Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
DOPO AVER DETTO “OSPITATELI A CASA VOSTRA”, QUANDO UNO LO FA NON GLI VA BENE LO STESSO… MA SALVINI QUANDO SI DECIDE A OSPITARE A CASA SUA UN POVERO ITALIANO?
“Troppo facile continuare a ripetere il ritornello di ospitare i profughi a casa propria senza fare
nulla. L’emergenza immigrazione c’è, inutile negarlo. Bisogna reagire con i fatti”.
Silvio Aimetti, 49 anni, è il sindaco di Comerio, paese di 2800 anime sul lago di Varese.
È stato eletto con una lista civica di centrosinistra e tra un paio di settimane ospiterà sei richiedenti asilo in un appartamento di sua proprietà .
Un caso eccezionale in questo pezzo di Lombardia, dove quasi ovunque splende il sole delle Alpi della Lega Nord e i primi cittadini di molti comuni, Varese in testa, si oppongono all’accoglienza dei profughi.
“Sono semplicemente andato incontro alle richieste del prefetto Giorgio Zanzi —racconta Aimetti all’Huffpost —. Ma l’ho fatto anche pensando ai miei cittadini”.
Il sindaco ha messo a disposizione il suo appartamento, bagno cucina e tre camere, a titolo gratuito.
In cambio ha chiesto alla cooperativa che gestirà l’accoglienza di devolvere la cifra dell’affitto, circa 800 euro al mese, a un progetto di reinserimento lavorativo per i comeriesi disoccupati.
Il Comune aveva a disposizione anche un appartamento di proprietà , ma Aimetti ha preferito lasciarlo ai residenti bisognosi.
“Le difficoltà non hanno nazione, cittadinanza o colore della pelle — commenta -. È giusto aiutare tutti. Ospitando chi fugge da guerre e miseria possiamo fare qualcosa anche per noi”.
I migranti saranno coinvolti in attività di volontariato e pubblica utilità .
Daranno una mano per gli attraversamenti nell’orario di inizio e fine delle lezioni scolastiche o durante le messe della domenica.
“Cose semplici, ma importanti in un piccolo comune — spiega Aimetti – . Lo scorso anno abbiamo promosso un bando per reclutare volontari tra i comeriesi, ma nessuno ha riposto”.
“Il parroco e le maestre hanno già dato la loro disponibilità per sostenere le attività — prosegue il primo cittadino -. Questa potrebbe essere anche una bella occasione per spiegare meglio ai bambini il dramma dell’immigrazione”.
In consiglio comunale l’opposizione guidata dai leghisti ha inscenato una protesta con cartelli e slogan come “Prima i comeriesi” o “Ora un miliardo di africani sanno che diamo le nostre case”.
Ma questa volta rimediano una brutta figura: sia perchè il sindaco ha pensato di devolvere l’affitto proprio ai comeriesi, sia perchè fino a ieri agitavano lo slogan “ospitateli a casa vostra” e quando ora uno lo fa lo criticano lo stesso.
A dimostrazione di quanta sia superficiale e xenofoba la polemica anti-profughi.
Aimetti garantisce che i cittadini sono pronti ad accogliere i nuovi ospiti con entusiasmo. Il primo cittadino non si scompone e a quelli che temono un innalzamento delle tasse per la gestione dei migranti ribatte con orgoglio: “Il progetto è a costo zero e ricordo che a Comerio dal 2014 non si paga nemmeno la Tasi. I migranti poi non resteranno qui a vita, ma per il temponecessario a valutare le loro richieste di asilo”.
A Silvio Aimetti scivolano addosso anche le accuse di demagogia e buonismo. “Non rispondo, non mi piacciono le polemiche. Ognuno pensi quello che vuole, io guardo ai fatti. La mia non è un’iniziativa eccezionale, ma un aiuto di buon senso. Nel varesotto ci sono 130 comuni: se ognuno desse ospitalità a massimo cinque/sei persone, non certo numeri folli, l’emergenza immigrazione avrebbe una portata ben diversa”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
SOLDI PUBBLICI CHE DOVRANNO PAGARE I CITTADINI: LA DIFFERENZA TRA USCITE CERTE ED ENTRATE DA VERIFICARE… PEGGIO DI HANNOVER 2000
Manca un miliardo e mezzo. È costata 2,4 miliardi di fondi pubblici, saranno recuperati soltanto 860 milioni.
Così Expo Milano 2015 si candida al record di maggiore insuccesso nella storia delle esposizioni universali dell’ultimo mezzo secolo.
A metà percorso, a tre mesi dalla fine, le cifre non sono definitive, ma cominciano a essere chiare.
Le uscite:per la costruzione del sito sono stati spesi, a fondo perduto, 1 miliardo e 200 milioni,più extra-costi per una cinquantina di milioni; i costi di gestione sono di 960 milioni; per i terreni sono stati spesi 160 milioni.
Totale: 2,4 miliardi di euro.
Le entrate previste: 200 milioni da biglietti; 380 milioni da sponsor e royalties; 280 milioni ricavati (si spera) dalla rivendita dei terreni.
Totale: 860 milioni.
Uscite (2,4 miliardi) meno entrate (860 milioni ) f anno 1,540 miliardi di euro che mancano all’appello e dovranno essere messi dai contribuenti.
La situazione ricorda quella di Hannover 2000, l’Expo ricordata come il flop del millennio: 18 milioni di visitatori invece dei 40 milioni previsti.
Presi dal panico, gli organizzatori misero in campo un’arma non convenzionale, Veronica Feldbusch, il sogno erotico del tedesco medio, reclutata come testimonial in una mega-campagna pubblicitaria.
Non bastò e l’esposizione chiuse con 1,2 miliardi di deficit.
Da noi si mettono in campo stratagemmi di marketing più austeri: 3,5 milioni di euro stanziati dal ministero dell’Istruzione per convincere le residue scolaresche recalcitranti a recarsi a Rho alla riapertura delle scuole; biglietti gratis ai pensionati in agosto, in piena canicola, a spese dell’Inps; ticket regalati la sera a chi sosta nei costosissimi parcheggi dell’esposizione.
Tutto ciò servirà forse a far crescere il numero dei visitatori, ma non a raddrizzare i conti.
Così si pensa già a come arginare il deficit: i tecnici Expo passeranno l’agosto a fare l’inventario di arredi e attrezzature alienabili per cercare di fare un po’ di cassa a fine evento.
IL BILANCIO DI GESTIONE
Cerchiamo dunque di chiarire, innanzitutto, il bilancio di gestione. Costi e ricavi dell’evento si sarebbero dovuti pareggiare, senza pesare sulle casse pubbliche.
Nella versione ufficiale, cioè quella del commissario Giuseppe Sala e stampa al seguito, la gestione dell’evento costa 800 milioni.
Si sarebbe dovuto raggiungere il pareggio con 24 milioni di biglietti al costo medio di 22 euro l’uno, totale 528 milioni, più 300 milioni da sponsorizzazioni (stand affittati alle aziende)e royalties(diritti sugli incassi di ristoranti e merchandising).
Ma gli ingressi non vanno come previsto.
Le stime sono state dunque riviste dalla stessa Expo, che ora parla di 20 milioni d’ingressi al prezzo medio di 19 euro, totale 380 milioni. Più 380 milioni di sponsorizzazioni (aumentate chissà come).
Farebbero 760 milioni: ma è pura fantasia.
Secondo gli ingressi reali pubblicati dal Fatto Quotidiano (5,4 nei primi tre mesi) è realistico ipotizzare 11 milioni di biglietti venduti nei sei mesi, con un ricavo (se il prezzo medio dichiarato da Expo è vero) di poco più di 200 milioni.
Aggiunti ai 380 milioni di sponsor e royalties (se i dati sono veri) fanno 580 milioni. Le spese di gestione sono molto più alte: non 800 milioni, come dichiarato da Expo, ma 960 milioni.
Una parte, infatti, non figura come spese di gestione perchè, finanziata con fondi statali, è stata contabilizzata come investimenti in infrastrutture, vale a dire in conto capitale—circostanza che ha fatto alzare il sopracciglio ai magistrati contabili.
Nei conti, insomma (960 milioni di uscite, 580 di entrate), mancano 380 milioni.
Si finisce in rosso anche a credere alle stime di Expo.
Se davvero venderanno 20 milioni di biglietti al prezzo medio di 19 euro, incasseranno 380 milioni che sommati ai 380 milioni di sponsor e royalties fanno 760 milioni: comunque 200 in meno delle uscite.
L’AFFARE DEI TERRENI.
C’è poi il “peccato originale”di Expo, il primo della storia realizzato su terreni privati: valevano 20 milioni, ma Arexpo, la società controllata da Regione e Comune, dai privati le ha comprate a 160 milioni, indebitandosi con una cordata di istituti di credito capeggiata da Banca Intesa.
Puntava a rivenderli, infrastrutturati, a 340 milioni.
L’asta del novembre 2014 è però andata deserta e ora si sta cercando disperatamente una soluzione per il futuro dell’area.
Alle vendite immobiliari , quando non si presenta nessuno, si riprova abbassando il prezzo: per i terreni di Expo si parla già di un ribasso di 60 milioni, che portano il prezzo di base a 280 milioni.
A Milano ci sono 500 mila metri quadrati di immobili invenduti nel solo terziario, non era dunque difficile prevedere l’esito della vicenda.
La cosa non è sfuggita alla Corte dei conti, che nella relazione su Expo del dicembre 2014 scrive: “Le dimensioni e i rischi commerciali del progetto sembrano scoraggiare il mercato, che già di per sè soffre una difficile crisi nelle operazioni di sviluppo,come quella che Arexpo si appresta a concludere”.
A FONDO PERDUTO.
Si è parlato poco, finora, dell’investimento per la realizzazione del sito di Rho. Sono 1,214 miliardi: 737 milioni pagati dallo Stato, 477 dagli enti locali (Regione Lombardia, Provincia e Comune di Milano, Camera di commercio).
La cifra non tiene conto degli extra-costi: varianti, riserve e penali chieste dalle imprese.
Le ultime stime li davano a 180 milioni. È materia di contenzioso, roba da avvocati. Al Padiglione Italia, che ha una contabilità separata, sono già stati riconosciuti 29 milioni di extra-costi, che sommati ai 63 messi a budget portano il conto a 92.
Ma va detto che quell’accordo è stato fatto a un mese dall’inaugurazione, con Expo che trattava con l’incubo dell’opera incompiuta.
Gianni Barbacetto e Marco Maroni
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
SONO 130 LE FAMIGLIE IN ATTESA: “ABBIAMO SCRITTO A RENZI MA NON CI HA RISPOSTO”… DOPO LO SPOT CON LA BOSCHI SULL’AEREO NON E’ STATO FATTO NULLA
“Via libera per riportarli a casa”, aveva detto Matteo Renzi a maggio 2014, quando 31 bambini
congolesi adottati da 24 famiglie italiane erano atterrati a Ciampino insieme al ministro Boschi.
Ma da allora la situazione, nonostante la parziale intesa col governo Kabila, è rimasta ferma per altre 130 coppie, tutte in attesa di poter abbracciare e portare a casa i figli legalmente adottati a Kinshasa.
Alcune di loro hanno denunciato il silenzio e chiesto al governo di attivarsi per una soluzione in una conferenza stampa alla Camera, a 22 mesi dal blocco delle adozioni internazionali indetto dalla Repubblica Democratica del Congo.
Per loro, infatti, in questi mesi non c’è stata nessuna notizia o informazione su come procede una eventuale trattativa, se c’è, del governo italiano con quello di Kinshasa per sbloccare la situazione.
“In 22 mesi abbiamo scritto ripetutamente sia al premier Renzi che alla Commissione adozioni internazionali (Cai), ma per tutta risposta abbiamo ricevuto sei mail in cui ci chiedevano di avere pazienza ed evitare iniziative singole e abbiamo incontrato una volta la Cai, che ci ha rivolto analoghe richieste. Nessuna informazione sullo stato di un’eventuale trattativa, nessuna spiegazione sul motivo per cui i nostri figli sono ancora in orfanotrofio“, ha spiegato una mamma.
L’ultima mail della Cai, hanno riferito oggi, è arrivata alle famiglie il 28 luglio scorso e “chiedeva ancora una volta di avere pazienza perchè tutti stanno lavorando senza sosta per arrivare a un risultato positivo”.
Ai genitori è stato ribadito di evitare iniziative mediatiche “che potrebbero far saltare le diplomazie in atto”, ma le 22 famiglie hanno deciso di uscire pubblicamente con un appello.
“Siamo solo uomini e donne con figli che vvono lontano senza l’affetto di una mamma e di un papà ” hanno spiegato.
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Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
IL BARATTO AMMINISTRATIVO IN SARDEGNA
In Sardegna lo Stato concede ai sindaci di poter applicare l’articolo 24 del decreto Sblocca Italia: il “baratto amministrativo”.
In altre parole far pagare una parte delle tasse comunali attraverso lavori socialmente utili.
Una soluzione ottimale per sindaci a corto di manovalanza e per cittadini in bolletta che non sanno come rimediare ai loro debiti.
Non si tratta di uno scherzo, semplicemente i cittadini che non hanno le risorse per pagare, potranno rendersi utili e saldare i loro debiti, tenendo pulite piazze e palazzi.
Come viene riportato da La Nuova Sardegna in un articolo di Luca Rojch:
“Un articolo dello Sblocca Italia dà le direttive ed è accolto in modo molto positivo dai Comuni. Un calcolo ufficioso rivela che prima della crisi lo zoccolo duro degli evasori delle tasse comunali era intorno al 5 per cento. Oggi si arriva anche al 15. Non tutti furbetti impenitenti. Molti non pagano perchè non hanno la possibilità . La soluzione è un tuffo nel passato remoto della storia. Perchè lo Stato riscopre il baratto. Per qualche ora al giorno il cittadino 2.0 dovrà lasciare da parte account, like e hashtag e dedicarsi ad attività molto più analogiche. Ma in fondo anche questo è un punto di incontro tra l’etereo mondo digitale della sharing economy in cui tutto è condiviso e quello molto più analogico del baratto”
Il presidente dell’Anci, Pier Sandro Scano, non ha reso ufficiale la notizia, ma promuove la proposta:
“Io la vedo come qualcosa di positivo. — spiega — Parlo a titolo personale, da sindaco. Ma questa norma ci dà la possibilità di recuperare una fascia di evasione che in caso contrario sarebbe rimasta irrecuperabile. Dobbiamo valutare nei dettagli sia gli effetti dell’applicazione, sia i risultati. Ma non mi sento di bocciare questa iniziativa”.
Cercare di colmare due lacune sociali: da una parte la situazione di difficoltà in cui si ritrovano i comuni che non riescono più a pagare gli operai che curano la pulizia delle strade, del verde, delle piazze; dall’altra invece la situazione di profonda crisi economica che colpisce i cittadini in gravi difficoltà verso i pagamenti delle tasse come l’Imu e la Tasi sempre in aumento.
La proposta lanciata nel decreto trova terreno fertile in un’isola piegata dalla crisi. È corsa nei Comuni per approvare la norma. In diversi centri dell’isola l’articolo 24 è stato già adottato o si sta per fare.
Ma ci sono alcuni ostacoli che devono essere superati.
Da una parte si deve quantificare il valore di un’ora di lavoro. Dall’altra i Comuni devono buttare un occhio anche ai bilanci. L’Imu è forse l’unica entrata certa che arriva, almeno in parte, nelle casse dei Comuni.
E il dilagare del baratto potrebbe abbassare un gettito già esile.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
CASSA DEPOSITI ASSUME ELEONORA PADOAN CON UNA “PROCEDURA INTERNA DI JOB POSTING”
La figlia del ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan, Eleonora, dall’inizio di luglio è assunta a
tempo indeterminato in Cassa depositi e prestiti.
Cioè il gruppo pubblico che gestisce il risparmio postale degli italiani ed è controllato proprio dal Tesoro.
Si occuperà del settore cooperazione e sviluppo internazionale, su cui Cdp ha nuove competenze in seguito all’approvazione della riforma del settore approvata un anno fa. Lo scrive Il Giornale e la notizia è confermata dall’ente di via Goito, che fa sapere che il contratto di lavoro è stato firmato “a seguito di una procedura di job posting iniziata nel novembre del 2014″ e “volta a valorizzare professionalità interne al gruppo”.
La figlia del titolare di via XX Settembre lavorava dal 2007, con il ruolo di senior economist, nella società di assicurazione del credito Sace, controllata da Cdp.
A rispondere al bando — non un concorso perchè la Cassa non fa parte della pubblica amministrazione — sono stati in tre. E due sono stati assunti, tra cui appunto Eleonora Padoan.
L’assunzione è stata perfezionata poco più di un mese fa, proprio mentre Palazzo Chigi stringeva sul cambio dei vertici della Cassa.
Il 10 luglio è arrivata infatti la nomina di Claudio Costamagna e Fabio Gallia rispettivamente come presidente e l’amministratore delegato al posto degli uscenti Franco Bassanini e Giovanni Gorno Tempini.
Un ribaltone motivato ufficialmente con la volontà di “rafforzare” il ruolo di Cdp nella ripresa economica e interpretata come un primo passo per farne il vero braccio finanziario della politica industriale del governo.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
CONSIGLIERI RAI SCELTI TRA EX PORTABORSE, ADDETTI STAMPA E CANDIDATI TROMBATI
“Fuori i politici dalla Rai”, strillava Matteo Renzi un giorno sì e l’altro pure, promettendo “il modello Bbc”.
Infatti, a parte Carlo Freccero — che era troppo impegnato a fare televisione e a insegnarla all’università , dunque ne fu presto scacciato perchè troppo indipendente e competente — gli altri sei consiglieri Rai usciti ieri dal cilindro dei partiti travestiti da commissione di Vigilanza vengono tutti dalla politica o dal sottobosco politico.
E non è certo colpa della legge Gasparri che, sì, consegna il cosiddetto servizio pubblico nelle mani del governo di turno, ma non impone certo ai partiti di nominare portaborse, addetti stampa, ex deputati o candidati trombati.
Volendo, si possono sempre mandare nel Cda personaggi di alto profilo e soprattutto di provata indipendenza e competenza, come del resto prevedrebbe la legge; come ieri aveva suggerito Milena Gabanelli sul Corriere, dopo aver declinato ogni incarico, invocando candidati muniti di un curriculum di successo; come hanno fatto i 5 Stelle e Sel, votando l’ex direttore di Canale5, Italia1, La Cinq, Raidue, Raisat e Rai4, uno che in qualsiasi altro paese dirigerebbe il primo canale pubblico in attesa che arrivi qualcuno più capace di lui, cioè a vita; e come aveva tentato di fare la minoranza Pd, indicando Ferruccio de Bortoli, che ha diretto due volte il principale quotidiano italiano dimostrando assoluta indipendenza sia da B. sia da Renzi, e che proprio per questo è stato scartato a priori dal Politburo fiorentin-rignanese.
Il Pd, complici il duo Ncd-Udc e gli avanzi della destra, ha preferito una spartizione che più vecchia e squalificata non si può, perpetrando il peggior Cda mai visto in Viale Mazzini (dove pure s’era visto di tutto, o almeno così si pensava).
Una triste brigata di mediocri carneadi che fa rimpiangere persino la prima Rai berlusconiana della Moratti e di Billia: tutta gente che non distingue un televisore da una lavapiatti o da un forno a microonde.
I curricula (con rispetto parlando) dei Magnifici Sei parlano da soli.
Specialmente dei tre targati Pd, che avrebbero dovuto dare il segno della rottamazione e del cambio di passo del giovane Renzi.
La biografia di Guelfo Guelfi sfiora a stento le due righe: fiorentino, pubblicitario, ex Lotta continua amico di Sofri,spin doctor elettorale di Matteo, presidente del Teatro Puccini e direttore della società di comunicazione della Provincia “Florence Multimedia”. Perbacco.
Rita Borioni sfugge proprio ai radar: laureata in storia dell’arte, pare che dia ripetizioni a Orfini; è stata pure portaborse di vari deputati e senatori Ds e Pd, oltrechè “autrice e conduttrice di Red Tv”, la tv clandestina del Pd, il che è di buon auspicio per gli ascolti futuri di Mediaset e di La7.
Franco Siddi è l’ex segretario della Federazione della stampa e ha scritto per varie testate sarde.
B. e i suoi servi optano invece per Arturo Diaconale, direttore del samiszdat L’Opinione di cui sfuggono i lettori ma non i fondi pubblici, editorialista de il Giornale, ma soprattutto commissario e presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga nonchè ex candidato trombato del Pdl; ha anche “promosso la trasformazione della Stazione Vigna Clara di Roma in Pala Opinione dove ha presieduto oltre venti convegni”. Parbleu.
Sempre in quota FI ecco Giancarlo Mazzuca, anche lui giornalista, che fu al Giornale e a La Voce con Montanelli per poi passare con gran coerenza alla Camera con B. e candidarsi senza successo a governatore d’Emilia Romagna; ha pure diretto Il Carlino e il Giorno.
Completa il quadro il centrista Paolo Messa, nome nomen, docente nientemeno che di “Intelligence economica”, direttore del Centro Studi Americani, fondatore del mensile Formiche, ma soprattutto ex consigliere del Consorzio Nazionale Imballaggi che ne fa un magistrale esperto di tv, anche perchè ha curato una campagna elettorale di Fitto e diretto l’ufficio stampa dell’Udc di Casini, senza dimenticare un libro sulla Dc con prefazione di Andreotti. Mai più senza.
Se tutto ciò ancora non vi basta, state pronti per l’imminente arrivo alla direzione generale di Antonio Campo Dall’Orto, che si distingue da Raffaella Carrà per la mancanza di talento ma non del caschetto biondo: quando Enrico Letta sembrava in auge, non mancava a un appuntamento del suo think tank “VeDrò”, salvo poi impalmare la più sicura Leopolda renziana.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
L’AGGRESSIONE OMOFOBA A GENOVA E L’AUTISTA CHE “SI FA I CAZZI SUOI”
Gentile signor Furfaro, autista della linea 1 di Genova, a nome dell’associazione «Tengo famiglia»
vorrei congratularmi per il premio Menefreghista dell’Anno da lei vinto con pieno merito.
Ricorderò i fatti che hanno portato la giuria ad assegnarle il prestigioso riconoscimento.
Saranno state le tre e mezza di notte sul suo autobus fermo al capolinea, quando dei bulli, aizzati dalla ragazza del capo, hanno ridotto in fin di vita a suon di sprangate un passeggero che avevano preso per gay.
Durante l’aggressione, lei è sceso a mangiare un panino.
Tornando sull’autobus lo ha trovato sporco di sangue, ma ha pensato fosse birra: immagino birra rossa, irlandese.
Interpellato dalla questura sulle ragioni del suo distacco dalle miserie terrene, ha spiegato di avere seguito l’aureo consiglio del nonno, quello di farsi sempre i fatti propri.
Forse lo ignora, ma il suo disinteresse assoluto per i destini di qualsiasi comunità diversa dalla «famigghia» di appartenenza si inserisce in una luminosa tradizione che percorre i secoli e i racconti di mafia, attraversa gli osti dei «Promessi Sposi» e passando da suo nonno e dal senatore Razzi arriva fino a lei.
Se avesse affrontato la banda a mani nude sarebbe stato un eroe e a nessuno francamente si può chiedere tanto.
Ma se avesse fatto una telefonata al 113, magari mentre aspettava che le farcissero il sandwich, sarebbe stato un cittadino.
Troppa fatica.
Massimo Gramellini
(da “la Stampa“)
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Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
PROBABILE ACCORDO SUL DIRETTORE DI RAINEW24
Alessandro Campo Dall’Orto e Monica Maggioni.
Sono questi, salvo sorprese dell’ultim’ora, i nuovi direttore generale e presidente della Rai.
L’assemblea degli azionisti della tv pubblica che avrebbe dovuto riunirsi in mattinata è slittata al pomeriggio.
In queste ore il presidente del Consiglio ha portato avanti colloqui e trattative per cercare un accordo sui nomi.
Per la poltrona di dg c’è l’accordo sull’ex manager di Mtv e La7.
Per la poltrona di presidente del cda, invece, è spuntata a sorpresa il nome della direttrice di RaiNews24 Monica Maggioni.
La proposta sarebbe stata fatta dal Pd a Forza Italia e il nome, si apprende in ambienti forzisti, sarebbe gradito a Berlusconi.
L’obbiettivo è trovare un accordo con Forza Italia, Ncd e i verdiniani dato che Il presidente dovrà essere eletto dai due terzi dei quaranta componenti della Vigilanza: il Pd ha 22 voti, ed è per questo che si punta all’elezione di un candidato condiviso.
Sul tavolo delle trattative tante le ipotesi delle scorse ore.
Tra i nomi: Antonella Mansi, vice presidente di Confindustria; Barbara Palombelli, consorte di Francesco Rutelli e attualmente a Mediaset; Piero Ostellino; Marcello Sorgi.
L’ex direttore de La Stampa e del Tg1 è in assoluto il candidato meno ostile sia per Renzi che per Berlusconi: una qualità che potrebbe pesare nel gioco dei voti incrociati.
Il nome di Sorgi come presidente della Rai è ben visto anche da ambienti del Quirinale.
L’impressione è che Renzi adotti la stessa politica messa in campo con Mattarella: una serie di nomi da bruciare per poi piazzare all’ultimo il candidato buono.
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Agosto 5th, 2015 Riccardo Fucile
RIGUARDA 4 CONSIGLIERI SU 7: GUELFI, FRECCERO, DIACONALE E MAZZUCCA… POTRANNO RIMANERE IN CARICA SOLO UN ANNO E SENZA STIPENDIO
Un Cda in bilico. E non per le polemiche politiche, che pure gli sono piovute addosso abbondanti. 
Ma per un impedimento normativo che, evidentemente, nessuno degli sherpa che ha gestito la partita della nomina dei sette consiglieri Rai di competenza parlamentare aveva messo in conto.
Un problema che si chiama “pensionati” e che, come rivelato dal sito dell’Unità , si traduce in incompatibilità per la metà dei consiglieri freschi freschi di nomina.
Ossia: Carlo Freccero, Guelfo Guelfi, Arturo Diaconale e forse anche Giancarlo Mazzucca.
Insomma, come si vede, una falsa partenza bipartisan dal momento che si tratta, rispettivamente, di consiglieri nominati da M5s, Pd e Forza Italia.
La materia è di quelle da azzeccagarbugli, alquanto controversa, ma la portata politica dell’inghippo è invece di tutta evidenza.
Dunque, un’occhiata alla legge. Si tratta di un provvedimento del ministero della Pubblica amministrazione e della Semplificazione del febbraio del 2015 che richiama a un’apposita circolare che chiarisce le norme sull’applicazione degli “incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza”.
Il senso della legge è quello di “evitare” l’uso da parte delle pubbliche amministrazioni di soggetti, appunto, in quiescenza in modo da “assicurare il ricambio e il ringiovanimento del personale pubblico.
“In particolare — si legge — il divieto riguarda gli incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrative e negli enti e società controllati”.
Una regola, questa, che si applica anche alla tv di Stato sebbene non rientri nella categoria “pubblica amministrazione”.
Inoltre — spiega una qualificata fonte di governo — quelle fatte dalla Vigilanza sono sì nomine che hanno un percorso parlamentare, ma formalmente è il ministero del Tesoro a nominare i membri Cda”.
Una via d’uscita all’impasse totale è data dalla legge sulla riforma della Pubblica amministrazione che proprio ieri è stata approvata in via definitiva e che stabilisce come l’incarico non sia incompatibile se svolto in maniera gratuita e comunque per non più di un anno.
Carlo Freccero si è già detto disponibile. “Non ne so nulla, sono stato convocato domani mattina”, spiega Guelfi.
A questo punto però la decisione è politica e, tra l’altro, secondo alcune fonti del ministero dell’Economia, non è da escludere che si ponga anche un altro problema: quello delle quote rosa non rispettate.
Ma anche qui ci si scontra con la competenza parlamentare: come è possibile, con quel sistema di elezione, garantire una giusta rappresentanza femminile?
Il garbuglio, quindi, è evidente.
A sentire un consigliere uscente come Antonio Verro, la materia è ostica tanto che già in passato ci si era trovati nell’impasse.
“L’orientamento prevalente è quello di considerare la Rai come un soggetto disciplinato da una legge speciale. Ma già nel caso dell’allontanamento dalla direzione di Augusto Minzolini — ricorda — si applicarono le norme del pubblico impiego”.
(da “Huffingtonpost”)
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