GLI ITALIANI CHE DIRIGONO I MUSEI ALL’ESTERO: TANTI, BRAVI E FANTASIOSI
I GIRAMONDO DELLA CULTURA. IN ALTRI PAESI ASSUMERE DIRETTORI STRANIERI NON CREA POLEMICHE
Sì, sono sette gli stranieri chiamati dal Mibac alla guida di alcuni tra i più importani musei italiani. Ma sono ancor di più i nostri connazionali che hanno ricevuto chiamate prestigiose dall’estero, per dirigere le maggiori istituzioni culturali tra New York, Parigi, Londra, Madrid e Rotterdam.
Ne citiano 8, ma l’elenco è praticamente sterminato: i manager italiani della cultura sono richiesti ovunque, in ogni continente, da musei grandi e piccoli.
Hanno tutti un tratto comune: solidi studi in Italia, specializzazioni all’estero, propensione a girare il mondo.
Curiosi, pronti a stupirsi. E poi a far volare la fantasia, mescolandola con la competenza.
La lista comincia con Massimiliano Gioni, direttore artistico del New Museum of Contemporary Art di New York. Di Busto Arsizio, 43 anni, studi universitari tra Vancouver e Bologna.
Papà direttore di una fabbrica d’inchiostro, mamma insegnante. Esperienze di lavoro (sempre tra mostre e musei) in mezzo mondo.
Poi l’approdo, nel 2007, al museo newyorchese che presenta l’arte contemporanea proveniente da tutto il globo
Andrea Bellini, 44 anni, è il direttore del Centro d’Arte Contemporanea di Ginevra. Storico dell’arte, ha lavorato a New York come redattore capo della rivista Flash.
Ha poi diretto per tre anni (2007-2009) la fiera dell’arte di Torino Artissima. Sempre in Torino ha diretto il Castello di Rivoli. Poi, nel 2012, la prestigiosissima chiamata dalla Svizzera.
Francesco Manacorda ha 41 anni. Da quattro è il direttore artistico della Tate di Liverpool, tempio dell’arte moderna.
Torinese, laureato in Lettere, esperienze di curatore in Italia, per lui in qualche modo la chiamata è equivalsa a un ritorno nel Regno Unito dove per due anni aveva già lavorato come curatore nella londinese Barbican Art Gallery.
Da oltre un anno Lorenzo Benedetti (romano, nato nel 1972) dirige il De Appel art center di Amsterdam.
Incarico arrivato dopo un’altra mansione di prestigio che l’Olanda gli aveva affidato: la curatela del Padiglione nazionale alla Biennale di Venezia.
Benedetti è un italiano color «orange»: ha lavorato dal Vleeshal di Middelburg, dove è stato direttore del 2008, alla Kusthalle di Mulhouse, dove ha avuto ruolo di curatore ospite.
Laureato in storia dell’arte a La Sapienza di Roma, nel 2005 ha fondato il Sound Art Museum, dedicato al suono nelle arti visive, Benedetti è anche docente alla Jan van Eyck Academy di Maastricht.
Chiara Parisi è il direttore del programma culturale del Monnaie di Parigi,una delle più antiche istituzioni francesi. Patrimonio dell’Unesco, assicura la produzione monetaria dell’euro francese, ma anche di monete da collezione, medaglie e decorazioni.
Per aprire al pubblico il tesoro la «Zecca» transalpina, la Francia ha chiamato proprio Parisi. Che ha un curriculum lungo così. Insegnante, curatrice di mostre (tra cui a Villa Medic il ciclo «La Folie de la Villa Mèdicis»).
Con Parisi, la Monnaie è diventato un museo a cielo aperto nel cuore del quartiere parigino di Saint Germain
Un altro italiano che piace agli olandesi. Si chiama Francesco Stocchi e ha spezzato la tradizione del Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam diventando il primo curatore dell’istituzione nella sezione di arte moderna e contemporanea occupandosi delle mostre in cui gli artisti non olandesi avranno una forte rilevanza.
Romano, del 1975 , giramondo dell’arte: Vienna, Roma, mostre, libri. Poi la chiamata prestigiosa dai tulipani.
Succede, negli Stati Uniti. Nel 1994, Paola Antonelli, architetto, sarda, genitori milanesi, è stata assunta come curatrice al Moma di New York, stella polare dell’arte moderna, rispondendo a un annuncio. Aveva 31 anni.
Dodici anni dopo – oggi ne ha 51 – è stata nominata Direttore della Ricerca e sviluppo. Art Reveiw, l’ha inserita nella lista delle cento persone più potenti del mondo dell’arte.
Per Time invece fa parte di un’èlite di cervelli visionari. Al Moma ha organizzato mostre che vanno dai videogiochi ai caratteri tipografici digitali
Dal Prado alla National Gallery di Londra. Un salto compiuto da un italiano con passaporto britannico, nato a Londra.
Si chiama Gabriele Finaldi e ha 50 anni. La sua nomina alla National Gallery – l’equivalente britannico di Uffizi e Louvre – ha ricevuto l’ok del premier Cameron. Finaldi ha studiato tra Londra, Napoli e a Piacenza.
Nel 1992 è stato nominato curatore della pittura italiana e spagnola, proprio alla National Gallery, dove è rimasto fino al 2002, quando è stato chiamato al Museo del Prado e dove è stato responsabile delle collezioni, dei progetti di ricerca, delle esposizioni e del restauro.
I media spagnoli ne hanno sempre parlato benissimo , come «l’uomo che ha reinventato il Prado».
Alessandro Fulloni e Federica Seneghini
(da “Il Corriere della Sera”)
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