Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
DODICI ADDII DI PESO, TANTO CAOS SULLE NOMINE E POCHI PROVVEDIMENTI
Sei mesi, poco meno di duecento giorni, vissuti ad altissima tensione.
Sembra di trovarsi sulle montagne russe e invece si è in Campidoglio ai tempi di Virginia Raggi, dove per esempio in un solo giorno si sono registrate anche cinque dimissioni di peso.
Tanto caos che ha gettato la Giunta capitolina in un pantano da cui il sindaco prova a uscire ma con grande difficoltà .
In rari casi il sindaco è entrato in contatto con la città , a parte alcuni blitz con l’allora assessore Paola Muraro per verificare, di persona, pulizia e decoro, e in particolare il corretto smaltimento dei rifiuti.
Al di là di queste apparizioni popolari, il primo semestre del Movimento 5 Stelle alla guida di Roma sarà ricordato più per le nomine firmate con relative marce indietro, che per i provvedimenti messi a punto dalla Giunta capitolina, che segnano in pratica un nulla di fatto e una svolta ancora molto lontana rispetto agli annunci sbandierati in campagna elettorale.
Come primo atto Virginia Raggi sceglie di avere Daniele Frongia capo di Gabinetto, tuttavia vengono subito sollevati dubbi di compatibilità con la legge Severino essendo stato consigliere comunale nella precedente amministrazione.
Dubbi che vengono successivamente fugati ma Raggi intanto ha deciso di averlo al suo fianco come vicesindaco e gli viene revocato l’incarico.
Al suo posto arriva Carla Raineri, giudice della Corte di Appello di Milano.
Si dimetterà a seguito di un parere dell’anticorruzione che contesta un errore nel tipo di contratto scelto dal Campidoglio per inquadrare il suo ruolo. In pratica la retribuzione concordata era troppo alta.
“Lo stipendio non c’entra — spiega il magistrato – pensavo di dover garantire la legalità , ma la verità è un’altra”.
A seguire, nello stesso giorno, arrivano le dimissioni del super-assessore al Bilancio, Marcello Minenna, dirigente della Consob. Per lui erano venute meno le condizioni politiche per continuare in assenza del magistrato a capo di Gabinetto, con cui lavorava in tandem.
Poche ore dopo si registrano le dimissioni del direttore generale e dell’amministratore unico di Atac Marco Rettighieri e Armando Brandolese, e dell’amministratore unico di Ama, l’azienda rifiuti, Alessandro Solidoro.
All’inizio dell’amministrazione targata 5Stelle, Raffaele Marra viene nominato vice capo di Gabinetto vicario. Si scatena una polemica interna al Movimento: il dirigente comunale in passato ha avuto ruoli apicali sia con la giunta comunale di Gianni Alemanno che con quella regionale di Renata Polverini.
Viene considerato uno del “Raggio Magico”, cioè un uomo che influenza le scelte del sindaco, così viene descritto dalla stessa Raineri.
Adesso Marra si trova in carcere per corruzione, avrebbe ricevuto una tangente nel 2013 dall’immobiliarista Sergio Scarpellini quando era a capo del dipartimento per le Politiche abitative.
Prima però che scoppiasse lo scandalo giudiziario, Marra era stato trasferito, in seguito sempre alle polemiche all’interno del Movimento, a capo del personale ed è finito sotto accusa per la promozione del fratello Renato a capo del dipartimento Turismo
Tornando all’assessorato al Bilancio, la sostituzione è complicata.
La sindaca nomina Raffaele De Dominicis, ex procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio. Dura in carica due giorni: si scopre che è indagato per abuso d’ufficio e quindi Raggi ne revoca l’incarico.
Al suo posto arriverà Andrea Mazzillo, ex Pd e anche lui finito nel mirino degli ortodossi. Mentre Massimo Colomban, uomo di Davide Casaleggio imposto dai vertici per sanare una situazione allo sbando, va alle Partecipate.
Tra veti e scontri all’interno del Movimento dove l’ala ortodossa, compreso Beppe Grillo, ha chiesto al sindaco di azzerare il ‘Raggio Magico’, formato in particolare da Raffaele Marra e Salvatore Romeo, arriva su quest’ultimo il parere dell’anticorruzione: lo stipendio è troppo alto.
Con una delibera ad hoc viene ridimensionato da 120mila a 93mila euro.
E poi ancora nella notte tra lunedì 12 e martedì 13 dicembre l’assessore all’Ambiente Paola Muraro, difesa anche lei dalla sindaca contro tutto e tutti, rassegna le dimissioni dopo aver ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti. Sotto la lente di ingrandimento della Procura ci sono i rapporti tra l’allora consulente di Ama e il duo Fiscon-Panzironi travolti nell’inchiesta di Mafia Capitale.
In tutto questo marasma inizia a scricchiolare la poltrona di Paolo Berdini, assessore all’Urbanistica entrato in rotta di collisione con la maggioranza.
Come se non bastasse il 15 dicembre la Guardia di Finanza entra in Campidoglio e acquisisce una serie di atti e documenti relativi alle nomine di dirigenti dell’amministrazione Raggi.
Il blitz degli investigatori è legato all’inchiesta della Procura di Roma che procede contro ignoti per verificare la regolarità delle nomine dei dirigenti Raffaele Marra, Carla Raineri, Salvatore Romeo decise dal sindaco Raggi.
Il giorno dopo Marra viene arrestato con l’accusa di aver intascato una tangente nel 2013 quando in Campidoglio era a capo del dipartimento per le politiche abitative.
Da questo momento in poi Grillo “minaccia” Raggi di toglierle il simbolo del Movimento 5 Stelle.
Il sindaco si arrende e rinuncia, dopo tante pressioni, al suo ‘Raggio magico’. Daniele Frongia si dimette da vice sindaco e al suo posto arriva l’assessore Luca Bergamo. Anche Salvatore Romeo è costretto a lasciare la segretaria.
Andando invece agli atti rivendicati in questi mesi dal comune Roma vi è in particolare lo sblocco del salario accessorio, garantendo circa 300 euro in più in busta paga ai dipendenti comunali.
Poi ancora la lotta all’abusivismo. La sindaca ha chiesto infatti al Comandante della Polizia Locale di intensificare il contrasto ai parcheggiatori abusivi. L’amministrazione ha chiesto anche un aumento della videosorveglianza e della presenza dei vigili sul territorio nell’ambito del ‘piano sicurezza’ della Capitale. Ancora da Palazzo Senatorio sottolineano che entro settembre 2017 sarà aperta la stazione della metro San Giovanni come proseguimento della linea C1, tuttavia si tratta di un progetto già approvato dalla vecchia amministrazione.
Invece l’attuale Giunta capitolina ha bloccato la prosecuzione.
Infine il trasporto pubblico: sono stati presentati i primi 25 bus consegnati ad Atac, su un totale di 150 che andranno a rinnovare la flotta dell’azienda dei trasporti romana. Da menzionare infine il tormentato No alle Olimpiadi annunciato dal sindaco.
Fino a questo momento, ogni giorno la Giunta guidata da Virginia Raggi, eletta con il 67% dei voti dei romani, ha dovuto affrontare un guaio.
Ora però si teme quello più pericoloso. Cioè che il sindaco possa essere raggiunta da un avviso di garanzia dopo che l’Autorità anticorruzione ha dichiarato illegittima la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, a capo del dipartimento del Turismo a causa di un presunto conflitto di interessi di cui Raggi era a conoscenza.
I vertici pentastellati ragionano già su come affrontare la nuova grana.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
I PRIMI SEI MESI DI GOVERNO DI APPENDINO A TORINO…LA DELUSIONE DELLE PERIFERIE, MIRAFIORI E VALLETTE SI ALLONTANANO DAL M5S… LA APPENDINO PIU’ VICINA AI POTERI FORTI DELLA CITTA’ CHE AL POPOLO DEI QUARTIERI DEGRADATI
Il 23 dicembre 2016 sono stati sei mesi esatti. Vincitrice al ballottaggio del 19 giugno a Torino, Chiara
Appendino si è insediata al Comune qualche giorno dopo.
I suoi sostenitori, ancora molti in città , vedono una netta discontinuità con l’amministrazione di Piero Fassino, specie su urbanistica e mobilità .
I suoi detrattori ironizzano sugli interventi “agopuntura” agitati in campagna elettorale come metodo salvifico per migliorare il tessuto urbano e parlano di “decrescita infelice”.
Chiara Appendino è però diventato presto il volto del Movimento 5 Stelle che funziona, spesso accostato come esempio positivo in raffronto alle mille difficoltà e ai passi falsi di Virginia Raggi a Roma.
Chiara Appendino sindaco. Donna, giovane, madre da pochi mesi (con qualche concessione ad una accorta emozionalità in campagna elettorale, fece scalpore il caso della “Lettera a mia figlia”), alto borghese per estrazione sociale e di buoni studi, Appendino costituiva per il mondo M5S la rappresentazione plastica della rottura degli schemi della politica narrata e per la stampa, indiscutibilmente, una notizia. Amplificata per altro dalla situazione specchio di Roma: anche lì una giovane donna, Virginia Raggi, anche lì una vittoria la cui narrazione si basava sul cambiamo tutto e subito.
E al “cambiamo tutto” si è in effetti ispirato il programma elettorale con cui Appendino ha convinto i torinesi.
Illuminante su questo la distribuzione del voto del ballottaggio: premiante alle estremità del territorio cittadino, cioè nelle aree più periferiche dove era stata vincente la promessa di intervenire, con punte di plebiscito nelle circoscrizioni 5 e 6, cioè Le Vallette e Barriera di Milano, tradizionalmente aree di occupazione operaia, di immigrazione, di maggiore difficoltà , e da sempre a sinistra.
A Torino ha vinto il disincanto rispetto alla capacità della sinistra storica di intervenire su problemi concreti e la convinzione che una forza alternativa potesse riuscirci.
In sintesi estrema: la promessa efficace era stata quella di creare opportunità per le zone più povere, di intervenire sulle aree degradate, di migliorare la qualità di vita. Come?
La nuova urbanistica alla prova dei fatti. E’ spiegato chiaramente nel programma elettorale, da cui è opportuno ripartire.
“Occorre un cambio di rotta radicale nell’approccio all’urbanistica che veda nelle riqualificazioni non un metodo per drenare risorse a scapito del territorio, com’è avvenuto ad esempio con la costruzione di nuovi edifici in particolare superfici destinate alla grande distribuzione. Restano da riqualificare circa 4 milioni di mq che possono costituire un esempio di buone pratiche per le quali l’urbanistica deve costituire l’occasione di riqualificare le periferie, usare i trasporti come veicolo di sviluppo.”.
Il ragionamento partiva da qui: attraverso l’urbanistica si disegna la qualità di vita. Ridurre il consumo di suolo pubblico, limitare o bloccare i centri commerciali, lavorare per una città policentrica (per la verità un concetto non nuovo) diceva allora Guido Montanari, attuale vice sindaco della Città e urbanista.
Alla verifica dei fatti sembra che la linea dell’amministrazione sia cambiata.
Il 3 novembre 2016 la giunta Appendino ha approvato una variante al Piano regolatore, riguardante le aree comprese tra corso Romania e strada delle Cascinette, nell’estrema periferia nord della città , per consentire la creazione di un parco commerciale per circa 70.000 metri quadri, il 29 novembre ha concesso la conversione di un fabbricato per la società LIDL nell’area di corso Traiano autorizzando un nuovo centro commerciale, anche questo in area periferica, suscitando perplessità rispetto alle linee programmatiche e insieme il plauso della Coop per la decisione “di non bloccare, a differenza di quanto promesso in campagna elettorale, la nascita del nuovo centro congressi e centro commerciale Esselunga sull’area ex Westinghouse.
Questione spinosa due volte: se infatti da questa operazione sono derivati circa 19.000.000 di euro utili all’assestamento di bilancio è pur vero che in campagna elettorale e nei cinque anni precedenti la consigliera comunale Appendino si era detta contraria al progetto.
Inoltre per la prima volta dopo molti anni si è autorizzato l’uso degli oneri derivanti dai permessi di costruire per finanziare le spese correnti, in altre parole consumo di suolo per finanziare la spesa ordinaria del Comune.
Scelte difficili e in controtendenza, motivate dall’esigenza superiore di far quadrare i conti?
I conti quadrano. Parrebbe così, basandosi sul fatto che una delle prime azioni della giunta sia stata quella di chiedere un audit sui conti della Città , nel timore di un possibile “disallineamento” , o “buco” lasciato dai predecessori.
Molto si è detto e letto infatti, intorno alla cifra, più volte variata, che mancherebbe per far quadrare il bilancio.
Cosa dicono i numeri? Dai dati ufficiali contenuti nella delibera di assestamento non si trova traccia degli svariati milioni di euro (ora 45, ora 70) che mancherebbero al bilancio.
Si legge chiaramente di 8.851.212,43 euro mancanti che sarebbero frutto di previsioni che non si realizzano, una cifra che corrisponde circa a quella chiesta da Appendino alla partecipata Smat e poi non ottenuta per mancanza di accordo tra i soci.
E guardando la versione completa dell’audit sui conti del Comune, arrivato da alcuni giorni sebbene ancora non reso pubblico sul sito, si legge che è stata reperita documentazione amministrativo-contabile idonea a giustificare la quasi totalità delle differenze relative ai rapporti di debito e di credito fra la Città e le società partecipate oggetto di esame”.
In altre parole, l’audit certificherebbe che tutte le spese hanno avuto copertura e che la situazione pregressa dei conti del Comune era sostanzialmente sana quando è stata ereditata dalla nuova amministrazione, come accertano anche i rapporti di StandardPoor e di Fitch .
Incertezze della linea politica? Evidenza della complessità della situazione reale, sempre diversa dalla narrazione elettorale?
Impossibile per ora andare più a fondo, sebbene siano evidenti le discrepanze, e in attesa che la Procura —cui Appendino ha consegnato i documenti -pronunci una parola definitiva.
E sulle periferie la Chiesa è delusa. L’ultimo atto conosciuto è quello della presentazione del piano periferie predisposto dalla giunta precedente, sostenuto da fondi del governo Renzi, che la giunta attuale ha mandato avanti ed è ora in itinere presso il Ministero.
Sembra tuttavia interrotto l’idillio con l’arcivescovo Nosiglia se questi afferma, sulle colonne de La Stampa, il 14 dicembre, “dalle elezioni solo promesse” e se si vuole considerare un elemento validante il voto dei giovani e giovanissimi che sono stati la vera sorpresa dell’ultima consultazione elettorale. Non è solo sulle periferie però, che Torino per ora non registra iniziative particolari.
Passi falsi sui grandi eventi.
È sul fronte dell’organizzazione di eventi che il malumore popolare ha dato segno di sè, con la soppressione di alcune grandi iniziative culturali già previste e annullate. Valga come esempio la mostra di Manet, annullata, o l’assetto di due significative realtà culturali cittadine come la Fondazione Musei e il Museo del Cinema, attualmente decapitate della dirigenza e in attesa di nuovo assetto e nuove indicazioni di lavoro.
Nemmeno il Natale sembra rasserenare l’atmosfera subalpina; le tradizionali manifestazioni de “Il Natale coi fiocchi” sono incappate infatti in un bando che sta facendo discutere.
L’Associazione Cat, vincitrice del bando per l’organizzazione -secondo le affermazioni del Senatore Stefano Esposito che ha presentato in merito un esposto in Procura- sembrerebbe non avere un profilo adeguato alle necessità organizzative e avrebbe proceduto all’affitto di spazi non autorizzati per il montaggio delle tradizionali bancarelle.
Chiara Appendino e il “Sistema Torino”.
«A Torino è semplice: da una parte c’è il sistema, dall’altra ci siamo noi».
Così parlava, a febbraio 2017 l’allora Consigliera Comunale Appendino, non facendo mistero del suo pensiero: a Torino, sosteneva, esiste un “sistema”, un circolo chiuso, che comprende le stesse persone da vent’anni e rappresenta un serbatoio di competenze e ruoli che non trova ricambio.
Cambiare aria, volti, competenze erano tra gli impegni di programma.
Appendino, figlia e moglie di imprenditori — è la figlia di Domenico Appendino, vice presidente esecutivo di Prima Industrie, di cui è Presidente Gianfranco Carbonato ed è moglie di Marco Lavatelli, manager nel settore dell’oggettistica e dell’arredo- non ha mai fatto mistero di provenire da un ambiente che aveva in sè le competenze e i ruoli per cambiare.
In questo senso andava letta la sua prima dichiarazione, durante la prima conferenza stampa da sindaco: sarebbe bene che Profumo , Presidente della Compagnia di San Paolo- facesse un passo indietro. Sembrò l’annuncio del temporale, l’establisment era avvisato.
A quella richiesta seguì evidentemente una pace: il Presidente è rimasto al suo posto e la Compagnia di San Paolo seguita a finanziare largamente le attività della Città di Torino.
E’ anzi notizia di pochi giorni fa che proprio alla Compagnia la Sindaca abbia chiesto aiuto per sgomberare le palazzine dell’ex villaggio olimpico, oggi occupate da circa un migliaio di profughi.
La Compagnia si è detta disponibile, ma Profumo ha chiesto di vedere un progetto che la Città sta mettendo a punto e consegnerà entro Natale.
E, sempre da Compagnia di San Paolo, per altro, proviene Sonia Schellino, assessore al Welfare di Appendino.
Apparentemente una contraddizione, così come la scelta di Stefania Giannuzzi, attuale assessore all’ambiente, proveniente da Torino Strategica, il think tank che redasse, per Fassino Sindaco, il terzo piano strategico della città .
Senza apparenti fratture invece il rapporto con FCA. A luglio infatti la sindaca ha incontrato John Elkann, per un colloquio definito poi “cordiale”, avvenuto a pochi giorni dall’annuncio del trasferimento in Olanda, dopo Fca, Cnh, e Ferrari, anche della sede legale e fiscale di Exor e della Sapaz.
Un incontro molto importante, oltre che cordiale, se la stampa locale scrisse in seguito che John Elkann confermava tutti gli impegni del Gruppo Agnelli su Torino.
E del resto il rapporto doveva esistere se Appendino, come scrive nel suo curriculum, ha lavorato due anni per la Juventus.
Nessuna discontinuità , insomma. La sindaca Appendino sembra oggi fare riferimento a quel mondo che aveva attaccato durante i suoi cinque anni da consigliera, sia per la scelta delle persone (per la verità presentate prima dell’elezione, come promesso), sia per la scelta delle alleanze politiche.
Chiara Appendino dopo sei mesi.
Impossibile dire, a sei mesi dall’insediamento quale sia la prospettiva di sviluppo della città . Di certo l’unico settore in cui l’Amministrazione ha preso iniziative di rottura col passato è la mobilità , intensificando le sanzioni per le soste in doppia fila, e reintroducendo i parcheggi a pagamento in centro nelle domeniche prenatalizie, entrambe le iniziative motivate dalla necessità di far comprendere come lo spazio sia un bene comune, quindi pubblico, quindi vada “usato” come un servizio.
Sulla stessa linea la scelta di creare un “flusso verde” per i tram, rimodulando i semafori cittadini e facilitando un aspetto di mobilità leggera.
In conclusione, sebbene la fiducia nella Sindaca Appendino sembri ancora piuttosto alta, l’innamoramento sarebbe finito.
Sono ancora i numeri a parlare: proprio nel quartiere Vallette, che alle amministrative aveva riservato un lusinghiero 75,4% ad Appendino, il voto referendario riserva al M5S un 60,1%, con un calo del 15%.
Lo stesso, secondo i dati elaborati da Fondazione Isi per Stampa nell’area di Mirafiori Nord, anche questa una zona di periferia, dove maggiore storicamente è la permeabilità delle difficoltà e dove il M5S aveva ottenuto esisti elettorali apprezzabili.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
E’ STATO MARRA A CONFEZIONARE IL DOSSIER CONTRO IL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA CAPITOLINA?
Marcello De Vito rilascia oggi un’intervista a Giovanna Vitale di Repubblica nella quale con molta sincerità , e a differenza di altri, ammette che di Raffaele Marra il M5S aveva chiesto la rimozione alla sindaca che però ha fatto orecchie da mercante. Nel finale dell’intervista si parla anche del dossier su di lui che aveva portato a un piccolo processo di fronte agli attivisti capeggiati dai tre consiglieri Raggi, Frongia e Stefà no:
Lei frequentava Marra, ci è mai andato a pranzo, come spesso facevano Frongia e Romeo sulla terrazza Caffarelli
«Ho visto Marra una sola volta nel corso della scorsa consiliatura, insieme con Romeo e Frongia. Era il 2013, dunque ben prima che fosse nominato vicecapo di gabinetto della sindaca. Non lo frequentavo. Non ci sono mai andato a pranzo nè a cena, men che meno sulla terrazza Caffarelli. Di solito mangio un panino con il mio staff. Non è un segreto che alcuni di noi avessero avvertito Virginia sull’opportunità di trattenerlo in un ruolo di assoluta vicinanza con lei».
C’è chi dice sia stato Marra a confezionare il dossier contro di lei in piena campagna per le “comunarie”. Lo sapeva?
«Se la notizia venisse confermata sarebbe gravissimo, ma la prenderei come una medaglia al valore. Significa che stavo lavorando bene, come continuo a fare. So di stare dalla parte giusta».
La sindaca ha perso la fiducia dei vertici del Movimento, la città è in difficoltà su tutti i fronti, la giunta naviga a vista: quanto si può durare così?
«Roma è in difficoltà su molti fronti non da oggi. Dare un giudizio adesso mi pare prematuro. Gli assessori hanno grande capacità , sanno come attuare il nostro programma. Quindi non mi pongo la domanda. Errori sono stati commessi. Ora andiamo avanti. Ce lo chiede la città ».
Se Raggi dovesse ricevere un avviso di garanzia, cosa succederà ? La sindaca si autosospenderà , il M5S le toglierà il simbolo o farete finta di nulla?
«Non si ragiona sui “se”. Nel caso arrivasse, ne valuteremo i contenuti con il nostro garante».
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
PER NASCONDERE LE NEFANDEZZE DELLA GIUNTA RAGGI GRILLO SVELA FINALMENTE IL SUO PENSIERO… CHI VOTA GRILLO VOTA SALVINI
Populismo è ormai una parola “malata”, un contenitore che comprende tutto e non spiega niente. 
Ma in certi tornanti della nostra storia un’Internazionale Populista esiste davvero, e purtroppo lotta “contro” di noi. Questo è uno di quei momenti.
L’Europa è stretta nella morsa dell’orrore per la strage di Berlino, del dolore per la morte di Fabrizia e del terrore per l’uccisione a Sesto San Giovanni del killer del Tir Anis Amri.
Beppe Grillo cavalca l’onda, e scavalca Salvini a destra. Completa la svolta trumpista-lepenista del Movimento, anticipata due settimane fa a Die Welt da Di Battista.
Per toni e contenuti, il “Manifesto anti-immigrati” postato sul Sacro Blog del leader pentastellato ricorda i proclami antisemiti. Grillo invita masse immaginarie alla ribellione contro tutti gli invasori. “Basta, è ora di agire”.
Seguono quattro passi nel delirio dell’intolleranza e dell’inconsistenza. “Tutti gli immigrati irregolari devono essere rimpatriati, a partire da oggi”. Dopo ogni attentato, “Schengen deve essere rivisto e immediatamente sospeso”, ripristinando subito “i controlli alle frontiere”.
La linea del Movimento sul tema dei migranti e dell’accoglienza è sempre stata ambigua. Ma una deriva xenofoba così becera ed esplicita non si era mai vista.
Una speculazione politica così spregiudicata, sulla frontiera delicatissima del rapporto tra l’Occidente e l’Islam, non si era mai raggiunta.
È chiaro che sul tema dei migranti l’Europa ha fallito, e l’Italia è rimasta sola ad arginare un flusso migratorio che sarà gestibile solo nella misura in cui sarà condiviso. Ed è altrettanto chiaro che la macchina dell’accoglienza, caricata di oltre 170 mila nuovi arrivi, non ne regge più il peso.
Ma che senso ha dire che tutti gli irregolari devono essere rimpatriati “da oggi”? Come sappiamo quali sono gli irregolari, se ancora non è completata la procedura di riconoscimento del diritto all’asilo?
Dove li mandiamo, se non esistono accordi con tutti i Paesi di provenienza?
È evidente che le falle della sicurezza europea di fronte all’offensiva del Califfo nero sono tante, e il rovinoso fallimento della polizia tedesca dopo l’attacco di tre giorni fa le ha rivelate tutte.
È altrettanto evidente che i controlli intracomunitari fanno acqua da tutte le parti. Ma ancora una volta, che senso ha ripristinare le frontiere (pagando per altro un prezzo altissimo per le economie dell’area), quando quasi sempre i tagliagole dell’Isis, che si facciano esplodere con le bombe come a Bruxelles o sparino con i Kalashnikov come al Bataclan, sono nati in quelle stesse città ?
Quelle di Grillo sono parole al vento, che tuttavia, come sempre in questi casi, pesano come pietre.
L’Internazionale Populista getta la maschera, e rivela così il suo volto più insopportabile e inquietante. Quello di chi non vede al di là del proprio orticello politico-elettorale.
Quello di chi, ancora una volta, sa investire solo sulla paura dei popoli, stremati dalla crisi globale e impauriti dalla minaccia jihadista.
L’Europa politica ha colpe incancellabili, per la sua palese incapacità di elaborare un pensiero e di mettere in campo una strategia.
Di fronte alle guerre che stanno dilaniando il Medioriente, producendo esodi biblici di gente disperata.
Di fronte ai colpi di coda dello Stato Islamico, che perde terreno in Siria e in Iraq e per questo tenta una disperata “rivincita” sui luoghi della nostra vita quotidiana.
Ma in Europa c’è anche chi più responsabilmente si interroga su come uscire dalla tragedia di Aleppo, dove regna l’ordine di Putin e di Assad, e dove si celebra la vergogna dei governi occidentali rimasti a guardare, e si veglia la tomba del diritto internazionale, delle Nazioni Unite e del senso di umanità (come scrive Le Monde). Su come fronteggiare la carneficina in corso nel Mediterraneo, dove è in atto uno dei disastri umanitari più gravi ai quali l’Occidente abbia mai assistito in questi ultimi anni (come scrive The Independent)
L’Internazionale Populista grillo-leghista non è in grado di fare niente di tutto questo. Nessuna capacità di elaborare un “pensiero lungo”, ma solo il “presentismo” demagogico denunciato da Bauman.
Solo l’obiettivo di lucrare un dividendo elettorale di qualche zerovirgola, andandolo a raccogliere nella pancia di quel 65% di italiani che secondo Ipsos ancora ritiene che nel nostro Paese ci siano “troppi immigrati”.
Costruire ponti, non erigere muri. Anche di fronte al sangue di Charlottenburg, anche di fronte alla sparatoria di Milano, la sfida delle nostre democrazie rimane questa.
Una sfida che Grillo non vuole e non sa affrontare. Preferisce spargere odio su odio. Colpirne cento per non educarne nessuno.
Massimo Giannini
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
GLI EFFETTI NEGATIVI DI QUESTA SELEZIONE LI ABBIAMO VISTI A ROMA
La politica non è un talent. E un sindaco, un primo ministro, non si possono scegliere online. Con una graticola.
Amministrare una città è un impegno terribilmente reale. Niente affatto virtuale. Invece ecco che si avvicinano le prossime elezioni amministrative, bisogna scegliere i futuri candidati sindaci e consiglieri comunali.
Poi, chissà , addirittura chi potrebbe finire a Palazzo Chigi. E che cosa propone in alcuni casi il Movimento Cinque Stelle? Una selezione online. Poi magari una graticola.
Va bene forse per X-Factor. Non per scegliere sindaci di città da centinaia di migliaia di abitanti e primi ministri che hanno in mano il destino della gente. E dei loro ideali.
Chi guiderà una città e un Paese devi poterlo guardare negli occhi. Toccare. Devi conoscerlo. Devi vedere da dove viene per capire dove andrà .
Così non si seleziona una nuova classe dirigente.
Gli effetti negativi della selezione online li abbiamo già visti a Roma.
Non basta questa esperienza al Movimento Cinque Stelle? La selezione online individua chi è più abile davanti alle telecamere, chi sorride meglio e ha i denti più bianchi.
Il M5S promette di dare voce a nuove istanze politiche. Ma le idee hanno bisogno di persone per diventare concrete. Vive.
E se vengono affidate alle donne e agli uomini sbagliati, falliscono.
Peggio, vengono tradite.
Ferruccio Sansa
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
IL COSTRUTTORE COINVOLTO NEL CASO MARRA HA FATTO IL NOME DI ALTRI POLITICI, TRA CUI CORATTI (PD) E CIOCCHETTI (UDC)… CONFERMATA LA CASA GRATIS A MARRA
Ieri, a sette giorni dall’arresto, il gip di Roma aveva scarcerato il costruttore Sergio Scarpellini e oggi
leggendo i quotidiani si capisce come il giorno del suo interrogatorio di garanzia la difesa avesse chiesto che l’imprenditore — accusato di corruzione con il capo del personale del Comune di Roma Raffaele Marra.
Scarpellini ha elencato i nomi di coloro che hanno ottenuto — come la procura di Roma ipotizza per l’ex vice capo di gabinetto del sindaco Virginia Raggi — case di favore.
Nell’elenco compaiono i nomi dell’ex presidente della Camera, Irene Pivetti, l’ex capogruppo del Pd in Comune, Mirko Coratti, già coinvolto nell’inchiesta Mafia Capitale, l’ex parlamentare dell’Udc, Luciano Ciocchetti.
Del resto che l’inchiesta potesse allargarsi era chiaro sin dal primo giorni dell’arresto per la reale genesi dell’inchiesta (l’intercettazione di un ex boss della banda della Magliana) e per la presenza di numerosi omissis nell’ordine ci cattura. s
Il costruttore “pur cercando di ridimensionare la portata delle sue condotte” avrebbe dunque ammesso non solo la casa di fatto regalata a Marra con un giro di assegni circolari ma fatto la lista di tutti coloro che avrebbero ricevuto la stessa cortesia.
“Le motivazioni che lo avevano condotto alle dazioni — scrive il gip nel provvedimento di scarcerazione — e il contesto nel quale si sono realizzate (…)” sono “necessitate dall’esigenza di perseguire i propri interessi imprenditoriali”. Anche per Marra Scarpellini aveva dichiarato di aver agito perchè — avendo molte pratiche in Comune — voleva evitare grane.
Intanto oggi i legali di Raffaele Marra hanno depositato istanza al Tribunale del Riesame probabilmente per effettuare una discovery sugli atti in mano agli inquirenti.
Non è escluso che nel corso dell’atto istruttorio, l’imprenditore possa avere fornito anche ulteriori dettagli sul suo rapporto con Marra e i relativi punti di contatto con la macchina amministrativa comunale.
Tutte tracce su cui i pm, dopo la pausa dovuta alle festività natalizie, imbastiranno ulteriori approfondimenti.
Ed è proprio con l’inizio dell’anno nuovo che i vari filoni avviati in Procura, tra cui quello legato alle nomine fatte dal sindaco Raggi, potrebbero subire nuove accelerazioni.
Proprio l’altro giorno la prima cittadina ha affermato di essere “pronta ad andare in Procura” in caso di convocazione.
I magistrati potrebbero contestarle il reato di abuso di ufficio in relazione alla nomina di Renato Marra, fratello del suo ex braccio destro, a capo del dipartimento turismo del Comune. Una nomina in “palese conflitto di interessi” secondo l’Anac.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
IL CAPO DELLA POLIZIA SULLE SQUALLIDE ACCUSE DI AVER RESO NOTA LA IDENTITA’ DEI DUE AGENTI: “AVVILENTE, SI GUARDA IL DITO E NON LA LUNA”
“Non c’è alcuna esposizione, ma un riconoscimento chiaro. Una sottolineatura per mettere al centro chi ha reso possibile tutto questo, rischiando la propria vita”.
Il capo della Polizia Franco Gabrielli interviene sulla polemica esplosa dopo che il Governo ha reso pubblici i nomi dei due agenti che hanno bloccato e ucciso Anis Amri a Sesto San Giovanni.
“Fare i nomi con questo tipo di terrorismo – spiega il capo della Polizia – non è nè un errore nè un’esposizione, perchè non siamo in presenza di un terrorismo come quello che abbiamo conosciuto negli anni Settanta, un terrorismo endogeno che ha interesse a colpire il singolo, dunque Franco piuttosto che Mario o Cristian. Qui ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso”.
La preoccupazione, infatti, “non è per le individualità , ma per l’appartenenza: sono a rischio tutti coloro che rappresentano le forze di polizia e hanno una divisa”.
Per questo ieri mattina, a poche ore dalla sparatoria di Sesto, Gabrielli ha firmato la circolare in cui chiede “massima attenzione” perchè non è possibile escludere “azioni ritorsive” nei confronti delle forze di polizia.
La scelta di chiudere i profili social dei due poliziotti, inoltre, è una forma di “ulteriore cautela” nei loro confronti, “per evitare una eccessiva sovraesposizione in quanto, in un mondo in cui tutto passa attraverso i social, si sarebbero potuti far prendere la mano coinvolgendo anche altri colleghi”.
“Sono sette mesi – prosegue Gabrielli – che dico ‘attenzione, ognuno di noi può essere un obiettivo’. Ma sono anche mesi che lavoro sull’orgoglio e sul senso di appartenenza dei poliziotti e degli uomini e delle donne delle forze di polizia e, nel momento in cui è fondamentale tenere alto l’orgoglio di chi vive con la divisa, il ministro non ha fatto altro che galvanizzare chi ogni giorno opera indossando proprio una divisa”.
Dunque nessuna esposizione e polemiche inutili.
“È abbastanza avvilente – conclude il capo della Polizia – che mentre tutto il mondo parla di noi e si complimenta con la Polizia per il lavoro svolto, noi continuiamo a farci del male guardando il dito e non la luna”.
(da agenzie)
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Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
I MEDIA TEDESCHI RINGRAZIANO L’ITALIA, MA E’ POLEMICA SULLA SICUREZZA IN GERMANIA
Fabrizia torna a casa. 
L’aereo con la salma di Fabrizia Di Lorenzo, uccisa nella strage di Berlino, è arrivato all’aeroporto militare di Ciampino, a Roma.
L’Airbus 319 della Flotta di Stato è atterrato alle 11.25 dove ad attendere la salma c’era il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella per omaggiare la 31enne di Sulmona rimasta vittima dell’attentato terroristico .
Presenti anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso e il sindaco di Sulmona Annamaria Casini.
Intanto la notizia dell’uccisione del tunisino Anis Amri ieri mattina a Milano compare oggi su tutti i maggiori giornali internazionali, accanto ad analisi e anche polemiche su come l’autore della strage di Berlino sia riuscito a lasciare la Germania.
Soprattutto in Germania, e già da ieri, si elogia il ruolo dell’Italia nella conclusione della vicenda e anche il coraggio dei due agenti di polizia impegnati nel conflitto a fuoco con il terrorista, conclusosi con la sua morte.
Bild, in particolare, apriva con un ‘Grazie’ a caratteri cubitali, dopo aver lanciato sul suo sito un ‘Es ist vorbei!’ (è finita) alla notizia della morte di Amri
(da agenzie)
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Dicembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
DA ALMAVIVA AL GRUPPO NOVELLI, DALLA EX LUCCHINI ALLA EX ALCOA: SONO 145 I TAVOLI DI CRISI APERTI
Dalla crisi dell’azienda di call center Almaviva Contact con un accordo saltato in piena bufera post referendum, al progetto di rilancio delle ex acciaierie Lucchini, a Piombino, fermo al palo.
Nel mezzo anche il capitolo Ilva, il più grande impianto siderurgico a ciclo integrato d’Europa, il cui futuro (anche in termini di posti di lavoro) è tutt’altro che certo.
Sono diverse le crisi aziendali ancora aperte in Italia, per alcune delle quali sono anni che non si trova una soluzione e con cui il nuovo Governo Gentiloni dovrà fare i conti.
Nel frattempo, però, tra inchieste giudiziarie, bonifiche ambientali, vendite e acquisti, a farne le spese troppo spesso sono i posti di lavoro e, in generale, l’incertezza del futuro.
UN PO’ DI DATI
Secondo il terzo Rapporto sulla gestione delle crisi aziendali dell’Ugv (Unità per gestione delle vertenze delle imprese in crisi) del ministero dello Sviluppo Economico, a marzo di quest’anno erano attivi 148 tavoli, che nel 2015 hanno viste coinvolte 151 società .
Le regioni più interessate a questi confronti sono state Lombardia, Lazio, Veneto, Campania ed Emilia-Romagna. Sul sito del Mise, la mappa dei tavoli è stata poi aggiornata a giugno scorso: 145 i tavoli aperti.
Il settore maggiormente in crisi è quello dell’industria pesante, seguono quello delle telecomunicazioni, dell’elettronica e del tessile. Ma anche agroalimentare, chimica e petrolchimica, edilizia ed energia.
ALMAVIVA
Una delle trattative che vede più impegnato il governo, proprio in questi giorni, è quella che riguarda la crisi di Almaviva. A ottobre la società di call center Almaviva Contact ha annunciato l’apertura di una procedura di riduzione del personale all’interno di un nuovo piano di riorganizzazione aziendale.
Il 6 dicembre, in piena bufera post referendum l’azienda ha ritirato la proposta di accordo “l’indisponibilità al confronto” dei sindacati, con i quali è ancora scontro aperto.
Lunedì, 19 dicembre, è stato proclamato uno sciopero dopo che l’azienda “ha espresso la propria indisponibilità all’utilizzo della Cigs e ribadito il taglio secco del salario contrattuale dei lavoratori su tutte le sedi di Almaviva in Italia come unica soluzione alternativa ai licenziamenti” è la posizione delle sigle sindacali. Fallimentare l’incontro di lunedì con l’azienda nella trattativa portata avanti per cercare di salvare le due sedi (Roma e Napoli) del call center Almaviva Contact con i loro 2.511 dipendenti a rischio licenziamento.
L’azienda, a pochi minuti dall’inizio del tavolo di trattativa nell’ultimo giorno utile prima della spedizione delle lettere di licenziamento, ha ribadito la sua posizione.
Poi è arrivata dal governo una proposta di mediazione che ha riaperto i giochi: la strada indicata e accolta con favore sia dai sindacati che dalla azienda è quella di proseguire il confronto, con il supporto e la vigilanza dell’esecutivo, sulla base del ricorso agli ammortizzatori sociali e della contestuale previsione di uscite a carattere esclusivamente volontario fino al 31 marzo 2017.
Nel corso di questo periodo le parti si impegneranno a proseguire il confronto per individuare soluzioni in tema di recupero di efficienza e produttività in grado di allineare le sedi di Roma e Napoli alle altre sedi aziendali e interventi temporanei sul costo del lavoro.
Ma anche qui non sono mancati i colpi di scena: dopo le trattative notturne, solo per la sede di Napoli è stato chiuso l’accordo, rifiutato invece dalla rappresentanza sindacale romana. Abbastanza per far dire ministro dello Sviluppo Calenda che a questo punto “i licenziamenti — a Roma si contano 1666 lavoratori — sono inevitabili”.
IL CASO ALCOA
Nel 2012 il colosso statunitense dell’alluminio ha deciso di fermare la produzione nello stabilimento di Portovesme (Sulcis), in Sardegna dove lavoravano 800 persone (tra dipendenti diretti e indotto).
Dopo diverse trattative fallite, il Mise ha proposto di mettere in campo Invitalia, agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, perchè facesse da filtro tra la multinazionale dell’alluminio e potenziali acquirenti dello stabilimento. L’azienda americana aveva trasmesso al Mise e a Invitalia una bozza di pre-contratto.
Nel frattempo la multinazionale ‘Sider Alloys’ ha incontrato il Governo al quale ha manifestato il proprio interesse ad acquisire lo stabilimento.
Il 1 dicembre scorso il ministro Carlo Calenda ha annunciato: “Abbiamo qualche compratore interessato all’acquisizione dello stabilimento, ma non scopriamo le carte finchè non siamo certi che si tratti di cose concrete e decise”.
Resta il problema degli ammortizzatori sociali che in tanti perderanno entro il 31 dicembre, ma anche la questione relativa alle bonifiche del sito.
ILVA, VELENI, PROCESSI E FUTURO AL BIVIO
Non è ancora chiusa la questione dell’Ilva, una delle più complesse e controverse con cui si è dovuto fare i conti negli ultimi anni. Dopo nove decreti in 5 anni, inchieste, sequestri e processi, qualcosa si muove.
Ma il buco nero è troppo profondo perchè Taranto sia già pronta a voltare pagina. Intanto, c’è lo sblocco di 1,3 miliardi, la maggior parte dei quali prima oggetto di sequestro penale, saranno trasferiti dalla Svizzera, via Procura di Milano, dopo l’accordo tra l’Ilva e la famiglia Riva. Eppure, secondo Federacciai, ci vorranno almeno 3 miliardi per ripartire.
Oggi l’azienda è al bivio: è in corso l’iter per selezionale le due cordate pronte all’acquisizione, Arvedi-Jindal e ArcelorMittal-Marcegaglia, ciascuna con una propria strategia di business e con diverse prospettive che potrebbero riguardare anche i lavoratori. Oggi l’Ilva conta circa 15mila dipendenti.
MERCATONE UNO
Al momento della richiesta di concordato preventivo, nel gennaio 2015, la rete commerciale di Mercatone Uno contava su 79 punti vendita (4mila i lavoratori) e aveva maturato 780 milioni di euro di debiti.
L’intero complesso aziendale era stato valutato 280 milioni di euro. A settembre i commissari straordinari di Mercatone Uno, Stefano Coen, Ermanno Sgaravato e Vincenzo Tassinari hanno comunicato che non sono arrivate offerte d’acquisto per il gruppo nei termini previsti dal bando pubblicato il 16 giugno scorso.
È stato così predisposto, per la cessione delle aziende in amministrazione straordinaria dall’aprile 2015, un nuovo bando (in via di approvazione) che contiene condizioni di vendita più flessibili e coerenti con le aspettative del mercato, rivolgendosi a un più ampio numero di operatori.
LE EX ACCIAIERIE LUCCHINI
Sono stati in cassa integrazione a zero ore per circa un anno e mezzo e, per questo, quest’anno sarà bassa la tredicesima di 1.100 operai Ex Lucchini di Piombino (Livorno) assunti a novembre in Aferpi, la società creata dal gruppo algerino Cevital per gestire gli impianti e garantire la continuità produttiva e la capacità di rifornire i treni di laminazione.
L’acquisizione è avvenuta nella primavera 2015, ma da allora poco è cambiato concretamente.
Il piano industriale è fermo e, dopo la cassa integrazione, gli operai hanno fatto i conti con un regime contrattuale di solidarietà . L’imprenditore algerino Issad Rebrab ha ribadito il suo interesse, ma sono 2mila gli addetti dell’impianto siderurgico che rischiano il posto.
Nel frattempo le banche non finanziano, le bonifiche sono bloccate e, senza risorse immediate — denunciano i sindacati — l’azienda fermerà l’attività all’inizio del 2017.
NOVELLI, SCONTRO PER LA CESSIONE
Tra scioperi e manifestazioni è tesa la situazione sul fronte del gruppo Novelli, dopo il ‘no’ alla cessione dell’azienda da parte dei fondatori, ora soci di minoranza. Nella passata gestione l’azienda aveva accumulato circa 120 milioni di euro di debiti che l’hanno portata, nel 2012, sull’orlo del fallimento.
Dopo quattro anni di concordato preventivo e i sacrifici dei lavoratori pur di salvaguardare il posto e il destino dell’azienda, nei mesi scorsi è arrivata un’offerta. I Novelli, però, al momento non hanno sottoscritto la cessione al prezzo simbolico di un euro in favore della famiglia Greco di Cariati (Cosenza) disponibile a rilevare l’intero Gruppo. Bloccato, dunque, l’intero iter. Tanto che il Mise e le Regioni Umbria e Lazio hanno rilasciato un comunicato congiunto esprimendo “grande preoccupazione per il futuro del Gruppo Novelli, importante realtà imprenditoriale dell’agroalimentare italiano presente in Umbria, Lazio e Lombardia con 500 addetti” e ribadendo che “la famiglia Novelli, proprietaria del capitale azionario, sta mettendo a rischio in queste ore una importante operazione di cessione che garantirebbe il rilancio di tutte le linee di attività aziendale mettendo in sicurezza la salvaguardia dei posti di lavoro”.
Nel frattempo i lavoratori sono sul lastrico con gli stipendi ridotti, negli ultimi 4 mesi, a 500 euro.
SELCOM, NATALE DA DIMENTICARE
La scorsa estate il gruppo ha rivelato di avere ingenti problemi finanziari. Il fatturato è crollato tra il 2014 e il 2015 da 280 a 200 milioni di euro.
La Selcom occupa 770 lavoratori distribuiti negli stabilimenti di Castel Maggiore di Bologna (360), Palermo (110), Belluno (290) e Milano (10). E poi ci sono le sedi all’estero, in Cina, Turchia e Stati Uniti.
In questi ultimi mesi è stato cambiato lo statuto ed è stato nominato un amministratore delegato unico. A permettere all’azienda di andare avanti, finora, è stato il sostegno dei clienti che garantiscono le maggiori commesse, come Coesia, Tetra Pak, Bosch, Coesia ed Eldor, che hanno garantito chi contratti, chi pagamenti immediati. Ad oggi si è ancora in attesa di conoscere i nomi dei potenziali acquirenti (diverse le proposte per lo stabilimento bolognese di Castel Maggiore) e mancano due mesi alla fine del concordato. Dopo i quali il fallimento sarà inevitabile.
VESUVIUS, FINE ANNO DI LICENZIAMENTI
Sono 181 i dipendenti degli stabilimenti Vesuvius di Macchiareddu (Cagliari) e Avezzano, in Abruzzo, che non hanno più un lavoro. La procedura di licenziamento collettivo, avviata dalla multinazionale inglese dell’acciaio il 26 settembre scorso, si è perfezionata nei giorni scorsi al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
“Ai lavoratori licenziati con la qualifica di impiegato, operaio e quadro — è scritto nell’accordo tra Vesuvius e i sindacati — la società si impegna a corrispondere un incentivo all’esodo”, mentre il licenziamento sarà intimato entro il 31 dicembre. Commentando la chiusura di questo capitolo, la Filctem Cgil ha ricordato che l’azienda ha chiuso gli stabilimenti italiani, ma manterrà il mercato italiano producendo nell’est Europa.
L’ultima speranza risiede nell’impegno “a incalzare la multinazionale e le istituzioni — ha scritto il sindacato — al rispetto dell’accordo sottoscritto al fine di trovare soluzioni che contemplino la reindustrializzazione e la riconversione del sito per tutelare i 105 dipendenti sardi disoccupati dal 1 gennaio”.
Luisiana Gaita
(da “il Fatto Quotidiano”)
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