Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
SOSPENSIONE CON DECRETO CAUTELARE URGENTE… E ORA IL COMUNE RISCHIA PURE DI DOVER RISARCIRE I DANNI
Il Tar del Lazio ha sospeso con un decreto cautelare urgente l’ordinanza della sindaca di Roma,
Virginia Raggi, che vietava i botti di Capodanno.
Il Tar ha fissato inoltre una camera di consiglio per il 25 gennaio per discutere nel merito la questione.
La sindaca aveva firmato un’ordinanza che prevedeva da domani — 29 dicembre — e fino alle ore 24 del 1 gennaio il “divieto assoluto” di “usare materiale esplodente, utilizzare fuochi artificiali, petardi, botti, razzi e simili artifici pirotecnici” e di “usare materiale esplodente anche ‘declassificato’ a meno di 200 metri dai centri abitati, dalle persone e dagli animali”.
“L’inosservanza degli obblighi e dei divieti”, prevedeva l’ordinanza, “comporterà l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria a partire da 25 euro fino a 500 euro oltre al sequestro amministrativo”.
Nell’ordinanza si considera che “sussiste l’urgente necessità di adottare misure idonee a garantire l’incolumità pubblica, la sicurezza urbana, la protezione degli animali e assicurare le necessarie attività di prevenzione attraverso la limitazione dell’uso dei botti e dei fuochi di artificio sul territorio comunale”.
Il ricorso all’ordinanza era stato promosso dall’ANISP, ovvero l’Associazione Nazionale Imprese Spettacoli Pirotecnici.
L’associazione si è rivolta all’avvocato Marcello Feola: il ricorso è stato completato a Santo Stefano, è stato presentato ieri alle toghe di via Flaminia che si sono espressi in tempi brevissimi inaudita altera parte, senza convocare il Comune.
I romani potranno tornare ad acquistare da domani tutti i fuochi d’artificio con certificazione della comunità europea.
L’ANISP potrebbe chiedere anche un risarcimento danni al Comune.
L’ordinanza ha comunque frenato una fetta di mercato che, puntando tutto sul Capodanno, di solito nei giorni attorno a Santo Stefano fattura almeno due milioni di euro.
Le previsioni di quest’anno, invece, sono al ribasso: «I commercianti – spiegava qualche giorno fa Luca Proietta, membro del consiglio direttivo dell’associazione di categoria al Messaggero – rimandano indietro i fuochi. Con l’ordinanza, i clienti si sono volatilizzati».
È opportuno anche segnalare che quella della Raggi sarebbe stata probabilmente l’ordinanza meno rispettata della storia. Sembrava altamente improbabile che la notte di Capodanno intere pattuglie di vigili passassero per tutte le strade della città fotografando chi festeggiava per poi tornare la mattina successiva con la sanzione.
In ogni caso i produttori avevano già spiegato che «nel 2015, con il decreto legislativo 123, è stata recepita dal governo la normativa europea sul libero commercio degli articoli pirotecnici, in quanto garantiscono la sicurezza pubblica, la pubblica incolumità e la tutela ambientale e animale, mediante requisiti di sicurezza sanciti poi con l’applicazione del marchio CE di certificazione su ciascun articolo».
Questo può aver influito sulla decisione del TAR.
L’errore marchiano della Raggi è di non essere informata sulla normativa vigente: non si possono vietare i fuochi “certificati”, penalizzando le aziende che operano nel settore con tutti i documenti in regola, lo avrebbe capito anche un bambinio.
Quindi o si tratta di ignoranza o di demagogia allo stato puro: e ora i danni rischiano di pagarli i contribuenti romani.
(da agenzie)
argomento: Roma | Commenta »
Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
TRA DENUNCE E PROCURA, CONTINUA LA FAIDA TRA GRUPPI CONTRAPPOSTI
Ha approfittato della pausa natalizia per organizzare ‘Comunarie’ veloci. Una consultazione che potesse provocare il minor numero di polemiche e attirarsi addosso una bassa quantità di riflettori.
Beppe Grillo ha indetto la votazione per scegliere i candidati del Movimento 5 Stelle alle amministrative di Palermo. Cioè nella città che più di ogni altra, al netto di Roma, è stata in questi mesi nell’occhio del ciclone mediatico e giudiziario per quanto riguarda i 5Stelle.
La batosta relativa al caso delle presunte firme false, presentate alle amministrative del 2012, si è fatta sentire. Alla votazione hanno partecipato solo 524 iscritti.
I cinque che hanno ricevuto più voti e che accedono al secondo turno per la scelta del candidato sindaco sono Giulia Argiroffi, Giancarlo Caparrotta, Franca Tiziana Di Pasquale, Salvatore Forello e Igor Gelarda.
Questi ultimi due, rispettivamente fondatore dell’associazione AddioPizzo e leader del sindacato Consap, già alla vigilia erano considerati i favoriti, suscitando le polemiche di chi li considera degli outsider dal momento che invece molti attivisti, che fanno capo ai deputati nazionali, sono stati esclusi poichè coinvolti nella vicenda delle firme false.
Nei MeetUp di Palermo è in corso una guerra tra bande, come dimostra l’esposto spedito alla procura e all’ordine degli avvocati dai parlamentari Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino per denunciare un presunto complotto ai loro danni. Complotto organizzato proprio dal fondatore di AddioPizzo.
Per tutte queste ragione e a causa di un clima rovente quelle che si sono concluse sono state delle primarie quasi sottotraccia.
La lista dei candidati era visibile solo agli iscritti M5S residenti a Palermo, le comunicazioni di inizio voto — scriveva questa mattina La Repubblica Palermo — sono tardate ad arrivare e gli attivisti pensavano che le ‘Comunarie’ iniziassero la prossima settimana.
Insomma, un voto a sorpresa tra Natale e Capodanno.
Alcuni dati la dicono lunga sul clima che si respira nel capoluogo siciliano. Su 122 candidati che si erano presentati ad agosto, prima dello scandalo relativo alle presunte firme false raccolte in occasione delle amministrative del 2012, in 43 hanno rinunciato alla corsa, alcuni per ragioni giudiziarie altri – secondo alcuni – per favorire Forello. Solo 79 sono stati gli aspiranti a un posto in lista.
Per ragioni giudiziarie è rimasto fuori lo zoccolo duro del Movimento palermitano, coloro cioè che sono più vicini ai deputati nazionali. Si tratta di Samanta Busalacchi e Riccardo Ricciardi, che hanno ricevuto uno stop poichè coinvolti nell’inchiesta sulle firme false.
Da parte degli esclusi, nelle scorse settimane, sono arrivati attacchi feroci a Forello, tanto che lunedì sera la deputata Chiara Di Benedetto, vicina al gruppo che fa capo a Riccardo Nuti e dunque a Samanta Busalacchi e Riccardo Ricciardi, ha ipotizzato che a pilotare le rinunce alle ‘Comunarie’ fosse proprie lui.
“Non mi stupirei affatto – ha scritto – se dietro a molti, non tutti, ritiri di candidatura, giustificati con i più nobili degli intenti e dei saldi principi etici e morali, si nasconda il più infimo progetto di boicottare scientemente le ‘comunarie’ online per poter, poco dopo, presentare una lista bella e pronta, probabilmente da mesi”.
Una lista che, secondo l’accusa della deputata, “al proprio interno annovera tutti questi ‘duri e puri’ dell’ultimo minuto e, magari, con qualche professionista dell’antimafia come candidato a sindaco”.
Ecco appunto le parole al vetriolo, condivise anche da Nuti e che raccontano un clima infuocato nella città che ad aprile, secondo gli auspici pentastellati di qualche mese fa, doveva lanciare la volata per conquistare a ottobre la presidenza della Regione.
E invece il giorno dopo la festa nazionale che si è tenuta proprio a Palermo è scoppiato il caos giudiziario, secondo qualcuno pilotato proprio da quella fronda che avrebbe voluto far fuori Samanta Busalacchi e quindi i deputati nazionali.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
TUTTE LE CREPE DELLA BASE GRILLINA SPACCATA: LA DEMOCRAZIA PARTECIPATA SI RIVELA UNA PIA ILLUSIONE
Il MoVimento 5 Stelle di Roma è fermo? Non stiamo parlando dell’azione politica della giunta e dei
vari municipi governati dal M5S ma del ruolo della base.
Una lettura dei fatti racconta che gli attivisti pentastellati siano quella parte di MoVimento che ha contribuito in questi anni a creare i presupposti per il successo alle amministrative 2016.
Lasciamo perdere per un momento il ruolo di Grillo, di Casaleggio e le colpe delle precedenti amministrazioni e facciamo finta che sia vero, se non del tutto almeno in parte. Una parte di quella base vorrebbe riunirsi in Assemblea, in modo da dare nuova vita al concetto cardine di “democrazia partecipata” che è un dei valori fondanti del MoVimento.
Già di per sè la richiesta è problematica: a livello nazionale gli iscritti del M5S non sono mai stati convocati a prendere parte ad un’assemblea vera e propria (di quelle, per intenderci, dove chi partecipa ha diritto di parola e non solo di voto).
A livello locale le cose si svolgono diversamente, quasi che la questione sia di poco interesse per i vertici del M5S, ma con la costante mancanza di “ufficialità ”.
Non fa eccezione la nuova proposta di assemblea dei “Grilli romani” organizzata su uno dei Meetup storici del M5S capitolino che già negli intenti vorrebbe essere — come scrivono alcuni — No Logo, ovvero senza l’utilizzo dei simboli e del marchio del MoVimento.
Tutto è iniziato con una semplice proposta lanciata da Barbara Guidi Spinelli, gli attivisti romani non si incontrano da molto tempo (l’ultima assemblea risale al 2013) ed è il momento di organizzare un’assemblea in modo da poter consentire agli attivisti di dialogare con i portavoce eletti al consiglio comunale e nei vari consigli municipale e soprattutto potersi confrontare sui lavori dei differenti gruppi tematici (o tavoli di lavoro) che costituiscono la spina dorsale dell’attivismo a Cinque Stelle.
Più facile a dirsi che a farsi, e non solo perchè bisogna trovare un posto abbastanza capiente per poter accogliere tutti gli attivisti ma anche perchè ormai lo strumento del MeetUp pare svuotato di ogni sua ragion d’essere dal momento che i vertici del M5S hanno deciso di trasferire la totalità delle funzioni su piattaforme “proprietarie” come Rousseau o Facebook.
Sono stati infatti chiusi diversi punti d’incontro come roma5stelle.com, roma5stelle.it/forum, o il meetup lazio5stelle mentre ne sono stati aperti uno per ciascun municipio frammentando così l’unità del MoVimento e creando i presupposti per una certa incomunicabilità tra i diversi ingranaggi.
Da qui quindi la decisione, per non incorrere in scomuniche, di organizzare un assemblea “no logo”, il che di certo contribuisce a rendere paradossale l’idea che l’assemblea degli iscritti ad un partito politico si debba tenere in maniera informale ovvero senza che vi sia alcuna ufficialità .
Anche perchè solo i portavoce possono organizzare un’assemblea con il logo, e siccome questa è organizzata “dal basso” per forza di cose non potrà averlo.
Cosa ancora più assurda è il fatto che a questa assemblea “no logo” dovrebbero intervenire anche i cosiddetti portavoce, ovvero gli eletti del MoVimento a livello comunale e municipale.
Problema viene aggirato dicendo che in ogni caso a dover parlare dal palco saranno gli attivisti e non i portavoce che allora, viene da chiedersi, cosa ci andrebbero a fare?
E soprattutto che senso ha — politicamente — aprire l’assemblea ai soli iscritti ai vari Meetup?
Naturalmente è un modo per certificare l’attivismo di chi parteciperà senza dover ricorrere al patentino del Blog di Grillo. Il che è di nuovo un controsenso perchè così facendo ci si mette al di fuori delle regole del partito.
Ma non è questo l’unico nè il principale problema di un’assemblea siffatta perchè quello che emerge spulciando la discussione è una certa divisione o spaccatura in seno al M5S romano.
Dell’esistenza di molte anime nel MoVimento della Capitale si sa già da diverso tempo, ad esempio diversi attivisti (e consiglieri municipali) sono vicini alla deputata Roberta Lombardi che a partire dalle critiche alla nomina di Raffaele Marra sta conducendo una guerra (non solo di nervi) contro Virginia Raggi e anche contro Daniele Frongia.
E non a caso tempo fa proprio la Lombardi era stata protagonista della chiusura temporanea di un forum romano per “problemi di democrazia interna”.
Ad un certo punto nella discussione interviene Francesca De Vito, sorella del Presidente del Consiglio Comunale Marcello De Vito nonchè storica attivista romana, che certifica con il suo commento l’esistenza di un altro gruppo di attivisti impegnato nell’organizzazione di un’assemblea generale romana.
Anche la De Vito, così come chi l’ha preceduta nei commenti, lamenta l’esistenza di piattaforme che “appartengono a qualcuno che non le smolla”.
Per lei però la soluzione è diversa, invece che “ridare centralità ai meetup” è necessario elaborare una nuova piattaforma di discussione. Piattaforma che, guarda caso, lei ha già iniziato a realizzare.
Leggendo su Facebook un post della De Vito che il 19 dicembre metteva in luce il problema del MoVimento romano “ammutolito” e della proliferazione di MeetUp e pagine che hanno favorito la frammentazione della base in correnti e correntine sembra quasi di leggere una di quelle disamine tanto care al vecchio P.C.I. ed è forse proprio questo che dà fastidio alla De Vito che già qualche tempo fa aveva accusato l’allora vicesindaco Daniele Frongia e la Raggi di fare le nomine applicando lo stesso metodo dei “vecchi partiti”.
E forse le correnti interne sono venute in mente a qualcuno se la De Vito ad un certo punto si è sentita in dovere di smentire l’esistenza di una corrente “devitiana” in procinto di organizzare un’assemblea contro la Sindaca.
L’assemblea romana, se e quando si farà non sarà un processo contro Virginia Raggi e tanto meno un congresso (del resto, senza logo è difficile) ma di un confronto tra quelle che indubbiamente possiamo definire le diverse “anime” del MoVimento (che non sono solo coloro che stanno con la Lombardi o con Frongia).
A quanto pare esiste un MeetUp “gestito e di proprietà di un portavoce” come scrive la De Vito dopo aver mandato “affanculo” uno degli organizzatori dell’assemblea sancendo in questo modo la sua uscita dall’organizzazione dell’assemblea.
C’è più che un sospetto quindi che ai “lombardiani/devitiani” la cosa non piaccia molto e che quindi anche l’assemblea — che secondo gli organizzatori dovrebbe tenersi tra la metà di gennaio e i primi di febbraio — non sarà quel momento unificatore della base del MoVimento anzi potrebbe segnare la nascita ufficiosa (se ci fosse il “logo” sarebbe ufficiale) di un’altra corrente del MoVimento 5 Stelle romano e questo non è dato di capire in che modo — seppur dal basso — potrebbe aiutare il M5S o gli attivisti ad essere più partecipi.
Il dubbio è quindi che qualcuno, con il pretesto di contare gli attivisti che sostengono la Raggi voglia vedere quanto “pesa” il suo gruppo.
Ancora non è spaccatura, ma di sicuro alla base del MoVimento si vedono già parecchie crepe.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Grillo | Commenta »
Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
REGALO AD AMAZON? LE COSE NON SEMBRANO STARE COSI’, VEDIAMO COME FUNZIONA
La legge di Bilancio 2017 ha rifinanziato anche per il prossimo anno il bonus cultura 18enni (e il bonus strumenti musicali per gli studenti iscritti ai percorsi di studio specifici).
Con una novità : sarà possibile spendere il bonus da 500 euro anche per l’acquisto di dischi nonchè di corsi di musica, di teatro e di lingua straniera. Decisamente una grande notizia per i diciottenni che compieranno gli anni nel 2017.
Per tutti coloro che invece invece li hanno compiuti nel 2016 c’è tempo ancora fino al 31 gennaio 2017 per registrarsi tramite SPID (il Sistema pubblico per l’identità digitale) al Bonus Cultura e fino al 31 dicembre 2017 per spendere il bonus che però non potrà essere utilizzato per l’acquisto di Cd e Dvd (ma con la Card si potranno acquistare libri e biglietti per andare al cinema, entrare ai musei, ad eventi culturali ed assistere a concerti o a spettacoli di teatro e di danza).
Per sapere come e soprattutto in quali negozi (fisici o online) spendere il bonus è sufficiente consultare il portale 18App e scegliere la tipologia di negozio e la categoria merceologica del buono.
Nel frattempo, e visto che il bonus per il 2016 è stato erogato solo a partire dal 3 novembre chi volesse qualche consiglio per gli acquisti oppure volesse districarsi nei meandri dei regolamenti (soprattutto per quanto riguarda gli acquisti online) è stato aperto su Facebook il gruppo non ufficiale 18app — Bonus Cultura 500€ 18enni.
Ma non esiste solo la card per i diciottenni: c’è anche la Carta del Docente, sempre di importo pari a 500 euro, dedicata agli insegnanti di ruolo (full time o part time) assunti nelle scuole statali.
Il meccanismo per ottenere i buoni spesa è simile a quello del Bonus Cultura, sarà necessaria anche qui la registrazione al SPID e tutte le informazioni del caso sono reperibili sul sito cartadeldocente.istruzione.it e ovviamente anche su quello del MIUR.
Il bonus dei docenti potrà essere speso per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento (svolti da enti accreditati presso il Ministero) e per l’iscrizione a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale.
Ma i buoni spesa potranno anche essere utilizzati comprare i biglietti d’ingresso a musei o rappresentazioni teatrali e cinematografiche e per l’acquisto di libri.
Così come per i neo diciottenni anche i docenti potranno utilizzare i buoni solo in alcuni esercizi commerciali (fisici o online) specifici.
Ed è proprio su questo punto che un articolo di Barbara Cataldi sul Fatto Quotidiano accendeva l’attenzione sul “regalo” fatto dal Governo Renzi ad Amazon.
Fermo restando che volendo utilizzare i buoni spesa nei negozi fisici c’è — nelle grandi città — solo l’imbarazzo della scelta sulle librerie (solitamente grandi catene) aderenti per chi abita in piccoli centri (ma anche in città di medie dimensioni come Vicenza, Padova, Siena, Bergamo, Ancona, Benevento, Udine etc) l’alternativa più comoda è quella di rivolgersi agli store online.
Qui, secondo quanto scrive il Fatto ci sono “solo 19 negozi online” alcuni sono effettivamente poco noti ma a parte alcune case editrici (come Laterza, Alpha test e La tecnica della scuola) le principali librerie online ci sono tutte: ci sono Scuolastore (di Giunti) e Libri.it, c’è Mondadoristore, c’è IBS e c’è ovviamente anche Amazon che ha già preparato una pagina specifica per spiegare il funzionamento dei buoni sul sito (così come ha fatot anche Scuolastore).
Il problema riportato dal Fatto nasce soprattutto per quanto riguarda gli acquisti online di materiale informatico (software e hardware), effettivamente a parte Amazon non c’è nessun altra catena dell’informatica di consumo come Mediaworld (che pure è presente come punto vendita accreditato tra gli store fisici in parecchie città ) Unieuro o Euronics.
Secondo quanto ha dichiarato al Fatto da Davide Rossi, direttore generale di Aires, l’associazione italiana retailer elettrodomestici specializzati, la colpa è del sistema di accreditamento che favorirebbe alcuni negozi online a discapito di altri:
È il sistema di accreditamento che fa cilecca, ovvero quello a cui devono far ricorso i punti vendita per entrare nell’elenco dei retailer mappati dal sito a disposizione degli insegnanti. La piattaforma informatica, gestita da AgID, l’Agenzia per l’Italia Digitale, e da Sogei, società in house del ministero dell’Economia, sta creando di fatto corsie preferenziali per qualcuno, per via di una procedura farraginosa e inefficiente, insomma favorisce alcune imprese a discapito di altre, le cui richieste rimangono su un binario morto.
La colpa sarebbe imputabile al fatto che il direttore di AgID, fortemente voluto da Renzi, è Diego Piacentini che è stato uno dei manager di Amazon Italia e che quindi — è la tesi del Fatto Quotidiano — starebbe favorendo il colosso USA.
Non si spiega però, nè al Fatto fanno delle ipotesi in merito, come mai diversi punti vendita di Mediaworld, Trony e Unieuro siano presenti nella lista dei retailer fisici accreditati sul portale.
Se davvero qualcuno — come sostiene il direttore dell’associazione di categoria (che sicuramente non ha nessun interesse a contrastare l’avanzata di Amazon) — stesse agevolando Amazon non si spiega come mai i principali bookstore online italiani siano tutti presenti nella lista dei venditori accreditati dove poter spendere il Bonus Cultura o la Carta del Docente.
Del resto è immaginabile che sia il settore della vendita di libri (e anche degli ereader perchè non esiste solo il Kindle) e non quello di strumenti informatici quello dove docenti e soprattutto studenti spenderanno la maggior parte del bonus.
Forse Mediaworld (e le altre grandi catene) ha preferito puntare sui punti vendita e non sull’ecommerce?
C’è inoltre da dire che gli esercenti hanno tempo fino al 30 giugno 2017 per registrarsi nel sistema e che i diciottenni hanno tempo fino a fine 2017 per spendere il bonus mentre per i docenti il termine ultimo per l’utilizzo della Carta è fissato con la fine dell’anno scolastico ovvero il 31 agosto 2017.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: governo | Commenta »
Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
LUCA, ROBERTO, MARIANNA, IL RACCONTO DELLA SFIDA DEI 30-40ENNI ALLA DISPERATA RICERCA DI OCCUPAZIONE
La maggior parte ha superato i trent’anni, ha alle spalle già diverse esperienze lavorative e cerca
un’occupazione nei settori più disparati: dalla grande distribuzione all’edilizia, dai fast food alla pubblica amministrazione.
Sono stati chiamati “schiavi moderni”, “superprecari”, “lavoratori di serie Z”. Più semplicemente i voucheristi, “sono persone che soffrono sulla propria pelle tutte le storture legate agli eccessi della flessibilità e della svalutazione del lavoro“, come li definisce Federico Martelloni, professore di Diritto del lavoro all’Università di Bologna. Ma soprattutto tutti ne parlano e quasi nessuno li conosce di persona, complice la reticenza che li caratterizza per la paura di subire delle ritorsioni.
Allora Ilfattoquotidiano.it ha battuto la provincia di Milano per incontrarli e capire come si vive e lavora oggi nel capoluogo e in Lombardia con i voucher.
Perchè qui? Lo sintetizza molto bene Marco Beretta, segretario della Filcams-Cgil locale: “Milano è una provincia che dimostra chiaramente come le politiche occupazionali di questi ultimi anni, e in primo luogo il Jobs Act, abbiano aumentato la precarietà . Nel 2015 abbiamo registrato circa 180mila nuovi avviamenti a tempo indeterminato, a fronte di quasi 6 milioni di voucher”.
Che vengono accettati con la consapevolezza di chi sa bene di faticare senza alcuna tutela, ma lo fa spinto dalla stringente necessità di incassare una retribuzione seppur minima.
E si apre a una sola condizione: “Racconto la mia storia, ma eliminiamo qualsiasi dato che possa identificarmi. D’accordo?”. D’accordo.
Luca, lavoratore nell’ipermercato Carrefour: “Qui dentro è schiavismo puro, ma io ho una famiglia e un mutuo sulle spalle”
Luca (il nome è di fantasia, come tutti quelli che seguiranno) è nato e cresciuto a Milano. Ha 34 anni e un diploma in Ragioneria. “Ma soprattutto — aggiunge lui — ho una famiglia e un mutuo sulle spalle: e questo spiega perchè non ho potuto rifiutare l’offerta di Carrefour”.
Tutto è partito, sul finire della scorsa estate, con un annuncio avvistato su internet. “Avevo già esperienze nella grande distribuzione — dice — e quindi ho pensato di consegnare un mio curriculum in un punto vendita”.
Pochi giorno dopo, il colloquio e l’offerta: il lavoro c’è, in uno degli ipermercati di Milano, ma solo coi voucher.
“È stata l’unica soluzione che mi hanno proposto. Io lo so che non è un’opzione ideale: ma in quel momento ero disoccupato e non potevo permettermi di restare senza stipendio. E quindi ho accettato. Anche perchè — prosegue Luca — subito mi hanno garantito che, se me lo fossi meritato, avrebbero segnalato il mio profilo ad una delle agenzie interinali delle quali Carrefour si serve: il che avrebbe potuto preludere ad un’assunzione più stabile”.
A ripensare a quella promessa, finora rimasta tradita, Luca mostra più disincanto che amarezza: “Sono promesse che lasciano il tempo che trovano, si sa. Ma in quei momenti, servono comunque a convincerti ad accettare”.
I turni non sono mai inferiori alle 4 ore: “Spesso, anzi, si va dalle 9:30 alle 18”. Il preavviso è minimo: a volte si viene allertati il giorno prima, e viene richiesta la disponibilità anche per eventuali turni notturni.
All’inizio i voucheristi coprivano perlopiù il fine settimana: ma col tempo sono stati assorbiti anche nei turni dei giorni feriali.
E il pagamento? “I soldi guadagnati vengono accreditati su una specie di carta prepagata che ci è stata rilasciata dopo la nostra registrazione all’Inps“. La ricarica avviene a fine mese, a seconda delle ore svolte.
“Dovrei dire che sono contento? Ovvio che no. Lì dentro siamo in una condizione di schiavismo puro”.
Usa il plurale, Luca, ma se gli si chiede quanti siano i voucheristi che lavorano nel suo stesso ipermercato, risponde di non poterlo dire con certezza. “Saremo 10, forse 15”.
Non si parlano, tra loro? Non si contano? “In generale, si evita di discutere di questi argomenti. C’è il timore costante che qualche lamentela venga poi riportata ai superiori, che potrebbero decidere di lasciarci a casa seduta stante, senza che noi possiamo protestare in alcun modo. Anche ora, mentre vi racconto la mi vicenda, la mia preoccupazione principale è che non emergano dati che mi rendano riconoscibile. Anzi, evitiamo di scendere ancora nei dettagli, vi prego”
Roberto e Christian. “Un giorno ci hanno detto: ‘Niente più contratto. Da domani venite in cantiere e lavorate a voucher’”
Roberto e Christian sono colleghi. Lavorano da anni fianco a fianco, carpentiere e manovale per una grossa impresa edile che gestisce vari cantieri nell’area nord di Milano. Roberto ha 55 anni, e da 4 non è più sposato. “Era un matrimonio che non funzionava. Meglio così. Coi miei figli è rimasto un buon rapporto; e anche con mia moglie, ci trattiamo meglio da quando non stiamo più insieme”.
Figlio di immigrati calabresi fuggiti al Nord all’epoca del boom, Roberto non ha mai concluso le scuole superiori (“Non aver studiato è il mio più grande rimpianto”, ammette) e lavora nell’edilizia sin da adolescente: “Avrò cambiato una decina di datori: ma non sono mai stato due mesi di fila con le mani in mano”.
Christian invece è originario di Oradea, nel nord-ovest della Romania. Vive in Italia da 9 anni: “Ho anche la residenza regolare: scrivetelo”.
Il suo sogno è quello di mettere da parte una somma sufficiente a far venire a Milano anche sua moglie e sua figlia: “È per loro che lavoro. Anche se i risparmi non sono tanti: ma se mi avanza qualcosa a fine mese lo spedisco direttamente a casa mia in Romania”. Da quando è arrivato in Italia, Christian ha lavorato sempre e solo per l’azienda edile nella quale ancora oggi si trova: “Evidentemente sono soddisfatti di me”.
Da qualche mese, però, le condizioni sono cambiate. Sia per Roberto sia per Christian, sia per un altro paio di loro colleghi, che preferiscono non parlare. “Senza alcun preavviso ci è stato comunicato che il nostro contratto, che era in scadenza, non sarebbe stato rinnovato. Dal giorno dopo — racconta Roberto — avremmo dovuto comunque presentarci al cantiere, come se nulla fosse, e cominciare a lavorare a voucher”.
All’inizio c’è stata soprattutto sorpresa: “Io non sapevo nemmeno cos’erano, ‘sti voucher”, confessa Roberto. Lo sconforto è arrivato in un secondo momento: “A me va bene tutto — garantisce Christian — finchè posso lavorare. Però ho scoperto che così se mi ammalo o mi faccio male, non mi viene dato nulla. E anzi rischio pure di non essere richiamato. E sul cantiere capita di ammalarsi, o di farsi male“.
Marianna: “Io e mio marito assunti con voucher da Burger King. Ora passiamo da un lavoro precario all’altro”
Quando le si chiede di riassumere la sua breve esperienza al Burger King di Segrate, Marianna parte da lontano, raccontando delle sue aspirazioni di adolescente: “La mia passione sarebbe assistere gli anziani e i malati. Aiutare chi soffre mi fa sentire utile: ma non posso aspettare di trovare il lavoro che sogno, e quindi accetto ogni cosa“.
Ha 34 anni, Marianna, e la scuola l’ha abbandonata in quarta superiore: per specializzarsi, poco dopo, come ausiliaria socioassistenziale. È nata e cresciuta a Milano, dove ora vive insieme a suo marito: “Condividiamo il tetto e il mutuo”.
Entrambi hanno fatto richiesta di lavorare al Burger King l’estate scorsa, presentando i propri curricula. “Ci hanno presi subito. Le nostre mansioni? Pulire bagno, sala e cucina, e qualche volta lavare e preparare gli ingredienti per i panini”.
L’entusiasmo per il nuovo lavoro era tanto, nonostante i ritmi serrati e stancanti: “Avevamo la responsabile del personale sempre col fiato sul collo. Continuava a dirci di fare tutto più in fretta”.
Dopo un mesetto, però, le prime tensioni. “Tutto è nato dalla mia semplice richiesta di fare i turni pomeridiani. Per una questione di compatibilità con gli orari di mio marito, mi era impossibile staccare all’una o anche, a volte, alle tre di notte. ‘Nessun problema’, mi fu detto, e invece il problema c’era eccome”. Anzichè essere anticipati, i turni di Marianna venivano semplicemente annullati.
“In quei giorni c’è stato anche un incidente: mentre ero nella cucina, mi sono tagliata un dito con un coltello. All’Inail mi hanno consigliato di avanzare richiesta di risarcimento per l’infortunio, ma i responsabili del mio punto vendita hanno fatto di tutto per mandare all’aria la procedura, e ci sono riusciti”.
Nemmeno una settimana dopo la richiesta di cambio dei turni, Marianna riceve una telefonata dall’azienda: “Mi hanno detto di non tornare al lavoro, il giorno dopo. Scaricata per telefono, senza diritto di dire una parola. A me in quel momento è caduto il mondo addosso”.
Intanto anche suo marito aveva lasciato Burger King per trovare lavoro in un’azienda di trasporti: “Non un granchè, ma almeno non ci stanno i voucher”.
E Marianna? “Io ora lavoro in una ditta di pulizie. Ma non so se il mese prossimo mi rinnoveranno il contratto”.
Giuseppe: “A me Burger King non ha neppure pagato tutte le ore che ho lavorato. Sto pensando di rivolgermi a un avvocato”
In un altro Burger King, quello di Rezzato, nel bresciano, ha lavorato Giuseppe. Che ha 32 anni e vive con i suoi genitori. “Fortunatamente non ho ancora una famiglia mia”. Fortunatamente? “Be’ sì: altrimenti come la sosterrei economicamente?”.
Dopo il diploma, Giuseppe ha cominciato subito a lavorare. “Sempre occupazioni poco stabili: ma almeno non sono mai rimasto a casa troppo a lungo”.
E proprio per porre fine in fretta a uno di quei periodi di disoccupazione, nel giugno scorso decide di consegnare il suo curriculum a Burger King. “Mi hanno tenuto in prova per un mese. Poi, come unica prospettiva, quella del lavoro a voucher”.
Anche nel suo caso, il miraggio lasciato intravedere era quello di una maggiore stabilità : “Mi avevano promesso un’assunzione definitiva. E chi lo ha mai visto, in 32 anni, un contratto a tempo indeterminato?”.
Insomma accetta, ma come funzionino effettivamente i voucher lo scopre solo dopo i primi giorni. “Decisi di informarmi bene, perchè da quello che avevo sentito si trattava di una forma di lavoro puramente occasionale. Ma ero rimasto indietro. E infatti a noi settimana per settimana venivano assegnati i turni. Dei turni veri e propri: come mi era capitato quando lavoravo a contratto”.
Decide di andare avanti, in ogni caso. “Il lavoro è comunque oro: per cui mandi giù il boccone amaro. Quando ti servono i soldi, mandi giù tutto”.
Al termine del periodo di lavoro previsto con i voucher, della prospettiva di un’assunzione non è rimasta traccia. “E non solo. La cosa assurda fu che quando andai a controllare la quota che mi era stata accreditata, mi accorsi che il conteggio era sballato. Mancavano almeno 20 ore, che io avevo coperto ma che non mi erano state retribuite”. Un breve consulto coi suoi ex colleghi, e subito Giuseppe scopre di non essere l’unico ad aver ricevuto un simile trattamento.
“La differenza fu che alcuni di noi cercarono di trattare direttamente con l’azienda, altri si rivolsero subito al sindacato. E guarda caso, questi ultimi furono improvvisamente assunti a tempo indeterminato, forse per convincerli a tacere ed evitare che le loro proteste facessero troppo rumore. Gli altri, invece, me compreso, non hanno ottenuto ancora nulla. Io aspetto ancora un mese, poi vado per vie legali“.
Davide: “Da noi il Comune utilizza i voucher per qualunque mansione: dalla nettezza urbana al lavoro d’ufficio”
“Classe ’68: scrivete così, fa meno effetto rispetto a 48enne”. Davide vive con la sua famiglia a Trezzano Rosa, Comune di 5mila abitanti nella periferia nord-est di Milano: ha una moglie e una figlia che frequenta il liceo classico, e che dopo la maturità vorrebbe continuare gli studi.
“Voglio permetterle di farlo”, precisa subito Davide, che fino a un paio d’anni fa lavorava nell’azienda del fratello: poi le cose non sono andate più bene (“Inutile entrare nei dettagli”) e si è ritrovato a chiedere aiuto al Comune.
Sei mesi d’attesa, poi un periodo di collaborazione con una cooperativa del posto, poi altri 6 mesi di contributo di disoccupazione.
“Alla fine, il Comune mi ha offerto un lavoro a voucher: si trattava di rinforzare le squadre che si occupavano della nettezza urbana e della cura del verde pubblico”.
Periodi brevi, turnazioni costanti. “Di fatto, i cicli erano di 30 ore ciascuno: poi si ruotava. Un modo per interrompere l’inattività di chi non riusciva a trovare lavoro”.
I voucher come ammortizzatore sociale, dunque? “Detta così sembrerebbe quasi una cosa positiva”. E invece? “E invece parliamoci chiaro: al Comune questo sistema conviene perchè gli evita di dover assumere lavoratori in maniera più stabile. Ti prendo, ti faccio fare le tue 30 ore, e poi basta. E così si rende ancor più difficile la possibilità di trovare un contratto decente”.
Ma non è solo per le mansioni più occasionali, che l’amministrazione di Trezzano Rosa si serve dei voucher. “Li utilizzano anche per pagare gli impiegati, quelli che svolgono un lavoro d’ufficio giornaliero e regolare”.
Si potrebbe provare a parlare con qualcuno di loro? “Ho provato a domandare — dice Davide — Per ora preferiscono di no. Significherebbe esporsi e rischiare di essere lasciati a casa da un giorno all’altro. È gente che ha una famiglia a cui pensare. Però chissà , magari dopo questo vostro lavoro, a qualcuno potrebbe venire voglia di raccontare”.
Valerio Valentini
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
OCCUPAZIONE IN CRESCITA TRA GLI OVER 50, MALE PER GLI UNDER 35
L’occupazione cresce tra gli over 50 e cala per gli under 35.
L’ennesimo schiaffo ai giovani arriva dalla nota trimestrale sulle tendenze occupazionali pubblicata da Istat, Inps, Inail e ministero del lavoro.
Per i giovani tra i 15 e i 34 anni, il mercato del lavoro non decolla: nel III trimestre gli occupati in questa fascia d’età sono calati sia su base congiunturale (-1,1%), sia su base tendenziale (-0,6%), sia in termini di tasso di occupazione (in calo su base congiunturale dello 0,3%).
In termini tendenziali, nel III trimestre, si tratta di 55 mila posti di lavoro in meno (sempre tra i giovani) rispetto allo stesso periodo del 2015 mentre su base congiunturale sono calati di 29 mila.
La situazione migliora solo andando avanti con l’età .
Nella popolazione adulta, infatti, cioè nella fascia d’età tra i 35 e i 49 anni, il tasso di occupazione sale (+0,1% congiunturale e +0,9% tendenziale).
Una tendenza che diventa ancora più evidente per gli ultra cinquantenni, che godono di un aumento congiunturale dello 0,2% e tendenziale dell’1,6.
Specchio di questa realtà sono i dati sulla disoccupazione: tra i giovani aumentano anche i disoccupati (+42mila nel III trimestre a un tasso del 2,9%, con un incremento su base tendenziale del 6,6%).
Tasso che scende per gli adulti (-1,8% nel III trimestre su base congiunturale) e per gli over 50 (-2,8%).
La nota certifica anche un’impennata nell’utilizzo dei voucher, incarnazione di un mondo del lavoro sempre più precario.
(da agenzie)
argomento: Lavoro | Commenta »
Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
MAX GAZZE’, DOPO UNA VANA ATTESA, HA PRESO ALTRI IMPEGNI… I CONCERTI SUI PONTI ALLE 3 DI NOTTE CON SPESE A CARICO DEGLI ARTISTI E I BUS CHE FINISCONO LE CORSE PRIMA DELL’EVENTO
Ci sono due parole che Virginia Raggi ripete ossessivamente. Non c’è dichiarazione pubblica della
sindaca nella quale a un certo punto non faccia capolino la formula: «Stiamo lavorando».
Dopo vent’anni salta a Roma il concerto della notte di San Silvestro, che si fa a fine anno? «Stiamo lavorando», risponde la sindaca.
E lo stadio della Roma? «Stiamo lavorando».
Il trasporto pubblico fa schifo? «Stiamo lavorando».
I cassonetti traboccano di rifiuti? «Stiamo lavorando».
Non è riuscita a trattenersi neppure la notte delle lacrime, di fronte alle telecamere imbarazzate per il pianto liberatorio dopo le messa di Natale nell’ostello della Caritas. «Stiamo lavorando…».
Peccato che di tutto quel lavoro si veda poco o nulla.
Serve a esorcizzare, quella frase. Basta pronunciarla, per crederci davvero anche a dispetto dei numeri: 121 provvedimenti di giunta approvati in un semestre, contro i 150 di Ignazio Marino, i 250 di Gianni Alemanno, i 400 di Walter Veltroni.
Difficile dire se la sindaca abbia sottovalutato i problemi o sopravvalutato se stessa. Ma quel passaggio del suo discorso improvvisato – «È un momento un po’ complesso» – scappato nel momento della commozione la sera del 24 dicembre, dice tutto delle difficoltà di gestire una città così complicata e degli errori clamorosi commessi.
È mancata soprattutto la comunicazione, dicono, una lacuna che ora si dovrebbe colmare con l’arrivo dell’italo-greco Trianda Loukarelis, incaricato di gestire le relazioni esterne per 88 mila euro l’anno. L’ha mandato, pare, Luigi Di Maio.
Un elenco di errori comunque lunghissimo, che ha contribuito a rendere il Natale di Virginia Raggi il peggiore che lei stessa potesse immaginare.
Prendete l’albero di Piazza Venezia. Così brutto non l’avevamo mai visto. Brutto al punto da dover intervenire in un secondo tempo per migliorare i miseri addobbi.
E quando qualcuno l’ha fatto notare, lei ha replicato: «Abbiamo risparmiato. L’albero è stato regalato alla città di Roma che ha dovuto soltanto sostenere i costi del trasporto e dell’installazione». Quindicimila euro.
Peccato che in città come Milano e Torino i costi siano stati sostenuti integralmente dagli sponsor. Quanto all’estetica, c’è a dir poco un abisso.
Un segnale, quell’albero di piazza Venezia, che avrebbero dovuto cogliere subito. Invece no.
Per la prima volta da vent’anni il concertone di Capodanno a Roma non ci sarà . La ragione? Quando il Campidoglio si è deciso a fare il bando pubblico (gratuito per il Comune e oneroso per il vincitore) era troppo tardi.
E a chi si è aggiudicato la gara non è rimasta altra scelta che ritirarsi. Anche perchè la star della serata, Max Gazzè, stufo di attendere, aveva nel frattempo preso un altro impegno: si esibirà in Sardegna.
L’assessore alla Crescita culturale Luca Bergamo aveva garantito che si trattava di una scelta di trasparenza. Meglio la gara di un affidamento diretto. Non ci piove. Ma le gare pubbliche bisogna saperle fare, e il tempo non è una variabile indipendente.
Per esempio è noto che un concerto in piazza non si organizza in nove giorni: tanti ne sarebbero stati a disposizione.
Un po’ quello che è accaduto con i bandi per piazza Navona: e infatti anche lì il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Al flop del concertone si sarebbe rimediato con un anticipo del Capodanno lungo il Tevere già previsto per la notte fonda.
Ma dell’evento annunciato per le 22.30 al Circo Massimo non si è saputo più nulla. Non resterebbe allora che confidare nel successo della festa sui ponti, anche questa organizzata con i bandi pubblici.
Il sito del Comune precisa: «La partecipazione è a titolo gratuito, ogni onere della performance sarà a carico dei partecipanti e non sarà possibile raccogliere offerte».
E sempre per la serie delle disfunzioni dovute all’esperienza, non si può evitare una domanda: se la festa sui ponti inizia alle tre di notte, perchè è previsto che i mezzi dell’Atac cessino il servizio alle due e mezza?
Per Virginia Raggi un Natale da dimenticare, il primo da sindaca. E un Capodanno spento e silenzioso. Nè concerto nè fuochi d’artificio, vietati dal Campidoglio. C’è solo da sperare che il botto non arrivi dal palazzo di giustizia.
Il caso del fratello di Raffaele Marra incombe: impossibile fare previsioni. Ma di sicuro in un anno è cambiato tutto.
A fine 2015 Virginia Raggi aspettava l’incoronazione: ora aspetta invece di essere ascoltata dal magistrato.
Auguri sinceri.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: Roma | Commenta »
Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
PER QUESTIONI DI TEMPO NON E’ IN GRADO DI UTILIZZARE GLI ALTRI
“Crediamo di riuscire ad affrontare circa 70 milioni di debiti fuori bilancio”. L’assessore capitolino al Bilancio Andrea Mazzillo, in un’intervista al TGR Lazio, ammette nei fatti che il Comune di Roma non riuscirà a impegnare per intero i 137 milioni di spazi d’economia concessi alla Capitale dal Ministero di Economia e finanza a fronte dei 215 milioni di debiti fuori bilancio che gravano sulle casse comunali.
“La disponibilità del Mef ci è giunta ai primi di dicembre”.
In pratica, secondo la Giunta targata Virginia Raggi, non ci sarebbe stato abbastanza tempo per la programmazione (ma bastava cominciare a pensarci a luglio…)
Sta di fatto che si prospetta un nuovo flop per M5S dal momento che sarà utilizzata solo poco più della metà dei fondi messi a disposizione per coprire i debiti passati.
Tra uffici capitolini, commissione Bilancio e Assemblea è in corso una vera e propria maratona.
Da domani fino a poche ore prima del brindisi di saluto al nuovo anno, sperando che per Raggi sia migliore del precedente, l’Assemblea capitolina lavorerà , in extremis, per approvare le delibere della Giunta e non perdere i soldi concessi dal Mef.
Se entro il 31 dicembre i consiglieri comunali non approveranno delibere equivalenti all’intera cifra, tutto ciò non impegnato tornerà nelle casse dello Stato e, secondo quanto anticipato da Mazzillo, 67 milioni torneranno indietro.
Nel calderone dei debiti c’è un po’ di tutto: da saldi a vecchi fornitori, a liquidazioni di contenziosi, buche, scuole, spese per feste e iniziative nei municipi, poi alcune delibere più consistenti, bisognose di giustificazioni più articolate e che molto probabilmente arriveranno sul fil di lana, come quella riguardante l’azienda trasporti. Nella prima seduta della commissione Bilancio guidata dal presidente M5S Marco Terranova con cui il 23 dicembre scorso è partito il conto alla rovescia per il salvataggio di queste risorse, i commissari hanno affrontato le prime 17 delibere, potendone approvare solo 16 per un importo complessivo di appena 2,8 milioni, perchè una risultava incompleta.
Ieri nella prima seduta di Giunta dopo la pausa natalizia, è stato varato un ulteriore pacchetto su cui la commissione Bilancio si esprimerà per poi passare all’esame dell’Aula.
Insomma, in Campidoglio si lavora con l’acqua alla gola sperando di non affondare, anche se su quasi la metà dei soldi è stata già alzata bandiera bianca.
(da “La Repubblica”)
argomento: Roma | Commenta »
Dicembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
NIENTE POSTI, PERICOLO DI FUGA DI SUOI UOMINI: IL PARTITO RISCHIA DI SCIVOLARGLI VIA
Denis Verdini è sull’orlo di una crisi di nervi. 
Tra posti di sottogoverno che non riesce ad ottenere e uomini che minacciano di lasciare. Il suo partito, Ala, gli sta scappando di mano.
«Ormai con Renzi è inutile parlare, dobbiamo giocarci tutte le carte con Gentiloni», è stato lo sfogo dell’ex plenipotenziario di Berlusconi.
Lo strappo con il segretario del Pd si consuma nella riunione di mercoledì scorso a via Poli. Il leader di Ala si sente in un certo senso «tradito» da Renzi: «Perchè non devo avere nulla?». Infuriato e amareggiato, Verdini convoca lo stato maggiore del partito poco prima di pranzo.
Non è un brindisi prima della pausa natalizia, ma un consiglio di guerra per il risiko dei sottosegretari.
Il telefono di «Denis» squilla e si illumina continuamente. Da qualche minuto ha aperto un canale diretto con il premier Gentiloni.
Si aspetta da un momento dall’altro la proposta da parte degli sherpa del premier. Per le truppe verdiniane il riconoscimento politico ha un solo significato: la nomina di «almeno» cinque sottosegretari.
Il leader di Ala si accende la sua immancabile marlboro rossa. Con un occhio guarda il cellulare, con l’altro ascolta il primo dei suoi che interviene, Ciro Falanga. Quest’ultimo è fra quelli che spingono per ottenere un posto di sottogoverno.
Poi è il turno di Eva Longo: «Ho i requisiti per rivestire l’incarico di sottosegretario all’Istruzione».
Saverio Romano si sfila dalla trattativa. Chi ha parlato in queste ore con il siciliano osserva che «dopo aver fatto il ministro dell’Agricoltura con il governo Berlusconi Saverio non scenderebbe mai di grado».
Verdini ascolta, e prende appunti. Nel frattempo Palazzo Chigi fa filtrare che Ala potrebbe pretenderne soltanto due di sottosegretari. Preferibilmente, «due tecnici».
L’ex berlusconiano incassa, ma non tiene conto delle proteste del gruppo.
Non appena presenta l’offerta, i suoi non ci stanno e sbattono la porta. Verdini a quel punto comprende che il partito rischia di scivolargli via e ha in mente la mossa del cavallo.
Proporre due o tre uomini: Riccardo Mazzoni, più che un amico storico per «Denis», Ciro Falanga e Massimo Parisi, la sentinella di Verdini a Montecitorio.
Tutto passerà da un incontro che il leader di Ala starebbe chiedendo al premier Gentiloni, ma che non è stato ancora fissato.
Palazzo Chigi smentisce qualunque trattativa e incontro. Ma qualcuno annota che a frenare sul nascere l’accordo con Verdini sarebbe stato l’Ncd di Alfano.
Il motivo? «Non smettere di essere il pivot dell’esecutivo», confida un senatore.
Giuseppe Alberto Falci
(da “La Stampa”)
argomento: governo | Commenta »