Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
CALANO LEGA E M5S, SALGONO PD, FORZA ITALIA, FDI E LEU
La Lega in calo è al 30,1%, (-0,5%) mentre il Movimento 5 stelle è al minimo dalle elezioni di
marzo, perdendo lo 0,7% nelle ultime settimane e attestandosi al 27,6%.
Sono questi i dati della supermedia dei sondaggi della settimana curata da Agi/Youtrend che conferma il calo dei consensi del governo gialloverde (57,7%)
I due partiti che sostengono il governo Conte si stanno allontanando da quel 60% toccato nei mesi scorsi.
In lieve ripresa appare il Partito democratico, che torna dopo un mese e mezzo a toccare quota 17% guadagnando lo 0,4%.
Liberi e uguali risale dello 0,2% al 2,7% mentre Potere al popolo perde lo 0,2% e scende al 2,1%.
I consensi persi dalla Lega sono recuperati dagli altri partiti di centrodestra (Forza Italia, FdI ) che complessivamente in due settimane crescono dello 0,9%.
Nel dettaglio, FI si posizione all’8,9%(+0,5%), Fratelli d’Italia al 3,6% (+0,3%). Quella del centrodestra continua a rimanere di gran lunga l’area politica più forte in questo momento: vale il 42%, e con questi numeri potrebbe aggiudicarsi facilmente la maggioranza assoluta dei seggi sia alla Camera che al Senato, in caso di nuove elezioni.
(da agenzie)
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Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
I CINQUESTELLE SICILIANI SI ILLUDONO CHE DI MAIO ANNUNCERA’ LO SMANTELLAMENTO DEL MEGA IMPIANTO SATELLITARE USA… IL GOVERNO FRENA BRUSCAMENTE
“Smantelleremo il Muos e Di Maio lo dirà “. Le parole del consigliere siciliano M5s Giampiero Trizzino piombano sui cellulari dei ministri in un giorno di festa scatenando il panico.
L’esponente regionale annuncia come imminente una decisione che a leggerla bene avrebbe una portata mastodontica nei rapporti fra l’Italia e gli Usa.
Il mega impianto satellitare di comunicazione americano in costruzione nella riserva naturale della Sughereta di Niscemi, nella provincia siciliana di Caltanissetta, è stato progettato per rendere più rapidi e integrati gli scambi di informazioni dell’esercito americano e fa parte di una rete intercontinentale, con il sito siciliano snodo delle comunicazioni per il Medio Oriente e il Mediterraneo.
I grillini sono da sempre schierati per lo smantellamento della base, ma adesso, nella realpolitik governativa, i vertici sono costretti quantomeno a una brusca frenata.
Fonti vicine al Ministero della Difesa derubricano le parole di Trizzino a “espressione del singolo soggetto politico”.
La vicenda è complessa e va avanti dal 2006, anno in cui furono rilasciate le autorizzazioni per l’installazione dell’impianto satellitare milita
re, di proprietà della Marina militare Usa, all’interno della base NRTF di Niscemi. Nello specifico il Muos, nonostante l’opposizione della popolazione, è attivo dal 2016 e occupa un’estensione di oltre un milione di metri quadrati.
Un’area che, secondo gli attivisti, è stata sottratta alla riserva naturale della Sughereta e sarebbe fonte di inquinamento.
Luigi Di Maio la settimana scorsa, ospite in Sicilia, precisamente a Scordia, sull’onda dell’entusiasmo aveva annunciato importanti novità sul Muos.
A distanza di pochi giorni le parole del consigliere Trizzino lasciano intendere che il Governo si metterà di traverso, ma il dicastero della Difesa chiarisce che “in questi giorni il Governo è al lavoro sul dossier” e che “l’unica voce ufficiale sul tema è e sarà quella del governo”.
E dal Governo l’annuncio che Di Maio dovrà dare, se mai lo darà , non porta allo smantellamento del Muos.
Affinchè ciò avvenga bisogna prima di tutto che il premier Giuseppe Conte ne parli con Donald Trump e nell’incontro che a luglio c’è stato tra i due non sembra sia stato affrontato l’argomento.
Ed è evidente che si stia cercando di allontanare più possibile l’argomento con l’amico Donald – che non sta facendo mancare il suo sostegno al Governo di Roma in questi giorni, anche via Twitter – dal momento che tra dieci giorni ci sarà a Palermo la conferenza sulla Libia e l’Italia conta moltissimo sul sostegno americano per la sua diplomazia nel Mediterraneo.
Aprire un conflitto diplomatico con l’America non è mai una buona idea, tanto meno lo sarebbe adesso per il Governo.
Piuttosto si va verso il ritiro della memoria difensiva presentata dall’avvocatura dello Stato. Memoria che il ministro Elisabetta Trenta non ha riconosciuto come sua.
Ci sarà quindi solo un cambio di strategia giudiziaria rispetto al precedente Governo. La memoria che sarebbe servita a smontare i ricorsi di chi ne chiede la chiusura adesso non è più sul tavolo. L’esecutivo gialloverde, in altre parole, non si schiererà contro i comitati No-Muos, ma ciò non significa che avvierà una strada diplomatica con Washington per chiudere il contestato sistema satellitare impiantato dagli Usa a Niscemi.
Servirebbe un atto politico da parte del Movimento 5 Stelle – con il consenso della Lega – per chiedere lo smantellamento del Muos ma – come spiegano fonti parlamentari – “non possiamo arrivare con le ruspe”.
La questione può essere affrontata solo al tavolo di Giuseppe Conte e Donald Trump e i rapporti di forza sono agli occhi di tutti.
Il modello è quello degli accordi internazionali sul gasdotto Tap e il rischio è che, fuori dai proclami politici e dell’annuncio di grandi novità , la realtà sarà inevitabilmente un’altra.
E non porterà allo smantellamento della base americana, come promesso dai 5 Stelle in campagna elettorale. E come in Salento per il Tap anche in Sicilia per il Muos si potrebbe aprire una crepa fra il Movimento e i suoi elettori.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
LA PROCEDURA DI DISAVANZO ECCESSIVO POTREBBE SCATTARE NON AD APRILE DEL 2019 MA GIA’ A NOVEMBRE … E’ PREVISTA UNA SANZIONE IMMEDIATA DI 3,5 MILIARDI DI DEPOSITO INFRUTTIFERO
Le due lettere inviate dall’Unione Europea al governo italiano sono la prova che la Commissione
potrebbe aprire una procedura contro Roma per disavanzo eccessivo prima del previsto, ovvero già a novembre invece che ad aprile-maggio, come si pronosticava nelle scorse settimane.
La Manovra del Popolo potrebbe finire sotto inchiesta molto prima delle elezioni europee, e questo non può che riverberarsi sui piani di MoVimento 5 Stelle e Lega.Quindi invece di attendere l’aprile del 2019 per lanciare una procedura per il disavanzo eccessivo, rinviando così le sanzioni al semestre successivo, la Commissione Europea potrebbe muoversi intorno alla metà di novembre, visto che la deadline per la risposta ai rilievi UE per il ministero dell’Economia e delle Finanze è fissata il 13, quando scadrà il termine dato dalla stessa Commissione.
La lettera inviata il 29 ottobre infatti scrive che “L’Italia ha notificato a Eurostat un debito lordo delle amministrazioni pubbliche per il 2017 pari al 131,2% del PIL, confermando così che l’Italia non ha compiuto progressi sufficienti verso il rispetto del parametro di riferimento relativo all’adeguamento del rapporto debito/PIL nel 2017. Il DPB 2019 prevede una leggera diminuzione del rapporto debito/PIL dal 131,2% del PIL nel 2017 al 130,9% nel 2018 e al 130,0% nel 2019. La diminuzione del rapporto debito/PIL è poi attesa continuare, fino al 126,7% del PIL nel 2021″. Quindi l’Italia, secondo la commissione, non soddisfa il parametro del debito/PIL sia nel 2018 che nel 2019.
Quindi la procedura potrebbe essere attivata quest’anno a causa dei piani fiscali per il prossimo anno in base ai dati dell’anno precedente.
Come scrive Jèrèmie Cohen Setton su un blog del Peterson Institute for International Economics (PIIE) la Commissione potrebbe sollecitare l’inizio della procedura nel momento in cui pubblicherà le sue previsioni d’autunno. E questo avrebbe un riverbero anche sulle sanzioni.
Perchè se è vera la premessa, è vera anche la conclusione del ragionamento: invece che entrare in vigore a metà 2019, le sanzioni potrebbero arrivare molto prima.
La Commissione può infatti raccomandare una sanzione immediata se individua una non conformità particolarmente grave con le regole del patto di stabilità e crescita. Questa sanzione assumerebbe la forma di un deposito infruttifero da presentare alla Commissione.
La decisione può essere adottata se il Consiglio non decide di respingere la raccomandazione della Commissione con un voto a maggioranza qualificata.
Ma vista la posizione presa da molti degli alleati di Salvini sulla questione del deficit (ad esempio l’Austria) è estremamente difficile che il governo italiano riesca a racimolare i voti necessari per fermare la procedura.
Una sanzione immediata imposta così rapidamente sarebbe senza precedenti ma è possibile secondo le regole dell’Unione.
Un rifiuto da parte dell’Italia di cambiare la Manovra del Popolo, che a quanto pare Tria e Conte hanno già messo in conto, costituirebbe così il motivo scatenante per muovere la CE verso la sanzione immediata.
L’Italia sarebbe a quel punto invitata a effettuare un deposito non fruttifero pari allo 0,2% del Prodotto interno lordo (3,5 miliardi di euro).
E così si accenderebbe la miccia di uno scontro nel quale tutti hanno qualcosa da perdere, ma qualcuno ha da perdere più degli altri.
Il più debole, ovviamente.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
AVER BLOCCATO LA DICIOTTI E’ COSTATO 177.000 EURO
Il fascicolo per danno erariale presso la Corte dei Conti rimane aperto e ora vediamo che fine fa.
Sotto i diktat del ministro dell’Interno Salvini si sono verificati degli episodi che, hanno richiesto un esborso notevole alle nasce dello Stato: l’ultimo dell’elenco è il caso della Diciotti, la nave bloccata a Catania.
Le navi della classe della Diciotti hanno un costo operativo orario (quando sono in navigazione) pari a 740,15 euro.
L’operazione di salvataggio della Diciotti è iniziata il 15 agosto e si è conclusa con l’approdo al porto di Catania il 21 agosto.
La nave è quindi rimasta in navigazione per sette giorni (168 ore) prima di ricevere l’ok per l’attracco dal Viminale.
In totale in quel lasso di tempo l’Italia ha speso 124.345 euro.
La nave poi è rimasta ferma al porto di Catania, con i generatori accesi e quindi consumando carburante, per altri tre giorni, fino a che Salvini non ha deciso di dare l’ok allo sbarco dei 150 migranti che erano ancora a bordo.
Avvenire calcola che anche in porto la Diciotti abbia mantenuto gli stessi costi operativi e che quindi l’idea del ministro dell’Interno salga a circa 177 mila euro.
Siamo curiosi di vedere se qualcuno ha il coraggio di inviare la fattura a casa Salvini, come accadrebbe nei Paesi civili
(da agenzie)
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Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
LETTERA DI RICHIAMO AL GOVERNO PER EVITARE LA CONTRAPPOSIZIONE PLATEALE
La modalità dice già tutto. Perchè Sergio Mattarella avrebbe potuto diffondere già nella giornata
di ieri la lettera inviata al presidente del Consiglio, in cui si autorizza la presentazione della manovra e si invita al “confronto e dialogo” con l’Europa.
E invece il testo della breve missiva è stato reso noto solo questa mattina, nella forma di una “precisazione” rispetto ad alcune “indiscrezioni” apparse sui media.
La cautela del metodo, assieme a quella delle parole, contribuisce a conferire al testo, e al “titolo” che ne deriva, il carattere di un invito — in verità l’ennesimo – alla collaborazione più che di una bacchettata al governo.
Il che però non significa che va tutto bene o che, al Quirinale, sia venuta meno la preoccupazione che ha accompagnato queste settimane complesse sul fronte dei conti pubblici.
Non a caso Mattarella “sollecita il governo” a un “confronto” sereno con l’Europa, proprio sulla base di tutti i fattori di criticità emersi in queste settimane, come le valutazioni dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, le “osservazioni della Commissione europea”, i vincoli che prevede la costituzione in materia di conti pubblici. Parliamoci chiaro: il capo dello Stato non poteva non autorizzare la presentazione della manovra, perchè per un gesto del genere avrebbe dovuto ravvisare clamorose violazioni costituzionali.
Ma, nell’autorizzare, e sempre evitando contrapposizioni frontali, ribadisce — anche in questo caso, per l’ennesima volta — il suo allarme sui possibili contraccolpi della manovra.
E, come nel messaggio inviato all’Acri, sottolinea la necessità di una “legge di bilancio che difenda il risparmio degli italiani”. Già , il “risparmio”. Perchè è chiaro, come dicono da settimane tutti gli analisti, che se lo spread dovesse rimanere a questi livelli le banche meno solide potrebbero andare in sofferenza. Ed è altrettanto chiaro che le tensioni con l’Europa non aiutano e non aiuteranno quando, se il governo come pare continuerà a rifiutare ogni mediazione, arriverà la procedura di infrazione da parte della Commissione europea.
La domanda, a questo punto, è pressochè inevitabile. E da settimane rimbalza nei Palazzi della politica: ma su questi presupposti, e vista la delicatezza del momento, perchè Mattarella non ricorre al repertorio di moniti, reprimende e richiami allarmati e tiene un profilo assolutamente collaborativo col governo?
Al netto della mitezza caratteriale, è una domanda politica. Il perchè è semplice. E, per comprenderlo, andiamo alla scena finale di questa storia.
Quando cioè la manovra arriverà sulla scrivania del Quirinale per la firma, alla fine del lungo percorso parlamentare. Il testo, nella sua formulazione iniziale, lo avrebbe messo di fronte a un bivio drammatico: firmare il default del paese o rifiutarsi e, a quel punto, diventare assieme all’establishment europeo il nemico del popolo perfetto per la campagna elettorale sovranista, col paese in esercizio provvisorio.
Per evitare un finale di questo tipo, che “il muro contro muro” avrebbe agevolato, al Quirinale è stata scelta un’altra strada.
Una strada resa anche obbligata dalla delicatezza degli equilibri politici di un Parlamento che, per la prima volta da decenni, è un Parlamento poco sensibile ai richiami istituzionali.
È stata scelta la strada della limitazione del danno, non della contrapposizione plateale. Se alla fine sarà sufficiente o meno ad evitare il peggio si vedrà .
È un dato di fatto che qualcosa, e non di irrilevante, nella manovra è già cambiato, grazie al lavorio del “partito dialogante” nel governo.
All’inizio la manovra prevedeva un impegno finanziario non derogabile di sedici miliardi di euro da destinare alle due misure simbolo del governo gialloverde, il reddito di cittadinanza e “quota cento”. Tutto e subito.
§Nell’ultima versione, quei fondi non sono più vincolati alle due misure ma possono essere utilizzati anche per altro, come la riduzione del deficit.
È una mossa furba e molto all’italiana, che consente a Di Maio e Salvini di dire che si faranno ma al tempo stesso viene parzialmente disinnescata la reazione dei mercati. Sono cioè cambiati i tempi, i costi e le modalità , perchè entrambe sono nei “collegati” ovvero in provvedimenti successivi alla manovra.
È difficile che possa bastare a Bruxelles per evitare una procedura di infrazione che ormai appare scontata.
Però è un dato di fatto che, almeno per ora, l’Apocalisse sui mercati è stata rinviata. Siamo sempre su un piano inclinato, e anche piuttosto scivoloso, ma qualche limitazione del danno c’è stata, grazie a quel partito della ragionevolezza che opera all’ombra del Quirinale.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
PENSAVAMO CHE L’ITALIA FINISSE IN SICILIA NON A TERRACINA
È ancora il Giro d’Italia oppure è divenuto il Giro della Padania?
Gli organizzatori hanno infatti deciso di far piegare il manubrio ai ciclisti, in occasione della 102esima edizione (l’11 maggio prossimo avrà inizio) appena dopo aver toccato San Giovanni Rotondo, forse per la rituale benedizione di Padre Pio.
Più a sud del nord della Puglia non si arriva.
Ed è vero che le Alpi sono dall’altra parte, e che il Mortirolo, il Gavia, il Ghisallo si trovano lassù, e che le risalite, dopo le discese ardite, sono il cuore della corsa, però l’Italia è un po’ più lunga di quella disegnata.
E’ vero anche che il Nord è più ricco e chi vuole ospitare una tappa deve sganciare quattrini, ed è vero che Rcs, storica organizzatrice del giro, aveva offerto a Matera la possibilità di inaugurare la corsa al costo di 500mila euro, ed è vero che Matera ha rifiutato dichiarandosi con le tasche vuote.
Ed è infine vero che, secondo un recente studio degli uffici di analisi economica del Senato, il Mezzogiorno resta l’area più vasta, spopolata e arretrata d’Europa, ed è vero che le sue strade sono piene di buche, infragilite da continue frane, ingobbite dai dossi.
Però, secondo la vecchia cartina geografica in nostro possesso, l’Italia finisce in Sicilia non a Terracina, com’è stato invece deciso.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
“CHIAMATELO GIRO SABAUDO-PAPALINO”… “E’ IL GIRO DI 3/4 D’ITALIA”
Il Giro 2019 non contempla il sud Italia. 
La corsa rosa, arrivata all’edizione numero 102, sarà composta da 21 tappe: si parte dall’Emilia Romagna (Bologna-San Luca) sabato 11 maggio, per concludersi il 2 giugno all’Arena di Verona.
Ma a margine della presentazione del percorso di 3,518 chilometri, molti hanno fatto notare che dalla storica competizione sono state escluse le regioni meridionali: dalla Campania alla Sicilia, passando per Basilicata e Calabria.
Un’annotazione che si è trasformata in una vera e propria protesta su Twitter.
“È il giro dei 3/4 d’Italia”, scrive un utente in rete. E non è l’unico. “Giro d’Italia? Forse è il Giro del Centro-Nord”, gli fa eco un altro.
L’unica regione del sud interessata è la Puglia, dove Nibali, Froome e gli altri campioni arriveranno giovedì 16 maggio, per la sesta tappa che parte da Cassino e arriva a San Giovanni Rotondo, comune celebre perchè ospita le spoglie di Padre Pio.
Tre tappe a cronometro (per 58,5 km complessivi), sei per velocisti, sette di media difficoltà e cinque di alta montagna, per un totale di sette arrivi in salita.
Ci sarà un solo sconfinamento, nella Repubblica di San Marino, arrivo della 9/a tappa. La ‘Cima Coppi’ è posta ai 2.618 metri d’altezza del Passo Gavia, la ‘Montagna Pantani’ è rappresentata dal Mortirolo (dove il Pirata nel 1994 scrisse una pagina memorabile nella storia del ciclismo), la ‘Tappa Bartali’ sarà l’appenninica Bologna-Fucecchio.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
METTONO LE MANI NELLE TASCHE DEGLI ITALIANI COME I PREDECESSORI
In arrivo un nuovo aumento dei pacchetti di sigarette, per tutte le fasce di prezzo. Secondo quanto si legge nella relazione tecnica che accompagna la manovra «l’incremento della fiscalità potrebbe essere recuperato dai produttori con un aumento dei prezzi di vendita di circa 10 centesimi a pacchetto, per tutte le fasce di prezzo».
Nella legge di Bilancio sono previsti per il 2019 rincari della tassazione per le sigarette di 108 milioni, altri 22,5 milioni per il tabacco trinciato, circa 1,8 milioni per i sigari, per un totale di 132,6 milioni.
Per essere un governo del cambiamento far pagare di più i consumatori per permettere condoni agli evasori non sembra una operazione molto coerente.
In ogni caso si pone sulla scia della tassazione come tutti gli altri governi.
(da agenzie)
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Novembre 1st, 2018 Riccardo Fucile
NEL MIRINO ANCHE IL SINDACO DI MELENDUGNO E LA GIORNALISTA DEL FATTO
“Faccia da becco”, “maledetto”, “ciarlatano”, “pdiota”, “becchino, rip”: sono solo alcuni degli
insulti con cui su Facebook sono stati apostrofati alcuni esponenti del movimento No Tap.
Nel mirino di alcuni utenti, è finito – assieme al sindaco di Melendugno, Marco Potì e alla giornalista, Tiziana Colluto che si occupa del gasdotto da anni – Gianluca Maggiore portavoce del movimento.
Che però non si lascia intimidire.
“Per me non è importante se qualcuno sui social si fa trascinare dal leader politico di turno in crisi di popolarità “, commenta riferendosi agli utenti che sulla propria pagina facebook mostrano bandiere con le cinque stelle dorate.
“Io non ho nessuna tessera politica, non mi paga nessuno e rappresento cittadini che vogliono chiarezza – Aggiunge – io voglio che la ministra Lezzi e il premier Conte rendano pubbliche le documentazioni consegnate da socar (società produttrice di petrolio e gas naturale, ndr)”.
“Devono spiegare- sostiene maggiore rivolgendosi sempre alla ministra e al premier – come avevano promesso, alla popolazione, venendo qui in Salento, non con letterine su Facebook. Rilancio al mittente il tentativo di far andare tutto nel dimenticatoio.Venite a San Foca a spiegare che cosa non ha fatto il governo, è una vostra precisa responsabilità politica”.
(da agenzie)
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