Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
SVANITO L’ACCORDO COI GRILLINI, DOPO L’INCIUCIO TRA GIORGETTI E RENZI SUL ROSATELLUM, ORA NELLA LEGA SI LAVORA PER GOVERNARE CON IL PD E FORZA ITALIA
Il solo immaginare una follia del genere, che dopo le elezioni la Lega possa contribuire a qualche formula di emergenza, magari sostenendo un governo “del Presidente” fianco a fianco con Forza Italia e Pd, basterebbe a giustificare un ricovero urgente.
«Non esiste», «mai e poi mai con Renzi», sono le risposte da Via Bellerio, «piuttosto meglio in eterno all’opposizione».
Ma proprio questo è il punto: davvero Salvini preferirebbe passare vent’anni nelle praterie della protesta?
Tutta la sua campagna sarà impostata sull’ipotesi numero uno, che passa per una vittoria travolgente del centrodestra (Matteo già prepara l’abito buono, «andiamo a governare» ripete). Se il centrodestra crescesse di altri 5-6 punti, calcolano i sondaggisti, il sogno potrebbe perfino avverarsi, ma al momento non ci siamo.
Fine di un amore
L’altra via per fare bingo passa da un’intesa Lega-M5S, sempre che raccolga abbastanza voti. Nei mesi scorsi era tutto uno scambiarsi segnali. Circola addirittura un presunto piano leghista per «incastrare» i Cinquestelle: dopo le elezioni offrire un programma di governo dove mettere tutto nero su bianco, concordando le virgole. Ma quella strada sembra impraticabile.
Proprio ieri Grillo ha rovesciato un fiume di insulti su Salvini, definendolo «traditore politico» (segno che c’era del tenero), più «schifoso di Renzi e Berlusconi messi insieme». Una pietra tombale.
La colpa leghista sta nell’appoggio al “Rosatellum”, anzi di avere svolto un ruolo decisivo. Fonti autorevoli del Pd confermano che «senza di loro non ci saremmo mai riusciti, il primo a stringere l’intesa col capogruppo Ettore Rosato è stato proprio Giancarlo Giorgetti», plenipotenziario di Salvini.
Lo stesso Matteo s’è scambiato una quantità di sms con l’altro Matteo, quello di casa a Rignano. Il Cav è stato al gioco anche per non essere tagliato fuori.
Strane coincidenze
Ma ora accade qualcosa di inconcepibile. Per la prima volta, tra i leghisti di peso, affiora l’interrogativo del che fare, qualora ci fosse bisogno di salvare l’Italia.
Si chiedono sottovoce se la formula che ha consentito di battere i “franchi tiratori” (Pd, più Forza Italia, più Lega) non possa costituire la base di partenza per qualcos’altro: «Se insieme siamo riusciti a scrivere una legge elettorale, che è impresa quasi disperata, perchè scartare dopo il voto eventuali larghe intese sotto l’egida del Colle?».
La risposta è ovvia: perchè dirlo ora sarebbe peggio di un autogol, un regalo pazzesco ai grillini.
Neppure Renzi e Berlusconi (anzi soprattutto loro) lo ammetterebbero mai. Però non sfuggono certi segnali: i sommessi elogi per il rigore di Marco Minniti sull’immigrazione. Il referendum sull’euro svanito all’orizzonte. La Meloni presa a male parole da Salvini, mentre torna il feeling col Cav che fino a poco tempo fa veniva additato come pronto a “inciuciare” con Renzi.
Adesso non se ne parla più.
(da “La Stampa”)
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Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
QUESTO SAREBBE IL CAPOGRUPPO AL SENATO: UNO CHE TIRA IL SASSO E POI NASCONDE LA MANO E FA SPARIRE IL POST DA QUERELA
Gian Marco Centinaio, per chi non lo sapesse è il presidente del Gruppo parlamentare
della Lega Nord al Senato.
Con un hobby: spaccio di fake news.
Su Twitter fa circolare l’immagine di un tizio indicato come il fratello della presidente della Camera, Laura Boldrini e avverte i suoi follower: «Lui è Andrea Boldrini, fratello di Laura Boldrini che lo ha fatto nominare direttore generale del centro coordinamento delle regioni. Prende 47mila euro al mese. Nessun Tg ne parla!!!».
E certo che nessun Tg ne parla caro Centinaio, perchè la notizia è una fake news, un’altra bufala che investe la presidente della Camera già data come ragazza Coccodè.
Ma anche sorella di tal Lucia a cui sarebbero stati dati in gestione centinaia di centri per migranti. Peccato che la sorella, quella vera, si chiamasse Luciana e che sia morta anni fa per malattia.
Dipingeva affreschi lei, Lucia. Mentre Centinaio dipinge sui social fake news.
E non pago ci ride anche su, invece di scusarsi, twitta: «Siamo diventati un caso!», come fosse normale e divertente diffamare il prossimo.
(da “La Stampa“)
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Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
“DIETRO AI CINQUESTELLE C’E’ DAVIGO, SE VINCONO LASCIO L’ITALIA”… IL REPERTORIO SOLITO: BARZELLETTE, COMUNISTI, GIUSTIZIA E PENSIONI MINIME A 1000 EURO
La custodia cautelare solo per chi è accusato di fatti di sangue, tutti gli altri — tipo i ladri e i corrotti — fuori sotto cauzione.
E poi ovviamente l’usato sicuro: la riforma delle intercettazioni, la separazione delle carriere dei magistrati, la non appellabilità delle sentenze di assoluzione.
Quindi un paio d’attacchi al Movimento 5 Stelle e a Piercamillo Davigo, reo di non sorridere mai, e che sarebbe pronto a fare il premier proprio per i pentastellati: ipotesi che decreterebbe la sua fuga verso l’estero.
In coda la novità della casa: la difesa dei diritti degli animali, che però a questo giro viene prima del solito “piano per il Sud“.
Finito? Ah no, c’è ancora il tempo per la classica barzelletta: Berlusconi muore e convince Dio a fare il vicepresidente del Paradiso. Il pubblico sorride anche se è una battuta vecchiotta di un paio di decenni. Ma d’altra parte le novità dell’ultimo, ennesimo, ritorno di Silvio Berlusconi sono altre.
L’ex premier ormai ottuagenario ha scelto il giorno del decimo anniversario del Pd, per inaugurare la campagna elettorale in vista delle politiche del 2018. Un turno elettorale che per Matteo Renzi sarà “un corpo a corpo” con il centrodestra. Più di qualcuno si sarà chiesto:
E il Movimento 5 Stelle? Di quale centrodestra parla Renzi? Ma il solito ovviamente. Quello dell’inno di Forza Italia su sfondo azzurro, dei proclami contro i comunisti, del ghigno di Berlusconi, tirato -letteralmente — a lucido per l’occasione.
Passano pochi minuti dalle parole del segretario dem ed ecco che da Ischia fa capolino il volto dell’ex cavaliere. L’occasione è la presentazione del nuovo simbolo di Forza Italia: si chiama l’Albero delle Libertà , che era anche uno dei simboli della Rivoluzione Francese, usato in Italia nel 1914 durante la settimana rossa in Emilia Romagna. Concetti non esattamente cari all’ex premier, che evidentemente li ignora. Fa nulla, perchè dopo il tour con tanto di elmetto dei vigili del fuoco tra i terremotati di Casamicciola, Berlusconi è pronto a tornare nel suo habitat naturale: la campagna elettorale.
E dunque spazio al suo programma che sarebbe stato discusso con cinquanta — “anzi cento“, “anzi gruppi di cento” — elettori che non sono andati a votare.
Cosa c’è dentro quelle pagine che Silvio consegna ai suoi interlocutori ischitani? Ma ovviamente una grande riforma della giustizia.
Primo: “Il cambiamento assoluto delle intercettazioni, prendendo a modello l’America”. Secondo: “La non appellabilità delle sentenze di assoluzione“. Terzo: “Basta ai processi infiniti perchè il processo è già una pena“. In coda una straordinaria novità : “In galera prima delle sentenze definitive ci andranno solo quelli accusati di reati di sangue, per tutti gli altri introdurremo la cauzione“.
Insomma la libertà è per chi ha il denaro per pagarsela.
Ovviamente il redivivo Berlusconi non dimentica di promettere una sempre attuale riforma costituzionale. “Una volta al Governo faremo la riforma della Costituzione così chi viene eletto ha vicolo di mandato“, annuncia il premier che sarebbe caduto ben prima del 2011 se i Razzi e gli Scilipoti si fossero dovuti sottomettere al vincolo di mandato.
Quindi è il turno degli avversari. Che per Berlusconi, però, sono “i ribellisti“, cioè i 5 Stelle che “hanno nel loro programma proposte che non sono conosciute”.
Lui, però, ovviamente le sa. Quali sono dunque?
“La tassa sulla successione del 45%, come hanno fatto i socialisti in Francia”, dice l’anziano leader, evidentemente sensibile come non mai all’argomento.
“I 5 Stelle sono una forza pauperista. Loro non hanno nè arte nè parte, loro non hanno mai lavorato in maggioranza. L’86% di chi è in Parlamento non ha mai fatto una dichiarazione dei redditi, sono loro i veri professionisti della politica, quando volevamo andare votare a settembre io e il Pd loro si sono opposti”, ha continuato a tuonare per poi indirizzare i suoi attacchi al candidato premier.
Luigi Di Maio? “No lui è un frontman“, assicura Berlusconi, “se i 5 stelle vinceranno vedrete che sarà Davigo il premier”.
Ipotesi infausta per il pregiudicato, perchè Davigo “è un concentrato di odio invidia e rabbia, i suoi collaboratori dicono che non lo hanno mai visto sorridere“.
Quindi se mai davvero i pentastellati dovessero vincere le elezioni, l’ex cavaliere promette: “Se sarà così io dall’Italia me ne vado”.
Il resto del comizio è un mix di cifre assortite (“In Italia ci sono 15 milioni di poveri”) e proposte già sentite, come la pensione minima a mille euro e quella per le mamme “che hanno lavorato anche la sera, di notte, sabato, domenica, avranno una pensione perchè hanno diritto ad avere una vecchiaia serena e dignitosa”.
Senza dimenticare la specialità della casa: l’umorismo più o meno volgare, declinato su più fronti.
Politica estera: “In America hanno un problema, c’è questo signor Trump di cui apprezziamo la moglie e la figlia”. Integrazione: “Sono andato nei centri di accoglienza di Gheddafi e non ho visto il bidet ho detto che erano necessari e ho detto: voglio insegnare a questi scopatori libici che anche i preliminari sono importanti”. L’ultima invece è per se stesso: “Hanno chiesto ad alcune ragazze: fareste ancora l’amore con il presidente Berlusconi? Il 34% ha risposto sì. Il 76% invece: ancora?”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
FESTA DEM SENZA PHATOS E PARECCHI ASSENTI, MA E’ STANDING OVATION PER L’EX SEGRETARIO CHE VOLA ALTO
“Aridatece Walter”, urla il militante seduto su un gradino della prima balconata, dopo
l’applauso, caldo, uno dei tanti, alla prima curva della memoria: “Il Pd nacque con dieci anni di ritardo, doveva essere la naturale prosecuzione e il naturale proseguimento della stagione dell’Ulivo”.
Veltroni è sul palco del Teatro Eliseo, in questo decennale del Pd, disertato da mezzo partito, ulivisti, prodiani, minoranze varie: “Vorrei — dice – che il nostro sguardo si alzasse, come se volasse, sulla polvere delle zuffe quotidiane, sopra i rivoli di odio e le bave di intolleranza, su frastuono delle urla e la miseria di passioni senza motivazioni”.
In prima fila parecchi ministri, dall’aria quasi smarrita di chi è in scadenza. E gli tocca andare a una cerimonia. Poletti che arriva tenendo la mano alla moglie, l’apprezzatissimo Minniti. Poco più in là Maria Elena Boschi, irresistibile per i fotografi, nei panni della donna-bandiera: scarpa di vernice rossa, pantalone bianco, camicetta di seta verde. Accanto Francesco Bonifazi, al solito sbottonato di tre bottoni, petto villoso di fuori.
Walter cita Prodi, quel governo “il migliore della storia della Repubblica” dove sedevano Ciampi e Napolitano, Andreatta, poi caduto a causa di “massimalismo e divisioni”.
Parla divinamente, a una platea abituata al circo quotidiano: parole profonde, colte, non schiacciate dal presente.
A proposito: che applauso quando dice che la città delle Fosse Ardeatine non deve conoscere “l’onta di una marcia celebrativa delle camice nere”.
“Aridatece Walter” urla il militante, perchè il suo discorso è una favola bella che rimuove frizioni, rotture, odi, rancori di questi anni.
E in fondo è una favola bella in quanto rimuove frizioni, rotture, odi e rancori di questi anni. Innominato Renzi, evocato Giorgio Napolitano come ministro dell’Interno di allora, non colui che tre giorni fa ha preso a picconate la forzatura della fiducia sulla legge elettorale, ringraziato Prodi di vent’anni fa, non quello di oggi.
Discorso alto, sui principi, sui valori, sulle radici, che delinea un Pd, il “suo”, quello delle origini, quello che ha mobilitato di più alle primarie, con oltre 3 milioni di votanti e che prese, nel 2008, più di Renzi alle Europee.
Anche se perse con Berlusconi, altra rimozione. Sia come sia un Pd, inclusivo, che parte da sinistra per allargare, non dal centro per rompere a sinistra, diverso dall’esistente “ma anche” utile qualora Renzi volesse ritrovare un senso smarrito: la vocazione maggioritaria che non è “autosufficienza o splendido isolamento”, nè partito della Nazione: “Le alleanze — dice Veltroni — si fanno prima e le si fa giudicare dagli elettori. Alleanze che io spero che il Pd faccia”.
L’altra speranza è non abbandonare la cultura dell’alternanza e cedere all’inciucio e ai rigurgiti proporzionalisti, i governi “decisi dai partiti e non dagli elettori”.
L’empatia scatta, con una sala molto diversa dalla grande bellezza dei tempi che furono, quando a Roma il Pd, in queste occasioni coinvolgeva potere e popolo: boiardi di Stato, signore dei salotti, imprenditori, accanto al precario, al vecchio militante testaccino che appeni arrivi ti mostra le tessere del Pci.
All’Eliseo manca mezzo Pd, in questo compleanno con poco pathos, a partire dalla minoranza di oggi, di Orlando e Cuperlo.
Non si vedono neanche Orfini e altri pezzi importanti del gruppo dirigente. C’è Piero Fassino, Dario Franceschini, Marianna Madia, eleganza sobria, senza note appariscenti. Della vecchia guardia Franco Marini: “È una festa, oggi è una festa”, dice all’uscita, rispondendo alla famosa domanda “come ti è sembrato”.
Renzi dal palco ringrazia “Walter”, cita quel Pd, quelle primarie, così, come un omaggio alla memoria.
Quando qualcuno si prende la scena, il segretario non dà il meglio di sè. E lascia cadere l’invito alle alleanze, ma anche il vero passaggio politico del fondatore: “Paolo e Matteo — aveva detto Veltroni – mi piacerebbe che questa legislatura si concludesse, fate quel che è necessario, con l’approvazione dello ius soli”.
È il punto, perchè non è una norma a costo zero, soprattutto se uno ha come strategia la rincorsa dei voti a destra. E le larghe intese dopo il voto, con un sistema elettorale che le rende inevitabile. In sala un vecchio compagno ricorda Mitterandt: “Nell’81 gli portarono un sondaggio sulla pena di morte. La maggioranza dei francesi era favorevole e lui era in corsa per le presidenziali. Fece la campagna promettendo comunque l’abolizione, perchè se una battaglia è giusta un leader la fa. Vinse e l’abolì. Sullo ius soli bisognerebbe fare così”.
Aleggia un fantasma, tra i militanti. Il fantasma di Massimo D’Alema: “Ha fatto più male lui di tutti quanti, compreso Berlusconi” dice un signore. Quello accanto: “Purtroppo è così. L’avversario è lui”. E “quelli che se ne sono andati”.
Conoscendo Renzi, si trattiene sull’argomento. Dice un centesimo di quel che pensa: “Chi va via dal Pd tradisce il popolo, non i leader”. Altro stile, Veltroni, nel suo finale, anche nella polemica: “Come sapete, la mia vita è e resterà diversa dal passato. Ma ho cercato di dimostrare che si può smettere di avere ogni ruolo e ogni responsabilità senza per questo volere o fare male alle persone con le quali condividi cose importanti della vita”.
E aggiunge: “Diversa, ma non potrebbe essere, non è mai stata e non sarà , altrove”. Standing ovation. Di quelle che si tributano a una riserva della Repubblica o, comunque, a una riserva della sinistra.
Finita la favola, si torna alla prosa di tutti i giorni. E Veltroni a un nuovo libro che sta per uscire.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
AL GIOVANE FU PROPOSTO UN RAPPORTO SESSUALE CON LA MINORE: RIFIUTO’ E AVVISO’ LA POLIZIA… RINGRAZIATO PERSONALMENTE DAL QUESTORE DI ROMA PER IL COMPORTAMENTO DA CITTADINO MODELLO
Ha aiutato la polizia ad arrestare un padre che offriva sua figlia, una minorenne disabile, per rapporti sessuali che filmava. Un atto che gli è valso il permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Il giovane, un richiedente asilo nigeriano ospite della tendopoli di via Ramazzini, è stato ringraziato personalmente dal questore di Roma Guido Marino per il suo encomiabile e meritorio comportamento.
Qualche settimana fa il giovane si era presentato negli uffici del commissariato Monteverde dove aveva raccontato di essere stato fermato in strada da un italiano che gli aveva fatto una proposta singolare: gli aveva offerto di avere un rapporto sessuale con una giovane donna, offrendogli anche dei soldi come compenso.
I due avevano fissato anche un appuntamento, ma lo straniero, che aveva aggiunto agli agenti di essere stato un detective nel suo paese, aveva preferito avvisare la polizia
I poliziotti avevano organizzato un appostamento e avevano visto arrivare all’appuntamento un fuoristrada con a bordo un uomo e una giovane.
Il conducente, dopo essersi fermato a parlare con lo straniero, lo aveva fatto salire a bordo, prospettandogli “dei giochi sessuali” con la giovane che si sarebbero dovuti concludere con un rapporto tra i due uomini.
Avvisati con un sms dall’extracomunitario delle intenzioni, gli agenti erano intervenuti, accertando che la ragazza era la figlia minorenne dell’italiano, per giunta affetta da gravi problemi di salute.
Le successive indagini hanno portato gli investigatori a ispezionare il telefono dell’uomo, scoprendo la presenza di numerosi video amatoriali, nei quali la figlia veniva violentata da alcuni uomini, il tutto ripreso e “diretto” dal padre, che prendeva anche parte attiva alle scene di sesso.
Nel corso della successiva perquisizione, i poliziotti hanno rinvenuto presso la sua abitazione una ingente mole di filmati pedopornografici. L’uomo era stato così arrestato con l’accusa di violenza sessuale di gruppo, detenzione di materiale pedopornografico e di maltrattamenti.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
I VOTI: LOMBARDI 2952, BARILLARI 2601, CORRADO 954… POI SUL PALCO L’ABBRACCIO USO INTERNO CON LA RAGGI
Sarà Roberta Lombardi la candidata presidente del Movimento 5 Stelle alla Regione
Lazio.
Pentastellata ortodossa della prima ora, radicatissima tra attivisti di base e amministratori locali, è stata proclamata alla fine dell’evento di Marino, organizzato per l’occasione. “Alle regionarie hanno partecipato 6511 persone: 954 voti per Valentina Corrado, 2601 per Davide Barillari e 2952 per Roberta Lombardi“, ha annunciato sul palco Davide Casaleggio.
Palco dove la vincitrice delle consultazioni online è salita chiamando a raccolta alcuni sindaci e abbracciando la sindaca di Roma, Virginia Raggi. “Siamo tutti in campo, siamo una squadra”, dice Lombardi.
“Ci aspetta una battaglia importante, che è alla nostra portata, per riprenderci la nostra Regione. Abbiamo una pesantissima eredità dei partiti, la pessima amministrazione di Zingaretti e il lascito disastroso del centrodestra di Polverini e Storace“, ha annunciato l’aspirante governatrice del Lazio.
“Con il M5s in Regione Lazio — ha aggiunto — mafie e corruzione non avranno respiro, saremo il baluardo contro di loro”.
Prima capogruppo alla Camera, un incontro in streaming con Pierluigi Bersani, che chiedeva al M5s la fiducia per formare un nuovo governo, le diede subito notorietà nazionale anche per i toni diretti e battaglieri.
In quattro e mezzo a Montecitorio si è interessata ai temi del lavoro (“sono stata a fianco dei lavoratori Tim e Alitalia, o dei call center” ricorda nella breve biografia legata alla sua candidatura) ma anche del diritto alla casa — “questione romanissima” — spostando la sua residenza parlamentare all’indirizzo in periferia di una donna con due bambini, per evitarne lo sfratto.
Ed è in particolare nel Lazio e a Roma, la sua città , che Lombardi ha lavorato, entrando in conflitto con la sindaca di Roma, Virginia Raggi.
Della prima cittadina, Lombardi è considerata la rivale interna più accesa già dai tempi della sua candidatura al Campidoglio, quando prevalse sul “suo candidato” Marcello De Vito, oggi presidente dell’ Assemblea capitolina. “Ci sono stati momenti difficili in questa esperienza, ma abbiamo sempre tenuto la testa alta. Non ci siamo mai arresi”, dice dopo aver vinto le Regionarie.
Resta il fatto che ha vinto con meno del 50% di voti e con Barillari a poche centinaia di voti di distanza.
(da agenzie)
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Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
IL BUSINESS MARCIO DELLA RICOSTRUZIONE… LA PROCURA DI NAPOLI IPOTIZZA IN DUE COMUNI UN’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE MESSA IN PIEDI DALLE AZIENDE, TRA DOCUMENTI FALSI E CAPORALATO
Ventiquattro agosto 2016, ore 3.36. Una scossa di magnitudo 6 colpisce il centro Italia. Oltre trecento comuni vengono sconvolti dal terremoto, interi paesi rasi al suolo.
Solo tre mesi dopo la stessa terra torna a tremare, ancora più forte, mettendo in ginocchio definitivamente quella parte di Italia già ferita.
Questa volta la devastazione arriva con una magnitudo di 6.5, paragonabile solo a quella del 1980. La stessa che devastò l’Irpinia.
È il 30 ottobre. Le immagini della basilica di San Benedetto di Norcia completamente distrutta fanno il giro del mondo. L’Umbria si piega ancora di fronte alla forza devastante e imprevedibile della terra. Cascia diventa una città fantasma, con oltre l’80 per cento delle abitazioni inagibili.
La macchina dell’emergenza, già in moto dal sisma di fine estate, accelera le operazioni. Vasco Errani viene nominato commissario alla ricostruzione e disegna un piano di riabilitazione delle aree colpite promuovendo il programma Sae, Soluzioni di emergenza abitative.
È passato un anno. Un anno di rimpalli di responsabilità e sporadiche inaugurazioni in pompa magna di edifici restituiti alla popolazione. La stessa che dovrà affrontare un nuovo inverno al gelo.
Il perchè forse lo spiegherà la Procura di Napoli che ha aperto in questi giorni un’indagine sulle famose “casette” e non soltanto per i ritardi che hanno caratterizzato l’iter.
Le indagini dei NAS parlano di «inquietanti indizi» relativi all’esistenza di una associazione a delinquere messa in piedi dalle aziende appaltatrici che stando agli atti della Procura avrebbero subappaltato i lavori ad aziende con a capo prestanomi: tutti pregiudicati campani.
«I titolari delle imprese edili – come si legge – avrebbero emesso fatture per opere e lavori mai realizzati».
Si parla di frodi in pubbliche forniture perchè le fatture cui la Procura fa riferimento sono quelle legate agli interventi di emergenza della Protezione civile avviati proprio per il sisma dell’agosto dello scorso anno. Come, appunto, la realizzazione delle famose SAE.
Le indagini scoperchiano il vaso di pandora delle “casette”.
Il sistema è semplice e da tempo collaudato in Italia: società importanti dell’imprenditoria del settore delle costruzioni avrebbero fatto “sistematicamente” ricorso ad aziende subappaltatrici che si sarebbero prese anche la premura di falsificare documenti. Ma non soltanto.
Si allunga sulla vicenda l’ombra densa del caporalato. Operai sottopagati, sfruttati e lasciati senza cibo per ore.
Stipati in furgoni, raggiungevano i cantieri e lavoravano giornate intere per una manciata di euro, in condizioni lontanissime da qualsivoglia norma di sicurezza sul lavoro. «Esposti a gravi situazioni di pericolo per la loro incolumità », si legge nelle carte.
Ma gli illeciti non finiscono.
Gli indagati avrebbero anche fatto ricorso a false certificazioni mediche e professionali che attestavano il possesso dei requisiti previsti dalle norme in materia di sicurezza. Certificazioni rilasciate secondo gli inquirenti da scuole di formazione e studi professionali compiacenti.
Una sfilza di reati quelli contestati dalla Procura di Napoli alle società coinvolte che contrasta aspramente con la prevenzione messa in campo dopo il terremoto e regolata dalla norma sulle infiltrazioni della criminalità organizzata negli interventi di ricostruzione (art. 30 del decreto legge n. 189/2016).
Il caso di Cascia e Preci – l’unico, per il momento – fa sorgere qualche dubbio sull’effettiva efficienza delle white list, gli elenchi in cui compaiono gli operatori economici interessati agli interventi di ricostruzione pubblica o privata dei quali è stata accertata l’assoluta estraneità ad ogni connivenza col malaffare.
Basta cliccare nei siti delle prefetture per vedere quali aziende siano idonee o meno. Qualcuna decide pure di esporre l’attestato di white list in bella vista nella home page del proprio sito perchè, si sa, nell’Italia degli scandali è sempre bene apparire candidi.
Ed eccolo qui l’elenco delle aziende immacolate finite nel mirino degli inquirenti: Cogeco7; Seprim dell’Ing Santini Giuseppe sas; Giacchini srl; Minicucci Cairo srl; Marinelli Costruzioni srl; Europa Service snc di Novaco Sabino e Pacilio Vincenzo; Termo Tecnica di Narcisio Antonio; R.C. Costruzioni srl.
Ma intanto proprio ieri sono finalmente iniziati i lavori per montare le “casette” che ospiteranno gli sfollati.
Già promesse a luglio, le 96 Soluzioni abitative di emergenza stanziate per il piccolo comune umbro e assegnate alla piccola frazione di Padule dovrebbero essere montate proprio in questi giorni. Il vicesindaco Gino Emili fa sapere che altre sei dovrebbero arrivare a breve.
Nel frattempo, nelle frazioni di Avendita e Colle di Avendita, maggiormente colpite dal sisma, sono in corso gli ultimi collaudi per far sì che gli assegnatari possano finalmente metterci piede dentro.
§Un notizia che arriva agli inizi di un’indagine che promette di aprire tanti, troppi, nuovi scenari oscuri.
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
30.000 UTENTI INFEROCITI PERCHE’ L’ESENZIONE VA CHIESTA OGNI ANNO… E ADESSO DEVONO PAGARE LA TASSA DEL 2016
Oltre 30mila romani protestano contro le nuove norme sulla esenzione dal pagamento
della Tari: sono obbligati a saldare in ogni caso le bollette per il 2016. La storia la racconta oggi Repubblica Roma:
Entra in vigore la modifica varata dal Comune sull’esenzione al pagamento della tariffa sui rifiuti e scatta la rivolta. Motivo? La pioggia di lettere recapitate a fine agosto ai cittadini che negli anni scorsi avevano ottenuto l’esenzione definitiva: gli invalidi e i soggetti con un reddito molto basso, beneficiari di pensione sociale.
«La giunta Raggi non ha dato mandato ad Ama di informare i cittadini che l’ esenzione adesso va richiesta ogni anno (spetta solo a chi ha un Isee non superiore a 6.500 euro l’anno) — spiega il consigliere Pd alla Città Metropolitana, Yuri Trombetti — in migliaia sono stati raggiunti dalla richieste di pagamento della Tari per l’anno 2016 e se non la saldano non possono fare domanda per l’anno in corso».
Così, nelle ultime settimane, gli sportelli al pubblico dell’azienda sono stati subissati da 9mila utenti inferociti, in 20mila hanno optato per la lettera di reclamo.
Sono pensionati come Maria Moruzzi, 78 anni: «Io ero stata esentata nel 2005 — esclama — mio marito ha subito 4 bypass: è invalido all’85%, ha una pensione di 600 euro al mese, io ne prendo appena 200. Eppure adesso dovremo pagare lo stesso».
Il presidente della commissione Ambiente del municipio I, Stefano Marin, promette: «Convocherò una commissione dedicata alla quale inviterò anche Pinuccia Montanari. Non è possibile che a pagare debbano essere sempre le fasce sociali più deboli».
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 14th, 2017 Riccardo Fucile
RICERCA DELLA CGIA DI MESTRE: IN 12 ANNI DIMINUITI DEL 20%, NEGLI ULTIMI 8 CROLLATI DEL 35%
Nel nostro Paese sono crollati gli investimenti pubblici.
Dal 2005 al 2017, secondo la Cgia di Mestre, la contrazione è stata del 20%; ma rispetto al 2009, punta massima di crescita registrata prima della crisi, la riduzione è stata pesantissima: -35%.
Nessun altro indicatore economico ha registrato una caduta percentuale così rovinosa.
In termini nominali in questi ultimi 8 anni abbiamo “bruciato” 18,6 miliardi di euro di investimenti.
Se rispetto al 2016 abbiamo leggermente invertito la tendenza, nella Nota di aggiornamento del Def presentata nelle settimane scorse si evince che nel 2017 l’ammontare complessivo della spesa per investimenti del settore pubblico si dovrebbe attestare a quota 35,5 miliardi di euro.
A livello territoriale, invece, gli ultimi dati disponibili sono aggiornati al 2015 e includono anche quelli realizzati dal Settore pubblico allargato (Spa), ovvero dalle imprese pubbliche nazionali (Posteitaliane, Gruppo Ferrovie dello Stato, Terna, Aci, Gestore servizi elettrici, etc.) e da quelle locali (Municipalizzate, Consorzi di Enti locali, etc.).
“Gli investimenti pubblici — sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo — sono una componente del Pil poco rilevante in termini assoluti, ma fondamentale per la creazione di ricchezza. Se non miglioriamo la qualità e la quantità delle nostre infrastrutture materiali, immateriali e dei servizi pubblici, questo Paese è destinato al declino. Senza investimenti non si creano posti di lavoro stabili e duraturi in grado di migliorare la produttività del sistema e, conseguentemente, di far crescere il livello delle retribuzioni medie”.
“Ricordo, altresì, che il crollo avvenuto in questi ultimi anni è stato dovuto alla crisi, ma anche ai vincoli sull’indebitamento netto che ci sono stati imposti da Bruxelles che, comunque, possiamo superare, se, come prevedono i trattati europei, ricorriamo alla golden rule. Ovvero alla possibilità che gli investimenti pubblici in conto capitale siano scorporati dal computo del deficit ai fini del rispetto del patto di stabilità fra gli stati membri”.
(da “NextQuotidiano”)
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