RISIKO SOTTOSEGRETARI, VERDINI SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI
NIENTE POSTI, PERICOLO DI FUGA DI SUOI UOMINI: IL PARTITO RISCHIA DI SCIVOLARGLI VIA
Denis Verdini è sull’orlo di una crisi di nervi.
Tra posti di sottogoverno che non riesce ad ottenere e uomini che minacciano di lasciare. Il suo partito, Ala, gli sta scappando di mano.
«Ormai con Renzi è inutile parlare, dobbiamo giocarci tutte le carte con Gentiloni», è stato lo sfogo dell’ex plenipotenziario di Berlusconi.
Lo strappo con il segretario del Pd si consuma nella riunione di mercoledì scorso a via Poli. Il leader di Ala si sente in un certo senso «tradito» da Renzi: «Perchè non devo avere nulla?». Infuriato e amareggiato, Verdini convoca lo stato maggiore del partito poco prima di pranzo.
Non è un brindisi prima della pausa natalizia, ma un consiglio di guerra per il risiko dei sottosegretari.
Il telefono di «Denis» squilla e si illumina continuamente. Da qualche minuto ha aperto un canale diretto con il premier Gentiloni.
Si aspetta da un momento dall’altro la proposta da parte degli sherpa del premier. Per le truppe verdiniane il riconoscimento politico ha un solo significato: la nomina di «almeno» cinque sottosegretari.
Il leader di Ala si accende la sua immancabile marlboro rossa. Con un occhio guarda il cellulare, con l’altro ascolta il primo dei suoi che interviene, Ciro Falanga. Quest’ultimo è fra quelli che spingono per ottenere un posto di sottogoverno.
Poi è il turno di Eva Longo: «Ho i requisiti per rivestire l’incarico di sottosegretario all’Istruzione».
Saverio Romano si sfila dalla trattativa. Chi ha parlato in queste ore con il siciliano osserva che «dopo aver fatto il ministro dell’Agricoltura con il governo Berlusconi Saverio non scenderebbe mai di grado».
Verdini ascolta, e prende appunti. Nel frattempo Palazzo Chigi fa filtrare che Ala potrebbe pretenderne soltanto due di sottosegretari. Preferibilmente, «due tecnici».
L’ex berlusconiano incassa, ma non tiene conto delle proteste del gruppo.
Non appena presenta l’offerta, i suoi non ci stanno e sbattono la porta. Verdini a quel punto comprende che il partito rischia di scivolargli via e ha in mente la mossa del cavallo.
Proporre due o tre uomini: Riccardo Mazzoni, più che un amico storico per «Denis», Ciro Falanga e Massimo Parisi, la sentinella di Verdini a Montecitorio.
Tutto passerà da un incontro che il leader di Ala starebbe chiedendo al premier Gentiloni, ma che non è stato ancora fissato.
Palazzo Chigi smentisce qualunque trattativa e incontro. Ma qualcuno annota che a frenare sul nascere l’accordo con Verdini sarebbe stato l’Ncd di Alfano.
Il motivo? «Non smettere di essere il pivot dell’esecutivo», confida un senatore.
Giuseppe Alberto Falci
(da “La Stampa”)
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