Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
RECORD DI RICHIESTE D’ASILO IN GERMANIA: 750.000 STRANIERI… DECINE DI MIGLIAIA DI TEDESCHI MOBILITATI PER AIUTARE I PROFUGHI
«Siamo sfidati, non sopraffatti. Possiamo risolvere questo problema», aveva detto una settimana fa il
ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maizière durante una visita al posto di polizia di Deggendorf, in Baviera, dove da giorni si registrano 250 rifugiati al giorno.
Oggi però i numeri sui nuovi arrivi di richiedenti asilo che lo stesso ministro annuncerà — anticipati ieri dal quotidiano economico Handelsblatt — sono di un’entità tale che sarà difficile non far vacillare il suo proposito: in Germania nel 2015 sono previste tra le 650 e le 750 mila richieste (soprattutto dal Nord Africa), contro le 450 mila delle attese.
Una cifra record, quasi il doppio del massimo mai registrato nella Repubblica Federale, nel 1992, quando i migranti economici dell’ex blocco sovietico si precipitavano in massa nell’eldorado tedesco.
Persino l’Alto Commissario Onu per i rifugiati Antonio Guterres ha parlato di una situazione insostenibile: «La responsabilità di gestire la maggioranza dei richiedenti asilo non può cadere soltanto sulle spalle di Germania e Svezia – ha detto in un’intervista alla Welt -. Tutti i paesi europei hanno la responsabilità morale di accoglierli e proteggerli».
Chi si immagina un clima da caccia allo straniero sbaglia paese: il sito di «Spiegel» pubblica una cartina interattiva aggiornata in tempo reale su tutti i luoghi in cui si verificano attacchi di stampo razzista e xenofobo (appena 40 dall’inizio dell’anno, diffusi da Est a Ovest), ma le dichiarazioni di chi mette in guardia da brutte ricadute sono molte di più.
C’è una star della tv come Til Schweiger che da mesi conduce una campagna di sostegno ai rifugiati sui social network e si è anche impegnato in prima persona in un centro di accoglienza.
Ci sono anche le coscienze critiche, come il vecchio Hans Dietrich Genscher, storico ministro degli Esteri, che in questi giorni ha tuonato: «Ogni volta che leggo di un attacco ai migranti ripiombo nei miei ricordi di bambino: sinagoghe bruciate e negozi di ebrei distrutti».
Infine ci sono i cittadini, che fanno meno chiasso dei vandali devastatori, ma hanno messo su una rete di accoglienza che lascia a bocca aperta.
Ecco alcune delle domande più frequenti che i tedeschi rivolgono al frequentatissimo sito http://wie-kann-ich-helfen.info/ (come-posso-aiutare): «Posso insegnare tedesco ai migranti anche se non sono un professore?», «A chi mi devo rivolgere per ospitare una famiglia di migranti?», «Ci sono minori che hanno bisogno di aiuto per l’assistenza sanitaria?».
E le risposte restituiscono l’immagine di un paese attraversato da decine di progetti diffusi su tutto il territorio federale, che di volta in volta si appoggiano a istituzioni, onlus di zona, grandi organizzazioni come Croce Rossa, Save The Children, Unicef.
Progetti di integrazione
Un gruppo di aziende di Erlangen, in Baviera, si è consorziato in modo da garantire l’accesso Internet gratuito agli stranieri in alcuni caffè «per far in modo che restino in contatto con i loro familiari»; a Rostock, nel profondo Nord, l’associazione «Ti ricordi il 1945?» ha messo su una rete di aiuti e sostegno per armeni, afgani ed eritrei finalizzata all’inserimento nel mondo del lavoro; a Gottinga sono stati istituiti 80 «Giardini Internazionali» per l’interscambio con mediatori culturali e altri 60 sono in fase di realizzazione; e poi ancora, Bochum, Amburgo, Dresda, Francoforte, non c’è cittadina tedesca che non abbia almeno un progetto per cercare di integrare il più possibile, soprattutto manodopera specializzata.
Viene da pensare che se i politici facessero campagne xenofobe, da queste parti perderebbero voti.
Francesca Sforza
(da “La Stampa”)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
MARTINA INVOCA “PIU’ CONTROLLI”, FORSE DIMENTICA CHE E’ LUI IL MINISTRO
La procura di Trani ha iscritto nel registro degli indagati il tarantino Ciro Grassi, autista del bus che ha condotto nei campi, Paola Clemente, la bracciante 49enne morta nei campi intorno ad Andria il 13 luglio a causa di un malore.
Nell’indagine si ipotizzano i reati di omicidio colposo ed omissione di soccorso. Grassi è indicato nelle indagini, condotte dal pm Alessandro Pesce, come l’uomo che ha organizzato la squadra di lavoro, avvertendo Stefano Arcuri, marito di Paola Clemente, che la moglie era stata colta da malore .
La donna, da un paio di giorni prima del decesso, avvertiva dolori al collo a cui non aveva dato molta importanza perchè ne soffriva da alcuni anni.
L’iscrizione del nome di Grassi nel registro gli indagati — precisano fonti inquirenti — è un atto dovuto in vista dell’autopsia che sarà compiuta il 21 agosto, dopo la riesumazione del corpo dell’operaia.
“Il caporalato in agricoltura è un fenomeno da combattere come la mafia e per batterlo occorre la massima mobilitazione di tutti: istituzioni, imprese, associazioni e organizzazioni sindacali”, dice il ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Maurizio Martina.
Chi conosce — prosegue Martina — situazioni irregolari deve denunciarle senza esitazione. In queste settimane abbiamo lavorato con il Ministero del lavoro sia per intensificare i controlli che per consolidare nuove pratiche utili al contrasto permanente del fenomeno”.
Infatti abbiamo visto i risultati…
“Sul fenomeno del caporalato c’è un muro di gomma. La gente non collabora, preferisce guadagnare pochi spiccioli anzichè collaborare alle nostre indagini finalizzate a debellare il fenomeno”, dice il procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo, spiegando che l’inchiesta sulla morte della bracciante “andrà a fondo e darà giustizia alla famiglia della vittima“.
Il procuratore ricorda che il fenomeno del caporalato è “diffusissimo nel nord barese: ce ne occupammo nel corso delle indagini sul crollo di Barletta (del 3 ottobre 2011 in cui morirono quattro operaie, ndr). In quella circostanza accertammo che le lavoratrici morte erano irregolari. Da lì partì un’inchiesta sul caporalato e venne fuori un fenomeno raccapricciante. Io e il collega Giuseppe Maralfa fummo ascoltati anche dalla commissione parlamentare d’inchiesta e il nostro lavoro fu apprezzato”.
Secondo Capristo dovrebbero essere “i sindacati e i lavoratori a dare indicazioni utili alle indagini sul caporalato”.
Appena pochi giorni fa, sempre nelle campagne di Andria, un altro bracciante è stato colpito da un malore e d adesso è ricoverato in coma nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Carlo di Potenza.
L’uomo 42enne è stato colpito da infarto il 5 agosto scorso, mentre lavorava all’acinellatura dell’uva.
Finora non ha trovato conferma l’ipotesi che il malore che ha colpito il bracciante sia da mettere in relazione all’uso di particolari sostanze nella produzione dell’uva, con le quali sia venuto a contatto.
L’operaio lavorava per circa sette ore al giorno, ma altre ore durava il trasferimento dal paese alla zona dove era impegnato e il ritorno a casa: non si sa, tuttavia, se il malore sia stato causato dalla fatica sopportata.
Il segretario della Flai Cgil Puglia, Giuseppe Deleonardis, spiega che “su Andria non risulta assunto”. Forse, precisa, “era assunto a San Giorgio Jonico”.
Ma, spiega il segretario, gli scenari che si aprono sono “due: o Arcangelo lavorava a nero, oppure era assunto a San Giorgio Jonico, il che sarebbe comunque illegale perchè l’assunzione deve essere fatta sul luogo dove avviene la prestazione di lavoro”
Quanto alla possibilità di risalire all’azienda per cui Arcangelo lavorava, Deleonardis spiega che “è difficile perchè questi lavoratori sono assunti da agenzie interinali che li spostano laddove occorre. Spesso il bracciante si addormenta sul furgone che lo trasporta e non sa neppure dove si trova quando si sveglia sul posto di lavoro”.
Nel frattempo, proseguono le indagini della procura di Lecce, che il 21 luglio del 2015 aveva iscritto nel registro degli indagati tre persone accusate dell’omicidio colposo di un bracciante sudanese di 47 anni, morto stroncato da un infarto mentre lavorava nei campi.
Per la prima volta la procura salentina ha messo sotto inchiesta la responsabile dell’azienda agricola in cui lavorava il bracciante, il titolare di fatto, cioè suo marito e il presunto caporale, anche lui sudanese, che avrebbe coperto il ruolo di intermediario tra gli stagionali e gli imprenditori.
Più o meno lo stesso schema d’indagine seguito adesso dalla procura di Trani per fare luce sulla morte di Paola Clemente: solo l’ultima vittima di una strage silenziosa che si consuma ogni estate tra vigne e pomodori.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
LA QUANTITA’ DI RIFIUTI E’ SCESA, LE TASSE PER UNA FAMIGLIA TIPO AUMENTATE DI 75 EURO
Tra il 2010 e il 2015 una famiglia con 4 componenti che vive in un casa da 120 metri quadrati ha
subito un aumento del prelievo relativo all’asporto rifiuti del 25,5%, pari, in termini assoluti, ad un aggravio di 75 euro.
Quest’anno dovrà versare al proprio Comune 368 euro di Tari. Lo rileva uno studio della Cgia di Mestre.
Una famiglia di 3 componenti, che abita in un appartamento da 100 mq – secondo la Cgia – ha invece subito un aumento del 23,5% (+57 euro).
Nel 2015 dovrà versare quasi 300 euro. Un nucleo di 3 persone che risiede in un’abitazione da 80 mq, invece, ha dovuto pagare il 18,2% in più (+35 euro).
In questo caso, l’importo complessivo che dovrà pagare per i rifiuti sarà pari a poco più di 227 euro.
Per le attività economiche, le cose sono andate anche peggio. Nonostante la forte riduzione del giro d’affari, ristoranti, pizzerie e pub con una superficie di 200 mq hanno subito un incremento medio del prelievo del 47,4%, pari, in termini assoluti, a +1.414 euro.
Un negozio di ortofrutta di 70 mq, invece, ha registrato un incremento del 42% (+ 560 euro), mentre un bar di 60 mq ha dovuto versare il 35,2% in più, pari ad un aggravio di 272 euro.
Più contenuto, ma altrettanto pesante, l’aumento subito dal titolare di un negozio di parrucchiere (+23,2%), dai proprietari degli alberghi (+17) e da un carrozziere (+15,8).
Questi risultati, sottolinea la Cgia, sono stati ottenuti dopo aver preso in esame le tariffe sui rifiuti applicate alle famiglie e alle imprese nei principali Comuni capoluogo di regione.
Nel corso degli ultimi anni sono state numerose le novità che hanno riguardato il prelievo sui rifiuti. Fino a qualche anno fa pagavamo la Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), anche se molti Comuni l’avevano rimpiazzata con la Tia (Tariffa di igiene ambientale). Nel 2013 il legislatore ha introdotto la Tares (Tassa sui rifiuti e servizi), mentre dal 2014 quest’ultima ha lasciato il posto alla Tari (Tassa sui rifiuti).
La Tari è stata introdotta con la Legge di Stabilità 2014, in ossequio al principio comunitario “chi inquina paga”: in buona sostanza si è voluto sancire la corrispondenza tra la quantità di rifiuti prodotti e l’ammontare della tassa.
Con l’introduzione della Tari, è stato ulteriormente confermato il principio che il costo del servizio in capo all’azienda che raccoglie i rifiuti dev’essere interamente coperto dagli utenti, attraverso il pagamento della tassa. E il problema sta proprio qui.
“Queste aziende, di fatto, operano in condizioni di monopolio – afferma Paolo Zabeo per gli Artigiani di Mestre – con dei costi spesso fuori mercato che famiglie e imprese, nonostante la produzione dei rifiuti sia diminuita e la qualità del servizio offerto non sia migliorata, sono chiamate a coprire con importi che in molti casi sono del tutto ingiustificati. Proprio per evitare che il costo delle inefficienze gestionali vengano scaricate sui cittadini, la legge di Stabilità del 2014 ha ancorato, dal 2016, la determinazione delle tariffe ai fabbisogni standard. Grazie all’applicazione di questa nuova modalità , è probabile che dall’anno prossimo la tassa sui rifiuti diminuisca”.
Sebbene in questi ultimi anni il costo economico sulle famiglie sia decisamente aumentato, dall’inizio della crisi ad oggi la produzione dei rifiuti urbani ha subito una forte contrazione.
Se nel 2007 ogni cittadino italiano ne “produceva” quasi 557 kg, nel 2013 (ultimo dato disponibile) la quantità è scesa a poco più di 491 kg per abitante. “In buona sostanza – conclude Zabeo – nonostante abbiamo prodotto meno rifiuti, la raccolta e lo smaltimento ci sono costati di più”.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
L’ESPONENTE NCD AVEVA ASSUNTO PURE LA FIDANZATA CON UNO STIPENDIO DI 114.000 EURO L’ANNO
La procura di Catanzaro ha sequestrato 361 mila euro a Pasqualino Ruberto, l’ex presidente di Calabria Etica, la società in house della Regione che si sarebbe dovuta occupare di assistenza alle famiglie disagiate e che, secondo gli inquirenti, era diventata un “assumificio” funzionale alle aspirazioni politiche del suo vertice.
Indagato per abuso d’ufficio e peculato, infatti, Pasqualino Ruberto (nominato presidente di “Calabria Etica” dall’ex governatore Scopelliti) si era candidato a sindaco di Lamezia Terme alle ultime amministrative.
Pochi giorni prima delle regionali e in vista delle comunali della città in provincia di Catanzaro, Ruberto aveva proceduto all’assunzione di 251 lavoratori nell’ambito di quattro progetti.
A questi poi se ne sono aggiunti altri 450 sui cui contratti stanno ancora indagando gli investigatori che nei mesi scorsi hanno acquisito tutta la documentazione nella sede della società in house e negli uffici della Regione Calabria.
I 361 mila euro sequestrati, per equivalente, a Pasqualino Ruberto sono, stando agli accertamenti dei carabinieri, la cifra complessiva di due mensilità degli stipendi pagati ai primi 251 lavoratori assunti.
Il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri e il pm Graziella Viscomi hanno iscritto nel registro degli indagati anche Vincenzo Caserta, l’ex dg del dipartimento lavoro della Regione Calabria, a cui vengono contestate due ipotesi di abuso d’ufficio.
Nei suoi confronti, la Procura ha chiesto la sospesione dai pubblici uffici. Adesso il giudice per le indagini preliminari dovrà fissare l’interrogatorio e decidere se applicare il provvedimento interdittivo.
La Procura sta cercando di capire come mai, tranne pochi casi, tutti gli assunti da Calabria Etica (società adesso commissariata) sono residenti a Lamezia Terme, nella stessa città in cui Ruberto si è candidato a sindaco ed è oggi consigliere comunale di opposizione.
Membro dell’assemblea nazionale del Nuovo Centrodestra, inoltre, Ruberto aveva firmato un co.co.pro. da 114 mila euro all’anno alla fidanzata Bianca Maria Vitalone che poi si è dimessa dopo che è scoppiata la polemica.
Tra gli assunti c’erano anche la sorella della fidanzata, alcuni parenti stretti del socio del suo studio professionale e alcuni animatori dell’associazione politica Labor (motore della sua campagna elettorale) che avrebbero beneficiato di contratti che vanno da 24 a 71 mila euro all’anno.
Spacciandosi per progetti in favore delle famiglie disagiate, secondo gli inquirenti, Calabria Etica era diventata un “assumificio” sul quale adesso la procura vuole vederci chiaro.
Il sequestro eseguito stamattina dai carabinieri, infatti, copre solo una parte del costo dei 700 contratti firmati da Ruberto tra la fine del 2014 e le prime settimane del 2015. Contratti che, complessivamente, impegnavano Calabria Etica (e quindi la Regione Calabria) per un milione e 300mila euro.
Lucio Musolino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
I GIRAMONDO DELLA CULTURA. IN ALTRI PAESI ASSUMERE DIRETTORI STRANIERI NON CREA POLEMICHE
Sì, sono sette gli stranieri chiamati dal Mibac alla guida di alcuni tra i più importani musei italiani. Ma
sono ancor di più i nostri connazionali che hanno ricevuto chiamate prestigiose dall’estero, per dirigere le maggiori istituzioni culturali tra New York, Parigi, Londra, Madrid e Rotterdam.
Ne citiano 8, ma l’elenco è praticamente sterminato: i manager italiani della cultura sono richiesti ovunque, in ogni continente, da musei grandi e piccoli.
Hanno tutti un tratto comune: solidi studi in Italia, specializzazioni all’estero, propensione a girare il mondo.
Curiosi, pronti a stupirsi. E poi a far volare la fantasia, mescolandola con la competenza.
La lista comincia con Massimiliano Gioni, direttore artistico del New Museum of Contemporary Art di New York. Di Busto Arsizio, 43 anni, studi universitari tra Vancouver e Bologna.
Papà direttore di una fabbrica d’inchiostro, mamma insegnante. Esperienze di lavoro (sempre tra mostre e musei) in mezzo mondo.
Poi l’approdo, nel 2007, al museo newyorchese che presenta l’arte contemporanea proveniente da tutto il globo
Andrea Bellini, 44 anni, è il direttore del Centro d’Arte Contemporanea di Ginevra. Storico dell’arte, ha lavorato a New York come redattore capo della rivista Flash.
Ha poi diretto per tre anni (2007-2009) la fiera dell’arte di Torino Artissima. Sempre in Torino ha diretto il Castello di Rivoli. Poi, nel 2012, la prestigiosissima chiamata dalla Svizzera.
Francesco Manacorda ha 41 anni. Da quattro è il direttore artistico della Tate di Liverpool, tempio dell’arte moderna.
Torinese, laureato in Lettere, esperienze di curatore in Italia, per lui in qualche modo la chiamata è equivalsa a un ritorno nel Regno Unito dove per due anni aveva già lavorato come curatore nella londinese Barbican Art Gallery.
Da oltre un anno Lorenzo Benedetti (romano, nato nel 1972) dirige il De Appel art center di Amsterdam.
Incarico arrivato dopo un’altra mansione di prestigio che l’Olanda gli aveva affidato: la curatela del Padiglione nazionale alla Biennale di Venezia.
Benedetti è un italiano color «orange»: ha lavorato dal Vleeshal di Middelburg, dove è stato direttore del 2008, alla Kusthalle di Mulhouse, dove ha avuto ruolo di curatore ospite.
Laureato in storia dell’arte a La Sapienza di Roma, nel 2005 ha fondato il Sound Art Museum, dedicato al suono nelle arti visive, Benedetti è anche docente alla Jan van Eyck Academy di Maastricht.
Chiara Parisi è il direttore del programma culturale del Monnaie di Parigi,una delle più antiche istituzioni francesi. Patrimonio dell’Unesco, assicura la produzione monetaria dell’euro francese, ma anche di monete da collezione, medaglie e decorazioni.
Per aprire al pubblico il tesoro la «Zecca» transalpina, la Francia ha chiamato proprio Parisi. Che ha un curriculum lungo così. Insegnante, curatrice di mostre (tra cui a Villa Medic il ciclo «La Folie de la Villa Mèdicis»).
Con Parisi, la Monnaie è diventato un museo a cielo aperto nel cuore del quartiere parigino di Saint Germain
Un altro italiano che piace agli olandesi. Si chiama Francesco Stocchi e ha spezzato la tradizione del Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam diventando il primo curatore dell’istituzione nella sezione di arte moderna e contemporanea occupandosi delle mostre in cui gli artisti non olandesi avranno una forte rilevanza.
Romano, del 1975 , giramondo dell’arte: Vienna, Roma, mostre, libri. Poi la chiamata prestigiosa dai tulipani.
Succede, negli Stati Uniti. Nel 1994, Paola Antonelli, architetto, sarda, genitori milanesi, è stata assunta come curatrice al Moma di New York, stella polare dell’arte moderna, rispondendo a un annuncio. Aveva 31 anni.
Dodici anni dopo – oggi ne ha 51 – è stata nominata Direttore della Ricerca e sviluppo. Art Reveiw, l’ha inserita nella lista delle cento persone più potenti del mondo dell’arte.
Per Time invece fa parte di un’èlite di cervelli visionari. Al Moma ha organizzato mostre che vanno dai videogiochi ai caratteri tipografici digitali
Dal Prado alla National Gallery di Londra. Un salto compiuto da un italiano con passaporto britannico, nato a Londra.
Si chiama Gabriele Finaldi e ha 50 anni. La sua nomina alla National Gallery – l’equivalente britannico di Uffizi e Louvre – ha ricevuto l’ok del premier Cameron. Finaldi ha studiato tra Londra, Napoli e a Piacenza.
Nel 1992 è stato nominato curatore della pittura italiana e spagnola, proprio alla National Gallery, dove è rimasto fino al 2002, quando è stato chiamato al Museo del Prado e dove è stato responsabile delle collezioni, dei progetti di ricerca, delle esposizioni e del restauro.
I media spagnoli ne hanno sempre parlato benissimo , come «l’uomo che ha reinventato il Prado».
Alessandro Fulloni e Federica Seneghini
(da “Il Corriere della Sera”)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
ONORE A KHALED AL-ASAAD, L’ARCHEOLOGO CUSTODE DECAPITATO DAI TAGLIAGOLE DELL’ISIS
Khaled al-Asaad, il direttore del sito archeologico di Palmira decapitato e appeso a un palo della luce dai jihadisti dello Stato islamico, si è rifiutato di indicare ai suoi aguzzini i luoghi in cui sono stati nascosti importanti reperti romani prima dell’occupazione della città da parte dell’Isis.
Lo ha riferito al quotidiano britannico The Guardian Chris Doyle, direttore del Council for Arab-British Understanding, citando una fonte siriana.
L’82enne Asaad, dopo essersi preso cura per circa cinquant’anni dei tesori archeologici della “Sposa del deserto”, com’è soprannominata la città patrimonio dell’Unesco, avrebbe così compiuto il sacrificio estremo: andare incontro a una morte atroce, pur di salvare i gioielli di Palmira.
Secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, si è trattato di un’esecuzione pubblica in piena regola, alla quale assistito decine di persone.
A dare per primo la notizia della decapitazione di Asaad, uno dei massimi esperti siriani di archeologia, era stato ieri sera il direttore delle Antichità e dei musei siriani, Maamoun Abdulkarim.
Abdulkarim ha spiegato che i miliziani dell’Isis avevano arrestato un mese fa Asaad. Da allora erano iniziati interrogatori continui nella speranza di avere informazioni su dove fossero stati nascosti reperti romani del sito prima dell’occupazione dello Stato islamico, avvenuta a maggio.
Khaled al-Asaad era stato direttore del sito archeologico di Palmira per 40 anni, fino al 2003.
Dopo il pensionamento, ha riferito la Sana, aveva continuato a lavorare come esperto per il Dipartimento dei musei e delle antichità . Era stato autore di diversi libri e testi scientifici anche in collaborazione con colleghi stranieri.
Ai tesori di Palmira l’anziano archeologo aveva dedicato mezzo secolo della sua vita: conosceva la storia di ogni colonna, ogni statua, ogni centimetro di questa città che un tempo fu un vitale centro carovaniero.
Un amore immenso finito nel più tragico dei modi, reciso da quegli stessi fanatici pronti a distruggere a martellate i simboli di una cultura.
Il corpo del povero Asaad è stato ritrovato così, decapitato e appeso a un palo della luce e non, come era trapelato inizialmente, a una colonna della sua amata Palmira.
La macabra immagine dell’ennesima vittima dell’Isis è stata diffusa in rete dai jihadisti su Twitter.
Al corpo decapitato è stato appeso un cartello con su scritto il nome della vittima con l’aggiunta “apostata e partigiano del regime sciita” del presidente Bashar al-Assad. Sotto il nome vengono elencati cinque capi d’imputazione che hanno convinto i terroristi a sgozzare la loro vittima: “rappresentante della Siria nelle conferenze della blasfemia”; “direttore delle statue archeologiche di Palmira”; “ha visitato l’Iran partecipando alla festa per la vittoria della rivoluzione di Khomeini”, fondatore della Repubblica islamica iraniana di confessione sciita; infine altre due accuse che riguardano “legami” della vittima con esponenti del regime di Damasco.
“La costante presenza di questi criminali nella città è una vergogna e un cattivo presagio per ogni colonna e per ogni frammento archeologico lì preservato”, ha commentato Abdulkarim, il direttore delle Antichità e dei musei siriani.
Palmira rappresenta uno dei principali siti archeologici nel Medio Oriente.
I jihadisti dell’Isis hanno già distrutto diversi insediamenti storici nel territorio da loro controllato. L’Unesco ha detto che l’eventuale distruzione della città sarebbe “una perdita enorme per l’umanità “.
Purtroppo, Khaled al-Asaad non è l’unico archeologo finito nelle grinfie dell’Isis.
A lanciare l’allarme, in un’intervista alla televisione panaraba Al Jazeera, è Amr al-Azm, ex dirigente del Dipartimento generale dei musei e delle antichità della Siria. Secondo Azm, diversi archeologi sono stati fatti prigionieri dall’Isis in Siria negli ultimi anni, mentre altri sono stati sottoposti a pressioni perchè “ritenuti in possesso di informazioni su antichità nascoste di cui i jihadisti vogliono impadronirsi”.
Azm ha detto di ritenere che anche Asaad, tenuto prigioniero per almeno un mese dallo Stato islamico prima di essere ucciso, fosse stato arrestato perchè ritenuto responsabile dell’evacuazione di molti reperti dal museo di Palmira prima dell’arrivo dei jihadisti, nel maggio scorso, e quindi a conoscenza delle località dove potrebbero essere stati nascosti.
“Personalmente – ha aggiunto Azm – conosco un archeologo che a Raqqa (nel Nord della Siria, ndr) è stato perseguitato dall’Isis per diverso tempo con l’intento di estorcergli informazioni su presunti tesori nascosti”.
Oggi il mondo dell’archeologia e della cultura in generale saluta Khaled al-Asaad, rendendogli onore per il suo coraggio.
“Povero Khaled, dev’essere rimasto nella sua Palmira come il capitano di una nave che affonda”, ha detto all’Ansa Maria Teresa Grassi, ultima archeologa italiana ad aver lavorato nel sito siriano dove fino al 2010 guidava la missione dell’Università di Milano.
“Questa non me l’aspettavo proprio, mi ero convinta che dopo aver contribuito, come so che ha fatto, a mettere in salvo le cose più preziose del museo, fosse fuggito. E invece…”.
Secondo Grassi, la scelta di restare lì può essere capita solo tenendo presente il rapporto strettissimo, anche affettivo, che legava l’anziano direttore e insieme a lui tutta la sua grande famiglia ai resti della celeberrima città antica dal 1980 patrimonio dell’Umanità .
“Ne era stato direttore per decenni, in pratica una vita intera. Si deve a lui la creazione o comunque l’organizzazione del piccolo prezioso museo. E a lui si deve tutto il lavoro di organizzazione e anche di valorizzazione degli scavi”.
Grande conoscitore della lingua antica e brillante epigrafista, Khaled al Asaad, racconta la studiosa, aveva fatto anche un gran lavoro sulle iscrizioni.
Una passione, la sua, nella quale aveva coinvolto l’intero clan familiare e che aveva trasmesso ai due figli maschi, entrambi archeologi, uno dei quali ne aveva poi raccolto il testimone assumendo a sua volta l’incarico di direttore.
Definirlo semplicemente direttore è riduttivo, avverte la studiosa. “Asaad era molto di più, di fatto una figura fondamentale per gli ultimi 50 anni della scuola degli scavi, la memoria storica del sito. Di Palmira conosceva ogni angolo, ogni vicenda, ogni pietra. Aveva visto tutto, collaborato con tutti, una specie di archivio vivente”.
Un personaggio, insomma.
Anche dal punto di vista umano, carismatico e imponente, circondato dalla sua grande famiglia.
“Di lui colpiva l’aria sempre seria e direi un po’ severa – racconta Maria Teresa Grassi – un aspetto che nascondeva però una persona incredibilmente attenta e gentile, capace di gesti di grande sensibilità . Era un signore, un uomo all’antica, come si diceva una volta”.
In questi mesi, racconta Grassi, “siamo stati in grande, grandissima ansia per lui e per tutte le persone che lavoravano nel sito. Difficilissimo avere rapporti, abbiamo sempre avuto paura di mettere in difficoltà persone già in pericolo. Qualche contatto sono riuscita ad averlo solo con una ragazza restauratrice che mi ha scritto dalla Turchia, dove forse si era rifugiata. Evidentemente Asaad non è riuscito a lasciare Palmira che era tutta la sua vita. Ora l’apprensione è alle stelle. Ero in angoscia per il patrimonio d’arte di Palmira, temevo che facessero saltare i monumenti. È successo di peggio”.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
IL CORAGGIO DI ANDARE CONTROCORRENTE E DIRE VERITA’ SCOMODE SI SCONTRA CON LA TRADIZIONALE PRUDENZA DELLA CASTA VESCOVILE
Le critiche intorno alle dichiarazioni del segretario della Cei, Nunzio Galantino, dall’immigrazione ai
giudizi sulla politica, sembrano non sfumare mai.
L’ultimo episodio riguarda la rinuncia a partecipare alla Lectio degasperiana a Pieve Tesino, in provincia di Trento, per “evitare, con la mia sola presenza, di contribuire a rafforzare polemiche o anche semplicemente di allontanare il momento del rasserenamento di un clima invano esasperato”.
Il segretario della Cei, però, ha voluto lo stesso inviare il testo che avrebbe letto, di cui ampi stralci erano stati anticipati nei giorni precedenti dal Corriere della sera.
Un intervento in cui Galantino non ha risparmiato un nuovo duro attacco alla politica odierna paragonandola a “un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e furbi”.
Se l’assenza del segretario della Cei avrebbe dovuto stemperare i toni, non poteva farlo la sua decisione di non restare in silenzio.
Le sue parole, infatti hanno scatenato un nuovo scontro con la classe politica.
Una replica di ciò che si era verificato pochi giorni prima con l’intervista a Famiglia Cristiana in cui il presule pugliese attaccava il governo assente, a suo giudizio, sulle politiche sull’immigrazione. Ma ciò non toglie due domande principali che ruotano a queste continue e dure esternazioni del segretario della Cei contro la politica. Galantino parla a nome dei vescovi italiani? E l’altra: Galantino interviene d’intesa con Bergoglio?
Quando lo chiamò da Cassano allo Jonio, dove era vescovo da poco più di due anni, Papa Francesco scrisse una lettera ai fedeli della piccola diocesi calabra “come chiedendo il permesso” spiegando che “per una missione importante” aveva bisogno che Galantino andasse a Roma “almeno per un periodo”.
Era il tempo in cui la frattura tra Bergoglio e Bagnasco sembrava davvero insanabile e il ricambio ai vertici della Cei sembrava immediato.
Cosa che poi è avvenuta soltanto in parte con l’ex segretario, monsignor Mariano Crociata, spedito come vescovo a Latina, e il cardinale Angelo Bagnasco confermato fino al 2017.
In più occasioni pubbliche Galantino ha affermato di essere il rappresentante della Cei, ruolo che però spetta al presidente della Conferenza episcopale italiana e non al segretario generale a cui compete la gestione degli uffici.
Nessuno ricorda, tra gli ultimi predecessori del presule pugliese, Crociata, Giuseppe Betori, Ennio Antonelli e Dionigi Tettamanzi, tutti divenuti cardinali a eccezione del primo, toni così duri nei confronti della vita politica del Paese.
Con l’avvento di Bergoglio sulla cattedra di Pietro, il “ruinismo”, ovvero gli ‘interventi’ della Chiesa nella vita politica italiana, vengono sempre più spesso giudicati negativamente.
Dei 16 anni in cui Ruini è stato presidente della Cei rimangono indelebili, infatti, le sue forti prese di posizione in favore dei cosiddetti “valori non negoziabili”, espressione per niente amata da Papa Francesco.
Non a caso in queste settimane il presidente della Cei è rimasto a lungo in silenzio dinanzi al susseguirsi delle polemiche di Salvini con Galantino.
Un silenzio percepito dall’episcopato italiano come indicativo di una totale mancanza d’intesa non tanto sui contenuti, ma sui modi aspri dello scontro.
Tra i vescovi del Paese non c’è mai stato nessun gradimento per il segretario della Cei e soprattutto per la manovra papale con la quale è stato imposto ai danni di Crociata. Ne è stato più volte un eloquente segnale il fatto che il predecessore di Galantino, dopo la defenestrazione decisa da Bergoglio, abbia ottenuto i voti dall’assemblea della Cei per essere eletto vicepresidente dell’area Centro della Chiesa italiana.
Il segno di un episcopato che non si sente rappresentato da Galantino, ma che in fondo non è ancora entrato in sintonia con un Papa che a ogni assemblea della Cei non manca di dare le sue sferzate.
Francesco Antonio Grana
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
LA VISITA DELLA CANCELLIERA A EXPO’ E GLI EPICI RESOCONTI
Diversamente dai garruli politici italiani, Angela Merkel parla solo quando ha qualcosa da dire.
L’altro ieri, in visita privata all’Expo di Rho, non aveva nulla da dire e infatti nulla ha detto, a parte i soliti sorrisi, strette di mano e frasette di cortesia (“l’Expo mi piace”,“Italia very good”) per il paese ospitante e i suoi rappresentanti, ampiamente prevedibili e catalogabili alla voce “diplomazia”.
Per evitare equivoci, non si è neppure detta “colpita e impressionata dalle riforme italiane”, la frase standard che ripete macchinalmente dal 2005 al premier italiano di turno (Prodi, Monti, Letta e Renzi, con la comprensibile eccezione di B.).
Ma la stampa più provinciale del mondo, la nostra, è riuscita ugualmente a trasformare quella passeggiata senz’alcun peso politico in un evento epocale, anzi in una svolta storica.
Repubblica: “Migranti, l’aiuto di Merkel a Renzi”,“Emergenza migranti, la Merkel volta pagina: ‘Si muova tutta la Ue’. Ok alle riforme italiane’”.
Corriere della Sera: “Merkel all’Expo: bene l’Italia”, “La sintonia Merkel-Renzi”. L’Unità : “Renzi-Merkel a Expo: superiamo l’austerità ”, “Immigrazione, Merkel apre a una soluzione europea”.
Il resto lo fanno i cronisti al seguito, che appena vedono uno che non parla italiano diventano un incrocio fra gli scolaretti tremolanti all’esame di terza media e Totò e Peppino davanti al vigile di piazza Duomo, scambiando le cose più normali per avvenimenti di portata mondiale.
Stavolta li ha molto colpiti un fatto eccezionale: la Cancelliera “passeggia stanza dopo stanza, ascoltando le spiegazioni di Sala” (Corriere).
Evidentemente s’aspettavano di vederla incedere fra i padiglioni a bordo di un panzer della Wehrmacht sparacchiando a destra e a manca o sorvolare l’esposizione universale su un cacciabombardiere della Luftwaffe sganciando siluri qua e là .
Niente di tutto questo: “Angela” cammina proprio con i suoi piedi e addirittura ascolta con le sue orecchie, “interessata a quello che vede” (con i suoi stessi occhi, che — per la cronaca — sono due, proprio come i nostri).
Chi l’avrebbe mai detto. Del resto è “Una Frau alla mano”, titola il Corriere citando una turista che le ha stretto la mano, contandosi poi le dita e scoprendo che gliele aveva lasciate tutt’e cinque.
Ma la frase storica destinata a lasciare il segno nei millenni a venire è un’altra, captata ancora dal Corriere: “Gli italiani sono molto bravi”. Qui il cronista gonfia il petto di giusto orgoglio patriottico.
Già abbiamo scongiurato il pericolo che la Merkel dicesse “siete un popolo di merda”, e non è poco.
Ma soprattutto si temeva che,al Padiglione Italia, estraesse dalle tasche del tailleur bianco-azzurro qualche perlina colorata da gettare alla folla o da regalare a Renzi e signora, come i colonialisti del ‘7-‘800 con i pigmei dell’Africa Nera,e invece niente, nemmeno un pezzo di vetro o una caramella mou. Sospiro di sollievo.
Ce n’è abbastanza per magnificare la “sintonia ormai totale” (Corriere), il “feeling rafforzato” fra Angela e Matteo che “l’ha corteggiata alungo”(l’Unità ),la grande“aspettativa che c’è nei confronti del lavoro del governo” (il ministro Martina, per il resto impegnato — assicura il Giornale — a “sfruttare la sua altezza per regolare il traffico”). Se ancora tutto ciò vi sembra poco, sentite Dario Di Vico, del Corriere: “Con un pizzico di ironia potremmo chiamarlo il patto del Decumano, il lungo corridoio centrale dell’Expo”.
Un “asse preferenziale” destinato a soppiantare il famigerato Roma-Berlino-Tokyo: il Pontassieve-Berlino-Rho.
Un asse “iniziato dopo le Europee 2014, quando Roma diede via libera ai commissari Ue voluti da Berlino” e “proseguito fino alla crisi greca quando il premier italiano è stato attentissimo a non prendere mai le distanze da Berlino”.
Più che un asse, una genuflessione a 90 gradi: signorsì signora, si buana, ja frau.
Ora però “un vero patto del Decumano ha bisogno che la Ue ci permetta di fare un po’ di deficit spending” per non aumentare le tasse, anzi di più, per tagliarle e regalare miliardi a tutti. E figuriamoci se non l’otterremo da una frau così “alla mano”.
Del resto Angela e Matteo “hanno concordato che l’Europa non può essere la fortezza del rigore e dell’austerità , ma la frontiera dell’innovazione” e Renzi “considera una vittoria l’aver convinto la Merkel a ‘europeizzare’ l’emergenza umanitaria” degli sbarchi: lei non ha detto nulla di tutto questo, ma l’ha fatto sapere una velina di Palazzo Chigi riportata paro paro da tutti i giornali, dunque dev’essere senz’altro vero. Così com’è assodato che la Markel ancora si sbudella per una battutona di Renzi: “Ferma un attimo Angela che do un’occhiata allo spread”. Da pisciarsi sotto.
Nulla trapela invece, almeno ufficialmente, sull’a u m e nto vertiginoso del girovita del nostro premier che, a parte il triplo mento, dalle foto pare aver ingoiato un capodoglio di traverso.
Ma sembra che la prosperosa Cancelliera l’abbia apprezzato, come segnale di solidarietà italo-tedesca, oltrechè come rassicurante auspicio per la crescita: se quella del bilancio pubblico resta incerta intorno allo +0,2, quella della bilancia privata è in piena espansione verso un rotondo 2,0 più che congiunturale.
Un turista romano di passaggio avrebbe commentato: “A Matte’, se vede che sei stato dar dietologo. E che te lo sei magnato”.
Manca però la conferma di Palazzo Chigi, quindi la stampa ha patriotticamente sorvolato.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 19th, 2015 Riccardo Fucile
“SI’ ALL’AFFITTO DELLE SALE PER EVENTI PRIVATI DI LIVELLO”… “COLLABORAZIONE COI SINDACATI, CI SONO ANCHE IN MINNESOTA”
“Un museo unico, uno dei cinque più importanti al mondo”. Il nuovo direttore degli Uffizi, Eike
Schmidt, non nasconde la gioia e l’orgoglio per la nomina, pronto a portare a Firenze la sua esperienza da direttore del dipartimento di scultura del Minneapolis Institute of Arts.
Con un’idea in testa: “affittare a privati alcune sale del museo, o concederle per eventi agli sponsor che finanziano un restauro. Si può fare anche agli Uffizi”.
In un’intervista al Corriere della Sera, Schmidt ricorda che “succedeva anche nel Settecento o Ottocento, quando Firenze era una capitale, per le visite di Stato: è una pratica che ha radici storiche. E comunque serviranno dei criteri: non darei mai ai privati spazi come la sala della Tribuna”.
Tedesco di Friburgo, Schmidt si dice un ammiratore del suo predecessore, Antonio Natali, tanto che, sostiene, l’unica cosa che lo preoccupa è “essere all’altezza di chi mi ha preceduto”.
Sul suo nuovo incarico dice che “va portato a termine il progetto dei ‘Nuovi Uffizi’, cominciato anni fa”, perchè “l’edificio così com’è non è adatto per il turismo di massa”.
E va riequilibrato l’afflusso dei visitatori, “concentrato sugli Uffizi, mentre spesso ci sono sale vuote a Palazzo Pitti e al Giardino di Boboli”.
La cosa fondamentale, sostiene, “è migliorare l’esperienza del visitatore”, e pensa alla possibilità di rendere possibile la fruizione di contenuti multimediali direttamente sui cellulari dei visitatori.
“Spero di essere giudicato per i fatti”, dice poi a ‘Repubblica’ il nuovo direttore degli Uffizi.
“Mi rendo conto che questa unione di competenze rappresenti un cambiamento radicale in Italia, ma è la direzione verso la quale stanno andando tutti i musei del mondo”.
Sui suoi piani, “è presto per entrare nei dettagli. Sicuramente potenziare Palazzo Pitti, che deve avere più visibilità e più tutela. Ma il mio sarà un lavoro nel solco delle cose già fatte, e al tempo stesso nello spirito della riforma”.
Schmidt non teme il boicottaggio o la resistenza dei sindacati. “Anche in Minnesota ci sono sindacati molto forti, sono abituato: si tratta solo di lavorare insieme per trovare le soluzioni migliori”.
(da “Huffingtonpost”)
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