Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
IL PARAMEDICO, DA SEI ANNI ALLA CROCE ROSSA, NON E’ POTUTO ENTRARE IN CASA: “TI FACCIO LICENZIARE”… L’INFAME DENUNCIATO ALLA PROCURA
Ha insultato l’autista del 118 che stava soccorrendo suo padre. 
«Marocchino di m…», gli ha detto, assieme ad un’altra sequela di insulti, Giampiero Borzoni che a Vercelli è segretario della Lega Nord nonchè consigliere comunale.
La vicenda, accaduta nella notte tra il 19 e il 20 dicembre, è finita sul tavolo dei carabinieri e in un fascicolo in procura.
L’operatore del 118, infatti, ha denunciato il segretario del Carroccio per ingiurie. Assistito dal suo avvocato Franco Bussi ha portato la registrazione degli insulti ai carabinieri e ha raccontato quello che gli era successo.
Da sei anni il giovane, R. A., di origini nordafricane, fa l’autista per la Croce Rossa a Vercelli.
Ma la scorsa settimana gli è successo qualcosa che non avrebbe mai potuto immaginare: quando si è presentato a casa del padre del segretario della Lega, infatti, si è sentito apostrofare dal figlio: “Marocchino di m… lascia stare la barella”, e altre offese.
«Voleva dirmi come fare perchè lui è infermiere», ha spiegato l’autista ai carabinieri, che per evitare altri problemi è dovuto rimanere sulla porta di casa: nell’alloggio è potuto entrare solo il collega che ha portato a termine il soccorso.
Secondo quanto denunciato dal giovane soccorritore, Borzoni avrebbe continuato la sua “performance” anche più tardi, al pronto soccorso.
“Ha minacciato di farmi licenziare”. Per questo alla fine il ragazzo ha deciso di presentare una denuncia.
Dopo la quale Borzoni ora si scusa: “Avevo mio padre grave – dice – chiedo scusa per aver perso le staffe nella concitazione del momento. Sono frasi dette senza alcun intento razzista. Non c’è razzismo nè nell’attività politica della Lega, nè a livello personale. Non ho voluto che entrasse in casa perchè non mi fidavo del suo operato. Avrei potuto denunciarlo io per il suo comportamento ma poi, a mente fredda, ho deciso di non farlo».
“Il segretario deve vergognarsi – dicono i coordinatori cittadino e provinciale Pd di Vercelli, Gian Paolo De Dominici e Michele Gaietta – perchè ha anteposto le assurde convinzioni razziste alla necessità di prestare soccorso veloce ed efficace a un suo familiare. Il capogruppo della Lega prenda le distanze”.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
LA MULTA DA 100.000 EURO CONTRO I CAMBI DI CASACCA (CHE NESSUNO PAGHERA’ MAI)
Il nuovo codice di comportamento del M5S prevede anche una multa da 100mila euro contro i cambi di casacca dei futuri parlamentari 5 Stelle (iniziativa demagogica visto che nessuno la pagherà mai nella realtà )
E un filtro di qualità sulle candidature, con l’ultima parola che spetta a Di Maio-Grillo.
È quanto scrive l’Adnkronos.
Lo scopo sarebbe quello di evitare fughe verso altri partiti dopo i numerosi casi registrati nelle file grilline durante la XVII legislatura. In tutto il Movimento ha perso per strada 21 deputati e 19 senatori.
Non solo: assieme alle nuove regole per le candidature e al nuovo codice di comportamento per gli eletti arriverà , per il M5S, anche un nuovo cambio del “non Statuto”.
Lo si apprende da fonti pentastellate. L’ultimo modifica del carta fondativa del Movimento risale al settembre del 2016, quando furono introdotte pesanti modifiche in materia di sospensione ed espulsioni degli iscritti con l’introduzione, tra l’altro, di un collegio dei probiviri.
Le nuove regole includono anche un filtro di qualità sulle candidature nel M5S, per evitare il rischio di “imbarcare di tutto”, come disse lo stesso Beppe Grillo.
La decisione è nelle mani del candidato premier Luigi Di Maio, che, sentito il garante Grillo, potrà stabilire se tra gli aspiranti parlamentari grillini ci siano condotte contrarie al codice e ai dettami del movimento.
Ed esprimere, in tal caso, parere contrario e vincolante. Questo, viene spiegato da fonti autorevoli, per arrivare alla formazione di un gruppo parlamentare coeso ma attuare anche una scrematura di qualità .
Tra le regole in arrivo, anche la possibilità di candidature dalla società civile per i collegi uninominali.
Potranno candidarsi, secondo quanto apprende l’Ansa, anche persone della società civile, non iscritte al M5S, che si sono distinte sul territorio per la loro professionalità e competenza e che si sono avvicinati al Movimento.
La modifica verrebbe incontro alle tante richieste di professionisti e imprenditori che, con il vecchio regolamento, non avrebbero potuto scendere in campo.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
ON LINE UN REPORTAGE SULLA VENDITA ALL’ARABIA SAUDITA DI ARMI PRODOTTE IN SARDEGNA
«Bombe italiane, morti yemenite»: così titola il New York Times, che ha pubblicato online
un video reportage sulla vendita all’Arabia Saudita di armi prodotte in uno stabilimento della Sardegna dall’azienda RWM, di proprietà della tedesca Rheinmetall Defence.
Bombe della serie MK8, identificabili dalle matricole A4447: il quotidiano ha trovato tracce di queste bombe in almeno 5 attacchi in Yemen,contro i combattenti Houthi sciiti.
In un bombardamento, gli ordigni hanno colpito una casa disabitata ma in un altro caso è stata sterminata un’intera famiglia, madre, padre e quattro figli, sorpresa dal bombardamento nel sonno.
Le accuse in sette minuti
Il servizio dura poco più che sette minuti: nel primo fotogramma si vede una bomba che esplode e la voce che ricorda come «lo Yemen sia immerso in un violento conflitto» da anni.
E nel fotogramma successivo, un’istantanea presa dall’alto mostra un idilliaco paesino della Sardegna, circondato da due spiagge.
«L’Italia -riconosce il NYT- non è l’unico Paese che invia armi all’Arabia Saudita. In base alla nostra inchiesta c’è stato un aumento sostanziale dell’export nel settore solo nel 2017». Il video mostra le immagini delle visite ufficiali a Riad della premier britannica Theresa May e del presidente americano, Donald Trump. E dopo le immagini di container e camion, scorrono i volti del premier Paolo Gentiloni e del ministro della difesa, Roberta Pinotti. il quotidiano newyorkese sottolinea che l’inchiesta ha richiesto mesi di indagini.
L’Italia, secondo il quotidiano newyorkese, «sta approfittando» di una guerra per rafforzare la sua industria bellica, ma è lecito chiedersi «se il governo stia violando leggi nazionali e internazionali». Di sicuro quello che emerge è «un’istantanea sulla melmosa rete che alimenta i conflitti internazionali».
Il viaggio dalla Sardegna
Il New York Times ha seguito per mesi il viaggio delle armi, dalla produzione alla consegna. Prima tappa allo stabilimento manifatturiero della RWM Italia in Sardegna, a Domusnovas, nella provincia di Carbonia-Iglesias.
Mauro Pili, ex presidente della regione Sardegna ed ex sindaco di Iglesias, denuncia da anni quelli che chiama i carichi della morte, in partenza dal porto di Cagliari; insieme ad altri «politici locali» ha documentato centinaia e centina di carichi, da quando il conflitto è iniziato.
Per anni le consegne sono state fatte con aerei cargo che decollano dall’aeroporto di Elmas; ma negli ultimi mesi sono state caricate su navi in partenza dai porti dell’isola. Il reportage documenta i camion che spostano i container, a volte addirittura scortati da veicoli della polizia e dei vigili del fuoco come previsto in caso di movimentazione di materiale infiammabile ed esplosivo. Una enorme nave vista a dicembre nel principale porto sardo risulta «molto simile» a quella fotografata a Gedda una settimana più tardi.
Embargo del Parlamento europeo
L’Italia, si chiede il New York Times, sta violando la legge?
Il quotidiano ricorda che il governo italiano ha sempre insistito sul fatto che la vendita di armi all’Arabia Saudita è legale, resistendo al pressing delle opposizioni (tra cui M5S) che hanno messo in guardia dal fatto che le armi potessero essere usate contro i civili.
Il quotidiano fa notare come la legislazione italiana in materia di export di armi sia tra le più rigorose d’Europa, perchè proibisce la vendita di armi a Paesi in conflitto.
La vendita di bombe potrebbe violare anche i trattati internazionali che proibiscono la vendita di armi a Paesi che compiono conclamate violazioni dei diritti umani.
Il Parlamento europeo a novembre ha votato per la terza volta l’embargo di armi a Riad, ma non sono mai state intraprese azioni nel Consiglio europeo, per la presenza di altri Paesi grandi esportatori, come Gran Bretagna e Francia.
Raddoppiato il numero di addetti
La società nel frattempo, nonostante le numerose proteste della popolazione locale, ha raddoppiato il numero degli addetti, ha raccontato un ex dipendente.
Il governo italiano ha garantito licenze per la vendita di quasi mezzo miliardo di euro in armi, di cui la maggior parte riguardano le bombe MK80, quelle ritrovate in Yemen.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
GENTILONI CANDIDATO A ROMA, IN PUGLIA E IN PIEMONTE… RENZI A FIRENZE, LOMBARDIA E CAMPANIA
All’indomani dello scioglimento delle Camere, cominciano a prendere forma le candidature di punta del Pd. In primis quelle di Paolo Gentiloni e naturalmente di Matteo Renzi.
Obiettivo: mettere al sicuro il premier, preservarlo dalla ‘pugna’ della campagna elettorale che lui condurrà da Palazzo Chigi, a distanza dalla mischia.
Insomma: cercargli voti certi, perchè nella sua storia politica Gentiloni ha dimostrato altre carature che non quelle di ‘macina-consensi’.
Ora il suo indice di popolarità è alto, più di Renzi. Anche Sergio Mattarella vorrebbe preservarlo per il dopo voto, se non ci sarà un netto ricambio di maggioranza in grado di governare.
E allora l’ipotesi che trapela dal quartier generale del segretario del Pd è che Gentiloni sia candidato al collegio di Roma 1, uno dei due municipi dove i Dem hanno vinto la sfida contro il M5s alle comunali dell’anno scorso.
Dunque collegio abbastanza sicuro per il partito, anche se tutto o molto dipende da quali saranno i candidati degli avversari.
Se ci sarà o meno ‘non belligeranza’ da Forza Italia oppure da ‘Liberi e uguali’ nei confronti del premier saldo in carica.
In più, Gentiloni sarebbe capolista di un listino proporzionale in Puglia e in Piemonte. Il che gli garantisce l’elezioni in caso di sconfitta al collegio.
Puglia: terra di Michele Emiliano, che guarda caso proprio oggi ha accolto l’appello del premier ritirando il ricorso al Tar e sbloccando di fatto la trattativa sull’Ilva di Taranto.
In questa regione la candidatura di Gentiloni assumerebbe ancor più il valore testimoniale di “sinistra di governo”, parole dello stesso premier.
Perchè in Puglia il capo del governo sfiderebbe proprio Massimo D’Alema, esponente di punta di ‘Liberi e uguali’, da poco anche ‘pasionario No tap’ contro il gasdotto di Melendugno, nel Salento.
Sinistra di governo contro quella del no, è il succo della campagna Dem tutta basata sul voto utile. Gentiloni serve a questo scopo.
Anche in Piemonte il senso della sua corsa nel listino proporzionale sta tutto nella ricerca di una rivincita Dem contro il M5s che l’anno scorso ha ‘soffiato’ a Piero Fassino il comune di Torino.
Anche per Renzi collegio sicuro a Firenze, sono i programmi abbozzati al Nazareno. E poi il segretario potrebbe essere capolista di listino in Campania e in Lombardia, regione dove le energie del partito saranno particolarmente concentrate in quanto il 4 marzo si corre anche per le regionali.
Candidato governatore: Giorgio Gori, renziano di ferro ora alla ricerca di un’alleanza con il movimento di Pietro Grasso. Via alquanto complicata, perchè, da quello che trapela, ‘Liberi e uguali’ potrebbe allearsi con Nicola Zingaretti, governatore uscente e ricandidato per il Lazio, ma non con il renziano Gori.
Quanto al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, i rumors tra i Dem la danno alla fine candidata.
Nonostante la bufera scoppiata prima di Natale in commissione banche, di nuovo sul caso Etruria. Nonostante i dubbi anche nella cerchia renziana, al di là delle dichiarazioni ufficiali.
Anzi, a maggior ragione: lei non vuole abbandonare il campo. Per il resto, al Pd restano vigili sui sondaggi: da qui al 15 gennaio, quando saranno decise le candidature, verranno monitorati per avere in campo “i nomi più forti”, è il dictat di Renzi.
“Dunque, si parte davvero. Voteremo il 4 marzo. Da un lato ci sono le promesse mirabolanti di Berlusconi e Salvini, il tandem dello spread e del populismo. Dall’altro Di Maio e Grillo, che vogliono referendum su euro e vaccini, promettendo assistenzialismo e sussidi – scrive oggi Renzi su Facebook – E poi ci siamo noi. Che in questi anni abbiamo lavorato tanto e sbagliato qualcosa ma che siamo una squadra credibile e affidabile”.
Il segretario è convinto che la sua campagna elettorale non configgerà con quella di Gentiloni. Renzi si dedicherà a fare la “punta di attacco contro M5s e Lega”, dice una fonte a lui vicina.
“Gentiloni invece farà campagna dal governo, rappresentando il ‘Pd forza tranquilla’ che fa le cose e non protesta soltanto. Starà lontano dalla mischia. Tra Matteo e Paolo c’è una divisione dei compiti: stessa squadra”.
Si vedrà . C’è che per esempio l’intenzione di Renzi è di ignorare Grasso e tutta la squadra di ‘Liberi e uguali’.
“Per noi sono come Rifondazione: di nicchia”, dice un renziano della prima ora. Insomma anche qui si tende a evitare il corto circuito, confermando il gelo dei rapporti. Forse a questo punto è l’unico modo per non mettere in difficoltà Gentiloni, per niente interessato ad attaccare gli ex Pd. Ma reggerà ?
Il segretario e i suoi ormai sono convinti che poter fare campagna elettorale dal governo, con un premier che invece di salutare si è sistemato ancor più saldo a Palazzo Chigi, sia una manna dal cielo. Soprattutto dopo gli ultimi sondaggi che danno il Pd al 23 per cento.
Una condizione di evidente vantaggio rispetto agli altri partiti, avallata dal Quirinale. In nome della stabilità e per via di una legge elettorale che salva la forma (al Colle il presidente è soddisfatto che ce ne sia una nuova, uniforme per Camera e Senato) ma non la sostanza (quasi certamente non garantirà maggioranza, soglia alta al 40 per cento per chiunque in campo).
Questi sono i nastri di partenza. Nell’attesa di vedere chi taglierà il traguardo. E soprattutto chi, tra Forza Italia e Pd, arriverà primo.
Con tutta probabilità , il premier uscirà da una di queste due forze.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
CI SONO CATEGORIE CHE VIVONO SULLE SPALLE DI ALTRE
Dopo anni di conti sul filo, nel 2017 il patrimonio dell’Inps è sceso sotto zero, a meno 7,9
miliardi.
I soldi sono finiti e così, nella legge finanziaria, spunta il maquillage per riportare i conti in territorio positivo e poter continuare a garantire grasse pensioni a chi, durante la carriera, ha versato pochissimo e compromesso sempre più il futuro delle giovani generazioni.
Il sistema delle pensioni è in equilibrio o no?
Da un lato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, assicura che «il sistema previdenziale italiano è sostenibile nel lungo periodo ed è in equilibrio».
Dall’altro c’è la Commissione Europea che presenta un rapporto sulla sostenibilità dell’Inps da far tremare le vene e i polsi. I risultati del dossier di Bruxelles sono terrificanti: dice che l’Italia è il paese messo peggio (insieme all’Austria) e che ogni anno la spesa per le pensioni pubbliche supera i contributi versati di ben 88 miliardi di euro.
Se fosse vero, l’Italia sarebbe in default già da un pezzo. Fortunatamente si tratta solo di un colossale equivoco, che lo scorso 26 novembre il Corriere della Sera prende per vero: il giornale lancia l’allarme pensioni, praticamente intonando il de profundis per l’Inps e per l’Italia intera. L’Espresso, che si è andato a leggere i bilanci dell’Inps, vi racconta qual è effettivamente lo stato di salute della previdenza italiana
Partiamo rassicurando pensionati e futuri pensionati: non è vero che ogni anno la spesa delle pensioni supera quella dei contributi versati per 88 miliardi di euro.
Quelli, in realtà , sono i soldi che ogni anno lo Stato trasferisce all’Inps per l’assistenza agli italiani in difficoltà , fra cui l’indennità di accompagnamento, la quattordicesima ai poveri, il contributo ai giovani e tutta una serie di aiuti che lo Stato, attraverso provvedimenti legislativi, decide di assegnare a favore delle categorie più svantaggiate.
Nel 2016, ad esempio, lo Stato ha trasferito oltre 104 miliardi di euro per coprire quelle spese, di cui 86 utilizzati per l’assistenza e la restante parte (circa 17 miliardi) per l’accompagnamento agli anziani.
L’Inps, in questa partita, fa solo da intermediario tra Stato e cittadino, accollandosi compiti che non hanno molto a che vedere con il proprio core business, cioè il pagamento delle pensioni agli anziani, la riscossione dei contributi dei lavoratori e la gestione al meglio di quei quattrini.
Dunque, la situazione delle pensioni italiane non è così drammatica come viene dipinta dalla Commissione Europea, ma qualche problema c’è davvero. Ad esempio, nel 2017 il patrimonio dell’Inps chiuderà in passivo di 7,9 miliardi di euro e toccherà allo Stato dare una mano.
Tutto deriva dalla pessima annata 2016, quando i lavoratori hanno versato nelle casse dell’Inps circa 314 miliardi, mentre i pensionati hanno incassato poco più di 320 miliardi: all’appello mancano 6,2 miliardi. Per pagare tutte le pensioni l’Inps ha dato fondo alle riserve, cioè al proprio patrimonio che, in base alle previsioni, dovrebbe attestarsi a meno 7,9 miliardi di euro nel 2017.
Ad affossare il sistema sono quattro categorie che, per via di pregressi privilegi concessi soprattutto dal vecchio sistema di conteggio retributivo della pensione (che si basava su una stima calcolata in base agli ultimi anni di lavoro e non teneva conto dei contributi versati), ingollano più soldi di quanti ne abbiano accumulati negli anni.
Ad esempio, i manager dell’ex cassa Inpdai, confluita nell’Inps nel 2003 perchè aveva accumulato un buco da 600 milioni, incassano pensioni fino al 40 per cento superiori rispetto ai contributi versati. I dirigenti non sono gli unici a vivere al di sopra delle proprie possibilità .
Oltre a loro, ci sono altre tre categorie: gli artigiani, i coltivatori, i dipendenti degli enti locali (comuni, province e regioni) si stanno mangiando – e si continueranno a mangiare – sia i risparmi di operai, precari, nonchè i quattrini di riserva, che dovrebbero servire per coprire la cassa integrazione — utile in caso di crisi aziendale -, la malattia e la maternità dei dipendenti dell’industria. «Più che uno squilibrio generazionale, c’è un’ingiustizia fra categorie», spiega Gian Paolo Patta, membro del Civ, il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps che ogni anno verifica la sostenibilità dell’Ente.
Se l’operaio paga la pensione del boss
La gestione principale dell’Inps si chiama Fpld, Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti, e nel 2016 ha chiuso con un leggero avanzo (690 milioni) grazie ai quattrini che gli operai riescono ad accantonare sia per la pensione (oltre 9,2 miliardi), sia per la Gestione Prestazioni Temporanee che sono i risparmi per la cassa integrazione e le indennità di maternità e malattia, che equivalgono a 3,4 miliardi.
Peccato che quei soldi siano stati tutti spesi per la pensione degli ex fondi (trasporti, elettrici, telefonici) e per l’ex fondo Inpdai, quello dei manager e dei dirigenti d’azienda, che nel 2016 segna una voragine di 4,3 miliardi. Proprio i manager negli anni hanno accumulato un debito di 38 miliardi che crescerà sempre di più: «Diventeranno 138 miliardi nel 2035», dice Patta, leggendo un documento prodotto dall’Inps a proposito delle previsioni patrimoniali delle varie casse gestite dall’Inps.
Ma il record assoluto di disavanzo lo produrranno gli artigiani. Nel 2016 chiudono con un rosso di 5,2 miliardi, che si aggiungono ai 61,3 miliardi accumulati negli anni «e che nel 2035 diventeranno ben 220 miliardi di passivo», spiega Patta. Altre gestioni amministrative in affanno sono quelle dei commercianti, dei coltivatori diretti e dei dipendenti pubblici.
Chi tiene in piedi la baracca dell’Inps?
Oltre alle tute blu, in soccorso all’ente corrono i parasubordinati, cioè i precari, i meno tutelati di tutti, che nel 2016 hanno creato un tesoretto da 6,7 miliardi, che nel 2025 diventerà di 190 miliardi. Un bel gruzzoletto che i collaboratori possono ammirare solo con un potente binocolo perchè, stando alla nuova legge pensionistica (la controversa Legge Fornero), andranno in pensione superati i settantanni e con assegni piuttosto modesti, soprattutto per chi, nei primi anni di carriera, avrà versato contributi a singhiozzo per colpa di un arido mercato del lavoro. Sacrifici che vengono chiesti alle nuove generazioni proprio per coprire gli squilibri prodotti in passato e nel presente.
Fra le casse più compromesse c’è quella dei lavoratori degli enti locali, che nel 2016 registra un risultato negativo di 7,1 miliardi e un buco patrimoniale di 12,9 miliardi che, nel 2025 diventeranno oltre 157 miliardi. «Sull’attività di comuni, province e regioni non c’è alcuna attività ispettiva e l’Inps non ha mai dato ascolto alla nostra richiesta di verificare se, effettivamente, le amministrazioni locali versano i contributi ai dipendenti», spiega Patta.
Dunque, complessivamente il sistema, che si sostiene grazie agli accumuli di operai, parasubordinati e degli accantonamenti speciali, come quello per la cassa integrazione e per la malattia, produce ogni anno dei debiti che vengono coperti con delle anticipazioni dallo Stato. Nel 2016, ad esempio, le casse pubbliche hanno girato all’Inps 3,9 miliardi.
«In circa settant’anni di attività lo Stato ha versato all’Inps circa 100 miliardi di anticipazioni, che con la Finanziaria 2018 verranno cancellati», racconta Patta, aggiungendo che, in questo modo, il governo Gentiloni intende riportare in segno positivo il bilancio dell’Inps e ridurre il debito pubblico, rimediando a un pasticcio nella stesura del bilancio dello Stato. Infatti da un lato la Tesoreria segnava quei cento miliardi anticipati all’Inps tra le spese definitive. Dall’altro lato l’Inps continuava a indicare quel prestito fra i debiti.
«Dal momento che il bilancio dell’Inps fa parte di quello dello Stato, il debito pubblico risultava più alto di 100 miliardi». Il governo Gentiloni, con una norma inserita nella Finanziaria 2018 (quella in fase di approvazione in questi giorni), ha cancellato 88,8 miliardi di debito nei confronti dell’Inps. La mossa consentirà anche di alleggerire i conti in rosso che ogni anno l’Italia presenta a Bruxelles. E dal 2019, grazie alla cancellazione dei debiti, il patrimonio dell’Inps tornerà in territorio positivo. Magie di Stato.
(da “L’Espresso”)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
STANZIAMENTI RIDICOLI PER 4 MILIONI DI ITALIANI CHE ATTENDONO UNO STATO CIVILE
Il mio amico Tommaso, padre di un ragazzo disabile grave di 21 anni, ci ha sperato fino all’ultimo.
La differenza tra chi vive sempre la disabilità e chi può occuparsene, come chi scrive, se ne ha voglia e tempo, è tutta qui.
Si può essere furiosi, indignati per quello che accade ma non è possibile perdere la speranza che qualcosa cambi.
§Per un genitore deve esistere sempre la speranza che qualcuno e qualcosa cambi. Soprattutto se si è genitori di un figlio disabile.
Ora che la legislatura a guida Partito democratico è terminata un bilancio deve doverosamente farsi. E’ un bilancio che serve a Tommaso ed alla speranza che qualcosa possa accadere per suo figlio.
In questi anni costantemente ho provato ad intercettare, interpretare, approfondire con assoluta equidistanza e senza pregiudizi gli sforzi (?) che il governo stava facendo per garantire a Tommaso ed alla sua famiglia una speranza.
La scuola dell’inclusione dei disabili, la legge sull’autismo, il Dopo di noi, i caregiver (i familiari che si assistono le persone con disabilità o malate) hanno rappresentato goffi tentativi di dare risposte ad un universo che non riesce ad averle.
Leggi e stanziamenti assolutamente inadeguati ai bisogni degli oltre 4 milioni di disabili italiani hanno rappresentato la colonna sonora stonata dei governi a trazione democratica.
Tommaso ed io più volte in questi anni ci siamo confrontati da posizioni distinte, chi ha bisogno e chi vorrebbe che questa esigenza diventasse scelte politiche, fatti concreti.
Ogni volta terminavamo le nostre discussioni con una prospettiva diversa ma duramente frustrata da leggi scritte sempre con la clausola solenne della invarianza di oneri accessori per lo Stato.
Ogni volta ci confrontavamo su cosa significasse uno stanziamento di euro 20 milioni per i caregiver (soldi a cui chi ne ha diritto non può accedere visto che la legge non è stata approvata in tempo) o della manciata di soldi destinati al Dopo di noi e sempre abbiamo concluso che così per i disabili e le loro famiglie non si poteva andare avanti.
Se si provano a leggere i numeri con attenzione, se ci esercitiamo alla lettura del bilancio dello Stato, delle manovre finanziarie (compresa l’ultima che ha dedicato su oltre 20 miliardi di euro complessivi solo 20 milioni ai caregiver) lo sconforto è grande.
Ma ho imparato in molti anni che questo stato d’animo deve cedere il passo alla rivendicazione costante e tenace della difesa dei più deboli.
Arrivederci al prossimo Parlamento ed al prossimo governo: di questo i disabili non sentiranno mai la mancanza.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
I PRIMI NON LI VOGLIONO AL CONFINE, I SECONDI NON LI FANNO ENTRARE IN FRANCIA
I neofascisti italiani che se la prendono con i neofascisti francesi. 
E’ un po’ questa la sintesi del nuovo striscione affisso da un movimento come Casa Pound, puntando a trovare consensi nell’insoddisfazione della popolazione, anche a scapito dei diritti umani.
«Basta degrado e immigrazione, riprendiamoci Ventimiglia». È il testo dello striscione affisso, la scorsa notte, dai militanti di CasaPound Imperia, nel quartiere di Roverino, a Ventimiglia, simbolo dell’emergenza umanitaria, con centinaia di stranieri che da mesi bivaccano sul greto del fiume, in accampamenti di fortuna.
Bivaccano non perchè abbiano in simpatia Ventimiglia, ma perchè dall’altra parte della frontiera altri movimenti neofascisti e i governi locali di ispirazione lepenista respingono i migranti provenienti dall’Italia, persino i minori, violando le convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo.
Il che, unito al regolamento di Dublino che di fatto obbliga i migranti a fermarsi nel paese di prima identificazione, fa sì che, per evitare di essere identificate e bloccate in Italia, le persone bivacchino dove riescono.
(da “il Secolo XIX”)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
SAREBBERO LE QUOTE CHE I PARLMENTARI AVREBBERO DOVUTO VERSARE PER L’ELEZIONE
Il tesoriere del Partito Democratico Francesco Bonifazi torna a scrivere a Pietro Grasso sulla vicenda degli 83mila euro che il presidente del Senato dovrebbe al partito, frutto della somma di 1500 euro che ogni onorevole e ogni senatore deve versare ogni mese al partito come da regolamento interno. Silvio Buzzanca su Repubblica anticipa i contenuti della mail:
Compito ingrato quello del tesoriere Bonifazi che non vuole apparire «un insopportabile esattore», ma invia una mail, in possesso di Repubblica, a Grasso. Dove si legge: «È cosa spiacevole dovere insistere», ma «sono tante le ragioni che dovrebbero spingerti a onorare questo impegno: non esiste nessun motivo giuridico, politico o di opportunità per non pagare».
Ancora Bonifazi: «Scriverti mi resta davvero difficile, ma la questione non posso nè eluderla ne rinviarla ulteriormente». E il tesoriere entra nel merito: «Mi riferisco alla quota da te dovuta al partito in ragione della tua elezione al Senato tra le file del Pd. Capisco che trattasi di somma ingente, poco più di ottantamila euro, ma non così esosa da non poter essere onorata».
Dopo avergli ricordato che è stato eletto con il PD, Bonifazi scaglia al leader di Liberi e Uguali una seconda frecciata:
«Peraltro — scrive — ho letto proprio in questi giorni che non hai neanche il problema del tetto dei 240 mila euro». Il riferimento è alle recenti polemiche relative al fatto che il presidente del Senato non avrebbe applicato a sè stesso la soglia dei 240 mila euro annui imposta ai dipendenti di Camera e Senato. Soglia comunque destinata a scomparire il primo gennaio.
I soldi servono a costituire il fondo per i 180 dipendenti del Pd in cassa integrazione: «Mi sembra giusto che tu dia il buon esempio per i lavoratori in difficoltà », scrive Bonifazi. In totale i fuoriusciti di MDP devono ancora al PD circa 400mila euro.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2017 Riccardo Fucile
INDISCREZIONI SULLE CANDIDATURE DEI VIP DEL PD: TRA I NOMI ANCHE QUELLO DI BURIONI
Giovanna Casadio su Repubblica oggi si occupa delle candidature del Partito Democratico
alle elezioni del 4 marzo; il primo problema da risolvere è quello di Maria Elena Boschi, che non ha ancora deciso in quale collegio si presenterà .
Significativa è anche la sfida di Matteo Orfini, che secondo il quotidiano è pronto a rischiare in una periferia romana (anche se tutti i candidati avranno il paracadute del proporzionale):
La sottosegretaria ed ex ministra, sotto assedio per Banca Etruria, deciderà lei dove candidarsi. Che si candidi è certo, ma non ha ancora scelto se in Toscana, nella logica à la guerre comme à la guerre, o altrove. Schierati in prima linea nei collegi uninominali i ministri, anche se avranno poi il paracadute del listino proporzionale.
Franceschini sarà al collegio Camera a Ferrara, la sua città ; Orlando a La Spezia; Minniti sta valutando se in Calabria o altrove. E Gentiloni? A lui il cuore dei collegi italiani: Roma 1-Camera, mentre Matteo Orfini sarà a combattere, e a rischiare il bagno di sangue, nella periferia romana. A Delrio, destinato a Reggio Emilia, potrebbe però essere chiesto di candidarsi a Bolzano. Renzi sarà al Senato, collegio di Firenze. Lancia la sfida al leghista Salvini: «Ha annunciato che vuole candidarsi dove sono io, ebbene lo faccia».
Poi ci sono i candidati vip, e tra questi “spunta anche Lucia Annibali, protagonista ieri di una polemica con Marco Travaglio:
Accanto ai politici, il segretario dem pensa a personalità della società civile: Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido dal suo ex fidanzato, nelle Marche; Paolo Siani a Napoli; a Milano Roberto Burioni, il medico in prima linea contro i no-vax. Nei confronti di Liberi e Uguali e degli ex dem, la linea indicata da Renzi per ora è quella della «civile competizione».
Ma sono in molti a scommettere che quando si capirà che ci sono collegi che il Pd rischia di perdere per poche migliaia di voti drenati dalla nuova sinistra, allora il confronto si surriscalderà e si moltiplicheranno gli appelli dem al voto utile.
Già è stata abbozzata al Nazareno l’agenda degli incontri di gennaio. Il primo è fissato per il 12 e il 13 con gli amministratori del Pd a Torino, la città della sindaca 5Stelle Chiara Appendino. “Competenza contro improvvisazione” è il titolo.
Da segnalare anche il nome di Roberto Burioni: sarà curioso sapere se lui accetterà la candidatura, visto che ieri ha aderito a una lista che correrà con il PD un onorevole che lo definiva “somaro”.
(da “NextQuotidiano”)
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