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RAI SCANDALO A PANAMA CON GITA A LAS VEGAS: TG IN FERIE CON IMPREGILO

Marzo 28th, 2015 Riccardo Fucile

TRE TESTATE DELLA TV DI STATO AVIOTRASPORTATE SUL CANALE E A LAS VEGAS PER INFORMARE GLI ITALIANI SULLE IMPRESE DEL COLOSSO DELLE COSTRUZIONI

Ai telespettatori Rai mancava proprio un servizio sul Canale di Panama, stavano lì ansiosi di sapere se la multinazionale Salini-Impregilo ha montato gli scogli artificiali di acciaio e se ha allargato l’insenatura per i mercantili.
Per fortuna ci pensano i giornalisti di Tg2, Rai News 24 e di una trasmissione di Rai1 che, assieme ai colleghi di dieci testate nazionali, hanno accettato una trasferta di una settimana gentilmente offerta dai costruttori italiani, fieri di aver quasi completato un’opera.
Il quasi è strategico, funzionale, così l’anno prossimo, a lavori finiti, ripeteranno la traversata da 9.600 chilometri e la pubblicità  sarà  bissata.
E già  che c’era, pagato l’aereo, l’alloggio in albergo e le cene etniche, Salini-Impregilo ha scarrozzato l’allegra compagnia — come ha svelato Globalist — verso Las Vegas per una perlustrazione di un cantiere: il tunnel idraulico di Lake Mead che disseterà  la città  dei casinò.
Considerata la tratta intercontinentale, incluso lo scalo a Las Vegas con pernottamento per due giorni, la gita è durata dal 21 al 27 marzo.
Per celebrare l’efficienza di Salini-Impregilo, non per un’infrastruttura a Milano o Palermo , la Rai ha spedito, senza sganciare un euro, tre giornalisti di tre redazioni diverse.
In attesa che si tramuti in una regola, non viene rispettato il dogma Luigi Gubitosi: il divieto, invocato dal direttore generale , di coprire più eventi con troppi dipendenti e mezzi eccessivi.
E poi l’installazione di una paratia di 30 metri, ficcata dentro l’Atlantico, forse non è un evento interessante per gli abbonati, semmai una succosa propaganda per l’azienda che in Italia gareggia per appalti pubblici da miliardi di euro.
Ai giornalisti di Viale Mazzini non è piaciuta la scampagnata e non è una coincidenza se soltanto la televisione pubblica ha viaggiato a spese di Salini-Impregilo.
I direttori Enrico Mentana (TgLa7) e Sarah Varetto (Sky Tg-24) respingono sempre le proposte di chi vuole “ingaggiare” un cronista per l’inaugurazione di una tangenziale o per il lancio di un prodotto.
Per un semplice motivo: sei costretto a non muovere critiche, non puoi aggredire la mano di chi ha saldato il conto al bancone.
Ma l’atavica abitudine di partire gratis si perpetua negli anni.
Clemente Mimum (Tg5) non è contrario in assoluto, ma stavolta ha rifiutato: “Ho letto il programma, mi è sembrato molto lungo per un pezzo da trenta secondi che avrei potuto commissionare. Non posso mica privarmi di un giornalista per sette giorni?”.
Per Rai News 24 è un’occasione, e l’inviata a costo zero non s’è risparmiata.
Ha girato un filmato da un elicottero e ha informato i lettori di Rainews.it  : “A metà  2016 il canale nuovo sarà  operativo, il commercio internazionale cambierà  volto. E Panama diventerà  uno dei centri di traffico commerciale più importanti del mondo. E l’Italia potrà  dire — almeno per i prossimi cento anni — che avrà  contribuito a questa storia di successo”.
Chissà  se questi successi, che per il consorzio formato da belgi, italiani e spagnoli ha fruttato 3,3 miliardi di dollari, rincuorano gli italiani.
Ma di certo li preoccupano anche, perchè si fissa un limite di cent’anni per il godimento a distanza: la paratia verrà  giù?
La reazione dei colleghi Rai, rinchiusi nei palazzoni di Saxa Rubra, non è ironica.

Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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CONSERVATORI INGLESI, LA SVOLTA DI TIM MONTGOMERIE: “PIU’ LONTANI DAI BUSINESS, PIU’ VICINI AI POVERI”

Marzo 28th, 2015 Riccardo Fucile

IN “THE GOOD RIGHT” TRACCIA UNA FRONTIERA: SGRAVI FISCALI PER LE FASCE A BASSO REDDITO E MAGGIORI TASSE PER I BENI DI LUSSO, MISURE A SOSTEGNO DELLE FAMIGLIE MENO ABBIENTI

E’ vero che noi Italiani siamo particolarmente legati alla nostra storia e alle nostre tradizioni, soprattutto quelle locali.
E’ vero che il senso della “globalizzazione”, il più delle volte, ci arriva come una sorta di attentato a quello che siamo o che potremmo o che pensiamo di essere.
E’ vero che rispetto a certe questioni, il “vaso è oltremodo pieno” e che l’esasperazione può condurre a prese di posizione anche eccessive.
Ma in tutte le cose, pur nel rispetto dei distinguo, la lucidità  e l’equilibrio non andrebbero mai persi.
Normalmente allo “stress” e alla depressione si reagisce “alzando la voce”: ma alzare la voce non costruisce nulla.
Ne sono una riprova la rediviva destra vetero-missina, da una parte, e quella quella che cerca di recuperarsi qualche poltrona correndo dietro a Salvini, dall’altro.
Fin troppo facile gridare “prima gli italiani” o “basta euro” quando il tutto è solo il chiaro ed evidente disegno di chi non sa sostenere cose migliori e diverse dai meri slogan fine a sè stessi.
L’Europa, come al solito, insegna e fa anche riflettere molto, proprio come sta accadendo con le vicende politiche della Le Pen e di Sarkozy.
Se solo anche noi facessimo lo stesso, già  staremmo a buon punto, e invece…
E invece si corre dietro al nulla, incapaci di comprendere che le nuove storie nascono dalla passione vera e sincera, dallo spirito disinteressato dei tempi e da quel senso della “missione” che non dovrebbe mai mancare.
Per competere con la sinistra ed offrire all’intero Paese una diversa prospettiva, occorre un progetto davvero serio.
Una destra capace di incarnare i valori propri della nostra tradizione ma di saper anche accettare tutte le sfide dei tempi.
E quelle sfide sono, e vanno, in ogni direzione, dagli status sociali a quelli istituzionali, dalle impostazioni di sistema alle definizioni economico-finanziarie delle varie scelte a compiersi.
Un tempo, l’Italia la si voleva sistematicamente dividere “in due”: il nord pseudo-evoluto, da un lato, e il sud, terra di Mafia, di Camorra e di sfrenato assistenzialismo di massa, dall’altro.
Che le cose non stiano così e che tutta l’Italia sia allo sbando – quale “omnicomprensivo meridione” dell’Europa, privo di speranza e di prospettive serie – è fin troppo chiaro ed evidente.
Dal pantano non si esce riciclando vecchie formule, semplicemente gridando o producendosi in sofosticati quanto sterili distinguo meta-culturali: è necessaria “la spinta” audace ed autentica delle sfide dirompenti.
Una riprova ci viene dalla bene-amata Inghilterra, dal regno dei Conservatori, da quei “destri” che sono stati capaci di scrivere una storia nuova per l’intero continente e non solo.
La mente corre veloce al manifesto “The Good Right” (“la buona destra”) edito da Tim Montgomerie – editorialista di The Time — che, nel definire il proprio baricentro concettuale sulla lotta alla povertà  e alle disuguaglianze, esplicita tesi chiaramente irriverenti e rivoluzionarie rispetto al limpido liberalismo dei Tory.
Ed invero, l’intellettuale quarantenne, nell’inserirsi, a pieno titolo, nelle coeve riflessioni sulla sfida delle prossime elezioni politiche in Inghilterra, e nel sostenere che i Conservatives apparirebbero troppo vicini al grande business e molto lontani “dagli ultimi”, ha proposto una specifica ridda di policies volte ad “umanizzarne la proposta: dagli sgravi fiscali per le fasce di reddito più basso all’aumento della tassazione dei beni di lusso; dagli investimenti in infrastrutture, alla risoluzione delle situazioni di disagio sociale, ivi comprese quelle miranti a favorire l’accesso al credito ed alla casa, sia per le piccole imprese che per le famiglie meno abbienti.
Montgomerie, peraltro, pur collegandolo a quella “eguaglianza di opportunità ” che è sempre stata alla base dei classici del pensiero liberale, ha rispolverato anche il “principio thatcheriano” della “nazione di proprietari” dandogli il senso autentico della sfida dei tempi: più attenzione, sia al disagio sociale che “agli ultimi”, perchè “nessuno va lasciato indietro”.
Insomma, mentre in Italia si assiste alla sterile quanto astrusa diatriba tra destra “vetero-missina” e “destra con cultura di governo”, Montgomerie, dall’Inghilterra, con un manifesto apparentemente destinato a svolgere uno spunto di riflessione soltanto nella “destra anglossassone”, ha offerto spunti ben più pregnanti ed interessanti, anche per la migliore intelligentia Italiana.
Una mossa, quella di Montogmerie, dall’incontrovertibile spessore culturale ma anche dall’irrefragabile valore comunicazionale.
Una “mossa” capace di disegnare i Tory, «non più come il partito di ricchi, ma quello di tutti», perchè «i valori conservatori come la libertà  di mercato, la concorrenza, il risparmio, il rifiuto del welfare state e la protezione della famiglia restano saldamente intoccabili, ma la politica deve immergersi tra gli ultimi, senza richiami al Nanny State, senza le “coccole” del denaro pubblico, ma attraverso una redistribuzione fiscale e di opportunità  che permetta ai ceti medio-bassi di crescere e coltivare le stesse opportunità  di quelli più elevati».
Gli ortodossi avranno il pelo ben drizzato: questo è da giuralo.
Ciò non di meno, tra la visione italiana di chi sostiene le presunte ragioni di una destra social-liberale — astrusa e incomprensibile — e l’impostazione raffinata ed elegante proveniente dai fermenti londinesi, credo che siano di gran lunga preferibili questi ultimi, perchè “il problema”, come al solito, non è dato da una mera questione di “nomenclatura”, ma dalla “sostanza”.
E la sostanza prende forma esclusivamente grazie alle proposte, alle soluzioni praticabili, all’audacia delle idee irriguardose e irriverenti: le alchimie degli sterili orpelli formali e le neglette dimensioni sotto-culturali date dai “freddi nomen”, non servono proprio a nulla.
Sia che si tratti dell’Inghilterra, sia che si tratti dell’Italia, chi ambisce a costruire una nuova storia ed un nuovo, possibile sogno, non può fare a meno di considerare quanto si debba riconoscere a quella classe medio-piccola (di spirito borghese) che risulta sempre più schiacciata dall’elevato costo della vita, dall’immigrazione e dalla concorrenza globale: una linfa vitale che va assolutamente recuperata sulla scorta di un nuovo ordine fiscale, sociale e culturale.
Le sfide si affrontano fino in fondo. Gridare non serve a nulla. Occorrono fatti di valore.
In Inghilterra, in Italia…
Ovunque…

Salvatore Castello
Right BLU – la Destra Liberale

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MEREDITH: CINQUE PROCESSI, UN SOLO COLPEVOLE

Marzo 28th, 2015 Riccardo Fucile

QUELLA NOTTE RESTERA’ UN MISTERO

Innocenti. Liberi, ormai per sempre, i due ragazzi che incrociarono le loro vite la notte delle streghe a Perugia, nella villetta di via della Pergola.
Liberi, dunque, dopo cinque gradi giudizio, che restituiscono Amanda e Raffaele alle loro vite “normali”.
Eppure il giallo infinito resta aperto: se Meredith, e questa sembra essere l’unica certezza, è stata uccisa da Rudy Guede, ma “in concorso con altri”, chi sono questi altri, visto che Amanda e Raffaele sono stati definitivamente ritenuti innocenti?
Non ci sarà  una risposta a questo mistero.
Sulla morte di Meredith resterà  l’ombra di complici mai scoperti. Resta invece la storia di un gruppo di ragazzi, Amanda, Raffaele, Meredith, Rudy, i cui destini si incrociano per sempre in una delle tante notti brave di una città  universitaria tra le più ambite mondo, ma devastata da fiumi di droga e criminalità  diffusa.
Un giallo fatto di sesso, amore e follia che coinvolgerà , dal primo novembre del 2007 ad oggi, tre nazioni, l’Italia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, ma soprattutto questi ultimi e noi, in una sorta di derby tra colpevolisti e innocentisti.
È la notte di Halloween quando Meredith Kercher, 22 anni, in Italia per studiare Storia Europea in uno scambio del progetto Erasmus, viene uccisa con una coltellata alla gola nella villetta che divide da poco con Amanda Knox, americana di Seattle, anche lei ventenne, e da cinque giorni fidanzata di Raffaele Sollecito.
Raffaele, che ieri il suo difensore, l’avvocato Giulia Bongiorno aveva definito “puro come Forrest Gump”, figlio della buona borghesia pugliese di medici e imprenditori, a Perugia per studiare informatica.
Una manciata di ore che cambia per sempre il destino dei tre ragazzi, Meredith, che non c’è più, Amanda e Raffaele, il cui breve amore evapora quando per i due fidanzati si aprono le porte del carcere di Perugia e di Verona.
Insieme a loro c’è Rudy Guede, giovane ivoriano dal passato difficile, una vita sbandata, qualche precedente penale. È lui che di nuovo ieri sera è stato indicato come l’unico colpevole certo: ha assassinato Meredith Kercher in un folle gioco erotico, ma al quale, così ha stabilito definitivamente la Cassazione, non hanno partecipato Amanda e Raffaele.
Con un finale a sorpresa che ribalta ben due sentenze di condanna. Rudy Guede, dunque, è il solo ad aver ucciso.
Il ragazzo arrivato in Italia a sei anni con la famiglia, in cerca di un’esistenza migliore, la cui giovinezza si è conclusa invece con un verdetto a 30 anni di carcere che in appello saranno ridotti a 16.
Ma i riflettori negli anni dei processi sono altrove. Sono per Amanda e Raffaele, i protagonisti belli e giovani di questo giallo, pieni di speranze, preda ambita di ogni talk show, mentre le televisioni americane iniziano una battente campagna innocentista a favore di Amanda Knox.
Del resto sia lei che Sollecito lo ripetono senza incrinature: «Non abbiamo ucciso Meredith ».
E lo scontro tra Italia e Stati Uniti diventa aspro quando il quattro dicembre del 2009 la Corte d’Assise di Perugia condanna Amanda e Raffaele a 26 e 25 anni di carcere, ritenendoli entrambi colpevoli dell’assassinio di Meredith.
È l’inizio di un’avventura processuale che si snoda lungo otto anni, con due condanne, una assoluzione, e due ricorsi in Cassazione.
Fino a ieri, al lieto fine inaspettato. Le famiglie Knox e Sollecito fanno quadrato attorno ai loro figli, ingaggiano gli avvocati migliori, possono farlo.
I Kercher restano sullo sfondo, la sorella Stephanie, il fratello e la madre, nella loro casa di Coulsdon, nel Surrey, composti nel loro dolore ma decisi ad andare fino in fondo nella battaglia giudiziaria.
Per loro resta oggi l’amarezza di non essere giunti alla verità . Affidano poche parole al loro avvocato, Francesco Maresca.
«Non ha un nome chi era con Rudy Guede la notte in cui è stata uccisa Meredith. Non lo sapremo mai…».
Raffaele Sollecito si laurea in Informatica nel carcere di Verona nel 2008, Amanda diventa famosa perchè nelle udienze dei processi indossa magliette che fanno la fortuna delle telecamere, tra cui la più famosa con la scritta “All you need is love”.
La sua disperata autodifesa dopo la sentenza di condanna in primo grado: «Sono innocente, volevo bene a Meredith».
Gli anni del carcere, entrambi portati ad esempio per buona condotta.
Poi la prima assoluzione. Amanda torna negli Stati Uniti e inizia una nuova vita. Scrive libri, rilascia interviste, trova un nuovo amore.
Attirandosi, anche, non poche critiche.
Raffaele lontano dai riflettori continua a studiare, protetto dalla famiglia, dagli amici, dal padre Francesco, sostegno di sempre.
Il 30 gennaio del 2014 una nuova sentenza di condanna emessa dalla corte d’appello di Firenze gela le vite di Amanda e Raffaele.
Lei dichiara con fermezza che in Italia non tornerà  mai. Lui prende una seconda laurea in Ingegneria, si fidanza con Greta e accumula fan su Facebook.
Alla vigilia del verdetto dichiara: «Voglio guardare in faccia i miei giudici».
Ieri la sentenza che forse pochi si aspettavano. Amanda e Raffaele sono innocenti.
Il sipario cala, due vite che forse torneranno normali.
Con il buio alle spalle di una morte ancora piena di misteri.

Maria Novella De Luca

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INTERVISTA A GIULIA BONGIORNO: “LA CASSAZIONE HA AVUTO IL CORAGGIO DI AFFERMARE CHE RAFFAELE E’ INNNOCENTE”

Marzo 28th, 2015 Riccardo Fucile

“NULLA POTRA’ MAI RIPAGARE QUATTRO ANNI IN CARCERE DA INNOCENTE”

“E’ stata una battaglia durissima, Sollecito è innocente, e questa Cassazione ha avuto il coraggio di affermarlo. Ora Raffaele torna a riprendersi la sua vita”.
Fuori dal palazzaccio parla del suo assistito che ancora non riesce a credere alla fine dell’incubo, dei giudici “preparati, che hanno studiato a fondo le carte e per questo lo hanno assolto”.
L’avvocato Giulia Bongiorno nella notte più lunga scioglie la tensione e allarga un sorriso dopo anni di carte, di prove e perizie contestate. Ha vinto la sua linea, la sua costanza.
Se l’aspettava?
“Sì, avevamo consegnato seicento pagine per spiegare gli errori della sentenza, di una realtà  frantumata nel corso di anni di processi e resa ormai irriconoscibile dal vero. Ho sempre detto che se si studiavano le carte si sarebbe capita la verità . E i giudici erano molto preparati, si vedeva, hanno fatto relazioni puntuali e rigorose. Hanno avuto coraggio”.
Hanno avuto coraggio i magistrati?
“Sì, il coraggio di andare a fondo, di rileggere il materiale, in fondo c’era un’altra sentenza di Cassazione da valutare. Il coraggio di andare oltre l’apparenza e l’opinione pubblica. Il coraggio di essere indipendenti”.
Raffaele e Amanda assolti per sempre?
“Si, i giudici potevano annullare la sentenza e decidere di approfondire, invece hanno deciso di annullare senza rinvio: è come dire basta indagini, non c’è alcun coinvolgimento di Sollecito”.
Ha parlato con Raffaele?
“L’ho sentito, ha capito che è andata bene, non i passaggi tecnici. Mi è sempre piaciuto, mi è piaciuto il modo in cui ha affrontato a testa alta i momenti duri e sono stati tanti in questi otto anni di indagini, 4 dei quali passati in carcere. E in questo tempo non l’avete mai sentito imprecare, insultare i giudici o la giustizia. Sempre rispettoso, pacato, anche per il suo carattere mi sembrava impossibile l’accusa. Certo, ha avuto la fortuna di avere accanto un padre straordinario pronto a sostenerlo. Sempre”.
Cosa le ha detto?
“È come se non riuscissi ancora a crederci. Dopo otto anni, dopo essermi svegliato tutte le mattine con questa spina nel cuore mi sembra impossibile sia finita. Invece, ora per Raffaele è il momento di riprendersi la sua vita”.

Caterina Pasolini
(da “La Repubblica”)

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