Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
RIFLETTORI PUNTATI SU UNA FIDUCIARIA, INTERROGATE DUE PERSONE, ACQUISITI DOCUMENTI SU UN ITALIANO
La procura di Genova potrebbe aver trovato il collegamento che unisce i tre lati del triangolo
geografico attraverso il quale i finanzieri ritengono siano partiti per l’estero, e poi rientrati in Italia, parte dei 49 milioni di fondi di rimborsi elettorali che la Lega Nord deve restituire allo Stato dopo la condanna per truffa del senatur Umberto Bossi e dell’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito
Il procuratore aggiunto Francesco Pinto e gli uomini del gruppo di polizia tributaria della guardia di finanza di Genova hanno sentito nei giorni scorsi l’ex responsabile del settore compliance della fiduciaria Pharus Management Lux Sa e della Edmond de Rotschild (che segnalarono operazioni sospette tra il Granducato e l’Italia).
In Lussemburgo gli inquirenti hanno anche acquisito documenti riconducibili a un italiano, che lavora nel Granducato e che avrebbe operato per altri italiani della zona del bergamasco dove ci sarebbero soggetti collegati alla Lega.
Una delle ipotesi degli investigatori è che il professionista possa essere l’anello di congiunzione dei passaggi di denaro
Gli investigatori genovesi ipotizzano che nel 2016 la banca Sparkasse di Bolzano, attraverso intermediari, abbia collocato 10 milioni di euro presso la fiduciaria Pharus Management Lux Sa la quale, a sua volta, li avrebbe investiti in altre fiduciarie.
A fine gennaio 2018 la banca Sparkasse chiese il rientro di tre milioni investiti in Lussemburgo presso la fiduciaria Pharus Management Lux Sa. La richiesta arrivò 20 giorni dopo la fine dei primi sequestri da parte della guardia di finanza sui conti della Lega in tutta Italia.
Le due cifre coincidono e la circostanza fa partire la segnalazione di operazione sospetta di rientro di “possibili depositi della Lega occultati tramite la Sparkasse”, scrivono i due istituti lussemburghesi.
La cifra entra poi in Italia effettivamente subito dopo le elezioni. I magistrati vogliono capire perchè però è stata segnalata solo l’operazione in uscita e non quella in entrata, avvenuta a fine 2016, quando vennero investiti 10 milioni di euro.
Per gli investigatori, l’ipotesi è che il partito avesse messo al sicuro da possibili sequestri parte delle somme su conti off-shore.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
SI REALIZZA LA NEMESI DI SALVINI: E’ “UN PERSONAGGIO” COME L’ODIATO ALFANO
Si è realizzata, in fin dei conti, la nemesi di Matteo Salvini: essere come Angelino Alfano.
Il vicepremier e leader leghista, finito in questo caso nel vespaio delle polemiche nell’ulteriore veste di ministro dell’Interno, ha fatto una cosa degna del suo predecessore: twittare a indagini in corso con il rischio di compromettere le indagini. Il cinguettio con cui Salvini ha annunciato che stamani a Torino la polizia ha fermato “15 mafiosi nigeriani” ha fatto sorgere “rischi di danni al buon esito dell’operazione che è tutt’ora in corso”, ha denunciato il procuratore capo di Torino Armando Spataro. Un rimbrotto molto duro del magistrato, visto che la procura si era ben guardata dal diffondere notizie sull’operazione proprio perchè ancora non giunta al termine.
Salvini si è risentito sul piano personale: “Basta parole a sproposito. Inaccettabile dire che il ministro dell’Interno possa danneggiare indagini e compromettere arresti. Qualcuno farebbe meglio a pensare prima di aprire bocca. Se il procuratore capo a Torino è stanco, si ritiri dal lavoro: a Spataro auguro un futuro serenissimo da pensionato”, ha replicato il ministro.
Eppure qualche anno fa era molto più sensibile alla delicatezza di operazioni in corso. Com’è noto, infatti, anche il suo predecessore Angelino Alfano innescò un cortocircuito con la magistratura per aver dichiarato su un’operazione delle forze dell’ordine senza tener conto dell’indagine in corso: nel giugno del 2014 infatti la procura di Bergamo aveva arrestato Massimo Bossetti nell’inchiesta sull’omicidio di Yara Gambirasio.
Dopo tre gradi di giudizio il muratore di Mapello ha visto confermata la condanna all’ergastolo, ma subito dopo la svolta nelle indagini il ministro Alfano non riuscì a contenersi, tanto da dimenticarsi anche della presunzione di non colpevolezza dovuta verso chiunque sia oggetto di indagine: “Individuato l’assassino di Yara Gambirasio”. Anche in quel caso la procura, stavolta di Bergamo, si indispettì non poco: “Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo, questo anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza”, disse il procuratore Francesco Dettori.
Le critiche ad Alfano arrivarono numerose. Tra queste spicca oggi quella del leader leghista: “Pazzesco”, disse in una intervista a Panorama. “Un ministro dell’interno che twitta su indagini in corso non merita neppure un commento. Il fatto in sè la dice tutta sul quel personaggio lì”.
Curioso, no?
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
LA UE ASPETTA UNA RISPOSTA, MA SALVINI NON VUOLE ESSERE OGGETTO DI PERNACCHIE PRIMA DELLA MANIFESTAZIONE DI SABATO
“Io sabato 8 dicembre, giorno dell’Immacolata, sarò in piazza del Popolo a Roma e stavolta
sono io che chiedo qualcosa a voi: ci siete? Venite per un enorme abbraccio per dimostrare al mondo che l’Italia c’è? Ho bisogno del vostro calore…”.
Matteo Salvini usa ogni mezzo che può per caricare la piazza della manifestazione leghista di sabato prossimo.
Il vicepremier parla al suo ‘popolo’ in una diretta Facebook, mentre l’Unione europea aspetta ancora che l’Italia corregga la manovra economica bocciata dalla Commissione.
Ecco, ma fino a sabato a Bruxelles non arriverà nulla: tutto fermo per manifestare, confermano all’Huffpost autorevoli fonti leghiste di governo.
E’ anche per questo che oggi appare un po’ appannato tutto l’ottimismo profuso ieri dalle autorità europee riunite nell’Eurogruppo e anche da quelle italiane, il ministro Giovanni Tria in primis che era qui con i colleghi dell’Unione.
L’accordo tra Roma e Bruxelles per evitare la procedura di infrazione sul deficit legata al debito è ancora in ballo ma ancora non è a portata di mano. Non a caso, oggi Tria al termine della riunione dell’Ecofin – il consiglio dei ministri europei dell’Economia – ha incitato i partner di governo a prendere una “decisione politica”.
Arriverà , entro il consiglio europeo del 13 e 14 dicembre prossimi. Ma non prima di sabato.
Salvini ha bisogno dei suoi cavalli di battaglia inseriti nella legge di bilancio, a partire da ‘quota cento’ sulle pensioni, per parlare ai suoi sabato in piazza.
E’ la prima manifestazione dell’orgoglio leghista di governo: la riuscita è d’obbligo per Salvini, che in questa fase si ritrova ammaccato dallo scontento del suo ‘popolo del nord’ e costretto a difendersi dagli attacchi di Confindustria.
Pur politicamente scorretto ed esagerato, come è nello stile di Salvini, lo scontro di oggi con il procuratore Armando Spataro è quasi un pretesto per cercare di chiamare a raccolta in piazza una platea larga di elettori.
“In piazza vorrei donne, mamme, nonni, bambini, non fascisti e razzisti – dice nel video su Facebook .
Questo non significa che cambiano i termini della trattativa avviata da Giuseppe Conte a Bruxelles dalla cena con Jean Claude Juncker, Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis il 24 novembre scorso, insieme a Tria naturalmente.
Anche dalla Commissione europea riconoscono che da quella sera i toni e l’atteggiamento dell’Italia sono cambiati e se ne è avuta conferma nei colloqui a margine del G20 di Buenos Aires lo scorso weekend.
Insomma, il negoziato resta in piedi perchè il governo – Salvini compreso – è fermo nella decisione di voler evitare la procedura di infrazione. E infatti sul superamento della legge Fornero il vicepremier leghista dice: “Questa è la prima di cinque manovre di questo governo, non si può fare tutto subito: la Fornero non è cancellata di un botto, si smonta pezzo per pezzo…”.
Non è questo il punto. Il punto è che quel ‘committment’, impegno “molto concreto”, che anche oggi Moscovici torna a chiedere all’Italia, a Bruxelles non arriverà prima della settimana prossima, in tempo per il consiglio europeo di fine anno, in modo che Conte ne possa parlare a margine con gli altri leader e fermare la Commissione che è pronta a scrivere le raccomandazioni per l’Italia già nella settimana che precede Natale (il 19 dicembre).
“Camminiamo su due piedi”, dice Moscovici pur riconoscendo all’Italia gli sforzi di dialogo. “Da una parte il dialogo, dall’altra la preparazione della procedura”.
Tutto è in ballo, però fino a sabato la macchina si ferma causa ‘manifestazione della Lega’.
E pensare che all’Eurogruppo di ieri – che è andato avanti per tutta una nottata di discussioni – il caso Italia ha frenato anche l’accordo sui fondi per la zona euro proposti da Emmanuel Macron: i paesi in regola con i conti, tipo l’Olanda che è furiosa con Roma, non si fidano, temono ulteriori trasferimenti di soldi ai paesi non in regola. Tutto fermo, in questo caso, per mancanza di fiducia tra partner europei.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
22 CONSIGLIERI GRILLINI FANNO APPROVARE UNA MOZIONE CHE SMASCHERA IL DECRETO RAZZISTA
Il decreto Salvini avrà “impatti fortemente negativi per i cittadini”, aumenterà le “persone potenzialmente coinvolgibili in attività illecite”, creerà “la presenza di stranieri irregolari favorendo marginalità estreme, occupazioni e illegalità “, smantellerà i centri Sprar, “finalizzati a dare risposte strutturate, controllate e non emergenziali”.
Una mazzata durissima. Che non arriva dalle opposizioni, o da uno tra i tanti che non saranno a manifestare con la Lega a piazza del Popolo, come da campagna social del Carroccio.
Sono i 5 stelle a tirare uno schiaffo in piena faccia al ministro dell’Interno.
E lo fanno con una mozione approvata in Campidoglio, con il voto determinate della truppa che sostiene Virginia Raggi. In ventidue su ventinove hanno dato il via libera al testo.
Qualche assente giustificato, ma anche qualche dissenso nel merito, come verrebbe considerato il non voto dei consiglieri Bernabei, Montella e Zotta.
Fatto sta che quasi l’intero gruppo consiliare si è accodato all’iniziativa di Maria Agnese Catini, candidatasi in consiglio comunale “perchè Roma torni ad essere una degna Capitale dove “nessuno deve rimanere indietro” non resti solo uno slogan ma un obiettivo da raggiungere”, come si legge da presentazione di Rousseau.
La pasionaria (ha una sensibilità di sinistra, spiegano dal Comune), ha saldato i suoi nel chiedere un impegno alla prima cittadina “di approntare tutti gli atti necessari a mitigarne gli effetti in termini di diritti sia per i cittadini che per le persone accolte”. La città eterna, amministrata dall’alleato di governo del Carroccio, si mette all’opposizione.
Il sindaco ha seguito da vicino l’iter del documento. E anche i vertici, al contrario di Matteo Salvini, colto totalmente di sorpresa, sapevano perfettamente quello che stava per accadere. “Ne abbiamo discusso con tutti, i vertici nazionali erano a conoscenza della mozione e del voto”, si spiega dal Campidoglio.
D’altronde è stata proprio Laura Baldassarre, assessore alle Politiche sociali del comune, la prima a lanciare l’allarme.
Quando il decreto stava procedendo nel suo iter parlamentare usò parole molto simili: “Siamo preoccupati. Se non cambiasse abbiamo stimato che 1059 persone solo a Roma uscirebbero dal sistema Sprar, con due effetti negativi: che i servizi sociali si dovrebbero far carico di queste persone, e non ce la fanno, e che aumenterebbero le situazioni di illegalità “.
Dal territorio si sollevano perplessità su una cinghia di trasmissione con chi lavora sul territorio a dir poco sfilacciati.
Roberta Lombardi, capogruppo stellata in regione Lazio raggiunta da Huffpost, non vuole entrare nel merito della mozione. Ma sembra condividerne lo spirito: “Sul tema degli sgomberi delle occupazioni il problema del ripristino della legalità deve andare a braccetto del rispetto delle fragilità sociali e con un’applicazione della legge intelligente e non da stolido burocrate”.
La war room stellata non ha benedetto l’operazione, ma nemmeno l’ha fermata. Perchè la sensibilità del Movimento sul tema è nota e si è manifestata in Parlamento, e da tutti i comuni targati 5 stelle sono arrivate sulla scrivania del capo politico lamentele sul decreto sicurezza: scaricano su di noi la patata bollente, la protesta.
Era stata Torino la prima esprimersi contro, quando ancora il testo doveva essere approvato. Un buffetto, in confronto al sonoro schiaffone in faccia arrivato a Salvini da Roma.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
STAREBBE VALUTANDO IL RITIRO DELLA SUA CANDIDATURA ALLE PRIMARIE A CAUSA DI UN INADEGUATO SOSTEGNO DA PARTE DEI RENZIANI
Marco Minniti sta riflettendo su un possibile passo indietro nella corsa alla segreteria del
Partito Democratico.
Secondo alcuni rumors riportati dall’AdnKronos, la sua candidatura attraversa una fase di stallo.
Persino la raccolta di firme nel territorio, necessaria per presentare la candidatura, non procederebbe come dovrebbe.
I motivi dello stop sarebbero legati ad alcune perplessità dell’ex-titolare del Viminale che non avrebbe riscontrato le condizioni auspicate nel sostegno alla sua candidatura, in particolare da parte dell’area renziana del Pd, riporta l’agenzia di stampa.
Come confermano fonti all’HuffPost, nessuna decisione sul ritiro della candidatura al congresso è stata ancora presa, ma una riflessione è in corso.
Il termine per la presentazione delle candidature è il 12 dicembre, tra appena una settimana.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
“TUTTI HANNO COSTRUITO ABUSIVAMENTE, LAVORARE IN NERO CONVIENE A TUTTI”
Qui nessuno parla di colpe dei padri che non devono ricadere sui figli. Qui, a Mariglianella, nei bar o seduti su una panchina tra via Roma e via Umberto I, il nodo della questione che ruota attorno alla famiglia del vicepremier Luigi Di Maio è un altro: “Sapete cose dovete scrivere voi giornalisti? Senti a me. Devi scrivere che al Sud tutte le imprese non tengono la gente a posto, non solo Antonio Di Maio”.
E i fabbricati abusivi nel terreno di famiglia? Ora interviene la ragazza dietro al bancone mentre prepara i caffè: “Qui tutti hanno costruito, qualcuno ha condonato, qualcuno ha sanato, altri no. Tutto attorno è così”.
Quindi ci si guarda un po’ attorno in questa giornata di sole e percorrendo via Umberto I si passa davanti a una bandiera del Pd, indica un circolo che adesso è chiuso.
Mariglianella però non è di sinistra, piuttosto è storicamente di destra, il sindaco Felice Di Maiolo è di Forza Italia eletto con una lista civica.
C’è un Meet Up M5s e qualche elettore qua e là . Un signore, “il mio nome non lo dico perchè qui mi conoscono tutti”, ha votato Di Maio ma ora il suo cuore batte più per Matteo Salvini: “E’ lui che guida il governo. Speriamo che si possa andare prima in pensione e nel reddito di cittadinanza. Lasciateli governare e con il nuovo anno si vedrà “.
Ancora pochi passi e sulla sinistra al numero 69 ecco il terreno della famiglia Di Maio, di proprietà del padre Antonio e della sorella, sede della società di costruzioni Ardima srl di proprietà di Luigi e della sorella da oggi in liquidazione.
Si vedono i quattro fabbricati che non risultano dalle mappe catastali: “Le costruzioni qui dentro ci sono sempre state, nel tempo sono state rammodernate”, viene spiegato. In pratica la stalla è diventata una struttura con tetto in tegole, finestre, quasi una piccola villetta con cucina, un patio dove si trova una piscina montabile, e da dietro il cancello si vede anche un barbecue.
“Luigi e i fratelli venivano qui per la stagione”, raccontano in paese. La stagione è l’estate.
Una signora dal cui balcone si vede questo appezzamento di terreno dice che nelle belle giornate c’era sempre un via vai di macchine. “Non dormivano qui, la famiglia vive a Pomigliano d’Arco ormai da molti anni. Questa era la casa di campagna, venivano sempre tanti ragazzi a fare le feste”.
Eppure formalmente è solo un terreno indicato come sede della società . “Io venivo ad aprire il lucchetto così gli operai potevano prendere gli attrezzi”, spiegava Di Maio prima che scoppiasse il caso abusivismo e quando ancora parlava solo di una stalla.
Il sindaco Di Maiolo è seduto dietro la scrivania al primo piano del Municipio. Rimane abbottonato, non parla volentieri della questione. “Non ne voglio fare una questione politica”, dice nonostante a Mariglianella qualcuno dubiti che dietro ci sia lo zampino di Forza Italia.
“Abbiamo mandato i vigili e hanno detto che quei quattro fabbricati sono abusivi, questo posso dire. Le foto in nostro in possesso sono del 2005 e quelle strutture c’erano già . Adesso abbiamo avviato la regolare procedura per l’abbattimento mandando a notifica alla famiglia Di Maio che avrà dieci giorni di tempo per le controdeduzioni”.
Da Google Earth, come hanno mostrato Le Iene, si evince che nel 2002 non c’erano, appaiono invece in quelle del 2008, quindi la struttura con patio, definita stalla, sarebbe stata costruita quando Di Maio aveva tra i 16 e i 22 anni.
“Ripeto, in quegli anni tutti facevano così. Tutti. E lo sanno tutti”, si ostina a dire un signore mentre si sente urlare dalla villetta di fronte: “Non venite più. Non venite più. Ho sciolto il cane”. E vengono allontanati giornalisti e telecamere.
Nessuno qui si interroga se il vicepremier fosse o meno a conoscenza degli abusi e neanche se gli operai che lavorano nell’azienda del padre fossero in regola o meno: “Lavorare in nero conviene. Conviene al padrone e conviene al lavoratore, Antonio è una brava persona e ha sempre trattato bene i dipendenti. Il resto sono attacchi politici al figlio”.
Sta di fatto che adesso il ministro del Lavoro dovrebbe mandare gli espettori del suo ministero a verificare se nella ex azienda del padre, e adesso sua e della sorella, le assunzioni siano sempre state regolari o meno oltre quelle dei tre lavoratori che già hanno raccontato di aver lavorato in nero.
Ciò che più preoccupa il capo politico M5s è il concorso in elusione fraudolenta nel quale potrebbe incorrere dal momento che il padre ha chiuso l’azienda con debito con Equitalia di 176mila euro e ne ha aperta un’altra a nome prima della moglie, che però non poteva perchè dipendente pubblico, e poi a nome dei figli.
“Sì, è vero. Antonio non ha messo le cose a posto, ma qui lo fanno tutti”. Si va via e passando dalla piazzetta, si sente una voce: “Ti raccomando scrivi cose buone perchè Di Maio è roba buona”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
L’OPERAZIONE TRAMITE UNA BANCA DI ANTIGUA FU PORTATA AVANTI DA GHEDINI E DAL FIDANZATO DELLA RAGAZZA… ERANO I TEMPI IN CUI PER GLI ATTUALI SOVRANISTI RUBY ERA LA “NIPOTE DI MUBARAK”
Karima El Marhroug, conosciuta come ‘Ruby’, avrebbe ricevuto da Silvio Berlusconi “un
pagamento di 5 milioni di euro eseguito tramite la banca Antigua Commercial Bank di Antigua su un conto presso una banca in Messico”.
In particolare 2 milioni sarebbero stati dati all’ex compagno della ragazza, Luca Risso, mentre gli altri 3 “sono stati fatti transitare dal Messico a Dubai e sono esclusivamente di Ruby”.
A dichiararlo è l’avvocato Egidio Verzini, che 7 anni fa fu legale della giovane diventata protagonista dello scandalo e dei successivi processi sulle cosiddette ‘cene eleganti’ e che ha deciso “di rinunciare all’obbligo del segreto professionale” sul caso per un “dovere etico e morale”.
L’avvocato Verzini è stato legale di Ruby tra giugno e luglio 2011 (il processo a Berlusconi, finito con un’assoluzione definitiva, era iniziato in aprile).
Il legale poi comunicò che era “venuto meno il rapporto di fiducia” con Karima El Mahroug e lasciò l’incarico.
E un paio di anni dopo raccontò che Ruby voleva “costituirsi parte civile” ma che c’erano “stati degli interventi esterni”.
In altre occasioni rilasciò dichiarazioni alla stampa e venne sentito dai pm nel caso Ruby ter per il quale Berlusconi è a processo, assieme ad altri 27 imputati, per corruzione in atti giudiziari.
“Dopo lunga ed attenta valutazione – scrive in una nota l’avvocato – reputo mio dovere etico e morale rendere pubblico ciò che si è realmente verificato nella vicenda Ruby, perciò ho deciso autonomamente di rinunciare all’obbligo del segreto professionale assumendomi ogni responsabilità “.
La “operazione Ruby”, sostiene, “interamente diretta dall’avvocato Ghedini con la collaborazione di Luca Risso (messo al fianco di Ruby per controllarla), prevedeva in origine il pagamento di 7 milioni di euro, di cui 1 milione per me ed 1 milione per la persona incaricata da Ghedini di accompagnarmi nell’operazione”.
Dopo aver “analizzato la situazione”, aggiunge, “ho proposto una linea difensiva diversa (legale e non illegale) che prevedeva la costituzione di parte civile nei confronti di Emilio Fede e, al momento del pagamento, conseguente rinuncia, proposta che Ruby aveva condiviso ed accettato. La mia proposta – spiega ancora – è stata rigettata da Ghedini-Risso, pertanto non ho proseguito nell’operazione come da loro prospettata, in quanto il rischio professionale e personale per me era altissimo”. Verzini afferma che Ruby, poi, “ha ricevuto un pagamento di 5 milioni di euro eseguito tramite la banca Antigua Commercial Bank di Antigua su un conto presso una banca in Messico nella località di Playa del Carmen, di cui però non conosco il nome”.
I soldi arrivati in Messico, secondo il legale, sono stati suddivisi: “2 milioni di euro sono stati dati a Luca Risso, il quale ha acquistato il ristorante Sofia a Playa del Carmen, una villa a Playa del Carmen e un terreno edificabile sull’isola di Cozumel (tutto ciò è di proprietà esclusiva di Risso, Ruby non c’entra nulla); 3 milioni di euro sono stati fatti transitare dal Messico a Dubai e sono esclusivamente di Ruby”. Berlusconi, conclude il legale, “era a conoscenza sin dall’inizio della minore età di Ruby, motivo per cui ha elargito il denaro”.
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
L’AMBULANTE CHE VIVE DA 20 ANNI IN ITALIA: “PRIMA L’HO BUTTATO GIU’, POI L’HO INSEGUITO, L’HO FATTO CADERE E L’HO IMMOBILIZZATO FINO A CHE NON E’ ARRIVATA LA POLIZIA”
Mustafa El Aoudi è nato in Marocco quarant’anni fa. L’uomo che ha salvato la vita della dottoressa Maria Carmela Calindro, detta Nuccia, vive in Italia da oltre un ventennio: abita in località Sant’Anna, ai confini tra il comune di Crotone e quello di Isola Capo Rizzuto, con la moglie e i tre figli che sono nati tutti a Crotone nonostante Mustafa non abbia mai preso la nazionalità italiana.
Fa il venditore ambulante, come la maggior parte dei marocchini arrivati in Calabria quando ancora quello dei migranti non era diventato un fenomeno epocale.
Con la sua bancarella di oggetti di ogni tipo staziona tutti i giorno davanti ai cancelli dell’ospedale San Giovanni di Dio. E c’era anche questo pomeriggio, quando è scattata l’aggressione.
“La dottoressa passa sempre di qua e mi saluta. La conosco” racconta Mustafa all’agenzia Agi. “L’ho sentita gridare e allora mi sono avvicinato. Ho visto quell’uomo che menava con il cacciavite allo stomaco, la voleva ammazzare”.
Mustafa spiega quindi come ha fatto a fermare l’aggressore: “Mi sono avvicinato e l’ho buttato giu’, poi è scappato e sono andato appresso a lui fino al bidone della spazzatura, gli ho fatto lo sgambetto ed è caduto, allora l’ho tenuto finchè è arrivata la polizia”.
E’ stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio l’uomo che ha aggredito la dottoressa in servizio nell’ospedale di Crotone, un crotonese di 50 anni che avrebbe agito con il volto coperto da una sciarpa e un copricapo.
“Ho fatto quello che avrebbero fatto tutti”, dice Mustafa.
Quella di oggi è la seconda grave aggressione compiuta a medici in servizio nell’ospedale civile di Crotone nell’arco di quattro mesi. Nella notte tra il 3 ed il 4 agosto scorsi, infatti, un medico anestesista venne picchiato selvaggiamente con calci, pugni dai congiunti di un ragazzo di Rosarno ricoverato nel reparto di rianimazione.
Il medico avrebbe voluto soltanto che i familiari potessero dare l’ultimo saluto ad un ragazzo malato che stava morendo. Una cortesia ed un’attenzione che vennero però “ricambiate” con un’aggressione ai danni del medico.
(da agenzie)
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Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile
L’AGGRESSORE E’ UN ITALIANO CHE L’ACCUSAVA DI AVER CAUSATO LA MORTE DI UN SUO PARENTE
Con il cacciavite l’ha colpita più volte alla testa, al volto, al torace. E poi urla e accuse e ancora
botte.
Aveva appena finito il suo turno all’ospedale “San Giovanni di Dio” di Crotone la dottoressa Nuccia Calindro, quando un uomo l’ha aggredita e ha iniziato a colpirla brutalmente.
Con il volto parzialmente nascosto da un cappuccio, l’uomo l’ha sorpresa nel parcheggio dell’ospedale e ha iniziato ad infierire su di lei, accusandola della morte di una parente.
A salvarla è stato Mustafa, venditore ambulante maghrebino, che con la sua bancarella è ormai una presenza fissa nei pressi dell’ospedale.
(da agenzie)
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