Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
QUOTA PARI A UN GIORNO DI STIPENDIO: MA PER ADOTTARE QUESTA NOVITA’ HANNO ASPETTATO CHE IN ITALIA CI FOSSERO TANTI DISOCCUPATI?
Iscrizioni al Pd più care per sconfiggere i signori delle tessere. 
La cura, individuata dal presiedente del partito Matteo Orfini contro i “padroni di voti” che drogano i congressi e la vita degli stessi circoli, verrà sperimentata a Roma a partire da fine marzo, quando inizierà la campagna di tesseramento 2015.
«Aumenteremo la quota, che dovrà essere pari almeno a un giorno di stipendio, quindi il salario di un mese diviso 30», ha spiegato Orfini nella sua relazione di apertura all’assemblea cittadina del Pd, di cui da tre mesi è commissario.
Una proposta accolta però da un brusio forte e prolungato, che ha subito scatenato la reazione di Orfini.
Il quale ha prima corretto il tiro: «Saranno previste delle deroghe per chi non può pagare».
Poi, incalzato dal rumoreggiare della platea, è sbottato: «Vedo che quando si va sui soldi ci si scalda: non è un bel segnale, fatemelo dire».
Senza tuttavia arretrare: «Dal 30 marzo ci saranno nuove regole ».
Un cambiamento necessario per non morire, specie in una città dove il Pd è stato messo a dura prova dall’inchiesta su Mafia Capitale.
«Se a Roma prendiamo 500mila voti alle elezioni ma poi abbiamo solo 9mila iscritti, vuol dire che c’è qualcosa che non va, che non rappresentiamo niente», ha attaccato il presidente-commissario.
«Bisogna allora cercare di capire perchè non vengono da noi. Forse non tutti si sentono a proprio agio, bisogna creare qualcosa di più accogliente».
Tanto più che «girando i circoli e telefonando a tutti gli iscritti, come abbiamo fatto noi in questi mesi, è venuta fuori una realtà intollerabile e cioè che una tessera su 5 è falsa», ha rivelato Orfini. Un veleno che occorre neutralizzare: «Il tesseramento non avverrà nei circoli ma su base municipale, ciascuno con un garante in funzione di controllo. E ci si iscriverà senza più intermediari».
Nessun timore di allontanare gli iscritti, magari quelli che non hanno voglia di dichiarare il proprio reddito? «
Ma figurarsi, nei circoli si sa che mestiere fa tizio piuttosto che caio, e poi ci fidiamo », taglia corto il commissario.
Punzecchiato dal collega Roberto Morassut: «Quattro anni fa proposi la tessera basata sul reddito per scardinare il tesseramento fasullo e pilotato a pacchetti, ma mi dissero che era impossibile. Positivo che si sia cambiato idea».
Giovanna Vitale
(da “La Repubblica”)
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Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
RUBY TER: I PM CHIEDONO PIU’ TEMPO PER SCANDAGLIARE I COMPUTER DELLE RAGAZZE…E INTANTO LA CEI SCOMUNICA SILVIO
Nei “computer, smartphone” e negli “ulteriori dispositivi elettronici sequestrati” nel corso delle perquisizioni dello scorso 17 febbraio a carico di 21 ragazze, Ruby compresa, e dell’ex avvocato della marocchina, Luca Giuliante, nell’ambito dell’inchiesta cosiddetta ‘Ruby ter’, “sono stati rinvenuti dati di rilievo investigativo la cui mole impone approfondimenti di non poco momento”.
Lo scrivono il procuratore aggiunto di Milano Pietro Forno e i pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio nella richiesta di proroga delle indagini (i cui termini sono scaduti l’8 marzo scorso), notificata ai difensori dal gip Stefania Donadeo.
La notizia arriva pochi giorni dopo l’assoluzione definitiva di Silvio Berlusconi per il processo Ruby.
La decisione della Cassazione, che restituisce agibilità politica all’ex premier, non convince però i vescovi italiani: il segretario della Cei mons. Nunzio Galantino si schiera con il quotidiano dei vescovi Avvenire e aggiunge “La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro”.
I pm milanesi vengono invece difesi dall’Associazione Nazionale Magistrati: “basta leggere le varie sentenze, vedere la complessità degli atti raccolti, tenere conto che è stato riformato il reato di concussione. Parlare di responsabilità civile – afferma Rodolfo Sabelli – è davvero fuori luogo”.
I pm motivano la richiesta di proroga delle indagini a carico di 45 persone, tra cui l’ex premier Silvio Berlusconi, accusato di corruzione in atti giudiziari, i suoi storici legali Ghedini e Longo, circa una trentina di ragazze e la stessa Ruby, chiarendo che è “indispensabile, ai fini dell’accertamento della verità e nell’interesse della giustizia, la prosecuzione delle indagini medesime”.
E sottolineano la “doverosa attività di ricerca di ulteriori riscontri ai dati già emersi”.
Secondo l’accusa, Berlusconi avrebbe comprato il silenzio delle ragazze ospiti alle serate ad Arcore e poi testimoni nei processi con bonifici, soldi in contanti, case e altre utilità anche fino a qualche settimana fa.
L’inchiesta è iniziata nel gennaio del 2014 e, dopo le perquisizioni del 17 febbraio scorso, ha avuto un’accelerazione con l’audizione di molti testimoni e anche con l’avvio di una rogatoria in Messico per trovare elementi utili su alcune proprietà , tra cui un ristorante con annesso pastificio, riconducibili a Ruby e all’ex compagno Luca Risso.
Nella richiesta di proroga gli inquirenti spiegano che, “pur essendo state” già “compiute attività di rilievo, la complessità della vicenda processuale” e delle “indagini delegate volte alla ricerca ed al vaglio del materiale probatorio” rendono “indispensabile” andare avanti con l’inchiesta.
Le perquisizioni, scrivono i pm, “hanno consentito di acquisire e sequestrare cose e beni”, tra cui smartphone, tablet, pc e altro materiale informatico nel quale è stata trovata una “mole” di dati “di rilievo investigativo”.
Servono, dunque, altri accertamenti con riscontri in corso caratterizzati da “eterogeneità ” e “complessità “.
Da qui la richiesta di poter indagare per altri sei mesi, fino al prossimo autunno, anche se gli inquirenti puntano a chiudere le indagini nelle prossime settimane.
Sull’istanza dovrà esprimersi il gip, ma intanto pm e investigatori della sezione pg possono proseguire negli accertamenti.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
IL GRUPPO DI BERLUSCONI AVREBBE IL 70% DEL MERCATO DELLE ANTENNE TV
Una operazione che andrebbe a «eliminare l’unico concorrente nazionale», proprio nel momento in cui
quotandosi in Borsa «avrebbe potuto avere una nuova strategia » commerciale.
Non solo: se l’operazione dovesse andare in porto «Mediaset sarebbe in grado di influenzare potenzialmente le condizioni competitive del suo concorrente».
Oltre a dominare ulteriormente il mercato pubblicitario nei media e porsi nelle condizioni di «costituire o rafforzare una posizione dominante» nel settore della radiofonia e del digitale terrestre.
Se queste — in sintesi — sono le permesse, non sorprende che l’Antitust ieri abbia deciso di aprire una istruttoria per indagare sulle possibile conseguenze negative dell’eventuale fusione tra Ei Towers e Rai Way.
Quotata in Borsa e controllata da Mediaset, per la quale gestisce le antenne televisive del gruppo della famiglia Berlusconi, Ei Towers ha lanciato due settimane fa una offerta — in denaro e azioni — per arrivare al controllo di Rai Way, azienda appena sbarcata a Piazza Affari nell’ambito del piano di privatizzazioni decise dal governo Renzi e di cui viale Mazzini controlla il 66 per cento
Entro 45 giorni (tenendo conto che prima dovrà esprimersi l’Agcom), l’Autorità per il controllo dei mercati e della concorrenza emetterà un provvedimento che potrebbe concludersi con rigide limitazioni all’operazione, se non addirittura alla sua bocciatura.
Se non altro perchè Ei Towers ha posto il via libera incondizionato dall’Antitrust come presupposto necessario alla fusione.
Ma i rischi di una concentrazione contraria alle norme ci sono tutti, almeno leggendo il documento pubblicato ieri sul sito dell’Antitrust.
Perchè i due operatori messi insieme andrebbero a coprire oltre due terzi della quota di mercato.
Inoltre, il rimanente terzo, in mano a operatori locali, presenta una offerta «caratterizzata da una copertura del 60-70 per cento in termini di popolazione ed è stata ritenuta frammentata e di qualità inferiore».
In sostanza, non potrebbe garantire un adeguato livello di concorrenza
Nel suo documento, l’Antitrust ha ricordato che già nel 2011 era intervenuta ponendo condizioni precise per garantire l’accesso a tutti gli operatori quando Fininvest fuse Elettronica Industriale con Dmt, dando vita al gruppo concorrente di Rai Way. Imporre uguali misure di “garanzia” ora potrebbe non essere più sufficiente: «Allo stato — si legge — non si ritiene che l’estensione delle misure imposte dall’Autorità » sia in grado di «scongiurare i potenziali effetti anti-competitivi di natura orizzontale e verticale dell’operazione».
La preoccupazioni dell’Antitrust si sintetizzano nel fatto che il gruppo che nascerebbe dalla fusione tra Ei Tower e Rai Way «avrebbe come clienti i due principali operatori di rete nonchè operatori nel mercato della raccolta pubblicitaria su mezzo televisivo».
La conseguenza? «Il gruppo Mediaset sarebbe potenzialmente in grado di influenzare le condizioni competitive del suo concorrente ».
Luca Pagni
(da “La Repubblica”)
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Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
PER PARARE TOSI IN VENETO, SALVINI RISPOLVERA I VECCHI TEMI, MA COSI’ SI SPUTTANA AL SUD E FA SCOPPIARE LE CONTRADDIZIONI DELLA PSEUDO-DESTRA ALLEATA… E RISCHIA DI PERDERE DAL TAPPO E DALLA SPINA
Matteo Salvini ha rivendicato che la sua Lega Nord “non ha abbandonato i temi del federalismo e dell’indipendenza della Padania”.
“Stiamo lavorando ad una grossa iniziativa con Gilberto Oneto per la prossima primavera sull’indipendenza della Padania e l’autonomia dei territori”, ha affermato il segretario federale della Lega Nord, sollecitato da una domanda sul tema da un ascoltatore di Radio Padania.
“Il problema e’ come arrivare al riconoscimento dell’autonomia” ha concluso Salvini ricordando le battaglie secessioniste di Miglio.
Il motivo di questo ritorno secessionista sta nel tentativo di tamponare l’emorragia in Veneto, dove Tosi è pronto a una campagna elettorale proprio rivendicando i temi cari all’indipendentismo veneto.
Tosi sta mettendo in difficoltà Salvini e Zaia e muove le carte con abilità , denunciando i lombardi che vogliono “mettere il tacco sul Veneto”.
Salvini si trova ora costretto a rincorrerlo, ma così facendo scopre tutti i limiti e la pretestuosità del “partito nazionale” che ha cercato fino ad oggi di disegnare: una frase del genere per la Meloni è come indurla a tagliarsi i polsi.
Può l’elettorato di Fratelli d’Italia immaginare un’alleanza con un partito secessionista? Con che faccia la Meloni può continuare a restare alleata della Lega che sputa sul tricolore?
E la destra radicale che parla di “sovranità ” con quale spirito può scortare un segretario leghista che nega persino la sovranità dell’Italia?
Certo per convenienza si può fare questo e altro, ma allora meglio inaugurare una casa di tolleranza che costruire alleanze omogenee.
Per non parlare degli elettori del sud che Salvini cerca di circuire: pensa che siano ccosì fessi da votare per un leader che vuole dividere il Paese tra regioni ricche e quelle povere? Chiede un voto ai meridionali per poi favorire il nord ?
La coperta è corta, Salvini non l’ha ancora capito: da qualche parte resterà con sedere scoperto.
E non sarà un bel vedere.
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Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
L’ACCUSA ALL’ESPONENTE DEL NCD RIGUARDA GLI APPALTI DEL CENTRO DI ACCOGLIENZA DI MINEO
Il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione (Nuovo Centrodestra) è indagato in un’inchiesta
per abuso d’ufficio e turbativa d’asta condotta dalla Procura di Catania sull’appalto per la gestione del Centro accoglienza richiedenti asilo di Mineo, già al centro delle polemiche per le condizioni degli ospiti.
A scriverlo è il quotidiano La Sicilia.
Castiglione è indagato in qualità di ex soggetto attuatore.
“Lo apprendo dalla stampa, non ne so nulla. Non posso commentare quello che non conosco, ma ho grande fiducia nella magistratura” ha commentato Castiglione.
Silenzio anche da parte dell’ufficio giudiziario. “Nessun commento” è la posizione ufficiale della Procura catanese.
Nella stessa inchiesta spunta anche il nome di Luca Odevaine, uno dei protagonisti di “Mafia Capitale” e per questo ancora in carcere a Roma.
Sull’appalto del Cara di Mineo, il Centro accoglienza richiedenti asilo più grande di Europa, sarebbero due le inchieste aperte: dalla Procura di Mineo, competente per territorio, e dalla Dda di Catania, per reati collegati all’immigrazione.
Secondo quanto scrive La Sicilia sono oltre una decina le persone a vario titolo coinvolte in un’indagine che al momento parte da ipotesi di reato che vanno dall’abuso d’ufficio alla turbativa d’asta, con delle verifiche anche sulla sussistenza del voto di scambio, in attesa dei risultati di una tranche separata sulle eventuali infiltrazioni mafiose nella gestione di questa e di altre strutture per migranti.
Nell’inchiesta, come atti dovuti e seppur con posizioni molto differenziate, oltre a Castiglione, deputato e leader in Sicilia del Nuovo centro destra, ci sono appunto Odevaine, ai vertici del consorzio di Comuni che si occupa del Cara, fino ad alcuni esponenti di cooperative che gestiscono i servizi e a funzionari che hanno avuto un ruolo nell’aggiudicazione di appalti.
Compreso l’appalto del 2014 da quasi 100 milioni per la gestione triennale del Cara, affidato a una commissione aggiudicatrice della quale Odevaine entra a far parte cinque giorni dopo essere stato nominato “collaboratore dell’Ufficio Progettazione, gestione e rendicontazione dei fondi europei”.
Ma ci sono anche appalti antecedenti all’attenzione delle inchieste delle Procure di Caltagirone e Catania, quelli quando al vertice del consorzio c’era Castiglione, il cui attuale incarico governativo è estraneo alle indagini.
Prima in qualità di presidente della Provincia di Catania, soggetto attuatore; poi, quando la competenza nel 2013 passa al ministero dell’Interno, come presidente del Calatino Terra d’Accoglienza.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
ANDREA GUERRA SUL RAPPORTO CON I SINDACATI NON SPOSA LA LINEA MARCHIONNE”
La riforma del lavoro targata Matteo Renzi, su un punto importante, non convince uno dei più stretti collaboratori del premier, l’ex ad di Luxottica Andrea Guerra.
“Penso che dentro al Jobs Act ci siano tante cose buone ma credo che manchi ancora qualcosa di fondamentale che è la protezione del lavoratore nel lungo periodo”, ha detto Guerra ai microfoni di Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24.
Per poi sottolineare: “La flessibilità ce la chiede il mondo, ma è fondamentale la qualificazione e riqualificazione”.
E ancora: alla domanda “La linea Marchionne sulle relazioni industriali va bene, secondo lei?”, Guerra ha risposto “Non è la mia.”.
Il manager si è espresso anche in merito alle voci su un suo possibile incarico come nuovo amministratore delegato della Rai: “Non è il mio mestiere fare l’amministratore delegato di un’azienda pubblica”, ha tagliato corto Guerra.
Sul piano banda larga e sul possibile coinvolgimento di Telecom, Guerra ha sottolineato: “Io spero di nuovo che l’incumbent, il leader, Telecom Italia sia assolutamente il player protagonista in questa cosa. Se sia possibile – ha aggiunto – “lo andiamo a capire. Io penso che sia importante, è il leader, è italiana”.
Sulla tempistica, il manager ha detto: “O questa cosa riesce a decollare nelle prossime 4/8 settimane, o non ce la si fa”.
Quanto all’ipotesi di conflitto di interessi per l’opas lanciata da Ei Towers su Rai Way, Guerra ha spiegato che viene alla luce “nel momento in cui c’è qualcuno che torna a fare il proprio mestiere di imprenditore”.
Al rilievo sul fatto che il governo dica che il 51% deve restare pubblico mentre all’Enel basta il 30%, l’ex ad di Luxottica commenta: “l’ha detto, sappiamo che lì ci sono vent’anni di storia particolare”.
All’ulteriore commento di Minoli che ha sottolineato come “se non fosse di Berlusconi Ei Towers sarebbe diverso’, Guerra ha affermato: “l’ha detto lei”.
Minoli ha poi ricordato a Guerra che adesso il mercato mette a nudo con chiarezza quello che il centrosinistra non ha fatto quando governava, cioè il conflitto d’interessi: “Soprattutto – ha sottolineato Guerra – nel momento in cui c’è qualcuno che torna a fare il proprio mestiere di imprenditore è evidente che questo viene più alla luce.”
(da “Huffingonpost”)
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Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
“SPERANO CHE SILVIO RIMETTA INSIEME I COCCI, MA E’ COME IL SALAMINO: A FURIA DI TAGLIARE SE NE SONO ANDATI CASINI, FINI, ALFANO, MELONI E ORA FORSE FITTO. A SILVIO E’ RIMASTO SOLO IL CULETTO”
Vittorio Feltri, questa adunata dei fan di Silvio a Palazzo Grazioli che cosa le sembra: rinascita o
funerale politico?
Nè l’una nè l’altro. Mi pare del tutto normale che un imputato assolto definitivamente festeggi l’evento.
Lui sì. Ma gli altri?
Gli altri, pure. I tanti miracolati da Silvio hanno un’occasione per dimostrare una gratitudine che in Forza Italia è spesso mancata. Capisco che in tanti osservino questo fatto come se avesse dei significati reconditi, ma io sinceramente non ce li trovo, anche perchè non c’è niente di fresco in Forza Italia. Negli ultimi tempi abbiamo assistito a uno sfarinamento del partito fino a ridurlo al lumicino. Quindi, c’è poco da festeggiare.
Ci sarà almeno da sperare.
Ma sì, che Berlusconi, assolto dall’obbligo di assistere i vecchietti a Cesano Boscone, possa dedicare più tempo al partito in maniera da rimettere insieme i cocci. Sa, io tiro sempre fuori la metafora del salamino.
Sarebbe?
La prima fetta l’ha tagliata Casini, la seconda l’ha tagliata Fini, la terza fetta l’ha tagliata Alfano, una fettina l’ha tagliata la Meloni, un’altra fettina è sul punto di tagliarla anche Fitto… è ovvio che a Silvio è rimasto solo il culetto.
Difficile vincere le elezioni con un culetto…
I voti per avere un risultato brillante nel centrodestra ci sarebbero, ma non vedo chi sia in grado di raccoglierli.
Ma non è che tutte queste fette sono state tagliate perchè Berlusconi non ha mai permesso l’emergere di un delfino?
Certo, c’è anche questo. Se il partito si è spezzettato così, le prime responsabilità sono del capo: qui non c’è Cassazione che tenga. Però è anche vero che i leader non si trovano: emergono da sè. Non è che Matteo Renzi sia stato trovato da Bersani. Si è imposto, è diventato segretario e poi premier.
Dobbiamo dedurne che in Forza Italia non c’è mai stato uno con la forza di Renzi.
Alfano ci ha anche provato, ma si ricorda cosa disse Silvio il giorno della nomina a segretario del partito? “È un bravo ragazzo, ma gli manca il quid”. Però, intendiamoci: non è che sia colpa di Berlusconi, se non c’è uno in grado di menare il torrone.
Salvini ce l’ha, il quid?
Direi di sì. Anche lui non è mica stato nominato da Bossi. Si è imposto da solo e ha rivitalizzato una Lega che era con un piede nella fossa.
E quindi Berlusconi deve fare un bel Patto di via Bellerio?
Non direi. Da segretario della Lega a capo del centrodestra di strada ce n’è da fare. Quanti sono gli elettori del Sud disposti a votare un centrodestra con le idee di Salvini?
Mi pare che il problema della leadership sia più aperto che mai.
Certamente. Nel centrodestra c’è Berlusconi, che a settembre compirà 79 anni. Mi pare che abbia già dato abbastanza, ma un signore in grado di sostituirlo e di fare il lavoro necessario per ricostruirlo io non lo conosco.
Dobbiamo concludere che l’unico vero erede di Berlusconi sia Matteo Renzi?
Al momento Renzi è riuscito a portare una ventata di pseudo aria fresca e non ha praticamente rivali. Ma gli eredi devono avere il tuo Dna. E contrariamente a quel che si dice, io sono convinto che Renzi non abbia nulla in comune con Berlusconi, se non la voglia di comandare e di imporre la sua volontà . Per il resto i due hanno una visione completamente diversa del mondo e della vita. Ammesso che Berlusconi ne abbia ancora una.
Nanni Delbecchi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
TUTTI IN ATTESA DELLA DECISIONE DEL SINDACO DI VERONA: SALVINI HA IN MANO UN SONDAGGIO CHE DA’ LA LISTA TOSI GIA’ AL 14%
Sarà un caso, ma l’annuncio arriva proprio all’indomani del big bang leghista. Alessandra Moretti apre la sua campagna elettorale sabato a Padova.
Annuncio corredato da una dichiarazione in cui la candidata del Pd trova parole dolci a difesa di un suo sempre più probabile concorrente: «Pensavo che le espulsioni e i dissidenti appartenessero solo al M5S, ma non è così: sono gesti che denotano una scarsa tolleranza e democrazia interna».
Altra coincidenza, anche Luca Zaia sabato è nel Padovano: a Campo San Martino il governatore fa partire la sua corsa, e accanto a lui c’è Salvini: pranzo con i militanti in un agriturismo e inaugurazione di una nuova sezione della Lega («Ora in Veneto raddoppieremo gli iscritti», promette il segretario dopo il repulisti).
Dopo la cacciata di Tosi dalla Lega, la campagna elettorale è ufficialmente cominciata, e già si ragiona sulle possibili alleanze, pesando la forza dei contendenti, compresa quella del sindaco di Verona.
In queste settimane il sindaco di Verona ha intensificato i suoi contatti con il Nuovo centrodestra, e all’orizzonte, oltre a quello della lista Tosi, in suo sostegno c’è Area popolare, aggregazione tra alfaniani e casiniani.
Tosi: «Devo capire se stringere alleanze sia un bene o un male».
Girano dei sondaggi, ma fotografano un quadro vecchio, con la Lega ancora unita. Secondo quello che ha in mano Salvini, commissionato all’Swg, la Lega è al 19%, la lista del governatore al 15%, quella di Tosi al 14%.
Ma questo era prima.
Secondo il Pd ora il vantaggio di Zaia si è ridotto «della metà ».
Mentre gli amici del sindaco di Verona giurano che la distanza è ancora più marcata.
Il consenso per Tosi candidato governatore oscillerebbe attorno al 10%.
Da Venezia si fa sentire Marino Zorzato, vicepresidente Ncd della giunta regionale del Veneto: «Ricordo che in Friuli Renzo Tondo nei sondaggi aveva un buon margine di vantaggio, poi vinse la Serracchiani».
La cacciata di Tosi porterà via dalla Lega un pugno di parlamentari veneti: cinque o sei tra Camera e Senato.
A Palazzo Madama ha già salutato la compagnia Patrizia Bisinella, compagna del sindaco: «Mi iscrivo ai «Fari», la Fondazione di Flavio».
A Montecitorio la Lega ha venti deputati, numero minimo per costituire un gruppo parlamentare.
«I tosiani se ne vadano pure – sghignazza un colonnello del segretario – tanto li rimpiazziamo con eletti di altri partiti che vogliono entrare in «Noi per Salvini».
Ma non erano i tosiani i “traditori”?
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Marzo 12th, 2015 Riccardo Fucile
ALLARME NEL CENTROSINISTRA… IN CASSAZIONE I CINQUE GIUDICI UNANIMI SULL’ASSOLUZIONE A BERLUSCONI
Da 48 ore i riflettori sono puntati sulla legge Severino, quella che ha determinato la decadenza di
Berlusconi da senatore.
L’ex Cavaliere si augura che cada al più presto sotto la zampata della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo e per mano della Consulta.
Un colpo che, per essergli veramente utile, dovrebbe riguardare la retroattività , su cui i giuristi hanno già versato fiumi di inchiostro.
La legge è retroattiva, ha stabilito il Senato. Altrettanto hanno fatto i prefetti quando hanno chiesto la sospensione di De Magistris e De Luca.
Per la semplice ragione che ineleggibilità e decadenza non sono sanzioni penali, ma amministrative.
Ora la parola passa alle Corti, e c’è grande allarme nel Pd, mentre berlusconiani come l’avvocato barese e presidente della commissione Affari costituzionali Francesco Paolo Sisto, chiedono a gran voce che la legge sia cambiata subito.
Diceva ieri in Transatlantico un perentorio David Ermini, il responsabile Giustizia del Pd che si auto-definisce «renziano doc»: «La Severino? Cambiarla? Matteo su questo è stato perentorio, qui non si cambia nulla, soprattutto si aspetta la Consulta ».
Già , ancora la Corte, che oggi tiene il tradizionale incontro con il nuovo capo dello Stato Sergio Mattarella seguito da una conferenza stampa.
I ritmi dei giudici sono noti. Ci vorranno ancora dei mesi, non prima di settembre, per discutere della Severino.
Alla Corte è ricorso il Tar di Napoli, cui si era rivolto il sindaco Luigi De Magistris, per chiedere di non sospendere più gli amministratori locali condannati solo in primo e secondo grado.
Ma nel ricorso si solleva anche la questione della retroattività .
Il punto è qui, che cosa farà la Corte.
Se dovesse accogliere la tesi della non retroattività la legge sarebbe condannata. È quello che vuole Berlusconi, quello che il Pd non gli vuole assolutamente concedere in questo momento, prima della Corte.
Renzi, dopo primi segnali favorevoli al cambiamento, adesso appare molto più prudente perchè una Severino diversa e un Berlusconi candidato cambierebbero il destino delle politiche del 2018.
Alla Corte il caso Severino ha già un numeroso progressivo, n.29/2015.
I giudici aspettano che il ricorso venga pubblicato sulla Gazzetta ufficiale .
Poi hanno 20 giorni di tempo per fissare la data in cui sarà trattato il ricorso. Ma sicuramente se ne parla dopo l’estate.
Potrebbe arrivare prima il verdetto di Strasburgo che, secondo gli avvocati dell’ex Cavaliere, dovrebbero discutere il loro ricorso forse già a settembre.
Impossibile fare previsioni sulla decisione che i giudici potranno prendere.
Anche in passato la Corte ha considerato le leggi sulla candidabilità soprattutto amministrative. In questo caso la legge può essere retroattiva e non va cambiata.
Certo potrà influire anche la composizione futura della Consulta dove oggi mancano due giudici, il sostituto di Mattarella e quello che Forza Italia non è mai riuscito a eleggere.
A luglio scade un altro giudice “a destra”, Paolo Maria Napolitano.
La prossima settimana si vota di nuovo in Parlamento per le alte toghe. Una composizione che diventa strategica pure per il giudizio sulla Severino.
Una legge sempre in bilico, come nel caso dello “spacchettamento” della concussione, protagonista anche lei della decisione dei giudici della Cassazione su Berlusconi. «Una decisione unanime».
Da una Cassazione blindatissima trapela questa testimonianza sulla camera di consiglio che ha mandato assolto Berlusconi. Riunione interminabile, s’era detto a ridosso di mezzanotte, i cinque giudici chiusi lì dalle 3 del pomeriggio.
Su questo, dalla Corte, arriva una puntualizzazione seccata: «Si vede che non frequentate questo palazzo e non seguite da presso i nostri lavori. In media, le camere di consiglio durano proprio lo stesso numero di ore, quindi non c’è alcuna particolarità nel caso di Berlusconi».
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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