Bicamerale e mi permisi di manifestargli dei dubbi. E lui utilizzando il mio cognome, disse: ‘Cacciari… Cacciari… ancora non hai capito: Berlusconi è un prigioniero politico’. Con lo stesso metro hanno affrontato Renzi, convinti di essere i più fighi.
Bersani sulla scia di D’Alema…
Un tipino molto modesto, perbene, molto consapevole dei propri limiti. È incredibile come hanno generato Renzi, questi sbarramenti, queste primarie, lo hanno legittimato convinti che avrebbero vinto. Perchè loro hanno la struttura, l’apparato, loro… Ma sono loro ad aver sbaraccato ogni forma di partito e si sono affidati a questa farsa di primarie.
Si aspettava il risultato di Bersani nel 2013?
No, mi aspettavo che sarebbe stata dura, ma non una catastrofe simile.
Il giorno dopo del voto, al Fatto disse: “Non hanno capito un cazzo, dovevano schierare Renzi”.
Piuttosto che andare a una competizione con la vecchia guardia, ci saremmo risparmiati questi due anni… ” Forse il primo anno, quello di Letta, in quest’ultimo non mi sembra in grandi difficoltà . Ora invece è debole. Poi lui copre i limiti con la super presenza, con la super volontà di potenza. È chiaro che se si fosse affermato con le elezioni, tutto sarebbe andato prima e meglio.
Non sembra così debole…
Gli resta il vizio di fondo, un vizio che pesa e che potrebbe portarlo a sbattere in ogni momento”.
Non ha opposizione.
Ma nei sistemi attuali l’opposizione non è tanto quella che vedi e che fa casino nelle piazze e in Parlamento. La chiave è un’altra: bisogna capire se è forte solo lui o se è riuscito a conquistare settori importanti, anche della burocrazia. In generale si ha una visione ridicola della politica, come una forza autonoma, mentre la politica conta sempre meno ed è destinata a contare ancor meno. Vede, per capire la forza di un uomo politico, o di una forza politica, bisognerebbe sapere come si ingrana con i veri sistemi di potere.
E Renzi non sa se li ha ingranati.
Questo è il punto. Conosco i sistemi di potere, ma non so come ci si configura Renzi, non so quanto sia dentro.
Per alcuni Renzi è espressione dei poteri forti, per altri no.
Appunto, lo vede? Ed è la domanda decisiva per capire quanto è solida la sua tenuta. Anche i suoi oppositori non lo capiscono, a partire da Cuperlo e Civati con i quali spesso mi confronto. Non inquadrano il personaggio, ed è la loro debolezza.
Lei prima ha parlato di D’Alema, e D’Alema non è un politico in grado di dire “ho sbagliato”. Lei cosa si rimprovera?
Non capire che se uno fa politica, deve fare solo politica. Non può nel frattempo andarsene da un Consiglio comunale perchè ha un libro da leggere, deve dedicarsi totalmente. Purtroppo non ho pazienza, quando uno dice troppe cazzate, quando la riunione dura troppo, mi sale l’angoscia di tornare a casa”.
Secondo Cesare De Michelis lei è un uomo in grado di dire “ti aspetto di sotto e ti picchio”, ma di non aver mai partecipato a una rissa.
No, non mi offendo mai. Posso mandare affanculo, ma dopo due secondi me ne sono dimenticato.
Celebri le sue urla ai talk shaw, ma si diverte ancora?
Non tanto, ma è un modo per dire due cose, poi mi invitano sempre, dire sempre di no pare brutto. Mi piace andare dalla Gruber, mi è simpatica.
Rispetto a Venezia, rivendica tutte le scelte?
Ho avuto qualche casino con il ponte di Calatrava, una grandissima opera di architettura, solo che è costata un’ira di Dio.
Non mi dirà “per colpa di scelte altrui”.
Da me una frase del genere non la sentirà mai: se uno assume una carica, si deve far carico anche dei padri. In quel caso sono stati sbagliati gli appalti, però ci passa più gente che al ponte di Rialto. Lo rifarei tale e quale… o non lo rifarei viste le grane che ho subito.
Cosa non ha realizzato per Venezia?
Un piano di mobilità acqueo. Non ci sono riuscito. E comunque lei deve parlare di Venezia e Mestre, e su quest’ultima sono stati conclusi degli interventi straordinari, è totalmente cambiata, e in bene.
Lei è molto magro.
Però non pratico alcuno sport, nè dieta. Sicuro che non vuole niente? Ma neanche un caffè; un bicchiere di vino…
No, grazie. Senta, il suo stato da single le ha procurato qualche chiacchiera su un rapporto con Veronica Lario…
Pazzia. Non so chi possa essere stato il matto a tirarla fuori. La voce circolava da tempo, ma non l’ho mai vista, alcuni sono convinti ancora di questa relazione, ma è una leggenda incredibile. Seguivo solo la figlia Barbara all’università .
Per lei Barbara è meglio di Marina in politica.
Di Marina mi parlano come di un manager bravissimo, Barbara l’ho conosciuta in due corsi ed è molto spigliata, parla bene.
Torniamo all’esperienza da sindaco. In quel periodo lei faceva parte di un bel gruppo: Rutelli a Roma, Bassolino a Napoli e altri. Di quella stagione cosa resta e perchè si sono persi un po’ tutti?
Sì, non è rimasto nulla, solo tanti inizi e nessuna conclusione. Eravamo troppo diversi. Il problema è stato l’innesco con un processo costituente a livello nazionale, bisognava modificare l’assetto dello Stato, ma ci fu il blocco totale dei partiti, a partire dalla Lega.
Si è parlato e si parla di eccessiva personalizzazione della politica da parte dei sindaci.
Specialmente nel secondo mandato. Negli anni Novanta avevi un successo anche maggiore: è chiaro che in quel caso le aspettative crescevano e ti chiedevano “la qualunque”. Attese strepitose. Mi chiamavano in continuazione, pretendevano risolvessi qualunque problema.
Ha parlato molto di D’Alema, mai di Veltroni.
Uno debole caratterialmente, è l’opposto di Renzi. Come idee politiche è forse la personalità che sento più vicina a me.
Lui non si è mai definito comunista. Lei è mai andato a Est prima della caduta del Muro?
Due volte, esperienza orribile. Ma peggio in Cina durante la rivoluzione culturale, posto tremendo, ho visto l’inferno. Guardi che tra gli anni Sessanta e Settanta, quasi tutta la dirigenza del Pci era antisovietica, anche i capi, ma furbescamente tacevano.
Diceva della Cina?
Ci sono stato un mese, ti portavano a visitare dei lager convinti di celebrare la loro capacità produttiva. Degli schiavi. In mezzo a condizioni di totale inquinamento.
Le piace Landini?
Mi sembra una persona onesta, anche simpatica, ma non va da nessuna parte. Lo avrei apprezzato di più se fosse partito dal cambiare il sindacato, prima si lavora in casa propria, poi si guarda fuori. E comunque le sue idee non tengono conto del cambiamento dei tempi, a partire dal mercato del lavoro.
Squilla il cellulare, lo vengono a prendere. “Mi scusi, ora devo andare, come le dicevo ho degli appuntamenti per le primarie”.
Si alza dalla poltrona.
Ma quello appeso è un Vedova?
“Sì, aspetti che le mostro gli altri… ”
E continua a chiacchierare, senza fretta.
Come diceva prima, la politica è molto, ma non è tutto.
Alessandro Ferrucci
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Partito Democratico | Commenta »
Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
IL SINDACO LEGHISTA LE AVEVA NEGATO IL GIURAMENTO SENZA NEANCHE CONOSCERE LA LEGGE
Una corsa al consolato indiano per avere un certificato relativo all’atto di matrimonio, e poi di nuovo in
Comune, a Cairate, in provincia di Varese, dove Rani Pushpa, 56 anni, la donna indiana a cui il sindaco leghista aveva negato il giuramento «perchè non parla bene la nostra lingua», è diventata cittadina italiana.
Alle ore 13 di lunedì.
Il primo cittadino Paolo Mazzucchelli, tuttavia, si è rifiutato di partecipare alla cerimonia. La prefettura gli aveva comunicato, alcuni giorni fa, che non poteva negare alla donna indiana il riconoscimento ottenuto dopo una istruttoria, richiesta in virtù del diritto acquisito con il matrimonio (il marito, Kumar, è a sua volta divenuto cittadino italiano alcuni anni fa).
Mazzucchelli ha così delegato al suo posto un consigliere comunale, Andrea Di Salvo, che ha provveduto a far giurare la donna, a porte chiuse, nell’ufficio anagrafe. All’uscita dal comune, l’avvocato Francesca Gioffrè ha dichiarato: «Rani vive in Italia da più di dieci anni. Era suo diritto avere la cittadinanza, e ci dispiace che il sindaco non abbia voluto partecipare».
Il primo cittadino ha replicato: «Non ho officiato la cerimonia perchè voglio essere coerente con la mia posizione – spiega Mazzucchelli -. Questa signora non sa parlare italiano e non ritengo quindi che sia integrabile nella nostra comunità “.
Il sindaco padagno farebbe bene a conoscere lui per primo le norme vigenti nella repubblica italiana ( di cui è ospite): l’istruttoria la segue la prefettura in base alla legge, non un sindaco in base alle sue interpretazioni bislacche.
Libero lui di essere coerente alla sua pochezza giuridica, libera Rani di veder riconosciuto i l suo diritto .
argomento: Diritti civili | Commenta »
Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
LETTERA APERTA DELL’EX BATTISTA AI DISSIDENTI: “CREIAMO UN GRUPPO CON SEL”
Le loro strade si sono separate, ora potrebbero nuovamente convergere.
L’appello di Lorenzo Battista, senatore ex Movimento 5 Stelle, arriva sotto forma di una lettera aperta pubblicata su Facebook.
I destinatari sono i colleghi senatori che come lui, entrati in Parlamento grazie al movimento di Beppe Grillo, ne sono usciti per dissidi con il leader.
Battista, oggi membro del gruppo Gal per le autonomie, invita gli ex M5S a fare un ragionamento pregno di realpolitik, in quel ramo del Parlamento dove la maggioranza del premier Renzi è più risicata ed esposta alle intemperie politiche.
L’idea è di proporsi come stampella del governo, attraverso la creazione di un gruppo parlamentare grazie alla fusione con Sel “con un’eventuale richiesta di un dicastero la cui direzione potrebbe anche essere ricoperta da un tecnico”.
Più che 2.0, la manovra di Battista ha tutti i tratti della politica vecchio stampo.
Una mossa da parlamentare navigato che ha consumato le suole delle scarpe tra i corridoi di Palazzo Madama.
Ma mentre il deputato ex M5S Walter Rizzetto scende in piazza a Venezia con la destra di Giorgia Meloni, il senatore Battista guarda da tutt’altra parte: “Alcuni di voi manifestano spesso e volentieri una simpatia per le politiche di sinistra, apprezzamenti per quanto sta facendo Alexis Tsipras, o consensi per le dichiarazioni di esponenti sindacali. Votate praticamente sempre in linea con la componente SEL che conta 7 membri”.
“Le espulsioni e gli abbandoni dal M5S hanno causato l’ingresso nel gruppo Misto che ora – ricorda Battista – conta ben 29 senatori. Credo siate ben consapevoli della sua gestione e delle difficoltà che avete nel supporto delle vostre attività . Si dovrebbero mettere da parte alcuni dissidi che si sono venuti a creare, e costituire un gruppo al Senato. Ritengo che si potrebbero superare le difficoltà che si sono presentate. Se ognuno facesse un piccolo passo indietro e riuscisse a rinunciare alle proprie ostinazioni ideologiche, l’obiettivo sarebbe alla portata di tutti”.
“Un’eventuale costituzione di un gruppo parlamentare – è sempre Battista – troverebbe modo di dimostrare cosa si è capaci di fare e quindi dovrebbe essere un gruppo che si potrebbe anche proporre come forza di maggioranza e come tale forza di governo”. “Sarebbe possibile arrivare al traguardo di una migliore collocazione e per questo mi permetto di segnalarvi 3 percorsi:
1) Costituzione di un gruppo che ambisce a entrare in maggioranza con un’eventuale richiesta di avere un dicastero la cui direzione potrebbe anche essere ricoperta da un tecnico. Si è responsabili delle linee politiche di quel ministero.
2) Al fine di superare le difficoltà per una stesura di un programma politico, ogni componente potrebbe presentare un punto di programma per ogni commissione e iniziare una trattativa per chiedere che questi punti vengano inseriti nell’agenda del governo o in quella parlamentare”.
3) Il terzo punto guarda oltre e potrebbe andare ‘a beneficio’ di un’altra forza politica: “Alcuni di voi manifestano spesso e volentieri una simpatia per le politiche di sinistra, apprezzamenti per quanto sta facendo Alexis Tsipras, o consensi per le dichiarazioni di esponenti sindacali. Votate praticamente sempre in linea con la componente SEL che conta 7 membri. Penso che dobbiate avere il tempismo politico di agire adesso, non rimandare all’infinito una vostra scelta di campo in attesa che qualcuno si schieri. Non si può fare politica nell’attesa che qualcuno scenda in campo ma si deve cercare di usare al meglio chi è impegnato in questo momento cioè Voi stessi. Basta – esemplifica – che 3 di voi chiedano di aderire a SEL, anche in un’ottica di un eventuale rinnovamento partitico e costituire quindi un gruppo SEL al Senato. In questo modo potreste raggiungere un duplice risultato: confluire in un gruppo omogeneo e dare la possibilità al gruppo misto di strutturarsi con una composizione maggiormente rappresentativa della eterogeneità del misto”.
Primo sì.
“Condivido la genesi della riflessione di Lorenzo Battista: è arrivato il momento di riflettere sul punto a cui siamo arrivati e di mettere da parte le divisioni che hanno contraddistinto le diverse posizioni personali che ognuno di noi ha per vedere dove vogliamo andare”.
Lo dice il senatore, ex M5s, Luis Alberto Orellana, commentando la lettera aperta di Lorenzo Battista sulla necessità di ‘sbloccare’ l’attività politica degli espulsi e fuoriusciti del M5s che ora siedono nel gruppo Misto del Senato.
“Spero che questa lettera sia uno stimolo che riporti il dibattito tra di noi. Spero che ne parleremo almeno con lui anche per capire la genesi di questa iniziativa. Stiamo rientrando tutti e tra stasera e domani sarebbe auspicabile un confronto”, conclude.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Grillo | Commenta »
Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
IL NAZIONALE PONE TRE CONDIZIONI CHE SONO UN CEDIMENTO AL SINDACO DI VERONA: LA SUA LISTA FA PAURA AL “SISTEMAMOGLI” E AL DANDY DI CONEGLIANO
Matteo il bullo (quello padagno) doveva oggi ratificare l’espulsione del sindaco di Verona, Flavio Tosi,
ma la riunione iniziata alle 15,30 in via Bellerio è stata all’insegna della imminente crisi di nervi.
E’ stato il sondaggista di fiducia Amadori a far cambiare parere al plotone di esecuzione presieduto da Bossi e a rovinare la digestione a molti: un sondaggio sulle regionali con Tosi in campo vedrebbe, oggi come oggi, Zaia al 40% (aveva il 45% fino a pochi giorni fa), la Moretti in paurosa crescita al 35% (aveva il 30%) e Tosi tra i 5% e il 10% in crescita.
A due mesi dalla elezioni, il 5% è nulla, considerando che la Moretti ha finora coperto solo il 50% degli oltre 500 paesi della regione, che Forza Italia potrebbe giocare qualche scherzo, che in 60 giorni Tosi potrebbe fare altri danni e che una presenza pesante di Renzi negli ultimi giorni potrebbe far crescere ancora il consenso per il centrosinistra.
Come aveva ipotizzato Maroni, “non vi rendete conto che qua si rischia di perdere il Veneto”, con un crollo tragico di immagine.
Di fronte a uno Zaia più pallido del solito e a un Salvini che non ne ha azzeccata una, si elabora una strategia: rinviare ogni decisione di 24 ore e proporre a Tosi tre condizioni che in realtà sembrano più concessioni che altro.
Non ci dovrà essere alcuna lista a suo nome alle regionali venete, il sindaco di Verona dovrà garantire altresì che non presenterà la sua Fondazione ‘Ricostruiamo il Paese’ in nessun luogo alle prossime amministrative, chiari sintomi di crisi nervosa.
E poi la retromarcia: la lista della Liga veneta sarà decisa dal direttivo nazionale veneto (guidato dallo stesso Tosi) ma i nomi dovranno passare il vaglio del commissario ad hoc Gianpaolo Dozzo per la ratifica.
Soluzione prevista dallo statuto ma che fino a ieri era negata.
Non solo: al governatore Luca Zaia sarà concesso di presentare una lista a suo nome, ma dovrà trattarsi di una civica vera, senza candidati iscritti alla Lega (in origine Zaia puntava molto a piazzarci amici suoi).
Ora si attende che Tosi si esprima su questa proposta: tutto dipende da quanto uomini di fiducia gli verrebbero garantiti nella lista ufficiale della Lega.
Se è una trappola non ci starà , ormai è evidente, lo ha ribadito ancora poche ore fa: non baratto la mia dignità per un compromesso al ribasso, le liste le decide la Liga veneta.
Quel che è certo è che oggi qualcuno ha abbassato la cresta.
argomento: LegaNord | Commenta »
Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
ARIA DI REGIME: SARA’ IL GOVERNO A NOMINARE UN SUPERMANAGER, CHI VINCE LE ELEZIONI PRENDE IL CONTROLLO DELLA RAI… MA UN ANNO FA DICEVA: “MAI PIU’ NOMINE POLITICHE”
I partiti che oggi lottizzano e si spartiscono fino all’ultima poltrona i posti disponibili in Rai? Tutti fuori.
O meglio, tutti fuori tranne uno: quello del premier.
Il piano messo a punto dal governo per riformare la tv pubblica sembra portare in questa direzione.
Matteo Renzi, scrive La Repubblica, immagina una Rai guidata da “un vero amministratore delegato, con poteri ampi, come in qualunque azienda privata”.
Una soluzione che, nella lettura che ne dà il quotidiano romano, porterebbe a “rottamare l’attuale gestione mista Cda-direttore generale, nel tentativo di allontanare i partiti dall’amministrazione diretta dell’azienda”.
Tutto molto bello, ma la soluzione pensata da Palazzo Chigi solleva il dubbio che la medicina possa essere più pericolosa del male: il supermanager verrebbe nominato dal governo, che in questo modo prenderebbe il controllo della tv pubblica.
Eppure non è passato troppo tempo dal 19 maggio dello scorso anno, quando in un’intervista a Piazzapulita Renzi sentenziava: “I partiti hanno già messo troppo bocca sulla Rai. Io invece non metterò mai il mio partito nelle condizioni di prendere decisioni sulla Rai”.
Dopo il riordino dei tg contenuto nel piano Gubitosi, Palazzo Chigi è al lavoro per riformare la governance in direzione di una maggiore razionalità aziendale.
In base al piano in discussione, il supermanager ipotizzato dall’esecutivo risponderà in prima persona dei risultati conseguiti: “L’importante — è il virgolettato attribuito dal quotidiano romano a Renzi — è affidare a un amministratore la responsabilità di guidare l’azienda senza continuamente mediare con il Cda sulle scelte operative. Se non porta risultati viene cacciato via, ma deve poter decidere come fanno tutti i manager”.
Una rivoluzione, per l’azienda televisiva di Stato: il premier immagina per il colosso televisivo pubblico, primo produttore culturale del Paese, una gestione aziendale, quindi razionale e quindi produttiva, lontana dalle logiche spartitorie che hanno dettato la sua gestione nei decenni passati. Fin qui tutto bene, anzi benissimo.
Il problema nasce nel momento in cui si va a vedere chi dovrebbe nominare il supermanager: secondo il quotidiano di via Cristoforo Colombo, a sceglierlo dovrà essere il governo.
Stop alla lottizzazione, quindi: in pratica, se andrà in porto la riforma immaginata da Renzi, il partito che vincerà le elezioni si prenderà la Rai, nominando un amministratore delegato che avrà il ruolo di plenipotenziario, braccio armato dell’esecutivo nella gestione della tv pubblica.
Chi controllerà il supermanager?
A Palazzo Chigi se ne discute ancora e le idee non sono ancora molto chiare.
Se il Movimento 5 Stelle chiede di rinunciare alla Commissione di Vigilanza, il premier è di parere opposto: sarebbe inutile, suggerisce La Repubblica, cancellare la Vigilanza se poi le linee di indirizzo del servizio pubblico vengono affidate a un organismo parlamentare, quindi lottizzabile.
Anzi, in base al disegno del governo, alla commissione sarà anche tolto il potere, conferitole dalla legge Gasparri, di indicare i nomi dei 9 componenti del Consiglio di amministrazione.
Chi li nominerà , quindi?
Anche su questo punto Renzi non ha ancora deciso.
Ma qui le cose si complicano. Le possibilità in campo sono due: potrebbe nascere un “Consiglio di sorveglianza” i cui membri sarebbero nominati da governo e Agcom, che a sua volta sceglierebbe i componenti del Cda (ridotto da 9 a 5 membri, come chiede il M5S); oppure la scelta dei membri del consiglio di amministrazione potrebbe essere affidata al Parlamento, con la rosa dei nomi che verrebbe indicata da “soggetti esterni come l’Agcom, la Conferenza Stato-Regioni, il Consiglio dei rettori, la Corte Costituzionale“.
Ma la possibilità non convince Renzi perchè cadrebbe la distinzione tra gestione (affidata al cda) e controllo (che dovrebbe essere esercitato dalle Camere).
Renzi, evidentemente, ha cambiato idea.
“Fuori i partiti dalla Rai, mai più nomine politiche”, tuonava il premier il 19 maggio 2014 a Piazzapulita – non ho mai incontrato il presidente della Rai nè il direttore generale, perchè in passato i partiti hanno già messo troppo bocca sulla Rai. Io invece non metterò mai il mio partito nelle condizioni di prendere decisioni sulla Rai”.
Solo due giorni prima, parlando ai militanti del Partito Democratico durante il pranzo popolare a Sassuolo in sostegno del candidato sindaco del centrosinistra Claudio Pistoni, il premier scandiva: “La Rai è nostra, è di tutti i cittadini, non è dei partiti e noi del Pd ne siamo fuori“.
Un campanello d’allarme lo aveva fatto suonare Milena Gabanelli.
Il 26 febbraio la conduttrice di Report aveva illustrato sul Corriere della Sera la sua idea di riforma della Rai, ipotizzando per il servizio pubblico radiotelevisivo un governo dei “migliori” sul modello della Bbc (di cui aveva parlato lo stesso Renzi a giugno, ipotizzando la sostituzione della Commissione di Vigilanza con una Fondazione rappresentativa dei cittadini che pagano il canone), dove “tutti coloro che hanno cariche operative hanno avuto una importante esperienza televisiva di successo, e quindi sanno di cosa parlano quando devono valutare la nomina del Direttore Generale”.
Intervistata dal Fatto Quotidiano il giorno successivo, la giornalista metteva in guardia: “Se è Renzi a scegliere ‘i migliori’, siamo fuori strada. Vuol dire che non ha letto come funziona il modello a cui tutti dicono di volersi ispirare”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: RAI | Commenta »
Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
BERLUSCONI DICE DI VOTARE NO, I VERDINIANI POTREBBERO ASTENERSI E ALTRI VOTARE SI’
Il voto finale alla Camera della riforma costituzionale previsto per domani spacca Forza Italia. 
I verdiniani potrebbero astenersi, Gianfranco Rotondi (deputato di Fi) annuncia il suo ‘Sì’: “Non ci devono essere discipline di partito, nonostante lo sgarbo di Renzi, va votata per il bene del Paese, questa è una scelta coraggiosa”.
Decisione in totale contrasto alla linea sancita da Silvio Berlusconi di bocciare il “pasticcio del governo”.
“A dispetto di quello che si dice Berlusconi è un vero democratico, non ci sarà nessun contrasto, i parlamentari sono liberi di decidere secondo coscienza, accidentalmente potremmo essere la maggioranza a votare a favore“.
Il “no” di Silvio Berlusconi riavvicina invece l’ala fittiana del partito.
“Voteremo contro, è una scelta conseguente all’arroganza di questo governo, oggi prevale il nostro dna, abbiamo contribuito fino ad un certo punto, anche se alcune cose non erano gradite, per uno spirito costruttivo che ormai è sfumato — afferma il deputato Francesco Paolo Sisto — chi è causa del suo mal pianga se stesso, oggi Renzi piange le conseguenze delle sue scelte”.
E sulle eventuali defezioni di domani, replica: “Il voto avrà ripercussioni sulla riforma non sul partito, non ci sarà una spaccatura endemica, discutiamo ma il mantra è l’unione, non bisogna indebolire il centro-destra, non si metterà in discussione la leadership di Berlusconi”
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Forza Italia | Commenta »
Marzo 9th, 2015 Riccardo Fucile
DOMANI IL VOTO SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE, MARGINE DI 60 VOTI… COME AL SOLITO LA MINORANZA PD NON AVRA’ IL CORAGGIO DI ROMPERE E VERDINI FARA’ DA RUOTA DI SCORTA
“Fuori torna a splendere il sole. Ma uscire di casa e mettersi in cammino dipende solo da noi”. Prende in prestito il meteo, Matteo Renzi per lanciare un avvertimento a tutti, a Berlusconi, ma soprattutto al Pd.
Formula prescelta, la E-news. La settimana si preannuncia complicata: domani l’Aula della Camera deve dare il voto finale alla riforma costituzionale.
Una votazione posticipata, date le tensioni che ne hanno accompagnato il passaggio a Montecitorio, con le opposizioni fuori dall’Aula, e la maggioranza che si votava da sola il cambio della Costituzione.
Ieri Berlusconi ha chiarito la sua posizione.
Stavolta Forza Italia non uscirà , ma dirà no.
A sancire che il Patto del Nazareno è morto e non è possibile resuscitarlo, nonostante i tentativi dei renziani. “Ci avevamo creduto fino in fondo, ma è stato Renzi a tradire”, chiarisce B.
E allora, per l’ex Cavaliere, sedotto e abbandonato, le Regionali sono il momento per far ripartire una coalizione di centrodestra con la Lega.
Perentorio Salvini: “Se FI vota contro, come normale, poi ragioniamo fra opposizioni”.
Succede quello che il premier, stringendo alleanza con l’amico Silvio, voleva evitare: la minoranza Pd diventa determinante.
Non a caso il vicesegretario Guerini si preoccupa di dire a B. che sta facendo “un errore politico”.
Il premier aveva già in programma la E-news di ieri, ma l’ha tarata dopo le parole dell’ex Cavaliere.
Il metodo è il consueto. Renzi parte sottolineando la ripresa del quadro economico per sfidare chiunque a prendersi la responsabilità di non far passare le riforme.
E poi, referendum, l’ultima parola d’ordine tirata fuori una volta chiarito che cambiare la Carta a grande maggioranza (come lo stesso premier aveva sbandierato per mesi) è un miraggio ormai sfumato: “Puntiamo al referendum finale (perchè per noi decidono i cittadini, con buona pace di chi ci accusa di atteggiamento autoritario)”.
Nessuna concessione sull’Italicum. Manca l’ultima lettura alla Camera. E non si cambia. Nonostante le barricate annunciate dalla minoranza dem.
Annunciate, appunto. Bersani, D’Attorre, Gotor & co. stanno dicendo ormai da mesi che la legge elettorale così com’è non la voteranno.
Manterranno la promessa? C’è tempo fino a maggio, quando arriverà nell’Aula di Montecitorio, per capirlo.
Anche il cammino della riforma costituzionale potrebbe essere molto accidentato in Senato, dove senza FI il Pd tutto è determinante.
Se ne parla sempre a maggio. I prossimi passaggi di riforma costituzionale e Italicum a questo punto saranno dopo le Regionali.
Evidentemente una scelta: Renzi spera che i risultati diano un’altra botta a tutti gli oppositori interni e esterni.
Ma in realtà , anche il voto di domani a Montecitorio non è così liscio: la maggioranza può contare su 375 voti (poi ci sono una trentina di deputati iscritti ai vari gruppi misti).
Questo vuol dire che con una sessantina di voti contrari dal Pd la riforma inizierebbe a vacillare. Basterebbero 60 assenti o 60 astenuti visto che servono 316 voti, la maggioranza assoluta dell’Assemblea (non dei presenti).
Nessuno tra i renziani crede davvero che questo accadrà . E poi si spera nel soccorso di qualche parlamentare azzurro, garantito da Verdini.
Le minoranze fanno il punto stasera per capire come comportarsi domani in Aula.
L’idea è quella di trovare una strategia per esprimere dissenso. Senza prendersi la responsabilità di affossare l’iter delle riforme. Perfetto stile di questi mesi.
Intanto, stamattina da segretario ha convocato i gruppi al Nazareno: appuntamento alle 10. Alla riunione precedente, il 27 febbraio non c’era praticamente nessuno. Sarà un altro flop?
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Parlamento | Commenta »