Destra di Popolo.net

VERGOGNOSO: NELLA MANOVRA DEL GOVERNO C’E’ L’AUMENTO DELLE ACCISE SULLA BENZINA IN LIGURIA

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

LA RICOSTRUZIONE DEL PONTE MORANDI SE LO DEVONO PAGARE I GENOVESI

“L’emergenza Genova sarà  a carico dei cittadini liguri”.
A denunciarlo su Twitter, a proposito di un emendamento alla Manovra, è Ettore Rosato del Pd.
“Il governo – scrive – dopo aver fatto un decreto che metteva poco o niente per il Ponte Morandi, ora prevede l’aumento delle accise sulla benzina (quelle che Salvini voleva abolire): +0,05 euro/litro in Liguria”. L’incremento – si legge nel testo – è previsto per il solo 2019.
Il fatto è confermato dalla lettura del testo dell’emendamento del governo all’art 79 comma 9.
Una decisione che rappresenta un insulto alla popolazione ligure, provata non solo dal crollo del ponte Morandi, ma anche dai danni delle mareggiate che hanno distrutto il porto di Rapallo e determinato danni milionari nella Riviera di Levante e nel Savonese.
Dopo tante promesse di Salvini di ridurre le accise, ora le aumentano in Liguria.

(da agenzie)

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CON L’ACQUA ALLA GOLA: SALVINI E DI MAIO NON RIESCONO A CHIUDERE LA MANOVRA

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

SULLE MISURE CHIAVE NON C’E’ INTESA, SENZA TAGLIARE QUOTA 100 E REDDITO DI CITTADINANZA AL 2% NON CI ARRIVANO: E’ FINITA LA PACCHIA

Mancano i pilastri, ma anche il tetto e le fondamenta.
L’edificio della nuova manovra – quella che il governo gialloverde sta approntando nell’ambito della trattativa diluita con Bruxelles – non prende forma.
I lavori sono fermi alla fase della demolizione della casa originaria, quella che lasciava l’Europa fuori dal portone blindato del deficit al 2,4 per cento.
Non un passo di più, se non la presa di coscienza obbligata che il progetto sulla carta è cambiato.
Litigano i due capo cantieri, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che si marcano a uomo. Se metti un pezzo tu, allora anche io voglio mettercelo, è il ragionamento che caratterizza le ultime ore concitate in vista di un probabile nuovo vertice con all’ordine del giorno il tentativo di trovare almeno una quadra sul tetto.
Presa coscienza che il pedinamento reciproco è sfociato nell’immobilismo ecco che si prova a capire almeno fino a dove abbassare il deficit, se al 2,1% piuttosto che al 2 per cento. Un tentativo in vista dell’Eurogruppo di domani per dare una parvenza di movimento e buona volontà .
Fino ad adesso dal cantiere si è alzata solo la polvere.
Basta guardare il contenuto dei 54 emendamenti depositati dal governo e dai relatori in commissione Bilancio, alla Camera, dove è in corso l’iter della legge di bilancio: si spazia dal Superenalotto alle norme contro i furbetti della flat tax, passando per misure sulle farmacie piuttosto che sull’Accademia della Crusca.
Non c’è traccia del reddito di cittadinanza, nè della quota 100.
Eppure il nuovo edificio da tirare su deve necessariamente prevedere pilastri più snelli perchè solo riducendo gli importi delle due misure care a Salvini e Di Maio – nella prima versione fissati a 6,7 miliardi e 9 miliardi – si può arrivare a un’altezza del tetto più vicina ai desiderata della Commissione europea.
Le proposte di modifica che sono arrivate a Montecitorio dicono essenzialmente una cosa e cioè che il primo tentativo di dare un segnale a Bruxelles è fallito.
Perchè? Ci sono due ordini di motivi.
Il primo – politico – è legato alla dinamica che sta caratterizzando l’interlocuzione tra Lega e 5 Stelle. È un meccanismo a incastro che non riesce a comporsi perchè l’inserimento di una norma di una delle due parti equivale a un gap consistente per l’altra.
È andata così anche alla vigilia della presentazione degli emendamenti e la stessa dinamica – secondo quanto spiegano fonti di governo a Huffpost – si è riproposta anche durante la giornata di domenica.
Di Maio ha provato a dare il là  a questo meccanismo, spingendo per l’introduzione del taglio alle pensioni d’oro appunto con un emendamento alla Camera.
Salvini, però, ha replicato: allora nel testo deve entrare la norma su quota 100, che è già  pronta. Però così i 5 Stelle si sarebbero ritrovati con la Lega all’incasso e il reddito di cittadinanza invece fuori.
Niente da fare, fumata nera. Da qui la natura degli emendamenti depositati alla Camera. Entrambi i partiti e anche fonti di palazzo Chigi, concentrandosi in modo alternato sui due temi, hanno ribadito che queste norme arriveranno durante il passaggio in Senato.
È comunque uno slittamento, tra l’altro a giorni che saranno alquanto complicati, quelli di metà  dicembre, quelli in cui tra il Consiglio europeo del 13-14 dicembre e le probabili raccomandazioni per l’Italia all’Ecofin da parte della Commissione europea bisognerà  necessariamente lavorare con l’acqua alla gola.
Le divergenze non si sono esaurite.
Il taglio delle pensioni d’oro resta al centro del cantiere in subbuglio con fonti di palazzo Chigi che assicurano l’arrivo dell’emendamento al Senato o addirittura in extremis ancora prima, cioè alla Camera, mentre Salvini parla di “ennesima bufala”. Anche per il reddito di cittadinanza e la quota 100 si fa riferimento al passaggio a palazzo Madama, ma il timing ora è sballato.
Di certo non è quello allineato dell’inizio, quando si pensava di affidare le due misure a due distinti decreti da approvare subito dopo la manovra.
La ricostruzione dell’edificio ha scombussolato tutto e ha fatto affiorare una dinamica chiara, quella di chi ora punta a una sorta di costruzione in solitaria o quantomeno a completare prima la parte a cui più tiene rispetto all’altro capocantiere.
Solo che l’edificio da far visionare a Bruxelles deve tenersi insieme in tutte le sue componenti. I lavori sono ancora lunghi.
L’unico elemento che è rimasto tra il vecchio e il nuovo edificio sono le promesse fatte ai rispettivi elettorati. Soprattutto da quelle dipende la fisionomia della facciata finale della nuova manovra.

(da “Huffingtonpost”)

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VIAGGI CON AEREI DI STATO DELLA CASTA LEGA-M5S: NE DICHIARANO SOLO 25 MA SI SCOPRE CHE SONO MOLTI DI PIU’, BEN 105

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

NON SOLO: SPESI 40.000 DI CATERING E 3.720 DI PORCELLANE

I voli blu — quelli con gli aerei di Stato — sono l’emblema del potere.
Gli abusi del passato hanno costretto la politica a praticare un po’ di trasparenza con una legge (n. 98) del 2011 che impone la diffusione di un elenco dei viaggi sul portale di Palazzo Chigi, tranne nei casi di segreto per ragioni di sicurezza nazionale. All’epoca era in corso il tramonto dell’ultimo governo di Silvio Berlusconi che ha portato l’Italia a saggiare l’austerità  dei tecnici di Mario Monti. Quel sorso di trasparenza, però, adesso appare insufficiente.
Il Servizio voli di governo, umanitari e di Stato riferisce che tra il 1° luglio e il 29 ottobre 2018 — durante l’esecutivo gialloverde di Cinque Stelle e Lega — il 31esimo stormo dell’Aeronautica militare ha svolto 25 missioni: troviamo più volte Elisabetta Trenta (M5S), ministro della Difesa; Giovanni Tria, ministro dell’Economia; il leghista Matteo Salvini, vicepremier nonchè ministro dell’Interno e soltanto un trasporto per motivi sanitari.
Nel periodo citato, in realtà , il 31esimo Stormo ha completato 105 missioni e non 25, come ha spiegato Palazzo Chigi in risposta a una richiesta di accesso agli atti del Fatto.
Per imposizione normativa, non vanno menzionati i trasferimenti delle più alte cariche — il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio, i presidenti di Camera e Senato e il presidente della Corte costituzionale — ma non basta a giustificare la differenza tra i 25 viaggi conosciuti e i 105 totali.
Tra l’altro, le visite istituzionali o gli incontri all’estero del premier Giuseppe Conte e di Sergio Mattarella ricevono sempre un’abbondante copertura mediatica.
Palazzo Chigi autorizza i voli di Stato e controlla la struttura con il tenente colonnello Filideo De Benedictis, ma la gestione è affidata al 31esimo Stormo, dunque è laborioso, anzi impossibile ricostruire il costo complessivo dei viaggi.
La presidenza del Consiglio copre soltanto le spese impreviste e accessorie — non carburante, manutenzione, equipaggio, di cui si occupa l’Aeronautica militare — come specificato nel documento inviato al Fatto.
Sempre dal 1° luglio al 29 ottobre 2018, per esempio, Palazzo Chigi ha speso 46.150 euro: 26.540 per catering in Italia; 14.851 per catering all’estero; 3.720 per corredo al catering, cioè porcellane dell’azienda Manifattura di Venezia; 1.039 per esigenze varie.
Il 31esimo Stormo ha una flotta composta da almeno due elicotteri per ricerche e soccorso, tre modelli di Falcon con una capienza massima di 12 passeggeri e tre Airbus A319CJ da 36 o 50 posti con spazi per il ristoro, le conferenze e il riposo.
Il governo di Enrico Letta, ormai cinque anni fa, ha disposto la vendita di una coppia di Airbus, uno è tornato operativo — come dimostrano le schede di volo consultate dal Fatto — e un altro è andato all’asta per 16,8 milioni di euro il 2 febbraio 2017 e non ha ottenuto neanche un’offerta.
Il ministro Trenta, invece, ha interrotto il contratto di leasing con Etihad per il quadrimotore Airbus A340 sottoscritto dal governo renziano: il famigerato Air Force Renzi — oltre 150 milioni di euro impegnati per sette anni — è ancora in balìa di controversie legali, parcheggiato all’aeroporto di Fiumicino.
Il taglio dei gialloverdi — anticipato con una diretta Facebook a luglio dai ministri Trenta, Di Maio e Toninelli — potrebbe apportare un risparmio di poche decine di milioni.
Nei prospetti finanziari della Difesa, alla voce “trasporto aereo di Stato” (non sono considerate le spese per il personale), ci sono gli stanziamenti previsti per un triennio: 25,1 milioni di euro per il 2018; 26,1 per il 2019; 26,1 per il 2020.
Quando viaggiano i ministri producono dei costi che ricadono anche sui dicasteri di competenza.
Luigi Di Maio preferisce i voli di linea per non sporcarsi con gli strumenti della “casta”. I costi delle sue trasferte sono sparpagliati tra i suoi vari incarichi di governo. Da ministro dello Sviluppo economico, tra giugno e settembre, ha certificato 13 trasferte per una spesa complessiva di 9.879 euro (7.673 per i biglietti aerei, 2.206 per i soggiorni).
In questa lista figura anche la trasferta in Cina del 18 settembre, quella per cui è finito al centro delle polemiche per aver alloggiato al Four Seasons, uno degli alberghi più lussuosi di Pechino (assieme al braccio destro di Palazzo Chigi — e della Casaleggio Associati — Pietro Dettori).
Il volo per la Cina è costato 3.743 euro, le due notti al Four Seasons 417. Le altre trasferte di Di Maio rientrano nelle spese del ministero del Lavoro: una a giugno per 365 euro, due a luglio per 986 euro e un’altra ad agosto per 119 euro. Poi c’è il premier Conte, che utilizza i voli di Stato, ma per legge sono “oscurati”.
A giugno l’avvocato ha un viaggio in Italia per 113 euro e cinque all’estero — che hanno coinvolto una delegazione di 126 persone — per 76.377 euro (tra spostamenti, pernottamenti, indennità  e pasti).
A luglio due missioni all’estero per 62.599 euro; ad agosto 4 missioni in Italia per 4.005 euro; a settembre cinque missioni in Italia per 12.045 euro e due all’estero per 63.810 euro.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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ALL’ASILO NIDO DI CODROIPO I POLITICI RAZZISTI METTONO AL BANDO I BAMBOLOTTI CON LA PELLE SCURA E GLI STRUMENTI MUSICALI USATI IN ALTRI PAESI

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

GUAI A RIFERIMENTI AD ALTRE CULTURE CHE NON SIANO QUELLE ARIANE

Niente che possa ricordare ai bambini le altre culture o la propria cultura di provenienza, se diversa da quella italiana.
Così, nel regolamento dell’asilo nido comunale di Codroipo, in provincia di Udine, è stato eliminato, con un emendamento approvato dalla maggioranza in consiglio comunale, ogni riferimento alle “diverse culture” o alle “culture di provenienza” degli alunni.
Come racconta il Messaggero Veneto, questa decisione finirà  per mettere al bando bambolotti con la pelle di colore diverso da quella bianca, strumenti musicali che vengono utilizzati in altri Paesi o giocattoli che possano ricordare, appunto, culture diverse.
Le modifiche al regolamento vengono apportate dagli uffici comunali e poi fatte proprie dalla giunta per rendere il testo coerente con le disposizioni regionali in materia di accreditamento delle strutture per l’infanzia.
L’obiettivo dell’adeguamento era quello di prevenire, ridurre e contrastare il rischio di emarginazione ed esclusione tra i bambini anche attraverso l’introduzione di giocattoli “che fanno riferimento alle diverse culture e alla cultura di provenienza”, cosa che in termini pratici si sarebbe tradotta nella consegna ai piccoli anche di bambole con la pelle scura.
Un punto che la maggioranza di centrodestra, al momento della ratifica del testo in consiglio comunale, ha però nettamente respinto, presentando l’emendamento correttivo firmato dai quattro capigruppo per eliminare ogni riferimento alle culture diverse.
Le opposizioni sono allora insorte, spiegando che i nostri valori sono “forti proprio perchè non temono l’apertura e l’incontro con altre culture”.

(da agenzie)

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IL GOVERNO PROLUNGA L’AGONIA DI ALITALIA (E IL PRESTITO)

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

PROROGA DI ALTRI SEI MESI E ALTRI SOLDI BUTTATI IN ATTESA DI IMPRECISATE SINERGIE

Il governo lavora ad una nuova proroga, probabilmente di altri sei mesi, del termine per il rimborso del prestito ponte per Alitalia, attualmente fissato al 15 dicembre.
Il provvedimento, secondo le stesse fonti, è atteso in consiglio dei ministri mercoledì. Mentre le Ferrovie dello Stato sono al lavoro sul Progetto Az, è, innanzitutto, atteso “a brevissimo”, come ha assicurato il vicepremier Luigi Di Maio, l’arrivo del nuovo commissario che andrà  a completare la terna, dopo l’uscita il 18 novembre scorso di Luigi Gubitosi approdato al vertice di Tim, insieme a Stefano Paleari ed Enrico Laghi.
Il prolungamento del prestito-ponte era già  stato ipotizzato nei giorni scorsi anche se si pensava a una scadenza temporale diversa (nell’ordine di due o tre mesi) mentre l’Unione Europea ha puntato i riflettori sul provvedimento.
Giovedì scorso Di Maio ha incontrato a Bruxelles la Commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager e ha assicurato che gli interventi che sta portando avanti il governo saranno “operazioni di mercato”.
La situazione di incertezza che caratterizza questa fase alimenta il nervosismo e il pressing sul governo da parte dei sindacati, che in assenza di una convocazione al Mise, sono pronti, come hanno annunciato Cgil e Uil in primis, alla mobilitazione. Intanto, le FS, alle quali il Mise, la settimana scorsa, ha dato il formale via libera all’offerta vincolante, stanno procedendo nella confirmatory due diligence per esaminare tutti i dati, che non era stato possibile prendere in visione precedentemente, oltre all’interlocuzione con i potenziali partner.
Il cuore industriale del Progetto Az sarà  rappresentato, come più volte ha spiegato l’ad Gianfranco Battisti, sullo sviluppo di sinergie aereo-treno, realizzando un’operazione intermodale di sistema tra aeroporti, stazioni e porti.
Ma il progetto industriale delle FsS, come hanno messo nero su bianco nell’offerta vincolante, prevede, tra le condizioni poste, l’ingresso nella newco di un primario operatore internazionale che poi consenta alla holding di Villa Patrizi di ridurre la propria partecipazione nella compagnia.
I sindacati si preparano alla mobilitazione dei lavoratori di Alitalia della quale, a quanto si apprende, stabiliranno presto la data, che cadrà  sicuramente prima del 15 dicembre, quando scade il rimborso del prestito ponte.

(da “NextQuotidiano”)

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UNA BANDIERA DELL’EUROPA ALLA FINESTRA CONTRO LA MANIFESTAZIONE SOVRANISTA DI SALVINI

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

EUROPA NOW! LANCIA LA PROTESTA CONTRO IL RADUNO A ROMA PER L’8 DICEMBRE: “E’ ARRIVATO IL MOMENTO DEL PATRIOTTISMO EUROPEO”

Una bandiera dell’Unione Europea alla finestra e al balcone a Roma e nella altre città  italiane contro Matteo Salvini e la manifestazione sovranista   prevista per l’8 dicembre.
La proposta arriva da Europa Now! , associazione europeista fondata da Gian Paolo Accardi, Maurizo D’Amore, Eric Jozsef, Francesca Paci e Gianna Radiconcini, che da venerdì distribuisce i vessili europei in alcuni punti di Roma.
“Roma risponde alla marcia di Salvini: per fermare l’avanzata dei nazionalisti e rivendicare una nuova Europa più unita, democratica, fraterna, solidale e federale, EuropaNow! con la Gioventù Federalista Europea lancia una campagna di mobilitazione civica”, scrive Jozsef.
Secono Europa Now!   “i nazionalisti vogliono distruggere l’Europa, noi vogliamo cambiarla. “È arrivato il momento di agire, per dire no”.
Un no a “chi vuole il ritorno delle frontiere interne, il ritorno delle vecchie monete, la sottomissione geopolitica agli Stati Uniti di Donald Trump e alla Russia di Vladimir Putin”
“È arrivato il momento di affermare un patriottismo europeo fondato sui valori e sui principi democratici per dire sì a un’Europa che non sia esclusivamente un’Europa delle nazioni e dei vincoli di bilancio, ma un’Europa dei cittadini e dell’uguaglianza dei diritti politici, sociali, fiscali, ambientali e culturali”, scrive Jozsef.
Per sostenere questi progetti e contrastare il credo sovranista EuropaNow!, insieme ad altre associazioni europeiste “invita a mettere una bandiera europea alle finestre, perchè la bandiera europea appartiene ai cittadini e perchè l’Europa significa unire le persone, non soltanto integrare gli Stati”.

(da agenzie)

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LA SFIDUCIA FALLITA A ZINGARETTI MOSTRA LA SPACCATURA NEL M5S LAZIO

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

LA VERITA’ E’ CHE A NESSUNO FA COMODO RINUNCIARE ALLO STIPENDIO

Alla fine la mozione di sfiducia del centrodestra nei confronti di Nicola Zingaretti in Regione Lazio fallisce.
Ventisei contrari, quindi pro-governatore, zero astenuti e appena 22 voti a favore del siluro politico armato da destra con Stefano Parisi primo firmatario.
E la mozione crea anche una frattura interna al gruppo di Forza Italia: fra i contrari anche Laura Cartaginese, consigliera di Forza Italia, che ieri ha annunciato di non riconoscere più «l’autorità  del capogruppo Aurigemma».
Assenti, oltre all’ex leghista Enrico Cavallari che, in settimana, ha disinnescato i piani di ribaltone annunciando di non voler votare la sfiducia in polemica con la Lega, pure il forzista Pasquale Ciacciarelli, da venerdì sera in «missione culturale» a Edimburgo. Mentre Sergio Pirozzi, presente alla discussione, prima del voto è salito su un aereo, direzione la Puglia, perdendosi buona parte delle schermaglie «fratricide» tra consiglieri.
Il tutto è altamente comprensibile alla luce della situazione politica a via della Pisana: Zingaretti è stato eletto senza maggioranza e nei mesi di consiglio ha flirtato con il M5S prima e con la destra poi per garantirsi l’agibilità  politica, forte del fatto che per molti essere eletti come consiglieri è un risultato che garantisce molto e doverci rinunciare per tornare alle urne non garantisce di certo la rielezione, visto che nel Lazio ci sono le preferenze.
E questo semplice ragionamento di comodo che per ora allunga la vita alla Giunta Zingaretti non riguarda solo Forza Italia e le altre cento anime sparse della destra laziale, ma anche il MoVimento 5 Stelle.
Che dopo aver candidato alla guida della Regione la capa del M5S romano Roberta Lombardi è incappato in una sconfitta poderosa di certo, visti i risultati nella Capitale, guidata dai funesti risultati della Giunta Raggi in Campidoglio.
Ma anche la Lombardi, così come la gran parte dei dieci eletti a 5 Stelle a via della Pisana, è al suo secondo mandato e in teoria dovrebbe concludere la sua corsa in politica quando verrà  sciolto il Consiglio Regionale.
Proprio per questo Lombardi è stata l’alfiera dell’accordo con Zingaretti prima e in questa settimana ha combattuto e annunciato che il gruppo non avrebbe votato la sfiducia al governatore.
Ma proprio per questo è stata smentita prima da Beppe Grillo in persona e poi dallo stesso Luigi Di Maio, che con un messaggio sui social network hanno fatto capire alla Faraona che non c’era trippa per gatti: la mozione di sfiducia si doveva votare, altrimenti “l’Elevato non avrà  più fiducia”, ha scritto Grillo su Facebook confidente del fatto che la Lombardi sappia precisamente cosa accade nel M5S a quelli che non hanno più la fiducia di Beppe.
E così ieri è andata in scena anche la spaccatura nel MoVimento 5 Stelle. Che ha un’altra protagonista oltre alla Faraona: Valentina Corrado.
La consigliera uscente aveva sfidato internamente la Lombardi per la leadership e la candidatura, perdendo rovinosamente nonostante la sponsorizzazione dell’allora sindaco di Pomezia Fucci. Poi ha deciso di improntare la sua consiliatura con la custodia della Retta Via Grillina, prima dissociandosi dalle menate no-vax del consigliere Barillari, poi contestando anche la Lombardi, che l’ha soprannominata sarcasticamente “la capogruppo in seconda”.
Ieri in aula la divisione è andata in scena in Aula: prima è intervenuta la Lombardi descrivendo un MoVimento 5 Stelle interessato a un’opposizione onesta e leale sui temi a Zingaretti, mentre la Corrado ha ribadito la necessità  di porre fine all’amministrazione.
Andrea Arzilli sul Corriere della Sera spiega il motivo delle due linee contrapposte:
Galeotto un post di venerdì sera con cui il segretario Pd Roma Andrea Casu invitava i romani sia ad andare a votare alle primarie dem per il Lazio sia a firmare per le dimissioni della sindaca Virginia Raggi, nemica di Lombardi e amica di Corrado.
Secondo i rumors Raggi non gradisce e si sfoga con Grillo che, a tarda sera, sconfessa la linea di Lombardi e ordina via post ai grillini in Regione di andare a votare la sfiducia a Zingaretti: tra raccolta firme per le dimissioni di Raggi e scranni vuoti davanti al trionfo di Zingaretti, si rischiava un sabato troppo dem.
Certo, la Raggi avrebbe dovuto considerare che il renzianissimo Casu non ha molto interesse a puntellare la Giunta dello sfidante di Minniti alle primarie del Partito Democratico.
Ma adesso il cerino acceso è rimasto in mano a Roberta Lombardi. Sempre più nervosa. E sempre più vicina alla fine del suo secondo mandato.
Senza che nessuno abbia ancora dimostrato la benchè minima volontà  di fare un’eccezione per lei.

(da “NextQuotidiano”)

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L’ULTIMA USCITA DEL GOVERNO: PIU’ FONDI PER LE SCUOLE DEL NORD

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

QUELLE DEL SUD POSSONO CADERE A PEZZI

I fondi pubblici per la scuola non più distribuiti dallo Stato in base al numero degli alunni iscritti ma considerando anche la quantità  di imposte generate da un territorio. L’ideona fa parte del pacchetto di iniziative che il governo Conte in omaggio alla Lega vuole introdurre per garantire maggiore autonomia agli enti locali ma l’effetto sarebbe assicurare alle scuole delle Regioni come Lombardia e Veneto più fondi pubblici per alunno rispetto alle regioni del Sud.
Nel disegno di legge la proposta c’è, racconta oggi il Messaggero, ma le carte non sono ancora definitive, senza contare il filtro rappresentato dalla Corte Costituzionali. Ma l’accordo tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio per dare il via libera all’autonomia regionale c’è e pare robusto, se non altro perchè la questione era stata già  esplicitata nel Contratto di governo firmato dalle due forze politiche.
Il ministro degli Affari Regionali, la leghista Erika Stefani, ha detto che l’intero progetto non porterà  a un aumento dei costi per le finanze pubbliche.
Ma quindi questo significa che se i fondi non verranno integrati saranno davvero ridotti a chi paga meno tasse e aumentati a chi ne paga di più.
Le richieste delle Regioni sull’autonomia sono sorprendenti: il Veneto vorrebbe stabilire proprie regole sull’ordinamento sportivo, sulla comunicazione o sui vigili del fuoco.
A febbraio 2018 fu raggiunto un accordo fra il governo Gentiloni e tre Regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) che sostanzialmente avviava le trattative per una autonomia “light”, ovvero leggera.
In sostanza, il protocollo firmato prevedeva la concessione di maggiori poteri su 5 materie fra le quali anche l’istruzione ma a spese delle Regioni stesse che, se avessero voluto concedere più fondi alle scuole, avrebbero potuto farlo con risorse reperite per proprio conto.
Adesso le regioni a correre per l’autonomia sono otto: a Veneto, Lombardia ed Emilia si sono aggiunte Liguria, Toscana, Piemonte e Marche e Umbria (queste ultime hanno presentato richieste in forma congiunta).

(da “NextQuotidiano”)

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L’APPELLO DI SHARON STONE: “TORNIAMO A ESSERE UMANI”

Dicembre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

L’ATTRICE SI COMMUOVE PER LA MEDAGLIA D’ORO RICEVUTA DALLA CROCE ROSSA ITALIANA

Sharon Stone si è commossa dopo essere stata premiata con la medaglia d’oro della Croce Rossa Italiana, un riconoscimento per il suo impegno e le sue battaglie per la difesa dei diritti umani.
“È un grandissimo onore per me essere qui. Voi siete dove nessuno vorrebbe trovarsi, fate cose che nessuno avrebbe il coraggio di fare. In un momento in cui ci si dimentica quanto sia importante l’umanità , voi siete la risposta”, così l’attrice ha ringraziato le migliaia di volontari riuniti nel Palazzo dei Congressi dell’Eur di Roma, per assistere alla giornata conclusiva di “Jump 2018: il futuro è ora!”.
Sharon Stone ha sottolineato la necessità  di impegnarsi per agire globalmente sulle crisi umanitarie oggi esistenti in tanti Paesi e di “smetterla di votare per politici che promettono di non fare entrare i migranti nei nostri confini”, ha detto l’attrice, “Immaginate di essere voi in un campo rifugiati, di non avere accesso al cibo e cure mediche, di aver perso i vostri cari. Dobbiamo trasformare la nostra umanità , la nostra decenza, dignità  ed integrità “.

(da agenzie)

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