Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
CRONISTORIA E RETROSCENA DI COME SI SONO INCARTATI SALVINI E LA MELONI… VOLEVANO UNA NUOVA DESTRA? SILVIO LA FA SENZA DI LORO
Due settimane fa eravamo tra i pochi a sostenere come sarebbe andata a finire la querelle del
centrodestra a Roma, raccogliendo battute ironiche e sorrisi di compatimento.
Oggi che i fatti ci hanno dato ragione, cerchiamo di andare oltre e di fornire un ulteriore approfondimento.
Facciamo una premessa: non siamo fans di nessuno dei candidati in campo, analizziamo sole le strategie.
Prima osservazione: la candidatura di Alfio Marchini era ostacolata da una sola persona, Giorgia Meloni. Se qualcuno non lo ricordasse, può andare a leggere le dichiarazioni di Salvini che era tutt’altro che sul negativo.
Se la Meloni non si fosse opposta, da tempo Marchini sarebbe il candidato del centrodestra a Roma.
E avevamo spiegato anche i motivi dell’avversione: il timore che Marchini, vincendo a Roma, diventasse leader del centrodestra nazionale, oscurando le sue ambizioni.
Seconda osservazione: Bertolaso non era il candidato migliore, lo abbiamo scritto; quando uno ha pendenze con la giustizia, a torto o a ragione, deve saltare un giro.
Ma mentre noi lo abbiamo detto subito, qualcun altro per giorni ci ha girato insieme per Roma, osannandolo e organizzando le gazebarie, salvo la sera stessa annunciare la propria candidatura (dopo averla rifiutata quando gli era stata offerta).
Un comportamento vergognoso, da parte di chiunque provenga.
Terza osservazione: se Parisi va bene a Milano, perchè mai Marchini non dovrebbe essere votabile a Roma?
E sentire parlare come motivazione, di una sua “vicinanza ai palazzari” da parte di chi riceve finanziamenti certificati dagli stessi o da un uomo vicino alla Trilateral fa sorridere.
Altro argomento: “Proviene da una famiglia comunista”, come se non esistessero emerite teste di cazzo che provengono da famiglie fasciste. Tesi debole.
Quarta osservazione: Meloni non è molto intelligente politicamente, altrimenti non starebbe con Salvini e avrebbe cercato di tracciare una “strada nuova” per la Destra italiana. E se lo stratega è Rampelli siamo a posto.
Solo un illuso poteva pensare, per come è stata condotta l’operazione “tradimento”, che avrebbe potuta andare a buon fine.
E “non scendere a patti” con Storace è stato un altro grossolono errore, prestando il fianco alle logiche accuse di volersi tenere stretto il tesoretto della Fondazione An. Non si aggrega usando arroganza, anche perchè per farlo bisognerebbe avere un carisma che Fini ad esempio aveva, ma la Meloni no.
Quinta osservazione: mai sottovalutare Berlusconi (Fini ne sa qualcosa).
Da quindici giorni Silvio aveva in tasca l’accordo con Marchini (noi lo abbiamo scritto), ma ha atteso l’ultimo giorno per colpire.
E se lo ha fatto è perchè ha in mano sondaggi rassicuranti.
Quando i “filoleghisti del tengo famiglia” (leggi Toti, Gelmini, ecc) facevano trapelare che “si sta per convergere sulla Meloni” perchè “non si può rompere con la Lega”, Silvio si faceva due risate (e noi con lui).
Prima ha bloccato per qualche giorno i “filoleghisti” confermando Bertolaso e poi ha colpito piazzando il colpo Marchini.
Per non parlare di quei pirla che si sono andati a offrire alla Meloni pensando che con Forza Italia avrebbero “perso la poltrona”.
In realtà quella poltrona non esisteva più da tempo e non sarà certo la lista di Fdi (che se va bene arriverà al 13%) a confermargliela.
Anzi, hanno fatto un favore a Silvio che così ha eliminato un po’ di zavorra e può assicurare il posto a chi è rimasto fedele. Geniali.
Sesta osservazione: tutti a scrivere che rompendo il centrodestra, anche nelle altre città dove si vota, Forza Italia rischia.
In realtà è l’opposto: se Berlusconi porta al ballottaggio i “suoi candidati” (Parisi a Milano, che potrebbe anche vincere, Lettieri a Napoli e Marchini a Roma) sarà lui il vincitore.
O qualcuno pensa che l’ex zecca rossa Borgonzoni portata da Salvini a Bologna o il povero notaio leghista a Torino abbiano qualche possibilità ?
O che Taglialatela (FdI) a Napoli con il suo 2% arrivi al ballottaggio?
Queste elezioni in realtà saranno la caporetto di Salvini, uno che a Roma se va bene prende il 3% e che ha scatenato tutto questo casino come se contasse qualcosa.
E ha indottrinato una sprovveduta kamikaze che si farà saltare in aria al posto suo.
Ultima osservazione: l’ottimo De Angelis su “Huffingtonpost” riporta una frase che sintetizza il pensiero di Berlusconi: “Chissefrega dei voti, vinciamo o perdiamo. L’importante è il segnale politico. Rompiamo con quei due e torniamo alle origini”.
Dopo tanti anni di appiattimento su una destra xenofoba, per la prima volta emerge una realtà in controtendenza.
Non è certo quella che è nei nostri desiderata ideali, ma in politica bisogna saper andare per gradi: ora l’obiettivo è ridimensionare il populismo razzista.
Poi ci sarà il tempo di costruire una destra moderna, ma solo dopo aver ribaltato il banco.
Vedremo se, dopo questo giro di carte, i giocatori sapranno ripristinare le regole o se sarà stato un bluff.
Noi restiamo della nostra idea: la prima formazione di destra che prenderà a gavettoni di letame i lepenosi partirà già con un 5% di consensi dei tanti elettori che ne hanno le scatole piene di soggetti da braccio carcerario.
Per ora accontentiamoci di chi usa gli idranti, è sempre un buon inizio per non sentire l’odore del liquame.
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Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
UN’ALLEANZA TRA MARCHINI, BERTOLASO E STORACE ARRIVEREBBE A SORPRESA AL BALLOTAGGIO… MARCHINI PESCHEREBBE ANCHE TRA I MODERATI DEL PD
L’ultimo sondaggio di Tecnè , la società presieduta da Carlo Buttaroni, ripreso da il Sussidiario, ha posto la potenziale candidatura di Alfio Marchini come espressione di un’allenza con Bertolaso.
Per questo è indicativa di una tendenza, essendo recentissima.
La Raggi è stabile intorno al 26%, Giachetti è al 21%, la Meloni non supera la soglia del 20%; Fassina al 7%
La somma di Marchini, Bertolaso e Storace è del 24%, con l’immagine di Marchini sempre più presa in considerazione dagli elettori.
Secondo il sondaggista, Marchini, rispetto agli avversari, ha un vantaggio: pescherebbe voti tra gli elettori moderati che fino a ieri si erano orientati verso il Pd renziano e non perderebbe alcun voto di Forza Italia.
Se un recente sondaggio di un altro istituto dava Marchini al 24% in caso di coalizione analoga e vincitore al ballottaggio persino con la Raggi, anche Tecnè è in linea con quella opinione.
Da qui si spiega il nervosismo non solo di Meloni e Salvini, ma degli stessi Raggi e Giachetti di fronte al colpo di scena odierno.
(da agenzia)
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Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
“BERLUSCONI E BERTOLASO VANNO RINGRAZIATI, HANNO RESO POSSIBILE UN’ALTERNATIVA NON POPULISTA ALLA SINISTRA”
Con il passo indietro di Bertolaso e l’appoggio di Forza Italia ad Alfio Marchini annunciato da Silvio
Berlusconi cambia completamente lo scenario delle elezioni amministrative a Roma, perchè a questo punto esiste un polo di centrodestra competitivo.
E’ questo il convincimento di Gianfranco Fini, ex leader di An ed ex Presidente della Camera.
Il “sacrificio” di Bertolaso e la scelta dell’ex premier sono state opportune?
“I due vanno ringraziati perchè ora è possibile nella Capitale un’alternativa non populista nè demagogica alla sinistra. Ed io sono certo che molti elettori che si riconoscevano in Alleanza Nazionale adesso voteranno per Marchini”.
Giorgia Meloni deve accantonare il sogno di diventare riferimento del centrodestra?
“Si rende possibile una alternativa alla sua demagogia e al suo populismo. Infatti Fratelli d’Italia è diventato una fotocopia sbiadita della Lega. E Matteo Salvini ha giocato al gatto col topo convincendo la Meloni a candidarsi, perchè non voleva davvero vincere a Roma, ma togliere a Berlusconi la leadership della coalizione a livello nazionale. Non per nulla Roma ha sempre avuto riflessi al di là delle consultazioni amministrative”.
Meloni è dunque caduta in una trappola
“Esattamente. L’ho già detto da Formigli. Giorgia non si è resa conto di cadere nella trappola del capo leghista. Poco interessava a Salvini di trionfare nella Capitale, lui si occupa più di Milano che di Roma. A Milano infatti ha accettato senza battere ciglio la candidatura di Parisi, che non è un esponente politico identitario, come ama dire lui. Mentre a Roma ha giocato tutta un’altra partita che aveva obiettivi di carattere nazionale”.
Mi pare di capire che Meloni non rappresenta quella destra che lei sognava quando ha fatto il grande strappo.
“Ho spiegato in più occasioni che quelli di Fratelli d’Italia non sono gli eredi di Alleanza Nazionale. Del resto raccolgono un terzo dei voti. A Roma in tanti mi dicevano di non sapere per chi votare, perchè molti elettori di destra non si riconoscono in Meloni. Sono moderati, esponenti di centrodestra. E i contenuti portati avanti da FdI rappresentano la fotocopia esatta di quelli della Lega”
Per esempio?
“Per esempio i temi della UE, dell’immigrazione che rischia di andare fuori controllo e dei diritti civili. La posizione di An era ben altra. Tanto che Rita Dalla Chiesa, in una manifestazione di An, non sarebbe stata fischiata e insultata”.
Cosa può fare adesso Francesco Storace?
“Storace — per come lo conosco — non credo si candiderà contro Marchini. Fin dall’inizio lui voleva trovare un minimo comune denominatore, un candidato valido con tali requisiti. Ora si comporterà come meglio crede e certamente non ha bisogno dei miei consigli. Ma se in politica c’è una logica, considererà positiva la semplificazione del quadro. Poi deciderà con i suoi sostenitori ed eventualmente con Marchini”.
Lei considera probabile un ballottaggio del Centrodestra con la Raggi del M5S o con Giachetti del Pd?
“Meglio attendere i risultati dei sondaggi, che già oggi presumibilmente verranno commissionati. La certezza è comunque, come dicevo, che il tentativo di Meloni di rappresentare la destra nella sua interezza adesso ha molte meno chance. La decisione di Berlusconi di confluire su Marchini, e — credo al 99 per cento — quella di Storace di fare altrettanto, determinano un quadro completamente diverso. Si crea una coalizione che in qualche modo può essere definita centrodestra ed un’altra di tipo radicale”.
Nella tornata elettorale il Pd risentirà del caso Campania e della questione morale che sta montando?
“E’ presumibile. Nessuno può avere la sfrontatezza di dire ora che la questione morale non riguarda — quasi a priori – un determinato partito. Temo comunque che la questione finirà per aumentare la disaffezione del cittadino nei confronti della politica. Anche se il Pd è il soggetto destinato a pagare il prezzo maggiore. In ogni caso fatti come quello campano danneggiano la credibilità di tutto un sistema e non solo del partito oggetto dell’indagine. Il che non vuol certo dire voler impedire l’indagine, non vorrei essere equivocato”.
Se per ipotesi si andasse al ballottaggio tra Giachetti e la Raggi cosa succederebbe, cosa farebbe il pianeta centrodestra?
“Credo poco probabile che il ballottaggio sarà quello, ma se così fosse la destra si frantumerebbe in tre: una parte non andrebbe a votare, un’altra voterebbe Raggi e un’altra Giachetti”.
Ignazio Dessì
(da Tiscalinews)
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Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
SALVINI (CON IL SUO 3%) E LA MASCOTTE MELONI ERANO ANDATI PER SUONARE E SONO STATI SUONATI… FINI: “TANTI ELETTORI DI AN VOTERANNO MARCHINI”
Il partito di Berlusconi spiega che l’obiettivo “è vincere a Roma e per vincere occorre una proposta unitaria delle forze moderate e liberali, con un forte spirito civico: una risposta fuori dalle logiche di partito e dagli interessi dei partiti. Per questo, con il dottor Guido Bertolaso abbiamo deciso di sostenere e fare nostra la candidatura dell’ingegner Alfio Marchini. Non possiamo permettere che i romani si trovino a scegliere fra la continuità della disastrosa gestione del Pd e l’avventurismo irresponsabile dei Cinque Stelle”.
Da qui la svolta di appoggiare Marchini, con il placet di Bertolaso.
Ma non è finita qua: anche Storace starebbe valutando se fare anche lui un passo indietro in favore del candidato sindaco civico. In queste ore l’ex governatore del Lazio Storace sta effettuando una serie di riunioni con i dirigenti del suo partito e potrebbe comunicare la sua decisione già in serata.
Soddisfatta la ministra della Salute Beatrice Lorenzin: “Esprimo grande apprezzamento per la decisione di Berlusconi di convergere su Marchini nelle elezioni che daranno un nuovo sindaco a Roma”.
Plaude anche Gianfranco Fini, ex leader di An ed ex Presidente della Camera: “Berlusconi e Bertolaso vanno ringraziati per aver reso possibile a Roma una alternativa alla sinistra che non sia nè populista nè demagogica. Sono certo che saranno tanti gli elettori che si riconoscevano in Alleanza Nazionale a votare per Marchini”.
Secondo Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato, “la scelta di Berlusconi su Roma è epocale, riapre una stagione di possibile convergenza tra i moderati italiani”.
Anche il presidente dei Senatori di Area popolare Ncd-Udc, Renato Schifani parla di “scelta strategica ed intelligente”.
“E’ stato Bertolaso ad annunciare a Berlusconi la sua intenzione di rinunciare alla candidatura per far vincere il centrodestra a Roma con Alfio Marchini – ha detto Antonio Tajani, di Forza Italia, ai microfoni di Radio Cusano Campus – L’abbiamo sempre detto che volevamo un protagonista della società civile e non un uomo di partito. Abbiamo scelto Marchini perchè non è un pupazzo nelle mani dei partiti così come non lo è Bertolaso”, ha aggiunto Tajani.
(da agenzie)
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Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
“RENZI AVREBBE DOVUTO GIA’ INTERVENIRE”
L’allarme di Antonio Bassolino è arrivato su Facebook: «Renzi intervenga sennò il Pd rischia di
finire in un burrone politico e morale».
L’ex sindaco e governatore della Campania, ministro nel governo D’Alema e storico dirigente del Pci, del Pds, dei Ds e del Pd, interviene con queste poche ma pesanti parole sullo scandalo che ha colpito il Pd dopo che il suo presidente regionale, Stefano Graziano, è stato indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
E prima di lui era toccato a Nello Mastursi, responsabile dell’organizzazione del Pd, indagato per corruzione di un giudice.
Bassolino, ma bastano due indagati per parlare di “burrone politico e morale”?
«Ovviamente non bastano, loro si difenderanno e io mi auguro che possano dimostrare la loro innocenza. Ma magari fossero solo questi gli episodi. Qui da noi, in molte zone del Mezzogiorno e anche in altre aree del Paese, al Centro e al Nord, il partito, anzi i partiti, non controllano più il territorio. Sono in balìa di forze esterne alla politica, che si infiltrano, a volte prima delle elezioni facendo votare questo o quel candidato in cambio di favori; a volte dopo, intervenendo su funzionari dell’amministrazione per aggiudicarsi gli appalti, per mettere le mani sulle risorse del territorio… Forse a Roma non si rendono conto di quanto grave sia la situazione. Forse al Centro vengono fornite notizie false, tranquillizzanti, ma non c’è proprio niente di cui stare tranquilli. Manca la percezione di quale sia la situazione reale».
E qual è la situazione reale?
«Nonostante i colpi inferti alla criminalità organizzata che non sono stati leggeri, siamo di fronte a una camorra che cambia, si ringiovanisce. Pensi solo a quei ragazzini che hanno sparato contro una caserma dei carabinieri a Secondigliano, il mondo alla rovescia. Oppure a quelli che nei quartieri di Soccavo e Traiano imparano a sparare mirando alle parabole sui tetti delle case, una sorta di poligono in città . Il traffico di droga da Scampia si è spostato in questi quartieri, dove dopo le otto di sera, per ordine della camorra, gli autobus non possono passare sul corso principale perchè bisogna lasciare gli spacciatori liberi di lavorare…».
Lei si rivolge direttamente a Renzi: ma cosa potrebbe o dovrebbe fare il premier e leader del Pd?
«Dovrebbe intervenire, anzi già avrebbe dovuto intervenire da molto tempo. Non può lasciare la situazione a marcire. Il Paese si riesce a smuoverlo solo se si lavora dall’alto e dal basso. Ma qui, qui in basso, c’è il deserto. Durante le primarie ho visitato enormi quartieri di 70, 80, 100 mila abitanti dove non esiste neanche una sezione del Pd e nemmeno del sindacato. Al massimo, e meno male, sedi di associazioni laiche o cattoliche che fanno quel lavoro che una volta facevamo noi».
Scusi, ma intervenire come, facendo cosa?
«Aprendo porte e finestre del Pd. Rinnovando un partito che ormai è una somma di correnti nazionali e di subcorrenti locali. Che lo espongono a infiltrazioni e pressioni di ogni tipo, anche criminali. Basti pensare che a giugno si vota e ci saranno migliaia di candidati, nei partiti e nelle liste civiche che spesso di civico hanno solo il nome. Ecco, senza un controllo ferreo rischiamo di far entrare nelle istituzioni locali persone molto pericolose. Addirittura il tesseramento è ormai in mano a forze organizzate: spesso non ci si iscrive al Pd ma a quella o quell’altra corrente. Naturalmente per avere poi qualcosa in cambio».
Lei alle primarie per il leader del Pd ha votato proprio per Matteo Renzi. Si è pentito?
«No, però… Penso che il segretario sia stato molto bravo nella prima fase, quella in cui ha preso in mano un partito che sembrava un pugile suonato, messo Ko. Lui l’ha risvegliato e ha mosso le acque. Ora quella fase è finita, ne deve aprire un’altra. Prima lo fa e meglio è per lui e per il Paese. E’ la fase del rinnovamento e del rafforzamento del governo e del partito».
Ha qualche consiglio da dargli in merito?
«Dico a Matteo di guardarsi bene intorno, di cercare le persone giuste, di non circondarsi solo di gente che gli dice sempre sì ma anche di chi gli dice che a volte sbaglia. Vedo che nel mio partito c’è poco pluralismo delle idee e molta disciplina di corrente. Andando avanti così rischiamo di perdere contatto con la realtà e di rinsecchirci in noi stessi».
Riccardo Barenghi
(da “La Stampa”)
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Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE INDAGATO HA RADDOPPIATO I CONSENSI IN ALCUNE ZONE
Si sono incontrati in occasioni pubbliche, ma anche privatamente. Si sono parlati frequentemente al telefono. E l’ultimo contatto risalirebbe addirittura a meno di un mese fa.
«Prova – è la tesi dell’accusa – che il politico continuava ad essere a disposizione del clan». Si concentra sul legame tra il presidente del Pd campano (che si è autosospeso) Stefano Graziano e l’imprenditore arrestato con l’accusa di essere affiliato ai Casalesi, Alessandro Zagaria, l’indagine della Procura di Napoli sugli appalti che sarebbero stati agevolati in cambio dei voti alle ultime Regionali.
Ed evidenzia anche il boom di consensi che l’esponente dem ha ottenuto proprio in quei Comuni controllati dai camorristi, sottolineando come in alcune aree siano addirittura raddoppiati rispetto alle precedenti elezioni.
Un dato che serve a dimostrare – questo l’obiettivo dei pubblici ministeri coordinati dall’aggiunto Giusepe Borrelli – la sua consapevolezza di avere a che fare con un esponente della criminalità organizzata e dunque la sussistenza del reato di concorso esterno in associazione mafiosa che gli è stato contestato.
Un imprenditore che in cambio dell’appoggio aveva chiesto e ottenuto un intervento «per lo spostamento della “appostazione di bilancio” dei fondi necessari a ristrutturare Palazzo Teti Maffuccini a Santa Maria Capua Vetere».
«Entrature negli enti pubblici»
Sono i pentiti a raccontare il ruolo di Zagaria specificando come «Alessandro è figlio di Ciccio Zagaria, gestore del ristorante Il Tempio di Casapesenne. Insieme ai fratelli erano vicini a Michele Zagaria e avevano la sua protezione con riferimento agli appalti e alle forniture presso gli istituti di istruzione».
Il collaboratore Antonio Pellegrino «racconta di aver appreso dal pentito Massimiliano Caterino di come Alessandro si fosse fatto strada nel settore degli appalti pubblici, in particolare mense scolastiche e bar, non solo grazie al fatto di avere il cognome Zagaria, ma soprattutto per godere anche del beneplacito dello stesso Michele Zagaria in forza del quale poteva introdursi all’interno dei Comuni e degli enti pubblici dove poi prendeva gli appalti; che non aveva bisogno di ricorrere ad ati intimidatori in quanto godeva di forte entrature negli enti pubblici grazie alla sua riconosciuta aderenza al clan».
La richiesta di appoggio
È dunque a lui che Graziano si rivolge quando si candida. E il fatto che avesse ben chiaro «lo spessore criminale di Alessandro Zagaria» è provato – secondo l’accusa – dal fatto che «avesse chiesto aiuto proprio a lui, preferendolo all’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Di Muro che invece avrebbe dovuto essere il suo naturale interlocutore». Il risultato effettivamente è soddisfacente.
L’analisi dei flussi non è terminata, ma si sa che in almeno tre Comuni dove i Casalesi governano – Casapesenna, Trentola Ducenta e Casal di Principe – Graziano ha ottenuto una valanga di consensi. In cambio, si sarebbe adoperato per favorire quell’appalto legato al palazzo per il quale l’accusa ritiene siano state versate tangenti. Una tesi che Di Muro – anche lui finito in carcere – ha negato categoricamente, specificando di non aver «mai saputo che Zagaria era collegato ai Casalesi» ed escludendo che tra quest’ultimo e Graziano «ci siano stati rapporti». Una difesa smentita – sottolineano i pm – dai filmati che documentano gli incontri e dalle conversazioni intercettate durante le quali «è proprio Zagaria a chiedere all’amico sindaco di sostenere Graziano».
Un impegno che il politico apprezza «visto che dopo le elezioni chiama direttamente Zagaria e si mostra riconoscente».
Le verifiche al Viminale
I magistrati dovranno adesso verificare anche l’iter seguito dalla pratica che sarebbe stata agevolata da Graziano.
E per farlo acquisiranno tutti gli atti custoditi al ministero dell’Interno, competente ad autorizzare il diverso utilizzo dello stanziamento previsto. Un provvedimento necessario per verificare che tipo di collaborazione Graziano abbia sollecitato e soprattutto se si trattava di una procedura legittima.
Restano e pesano le parole di Bassolino: «Prima l’ex responsabile dell’organizzazione accusato di corruzione di giudice, ora il presidente regionale. La giustizia faccia il suo corso, e si vedrà . Ma la politica ha i suoi doveri. Cos’altro deve ancora accadere? Renzi intervenga con determinazione, prima che il Pd precipiti in un burrone politico e morale»
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
FRATELLI DI TAGLIA E CODE DI PAGLIA
“Sono sinceramente soddisfatta che Guido Bertolaso abbia accettato di essere il candidato del
centro destra a Roma. Sono certa che grazie alla sua esperienza e capacità potrà essere il sindaco che farà uscire la capitale d’Italia dalla infinita emergenza nella quale è precipitata. Garantisco a Bertolaso l’appoggio deciso di Fratelli d’Italia e ai romani che sarò in prima fila nel battaglia che ci attende per riscattare la dignità e la bellezza di Roma. Proprio per questo intendo candidarmi come capolista nella lista di FdI-AN alle prossime elezioni romane”.
Scriveva questo su Facebook la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, lo scorso 12 febbraio, subito dopo l’annuncio dell’accordo nel centrodestra per la candidatura di Bertolaso.
Oggi quel post è stato fatto sparire.
Nella timeline della pagina Facebook della Meloni queste parole non ci sono più.
Si passa da un post del 10 febbraio su Carlo Conti a uno del 14 febbraio sul mare italiano svenduto ai francesi.
Un buco di ben quattro giorni.
Peccato che su Twitter non ci sia stata la stessa solerzia.
Lì, infatti, lo screenshot del post incriminato (la Meloni su Facebook ha una foto con il tricolore per avatar) è ancora presente.
Semplice distrazione o azione calcolata?
(da “il Liberale”)
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Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
COME AVEVAMO PREVISTO DA DUE SETTIMANE, ALL’ULTIMO CI SAREBBE STATA LA CONVERGENZA… LA RABBIA DEI LEPENOSI
Guido Bertolaso non è più il candidato a sindaco di Roma di Forza Italia.
Il partito di Silvio Berlusconi ha deciso di sostenere Alfio Marchini per il Campidoglio. E’ questo l’esito dell’incontro di questa notte a Palazzo Grazioli tra l’ex capo della Protezione Civile e il leader forzista.
“Con il dottor Guido Bertolaso abbiamo deciso di sostenere e fare nostra la candidatura dell’ingegner Alfio Marchini – ha fatto sapere Berlusconi – Non è una scelta nuova. Marchini era stato la nostra prima opzione, ed era caduta per i veti posti da un alleato della coalizione”.
In realtà l’operazione era stata decisa da tempo e, come avevamo annunciato, sarebbe stata ufficializzata solo l’ultimo giorno utile.
Forza Italia spiega che l’obiettivo “è vincere, per dare ai romani un governo della città all’altezza della capitale d’Italia. Abbiamo preso atto che per vincere occorre una proposta unitaria delle forze moderate e liberali, con un forte spirito civico: una risposta fuori dalle logiche di partito e dagli interessi dei partiti. Per questo, con il dottor Guido Bertolaso abbiamo deciso di sostenere e fare nostra la candidatura dell’ingegner Alfio Marchini”.
“Oggi – prosegue il partito di Berlusconi – la situazione di Roma è drammatica, e bisogna adottare delle soluzioni urgenti: per noi è insopportabile assistere allo stato di progressivo declino che sta conducendo Roma al collasso definitivo”.
L’appoggio a Marchini “non è una scelta nuova. Marchini era stato la nostra prima opzione, ed era caduta per i veti posti da un alleato della coalizione. Per questo avevamo chiesto a Guido Bertolaso il sacrificio di scendere in campo per unire il centro-destra, con il consenso di tutti. Non per colpa sua, nè per scelta nostra, quella che era nata come una soluzione unitaria oggi è diventata una candidatura divisiva. Non possiamo permettere che i romani si trovino a scegliere fra la continuità della disastrosa gestione del Pd e l’avventurismo irresponsabile dei Cinque Stelle”
Dunque, “con la stessa generosità e spirito di servizio con cui Guido Bertolaso aveva messo da parte progetti molto importanti per candidarsi a sindaco – afferma Forza Italia – oggi si è reso disponibile a ritirare la sua candidatura per convergere su quella nelle migliori condizioni per vincere. Per due volte, ha dimostrato grande responsabilità e amore per la città di Roma, che non dimenticheremo. D’altronde Roma e l’Italia avranno ancora bisogno di lui”.
(da agenzie)
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Aprile 28th, 2016 Riccardo Fucile
NON C’E’ SOLO IL CASO ROMA… A SALERNO E LATINA QUATTRO CANDIDATI…E A BOLZANO SONO ADDIRITTURA SEI
C’era una volta il centrodestra. 
Non esiste già più in gran parte dei 1367 comuni in cui si andrà al voto il 5 giugno. Per il big bang non bisognerà aspettare l’indomani delle amministrative.
Su 13 grandi capoluoghi in cui si eleggeranno sindaci e consigli – quelli più significativi con più di 100 mila abitanti – l’asse Berlusconi-Salvini-Meloni ha resistito alla rottura solo per dinamiche e accordi locali in cinque città .
Ovvero nel 38,5 per cento delle piazze. Nel resto addio: l’alleanza Forza Italia – Lega – Fratelli d’Italia è già un lontano ricordo.
Per non dire dei cinque grandi centri (Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna), in cui com’è noto l’accordo è stato raggiunto solo nel capoluogo lombardo sul nome di Stefano Parisi e la percentuale scende dunque al 20.
Ovunque, nel resto d’Italia, sul pennone sventolano gli stracci al posto dei vessilli della coalizione che fu.
Gli ultimi insulti di Salvini a Berlusconi sono di queste ore (“E’ un leader sotto ricatto”). Così, è un mezzo miracolo che l’alleanza abbia retto quanto meno a livello locale a Cagliari, pur dietro il civico (Piergiorgio Massidda, ex senatore forzista, sfiderà il sindaco uscente di centrosinistra Massima Zedda) a Trieste, Rimini, e Ravenna.
Altrove invece è il caos.
A cominciare da Bolzano, col record tutto altoatesino di sei candidati per lo più civici riconducibili in qualche modo all’area di centrodestra, col siluramento del candidato unitario che Michaela Biancofiore aveva cercato di imporre (l’avvocato Igor Janes) in quota Fi, con conseguente minaccia di abbandono del partito da parte della fedelissima berlusconiana.
E sarà quello di Bolzano appunto il primo test, dato che nella provincia autonoma si andrà al voto già l’8 maggio con ballottaggio il 22.
Non è da meno Latina, roccaforte della destra, dove a sfidarsi saranno ben quattro aspiranti sindaci di centrodestra: Nicola Calandrini col sostegno leghista, Alessandro Calvi per Fi, Gianni Chiarato di “Fare” e Marco Savastano per Casa Pound.
Più o meno la stessa corsa ad handicap va in scena a Salerno. Dove sono già scarse le possibilità di spuntarla sul candidato di centrosinistra nella città del potente governatore Vincenzo De Luca.
Fi schiera Roberto Celano ma Fratelli d’Italia rompe e candida il suo Antonio Iannone, ex vicepresidente della Provincia. Gaetano Quagliariello ha voluto mettere la sua bandiera con Gialuigi Cassandra (ex Fi ed ex Fdi) e così Mario Adinolfi, leader del “Popolo della famiglia”, schierando il suo omonimo Raffaele Adinolfi.
Ma ormai la battaglia tra Forza Italia e Lega, affiancata da Fdi, è campale, soprattutto al Nord.
L’ultimo strappo si è consumato a Novara. I berlusconiani si presentano con Davide Andreatta per strappare Palazzo Cabrino al centrosinistra? E Salvini prende le distanze e piazza Alessandro Canelli.
Del resto, in Piemonte l’andazzo è quello. Lo strappo si è consumato già da un pezzo nella ben più pesante Torino. “Osvaldo Napoli non è un candidato competitivo” ha sentenziato il capo leghista attaccando la scelta fatta da Berlusconi e puntando (col sostegno della Meloni) sul notaio Alberto Morano, tagliandosi fuori reciprocamente di fatto dalla corsa contro l’uscente Piero Fassino.
L’ordine dello strappo è invertito ma il risultato identico a Bologna.
Dopo la rottura definitiva su Roma, Forza Italia ha voltato le spalle all’aspirante sindaco leghista Lucia Borgonzoni, consigliera comunale uscente, supportata anche da Fdi, per virare sul capogruppo forzista in Regione Emilia-Romagna, Galeazzo Bignami.
Ma anche lì, la campagna per strappare il Comune al pd Virginio Merola si presenta proibitiva.
E poi Napoli, dove invece è stata Giorgia Meloni a consumare la sua vendetta ai danni del Cavaliere candidando Marcello Taglialatela (quotato di un misero 2%), il loro uomo di punta all’ombra del Vesuvio, proprio quando l’imprenditore Gianni Lettieri in quota forzista sembrava già designato quale candidato unitario.
Enzo Rivellini, schierato dall’Msi-Destra nazionale, completa il quadro del puzzle. Col sindaco uscente Luigi de Magistris che ringrazia.
Va così da Bolzano alla punta dello stivale, del resto.
Perfino nei centri più piccoli, sotto i centomila.
Ad esempio a Benevento, dove Forza Italia ha schierato il candidato-icona Clemente Mastella, gli altri si sono defilati rinunciando a presentare liste, pur di non sostenerlo. Vano anche l’ultimo tavolo unitario convocato da Altero Matteoli per trovare un minimo di intesa nazionale con gli sherpa di Lega e Fdi.
“E’ partita l’Opa ostile di Salvini e Meloni contro Berlusconi, al di là delle sceneggiate allestite dai due su Roma – attacca Marcello Fiori, responsabile Enti locali di Fi – Hanno voluto rompere, ma come la Le Pen in Francia, potranno pure conquistare qualche sporadica vittoria ma non governeranno mai, non vinceranno mai le politiche, senza di noi non esiste il centrodestra”.
E ad oggi il centrodestra non esiste già più.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
argomento: denuncia | Commenta »