Settembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
L’EX CAPO DI GABINETTO DELLA RAGGI: “DECISI DI NON FIRMARE LA DELIBERA SU ROMEO”
“La verità è che ero “scomoda”, avvertita come un corpo estraneo, come un nemico da abbattere”. Carla Raineri, magistrato di Corte d’Appello, da 6 giorni non è più capo di gabinetto di Virginia Raggi.
Ha sbattuto la porta dopo un duro confronto con la sindaca di Roma. Che ieri fatto il suo nome davanti alla commissione Ecomafie.
Lei dice che era scomoda, ma Raggi ieri ha detto che fu un colloquio con lei a rassicurarla sul fatto che il reato contestato all’assessora Muraro era “generico”.
“Da magistrato non comprendo il senso dell’espressione “reato generico”. Muraro venne da me a chiedere un parere sulla sua situazione”.
Cioè?
“Mi disse che aveva saputo di essere indagata e che voleva valutare l’opportunità di andare a parlare con il pm per caldeggiare l’archiviazione. Io la sconsigliai. Ricordo di averle detto subito: “A Milano queste cose non si fanno”. Quindi aggiunsi che si trattava di una mossa controproducente. Se dopo averla ascoltata il pm non avesse archiviato, questo avrebbe aggravato la sua posizione. Al colloquio era presente la sindaca”.
Riavvolgiamo il nastro: quando ha rassegnato le sue dimissioni?
“La sera del 31 agosto. Le ho fatte protocollare la mattina dopo. E finora non mi consta sia stata formalizzata la mia revoca. A meno che non si consideri un atto amministrativo un post su Facebook alle 4 del mattino
In quel post si fa riferimento a un parere dell’Autorità anticorruzione che considera illegittima la sua nomina.
“Se l’Anac si ritiene competente sulla materia ne prendo atto. Sono convinta dell’erroneità del parere ma non lo impugnerò. Non ho interesse a difendere il provvedimento di nomina”.
Si è parlato a lungo del suo stipendio da 193.000 euro.
“Non nego fosse elevato. Ma in linea con quanto percepivo da magistrato. In ogni caso, l’ultimo mio atto in Campidoglio contiene la rinuncia a ogni compenso per l’attività svolta dal 22 luglio al 31 agosto. Piuttosto, sa da chi venne determinato il mio stipendio?”.
Da chi?
“Da Salvatore Romeo, capo della segreteria della sindaca. Fu lui a comunicarmi l’emolumento deciso”.
Lo stesso Romeo con il quale si è più volte scontrata in queste settimane?
“La delibera sulla sua nomina non ha il mio visto. E neppure quello di Laura Benente, dirigente capitolina delle Risorse umane. Hanno atteso che andasse in ferie per raccogliere il compiacente visto di un altro dirigente molto legato a Raffaele Marra (vicecapo di gabinetto, ndr). Quel diniego è costato il posto alla Benente, rispedita a Torino senza neanche il preavviso di 8 giorni che si dà ai domestici”.
Per lei la nomina di Romeo non andava bene, perchè?
“Non per il suo stipendio triplicato ma per la procedura in sè: Romeo era già dipendente del Campidoglio e non poteva essere posto in aspettativa e contemporanemente riassunto dallo stesso ente”.
Con Raggi ne ha parlato?
“In un duro confronto, il 25 agosto, le dissi che me ne sarei andata se le cose non fossero cambiate. Per me, la presenza dell’ex assessore al Bilancio Marcello Minenna era la migliore garanzia della serietà delle intenzioni dei neo-eletti. Ma non si può restare in un luogo di lavoro dove si è avvertiti come una minaccia. Invitai la Raggi a riflettere. Le professionalità in campo non avrebbero avuto problemi nel bypassare personaggi del tutto mediocri: di fatto, però, il duo Marra-Romeo ha continuato a gestire il Campidoglio forte della protezione della Raggi e nell’indifferenza degli altri”.
Anche dei vertici del M5s?
“Loro hanno deciso di non intervenire. O, peggio, non ci sono riusciti”.
Com’era il suo rapporto con Marra?
“Nei mie 45 giorni in Comune non ho avuto mai il piacere di condividere con lui alcuna decisione. Riferiva direttamente al sindaco”.
Ora la sindaca dice di essere vittima dei poteri forti.
“Mi sembra una affermazione ridicola. Se fossimo davvero così forti, non ce ne saremmo semplicemente andati”.
(da La Repubblica”)
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Settembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
M5S SENZA UNO STRACCIO DI CLASSE DIRIGENTE… ARRIDATECI LA CASALINGA DI VOGHERA
La cosa grave non è tanto che la sindaca Raggi abbia nominato assessore al Bilancio un ex magistrato
economico che dice «sprid» invece di spread e «down ground» invece di downgrade.
E non è neanche che i conti depressi della Capitale siano finiti nelle mani di un signore che chiese, inascoltato, 351 miliardi di euro alle agenzie di rating per avere complottato contro Berlusconi e che ha dato alle stampe un saggio, ingiustamente passato sotto silenzio, dal titolo «Giulio Andreotti, Paolo Conte e Tinto Brass».
Non è neppure che questo portento, il dottor De Dominicis, le sia stato segnalato dall’avvocato Sammarco, socio del berlusconiano di estrema destra Cesare Previti.
Nè che la Raggi, in campagna elettorale, si sia dimenticata di avere fatto pratica nel loro studio per poi minimizzare quella frequentazione imbarazzante riducendola a fugace struscio (a giudicare dalle ultime mosse, non così fugace).
La cosa grave è che la sindaca dei Cinquestelle sia salita al Campidoglio senza uno straccio di classe dirigente, mentre il principale scopo di un movimento politico dovrebbe essere quello di selezionare le personalità da inserire nelle istituzioni.
Così la Raggi ha dovuto affidarsi al bricolage, mettendo insieme pezzi della destra romana e figure discusse come quell’assessora all’Ambiente che ha tenuto nascosto per mesi un avviso di garanzia.
Ricordate quando Grillo arringava i grulli profetando che in una politica liberata dall’infame presenza dei partiti avrebbe fatto gestire i bilanci dalle casalinghe di Voghera?
Evidentemente le casalinghe sono finite.
O non sono mai cominciate.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Settembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
DI MAIO: “TENUTI ALL’OSCURO”… LA SINDACO CAMBIA VERSIONE: “AVVISAI TAVERNA”
Il direttorio sapeva oppure no?
Un secondo dopo aver ascoltato Virginia Raggi ammettere che era a conoscenza delle indagini su Paola Muraro, questa è l’unica domanda che tutti si fanno.
A porla in commissione è Andrea Augello. Ha informato i vertici del M5S? «Sì certo» è la risposta che dà la sindaca.
Pochi minuti prima era filtrata invece la versione del direttorio: «Non sapevamo nulla». Muraro e Raggi sapevano, ma non avrebbero detto nulla.
Beppe Grillo, Davide Casaleggio, Luigi Di Maio, il minidirettorio romano guidato da Paola Taverna: tutti erano all’oscuro. Ma la sindaca dice il contrario. Chi ha ragione? Qualcuno mente.
Di certo stona l’ulteriore versione che a tarda serata offre la sindaca durante la parte secretata dell’audizione quando ammette: «Non ho informato Grillo nè Di Maio, ma solo Taverna e Vignaroli del minidirettorio».
Il sospetto tra i deputati e i senatori della commissione è di trovarsi di fronte a una ricostruzione corretta dovuta alle ire del direttorio, tra la prima parte in streaming dei colloqui e la seconda a telecamere spente.
Fonti dello staff pentastellato alla Camera confermano «il senso di stupore» in cui sono sprofondati i membri del direttorio.
Di Maio ha chiesto conferma se qualcuno fosse stato perlomeno preallertato. Grillo ha fatto lo stesso, al telefono: «Chi sapeva?» ha domandato.
«Nessuno di noi Beppe — gli è stato risposto da un membro del direttorio». In realtà tra Di Maio, Alessandro Di Battista — gli unici fino a ieri a difendere Raggi — Carla Ruocco e Roberto Fico, che invece con il loro silenzio ne hanno preso teatralmente le distanze, l’ammissione della sindaca sembra essere piombata all’improvviso.
E non è stato certo piacevole.
Ruocco, già furiosa per le dimissioni di Marcello Minenna, non si tiene e questa volta twitta di suo pugno. «Preciso di non conoscere la dott.sa Muraro e che apprendo da fonti giornalistiche le sue vicende giudiziarie».
Di Maio, pragmatico come al solito, vuole invece valutare attentamente la situazione. Capire da Raggi quale sarà la sua difesa questa volta e quali i contraccolpi. Anche perchè non solo avrebbe nascosto la verità , ma li smentisce.
«Non può venirci contro così» è la reazione nel direttorio mentre d’accordo con lo staff si pensa a cosa dire: «Sui giornali già si diceva delle indagini. Ma non sapevamo della richiesta del 335».
Così il direttorio prova a fare fronte comune: non sapevano che Muraro aveva chiesto la certificazione dell’avvenuta iscrizione sul registro degli indagati.
«Ora Virginia dovrà chiarire» concordano Grillo, Di Maio e Ruocco. Carlo Sibilia, il membro del direttorio solitamente più defilato, è l’unico a rilasciare dichiarazioni alle agenzie: «Personalmente non ne sapevo nulla. Ma da quanto ho capito non c’è stato un avviso di garanzia».
I vertici del M5S hanno ben chiaro che la situazione a Roma è a un passo dall’essere drammatica. E quanto ha fatto Raggi potrebbe avere conseguenze imprevedibili nell’ascesa verso Palazzo Chigi di Di Maio.
Perchè un conto doveva essere gestire solo il caso di un’assessora indagata, Un altro sentirsi estromessi dalla verità dalla sindaca 5 Stelle di Roma.
Lo stesso sentimento che provano gli assessori, come Paolo Berdini, all’Urbanistica e a un passo dall’addio. «Io l’ho saputo dai giornali» ammette Adriano Meloni, allo Sviluppo economico.
Anche con i 29 consiglieri pentastellati, riuniti a pochi passi dal Campidoglio, il sindaco non ne ha mai parlato. C’è chi cerca di minimizzare la poca trasparenza come Enrico Stefano «Un vecchio adagio dice: Non si può dire tutto a tutti. Avranno avuto i loro buoni motivi per tenerci all’oscuro».
E c’è invece chi quei buoni motivi vuole capirli: «Non ci ha mai detto nulla, ma con Virginia parleremo – assicura Alisia Marani – Non so invece se confermeremo la fiducia a Muraro».
(da “La Stampa”)
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Settembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
L’ATTEGGIAMENTO ELUSIVO E ARROGANTE DELLA RAGGI E DELLA MURARO SONO L’ANTITESI DELL’ONESTA’ E DELLA TRASPARENZA
Non ci si può credere. Magari alla fine si scoprirà che non si tratta del più grave caso di corruzione
che un assessore abbia dovuto affrontare, ma di sicuro è il più sorprendente.
Dunque, abbiamo appreso nel corso di una audizione della Commissione sulle Ecomafie che Paola Muraro, assessore all’Ambiente, uno dei settori chiave che gestisce anche i rifiuti, è indagata dal 21 aprile 2016.
Abbiamo ulteriormente appreso che lei ne era a conoscenza fin dal 18 luglio. 11 giorni dopo l’insediamento della Giunta Capitolina.
Abbiamo poi appreso che anche la Sindaca Virginia Raggi ne era stata informata il giorno successivo, il 19 luglio.
Cioè la massima autorità del Campidoglio e un assessore capitolino sapevano di questa indagine e non hanno detto nulla. Anzi, hanno continuato in questi mesi a negare.
A dare la colpa a complotti, a poteri forti, ai giornalisti. Invece stavano semplicemente mentendo.
Mentire è stata una scelta frutto di incompetenza, di superficialità , o di vera e propria malizia? E’ stata fatta in buona o cattiva fede? O magari è il risultato finale di un errato calcolo politico nella sempre più aspra guerra interna?
Le prime risposte date dalle due durante la audizione in Commissione fanno trapelare un intreccio di tutti questi motivi. A fronte delle rivelazioni, infatti, sia la Raggi che la Muraro si sono distinte per un atteggiamento sia elusivo che arrogante.
Intanto non c’è stata da parte loro nessuna operazione “verità ” – la informazione è stata data in apertura dei lavori dal Presidente della Commissione Alessandro Bratti che ha comunicato di aver “inoltrato alla Procura di Roma una richiesta formale per conoscere se Paola Muraro sia persona sottoposta ad indagini. La procura ci ha risposto che si procede nei suoi confronti per il seguente reato: art. 256 comma 4, legge 152/2006. Muraro è stata iscritta nel registro degli indagati il 21/4/2016. Non sussiste segreto investigativo visto che il 18/7/2016 è stato rilasciato a Muraro il certificato attestante l’iscrizione e che la stessa ha nominato difensore l’avvocato Salvatore Sciullo”.
Solo dopo esser stata “smascherata” la Muraro ha ammesso, e la Sindaca ha a sua volta detto di essere stata anche lei informata da tempo, ma solo dopo esser stata “pressata da domande”.
Entrambe per altro hanno continuato a difendere la menzogna: si sapevo, ha detto la Sindaca, “ma si trattava di una contestazione generica e non c’è ancora alcun avviso di garanzia e soprattutto abbiamo fatto questa valutazione in una riunione dove era presente anche l’ex capo di gabinetto che ci ha confortato dicendoci che era tutto troppo generico per sapere di cosa si stava parlando”.
Con una involontaria (almeno così speriamo) gaffe Virginia Raggi ha anche fatto sapere di non aver letto i documenti che le portò l’assessore: “Muraro mi portò un pacco di documenti, ma non mi sono messa a leggere chili di carta, quello no”.
La Muraro a sua volta si è rifugiata in giustificazioni persino divertenti: “I giornalisti mi hanno sempre chiesto se avevo ricevuto un avviso di garanzia e io non l’ho mai avuto”.
Da queste parole non sembra proprio che le due siano consapevoli delle gravità della loro scelta di tacere.
E questa inconsapevolezza è forse l’elemento più sorprendente, quello che autorizza più domande.
Com’è possibile che la Sindaca e il suo assessore non abbiano capito che per una forza politica, come i pentastellati, che alla radice della sua fondazione (e del favore popolare di cui gode) ha due parole, “onestà ” e “trasparenza”, la menzogna è la peggior violazione dell’etica che il loro movimento vuole ricostruire, è il tradimento delle migliaia di cittadini che li hanno votati proprio in nome della loro onestà ?
E a chi altro hanno mentito? Al Direttorio? Ai propri consiglieri nella Giunta? A Di Battista? Di Maio, Grillo?
Quella delle due signore del Campidoglio è a tutti gli effetti una mossa di autodistruzione.
Che rischia di trascinare la reputazione di tutto il Movimento, e di vanificare la spinta ideale di chi questo Movimento l’ha votato.
Lucia Annunziata
(da “Huffingtonpost“)
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