Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
IL PD PERDE 2 PUNTI SALE SINISTRA ITALIANA… SCENDONO RENZI E CALENDA
Ora non si tratta più di una proiezione sul futuro, ma di un effetto visibile nei sondaggi: la concretizzazione della leadership di Giuseppe Conte nel M5s e il contemporaneo addio di Nicola Zingaretti alla guida del Pd hanno messo il turbo ai Cinquestelle e affossato i democratici.
Il risultato è che in un colpo solo i grillini superano sia gli ex alleati di governo sia i Fratelli d’Italia. A dirlo sono i numeri della rilevazione settimanale dell’istituto Swg per il TgLa7.
Al primo posto c’è ancora la Lega, senza particolari variazioni rispetto alla scorsa settimana, poco sopra al 23 per cento.
La sorpresa è che torna secondo il Movimento 5 Stelle che con un balzo di circa un punto e mezzo
torna sopra al 17 per cento.
Un salto che permette al M5s di sorpassare di nuovo i Fratelli d’Italia (16,8, -0,2 nell’ultima settimana) che da alcuni mesi avevano messo la prua davanti grazie alla crescita progressiva degli ultimi due anni.
Ma soprattutto ne risente il Pd: il travaso di voti sembra evidente, anche se i democratici perdono più (-1,9) di quanto guadagnano i Cinquestelle (+1,4). La caduta del Pd si ferma così al 16,6.
A seguire i partiti più piccoli. Forza Italia è al 7, più o meno stabile. Azione di Carlo Calenda cede qualcosa, ma resta vicina alla soglia del 4 per cento.
Prende quota Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni che acciuffa il 3 per cento grazie al +0,3; la lista è stata valutata separatamente da Articolo 1 di Pierluigi Bersani e Roberto Speranza che pure guadagna uno 0,2 e galleggia intorno al 2.
Come spesso accade le forze politiche “pesate” in autonomia pesano di più della loro somma.
Perde ulteriore terreno Italia Viva che scende al 2,5, mentre fanno passi in avanti questa settimana +Europa (2,3, +0,3) e Verdi (2,1, +0,2).
L’area degli indecisi e del non voto infine è in aumento di un punto, al 39 per cento.
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
LE VACCINAZIONI SARANNO RIGOROSAMENTE PER ETA’ E ORDINE ALFABETICO… ALTRE 500.000 DOSI DI ASTRAZENICA ARRIVANO DOPODOMANI COME PREVISTO
La consegna di altre 666.000 dosi di Pfizer dà un’accelerazione alla messa in sicurezza degli over 80 mentre dal governo arriva l’indicazione di partire subito con le vaccinazioni delle persone estremamente vulnerabili ( a cui andrà sempre somministrato Pfizer o Moderna) e di aprire alle prenotazioni degli over 70, stoppando così sul nascere la corsa al vaccino delle categorie che premevano per passare avanti in quanto servizi essenziali.
E altre 684.000 dosi di Astrazeneca sono state consegnate in serata a Pratica di mare e tra domani e dopodomani verranno distribuite alle Regioni
Le prime regioni, Lazio, Toscana, Val d’Aosta, sono già pronte a partire con gli over 70 da mercoledi.
La sollecitazione da parte del governo è di usufruire della piattaforma messa a disposizione da Poste italiane a cui, al momento aderiscono solo sei regioni.
Ora sono 7.200.000 le dosi a disposizione dell’Italia che aspetta tra domani e dopodomani ( in ritardo di qualche giorno sulla tabella di marcia) un altro carico da 500.000 dosi di Astrazeneca.
Le regioni spingono per una redistribuzione delle quote, a questo punto non più per target ma in rapporto alla popolazione residente.
Protezione civile ed esercito pianificano la logistica della campagna di massa che dovrebbe partire dopo Pasqua: somministrazioni dalle 6 a mezzanotte nei grandi hub che si stanno apprestando nelle città capoluogo
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
RAPPORTO RSF: ITALIA AL 41° POSTO DEL MONDO, DIETRO AL BURKINA FASO
C’è libertà di stampa in Italia? Sì, c’è. E sarebbe sciocco affermare il contrario. Questo però non basta
a sostenere anche che la libertà di stampa in Italia sia totale e totalmente esercitabile.
L’articolo 21 della Costituzione stabilisce che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Anche grazie a questa tutela costituzionale in Italia ogni giorno vengono pubblicate inchieste giornalistiche che svelano abusi di potere, reti di corruzione e ruberie varie. E possiamo formarci una opinione sui fatti di interesse pubblico leggendo o ascoltando commenti di qualsiasi orientamento o colore politico.
Tuttavia, il pieno esercizio della libertà di stampa è talvolta ostacolato o limitato da una serie di fattori. Si va da intimidazioni subdole a minacce vere e proprie, fino alle aggressioni fisiche.
Ma sono un problema serio anche le storture di un mercato editoriale nel quale gli editori puri sono un rarità e i finanziamenti pubblici ai giornali vengono elargiti poco e male (e c’è chi addirittura vorrebbe abolirli).
La libertà di stampa in Italia: il rapporto Rsf
Nel suo ultimo rapporto sulla libertà di stampa (datato aprile 2020), la ong Reporters Sans Frontières (Rsf) ci piazza al 41esimo posto nel mondo, dietro fra gli altri a Burkina Faso e Botswana. Secondo Rsf, in Italia ci sono oltre 20 giornalisti costretti a vivere sotto la protezione delle forze dell’ordine a causa delle minacce ricevute.
“Il livello di violenza contro i giornalisti continua a crescere, soprattutto a Roma e nella regione circostante e nel sud del Paese”, si legge nel rapporto. E ancora: “In generale i politici italiani sono meno virulenti del passato verso i giornalisti”, ma “il giornalismo rischia di essere minato” da “una possibile riduzione dei sussidi statali per i media”.
Giornalisti aggrediti e minacciati
Capitolo aggressioni e minacce. Per avere un’idea di cosa si parli, provate a digitare su un motore di ricerca online “aggressioni giornalisti”: troverete una sterminata sequenza di episodi. Tra i più noti ricordiamo l’inseguimento a Paolo Fratter di Sky durante le proteste anti-chiusure lo scorso autunno a Napoli oppure la famosa testata con cui Roberto Spada spaccò il naso del cronista Daniele Piervincenzi, che si trovava a Ostia per un servizio di Nemo sulla malavita locale. Paolo Berizzi, firma di Repubblica, da due anni vive sotto scorta dopo essere stato intimidito e minacciato di morte da gruppi neofascisti. L’elenco sarebbe lunghissimo.
Le querele temerarie
A volte le intimidazioni non sono esplicite, ma nascoste sotto altra forma. È il caso delle cosiddette querele temerarie: azioni legali (civili o penali) che vengono mosse contro i giornalisti senza alcuna chance di successo ma con l’unico scopo di incutere timore e mettere in difficoltà . Perchè, almeno fino alla sentenza, i giornalisti querelati — o la testata per cui essi lavorano — sono costretti a sostenere spese processuali che non sono alla portata di tutti.
E qui si capisce anche perchè a ricorrere alla querela temeraria non è mai il ladro di mele ma sempre una persona che gode di notevoli disponibilità economiche. È questa, insomma, la via legale attraverso cui i potenti minacciano i giornalisti senza sporcarsi le mani. Una pratica purtroppo molto diffusa in Italia.
Nel 2014 l’allora Relatore speciale dell’Onu sulla promozione della libertà di espressione, Frank La Rue, denunciò in un rapporto sull’Italia le “molestie giudiziarie” nei confronti dei media, bersaglio di azioni legali avviate senza alcun reale fondamento con il solo scopo di intimidire i cronisti.
Il mercato dei media in Italia: una giungla
Poi c’è il tema del mercato editoriale. Un mercato inquinato e in cui sopravvivere è impresa complicata. La crisi economica del settore è sotto gli occhi di tutti. Per questo sarebbe ancor più importante poter contare su un sistema equo e moderno di finanziamento alle testate giornalistiche, nell’ottica di assicurare quel pluralismo dell’informazione che è essenziale per qualsiasi democrazia. E invece no.
Il finanziamento ai giornali in Italia oggi è organizzato in modo antiquato e concede ingiusti privilegi ai pochissimi che hanno la fortuna di potervi accedere. Non solo, ma ci sono addirittura forze politiche che vorrebbero abolirlo, lasciando così i media allo sbaraglio nella giungla del mercato libero. O vendi o sei morto.
Questo contesto di crisi produce alcuni effetti: i compensi per i giornalisti si abbassano, le inserzioni pubblicitarie assumono sempre più un’importanza vitale nei bilanci dei giornali e alla lunga riescono a sopravvivere solo quei gruppi editoriali che hanno le spalle abbastanza larghe.
Cosa c’entra questo con la libertà di stampa? C’entra, eccome. Perchè, se il giornalismo viene pagato meno, la qualità dell’informazione tende ad abbassarsi. Perchè, se un inserzionista si arrabbia per un articolo e chiude i rubinetti, quel giornale rischia di chiudere. Perchè, se restano solo i giornali dei ricchi, dei poveri non importerà più a nessuno.
Nel panorama dell’informazione italiano, fra l’altro, gli editori puri — ossia quelli che di lavoro fanno proprio gli editori, e non anche i produttori di automobili o gli immobiliaristi — sono una rarità .
Persino la Rai, i cui proprietari saremmo noi cittadini, non può dirsi pienamente libera, soggiogata com’è dalla lottizzazione dei partiti. Per non dire, infine, degli enormi problemi legati al monopolio dei giganti del web, su tutti Google e Facebook, che hanno ormai potere di vita o di morte sui giornali online.
Insomma, la libertà di stampa in Italia c’è. E sarebbe sciocco affermare il contrario. Diciamo però che non se la passa benissimo.
(da TPI)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
FLOP, DEPISTAGGI: TUTTE LE LORO OMBRE
I due “superpoliziotti-amici” Franco Gabrielli e Lamberto Giannini, neo-confermati ai massimi vertici della sicurezza della Repubblica — Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti il primo e Capo della Polizia Direttore generale della pubblica sicurezza il secondo — incensati come democratici “civil servant” dalle folgoranti carriere senza macchia, in realtà hanno numerosi scheletri nell’armadio del dimenticatoio pubblico; tanto contrapposti alle loro facce pulite da juventino e romanista ‘bonaccioni’, quanto da evidenziarne un pericoloso tratto bifronte
Flop, depistaggi e connivenze senza mai una conseguenza sulla loro inesorabile e veloce scalata al potere e/o almeno il sorgere del dubbio che ci fosse qualcosa che non tornava, a fronte non di pettegolezzi e/o chiacchere da corridoio, ma di fatti documentati, spesso oggetto di inchieste giornalistiche mai smentite, ma soprattutto cristallizzati in sentenze o “reprimendae” di organismi come l’ONU o “Amnesty international”; da cui emerge nella migliore delle ipotesi una loro ‘super-paraculaggine’ — come somma di scaltrezza e opportunismo — e/o nella peggiore un ‘bipolarismo istituzionale’ — come facciata ‘super’ che non corrisponde alle capacità reali e/o alle reali intenzioni del retro-apparato ‘deviato’.
Di Gabrielli ci siamo già occupati su TPI in merito alle sue gravi responsabilità per la mala-gestione dell’immigrazione, per le vergognose promozioni di ‘questori spezzabbraccia’, condannati per il G8 o responsabili del default come quello di piazza San Carlo a Torino o di connivenze con pluripregiudicati ma anche per i funerali-scandalo del boss Casamonica a Roma, questioni tutte in cui è sempre emerso il suo tratto bifronte.
Ma ce ne sono anche altre, perchè il “superpoliziotto” dal volto democratico e dalla fronte spaziosa voleva essere il “dominus” anche delle “fake news”, del segreto istruttorio e della censura sui social.
In particolare come “duo-superesperto” antiterrorismo, a Gabrielli e Giannini sono attribuibili anche clamorosi flop su casi, come quello del passaggio indisturbato in Italia di ‘Amri il tunisino’ autore dell’attentato a Berlino, dell’inafferrabile pluriomicida ‘Igor il russo’ che ha seminato il terrore in Emilia-Romagna e dei fratelli Occhionero che spiavano i vertici del Governo all’insaputa della cd “intelligence”.
A cui si aggiungono per Giannini anche il suo coinvolgimento nel depistaggio sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e nel sequestro Shalabayeva, a seguito del quale, nonostante le sue evidenti responsabilità info-investigative, è stato promosso con un tanto inspiegabile, quanto sospetto salto in graduatoria, che lo ha lanciato senza ostacoli al vertice della Polizia di Stato.
Per chi volesse approfondire, procederò a mo’ di “memorandum” in ordine analitico-cronologico dal 2015 ad oggi, su flop, depistaggi, connivenze, con il “fil rouge” del ‘paraculismo/bipolarismo’, almeno di ciò che è sinora conosciuto e/o documentabile.
2015 — Funerali-scandalo del boss Casamonica: carrozza trainata da tre file di cavalli, Rolls Royce, 12 SUV pieni di fiori e centinaia di macchinoni al seguito: una carovana partita dal Gran raccordo anulare che, dopo aver mandato in tilt il traffico della Capitale, veniva accolta dalla banda musicale alle note de “Il Padrino”, davanti ad una chiesa con l’immagine a piena facciata del boss nelle sembianze del Papa, mentre un elicottero sorvolava la scena spargendo petali sulla folla riunita in piazza; senza che nessuno si accorse di nulla in via preventiva e/o prendesse provvedimenti per sterilizzare ciò che ha provocato per il Paese un danno d’immagine a livello internazionale senza precedenti.
Prefetto di Roma presente in sede era Gabrielli, che poi giustamente è stato Capo della Polizia — Dirigente generale della pubblica sicurezza. 2016 — Mala gestione dell’immigrazione: dopo il clamoroso arresto di Luca Odevine asceso indisturbato al vertice del Viminale, poi condannato a 8 anni nell’ambito di “mafia-Capitale”, ma anche a 3 anni e 2 mesi per corruzione nell’appalto di 100 milioni per il CARA di Mineo, ove era stato fatto accedere proprio da Gabrielli, lo stesso si è dovuto giustificare in Tribunale, opportunamente scaricandolo in quanto: “Con Odevaine c’era un rapporto che si può avere con una persona stimata. Lo stimavo si, tutti possono sbagliare nella vita, ma dire che io fossi suo amico, per il concetto selettivo e ristretto che ho io di amicizia, ce ne passa”.
2016 — Caso Amri: il CASA (Comitato di analisi strategica antiterrorismo) presieduto da Giannini in filo diretto con Gabrielli, non valutò adeguatamente le segnalazioni sulla radicalizzazione in Sicilia del terrorista tunisino che a dicembre 2016, dopo aver attraversato indisturbato tutta Italia, ha potuto uccidere a Berlino 12 persone ferendone altre 56; per poi rientrare ed essere fermato e ucciso a seguito di un controllo casuale della volante di un Commissariato della periferia di Milano; senza che la cosiddetta “intelligence”’ ne sapesse nulla, anzi scoprendo solo successivamente che i poliziotti dell’equipaggio di cui erano state improvvidamente esaltate le gesta, ero usi inneggiare a Mussolini sui social, tanto che alla fine la Germania non li ha neanche premiati.
2017 — Caso Igor: sul cd “killer di Budrio” Gabrielli dichiarò roboante “Stiamo facendo un grande sforzo per prenderlo” ma, oltre a non riuscire a catturarlo nonostante le ingenti risorse impiegate e i millantati contatti internazionali, se lo sono pure fatto sfuggire ‘in bicicletta’ con la quale sarebbe arrivato indisturbato in Spagna uccidendo ancora, prima di essere finalmente arrestato dalla Polizia locale. Nel frattempo Giannini veniva giustamente promosso dirigente generale.
2017 — Depistaggio omicidio Alpi-Hrovatin: La Corte di Assise di Perugia ha annullato la condanna a 26 anni di carcere per Hashi Omar Hassan (uscito dopo 17 anni e per questo indennizzato per ingiusta detenzione), facendo esplicito riferimento al “depistaggio di ampia portata” di cui fu protagonista anche Giannini che arrestò il somalo, in base alla testimonianza di tale Ali Ahmed Rage detto Gelle che, subito dopo la deposizione alla Digos di Roma, fuggì all’estero, in Inghilterra, dove poi fu trovato nel 2016 dai giornalisti di “Chi l’ha visto?”, cui ammise di essere stato pagato per accusare ingiustamente Hassan dell’omicidio Alpi-Hrovatin.
2017 — Default di piazza San Carlo a Torino: Gabrielli aveva appena sfornato una circolare “ad hoc” sulla sicurezza degli eventi in piazza e al primo importante appuntamento a Torino succede tutto ciò che non avrebbe mai dovuto succedere; con un bilancio finale di 3 morti e oltre 1672 feriti, sotto gli occhi del Questore/uomo di fiducia fresco di nomina da parte di Gabrielli che, appena viene indagato lo fa promuovere prefetto, nonostante l’evidente inadeguatezza/omissiva della sua “performance”, tanto che poi è stato condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione.
2018 — Caso Occhionero: erano i due fratelli indagati per aver messo a rischio la riservatezza/sicurezza di alte cariche dello Stato, all’insaputa di Giannini e Gabrielli che, per ritorsione, ha rimosso “tout court” il responsabile dell’indagine — sino al giorno prima considerato un ‘superpoliziotto’ — in base all’assunto che il Capo della Polizia deve essere sempre tempestivamente informato di tutte le indagini in corso in tutto il Paese; pretesa che essendo anti-costituzionale, in quanto evidentemente viola il principio della divisione dei poteri oltre che l’intangibilità del segreto istruttorio, ha subito indotto CSM (cui Gabrielli intimò “mi avete offeso”) e Procuratori della Repubblica mai così uniti, a ricorrere alla Corte Costituzionale che ha dato loro ovviamente ragione.
2018 — Commissariato ‘anti fake’: in piena campagna elettorale Gabrielli presenta in pompa magna il servizio rafforzato che si sarebbe dovuto occupare di verificare la veridicità o meno delle notizie pubblicate dai social-network; ciò che determina un j’accuse generalizzato che parla di “censura di polizia”, sino alla bocciatura anche dell’ONU: “No alla Polizia che dice ‘vero o falso’, come fosse l’arbitro della verità sul web: ‘Pericolo per la democrazia’”.
2019 — Connivenze con sistema Montante: solo dopo la clamorosa condanna del Questore di Vibo Valentia a 1 anno e 4 mesi per rivelazione di notizie riservate, Gabrielli lo ha dovuto rimuovere dall’incarico “parcheggiandolo” a Roma; ma nel frattempo, nonostante avesse appreso che come dirigente dello SCO (Servizio centrale operativo della Polizia di Stato) fosse tra gli indagati del sistema Montante, anzichè destinarlo ad incarichi defilati in attesa di giudizio, lo fece prima promuovere dirigente superiore, poi nominare appunto questore di Vibo Valentia, proprio in una zona ad alta intensità criminale.
2019 — Bavaglio social: Gabrielli il ‘democratico’ rispetto ai suoi predecessori, emana una circolare per limitare la libertà di manifestazione del pensiero dei poliziotti sui social, che sempre più spesso si lamentano in merito alle pessime condizioni in cui sono costretti a lavorare, tra scarsa sicurezza, materiale inadeguato, poche risorse, addestramento insufficiente e la triplicazione dei suicidi tra le Forze dell’ordine, causati in gran parte da un disagio organizzativo ormai sotto gli occhi di tutti.
2020 — Vergognose promozioni: tra i questori e vice questori promossi nell’ultima tornata da Gabrielli, ci sono anche due condannati in via definitiva per i falsi e gli abusi del G8, nonchè il cd ‘questore spezzabraccia’ responsabile di una serie di cruenti episodi di ordine pubblico, assurti alla ribalta della cronaca tra il 2012 e il 2017; nonostante proprio Gabrielli avesse fatto ammenda sui fatti del G8, dichiarando pubblicamente che a Genova nel 2001 “ci fu tortura” e che nei panni dell’allora Capo della Polizia De Gennaro “mi sarei dimesso”; da cui le dichiarazioni-squarcio del presidente di Amnesty, che si è spinto a “dubitare che le intenzioni siano sincere”.
2021 — Sequestro Shalabayeva — Viene pubblicata la sentenza con cui il Tribunale di Perugia ha condannato a 5 anni, con interdizione perpetua dai pubblici uffici, alti dirigenti della Polizia di Stato, tra cui gli allora capi della Squadra mobile e dell’Ufficio immigrazione della Questura di Roma, che per anni sono stati resi intoccabili da Gabrielli, nonostante pendessero sulle loro teste accuse gravissime da parte delle due Procure che li avevano indagati, del GIP che li aveva rinviati a giudizio.
Giannini viene citato nella sentenza per ben 17 volte, tra le quali spiccano le sue dichiarazioni che scaricano le responsabilità sugli altri colleghi smentendoli e sminuendo il suo ruolo; mentre la DIGOS da lui diretta ha avuto un ruolo talmente centrale che viene citata ben 90 volte nella sentenza anche perchè il Vice di Giannini ha partecipato alla perquisizione e al sequestro; fermo restando che solo un’adeguata attività info-investigativa propria della Digos, avrebbe potuto far ritenere illegittima l’operazione di “rendition” in atto e doverosamente interromperla.
Giannini un mese dopo è stato promosso dirigente superiore scavalcando decine di colleghi, visto che su 20 posti disponibili lui è saltato dalla 65^ alla 20^ posizione in graduatoria, così lanciandosi verso il vertice della pubblica sicurezza…
(da TPI)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
“OCCORRE UNA LEGGE CON REGOLE STRINGENTI SULLE ATTIVITA’ EXTRA-PARLAMENTARI DI DEPUTATI E SENATORI”
Il viaggio di Renzi a Dubai, di cui il quotidiano la Stampa e noi di TPI abbiamo dato notizia ieri (il
senatore ha annunciato di averci fatto causa per le “falsità ” riportate, nonostante non abbia smentito di trovarsi negli Emirati Arabi), torna a far discutere della missione svolta un mese fa dal leader di Italia Viva in Arabia Saudita, organizzata dal FII Institute, da cui Renzi percepisce un compenso annuale per sedere nel board. Carlo Cottarelli, direttore per l’Osservatorio sui Conti Pubblici italiani, ha proposto una legge che vincoli le attività extra parlamentari di deputati e senatori a regole più stringenti.
Professor Cottarelli, dopo la partecipazione di Renzi alla conferenza di Riad per la Davos del deserto l’Osservatorio sui Conti Pubblici che lei dirige ha parlato della necessità di una legge che regoli le attività extra dei parlamentari, perchè è importante?
Ho fatto una proposta indipendente dalla questione di Renzi e dalle circostanze per cui si è recato in Medio Oriente. A me sembra che il lavoro di un parlamentare sia importante e dovrebbe essere un lavoro a tempo pieno. Quindi come accade per chi è un funzionario pubblico, come è successo a me quando lavoravo al FMI, non deve essere possibile fare due lavori, per due motivi. Il primo sono i potenziali conflitti di interessi, l’altro motivo è che ci sono 24 ore in una giornata e se uno fa cinque o sei lavori non lo può fare bene come se lo fa a tempo pieno. I parlamentari italiani sono pagati bene rispetto ai colleghi europei e quindi non vedo motivo per cui si devono fare altri lavori.
Negli Stati Uniti invece ai parlamentari è vietato ricevere compensi per altre attività .
Anche se in misura minore negli Stati Uniti chi è parlamentare può avere ricavi che derivano da attività fuori dal Parlamento in misura molto contenuta, mi sembra il 25 per cento di quello che è uno stipendio, in Europa è diverso ma il fatto che sia diverso non vuol dire che sia la cosa giusta da fare. Quello di parlamentare è un lavoro a tempo pieno
Nel caso di Renzi parliamo di un compenso annuale pari a 80mila euro che il senatore percepisce per sedere nel board dello FII Institute.
In quel caso ci sono altre considerazioni che rendevano la cosa particolarmente sconsigliabile, ma il problema è più generale.
Perchè non c’è abbastanza attenzione rispetto all’importanza di svolgere questo lavoro in maniera esclusiva, e di dare conto di attività svolte in parallelo?
Siamo in democrazia, l’elettorato dovrebbe rispondere a certi sviluppi, l’elettorato pensa che sia normale? A me come cittadino non sembra normale. Come Osservatorio abbiamo chiarito che all’Estero e in Europa è così, anche in Parlamento Europeo ci sono i doppi lavori, e a me non sembra giusto. Che si applichino le stesse regole che valgono per i ministri. Ancora più rigide poi sono le regole che si applicano per i funzionari pubblici.
Nel caso dei ministri ci vorrebbe l’approvazione del Cdm.
Ci sono altre attività che non sono consentite. Perchè un funzionario pubblico deve essere a tempo pieno però non un parlamentare?
La preoccupazione principale è relativa al potenziale conflitto di interessi.
Il conflitto di interessi si ha per tutto, è come quando sei un avvocato e continui a stare in Parlamento: hai a che fare con cause civili e penali che possono avere diretto impatto su come ti comporti da parlamentare. Siccome il Parlamento si occupa di tutto è difficile che non ci sia qualche area potenziale di conflitto d’interessi.
La polemica sulla missione di Renzi dipende dal fatto che l’Arabia Saudita ha una storia di violazione di diritti umani. Recentemente l’intelligence americana ha ritenuto Bin Salman il mandante dell’omicidio Khashoggi.
Quello che ha fatto è legale, ma la questione è di opportunità . Io non l’avrei fatto, e mi sembra sbagliato che legalmente ci sia questa possibilità . Il problema sta anche a monte, ma nel caso di Renzi mi sembra sbagliato che un senatore della Repubblica vada a farsi pagare cifre così elevate da un Paese in cui ci sono alcune questioni di diritti civili. Eppure il fatto è legale.
(da TPI)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
“ALAN KURDI SIMBOLO DI UNA CIVILTA’ DI MORTE”
Dal sul volo di ritorno dal viaggio in Iraq, Papa Francesco ha voluto ribadire come il mondo “non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano”.
“La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare. Questa gente – ha detto Francesco riferendosi agli iracheni – non ha nessuno dei due, perchè non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perchè il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano. L’altra volta mi diceva un sociologo italiano parlando dell’inverno demografico in Italia: entro quarant’anni dovremo ‘importare’ stranieri perchè lavorino e paghino le tasse delle nostre pensioni. Voi francesi siete stati più furbi, siete andati avanti di dieci anni con la legge a sostegno della famiglia, il vostro livello di crescita è molto grande. Ma la migrazione la si vive come un’invasione”.
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
“BISOGNA BLOCCARE LA CATENA DI TRASMISSIONE, SERVE POTENZIARE LA CATENA DEI LABORATORI PER POTER FARE PIU’ TAMPONI E SEQUENZIARE LE VARIANTI”
100mila morti per la pandemia di Covid-19. “Si poteva fare meglio? Non lo so. Forse però bisogna
chiedersi se si poteva fare peggio. Secondo me difficilmente si sarebbe potuto fare peggio”. È il commento amareggiato del virologo Andrea Crisanti ai numeri della pandemia che segnano un altro triste traguardo raggiunto.
â€³È un disastro – dice all’Adnkronos Salute il direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova e docente di Microbiologia dell’ateneo cittadino -. Guardando quella cifra è l’unica parola che viene in mente. Ci sono posti nel mondo che hanno fatto molto meglio di noi”, nella difficile impresa di limitare le vittime del virus. “Non penso invece che molti abbiano fatto peggio dell’Italia. Forse il Regno Unito ha fatto un po’ peggio di noi, ma ora finalmente in Gran Bretagna c’è una linea chiara e il Paese la segue con determinazione. Noi abbiamo senz’altro cose su cui riflettere”.
“Ipotizziamo che si faccia un lockdown nazionale. Se poi, una volta usciti, non riusciamo a bloccare le catene trasmissione” del coronavirus Sars-CoV-2, “ricominciamo daccapo” col contagio. “Non si può vaccinare tutti in un mese. Quindi una capacità ampia di fare tamponi ci serve. E ci servirà anche per il futuro”.
Per il virologo Crisanti è una delle priorità “investire su una rete di laboratori in grado di fare una grande quantità di tamponi”.
Sembrerebbe all’apparenza di no, visto l’arrivo dei vaccini, ma non è così, l’esperto, proprio chiamando in causa una visione di lungo termine.
“Una ‘potenza di fuoco’ adeguata sui tamponi ci servirà per permettere a chi viene dall’estero di entrare in Italia e a noi per uscire dal Paese. E infatti, anche se ci vacciniamo tutti, non è detto che nel resto del mondo si segua lo stesso ritmo. La campagna vaccinale non può andare avanti ovunque all’unisono e non sappiamo inoltre quanto dura la protezione dei vaccini. Quindi ci vorrà sempre una capacità di fare test – riflette -. Una capacità di dimensioni ampie, che l’Italia in questo momento non ha e che non può essere surrogata dai tamponi rapidi che per questo non vanno bene”.
“Per fare uscire il Paese da questa crisi, serve un progetto con più gambe – spiega -. Va senz’altro aumentata la capacità di distribuire vaccini e ci penserà il commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, ma non se ne esce se mancano due o tre punti fondamentali a questo progetto: uno è sicuramente avere un progetto nazionale di sequenziamento delle varianti, la seconda è creare finalmente una rete di laboratori in grado di fare una grande quantità di tamponi.
(da Globalist)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
COSA E’ ANDATO STORTO IN LOMBARDIA… IL LAZIO SI ISPIRA AL MODELLO ISRAELIANO
La campagna vaccinale in Italia e in Europa è in ritardo sulla tabella di marcia. Per avere un ordine di grandezza, gli Stati Uniti finora hanno vaccinato il 27 cento della popolazione mentre il Vecchio Continente è fermo al 9 per cento. In Italia ci sono delle disparità anche fra regioni: se la Lombardia arranca, il Lazio potrebbe invece diventare un modello
Cosa è andato storto in Lombardia
I problemi delle vaccinazioni in Lombardia sono diversi. Il primo: gli anziani inviati lontanissimo. Nei giorni scorsi il portale utilizzato per la prenotazione dei vaccini ha creato disagi, chiedendo a persone anziane di recarsi a molti km di distanza da casa, per colpa dell’algoritmo tarato sul codice di avviamento postale (che in molti comuni è recentemente cambiato) e non sull’indirizzo del cittadino in questione.
Il secondo: gli elenchi per le scuole. La campagna per gli insegnanti è partita tardi perchè mancavano le liste complete dalle scuole e poi sono insorte defezioni anche nel software di Aria.
Il terzo: i ritardi di Poste Italiane. Per ovviare alle mancanze della piattaforma per la vaccinazione di massa, la Regione ha deciso di utilizzare il software messo a disposizione molto tempo fa da Poste Italiane. Peccato che ci vorranno tre settimane per attivarlo pienamente.
Il quarto: troppe persone convocate non si presentano. Con questi metodi di convocazione inefficienti di cui abbiamo parlato finora molte persone over 80 che si erano prenotate, non si sono poi recate sul luogo della vaccinazione. Questo ha portato ad avere delle dosi in più non utilizzate: “Che fine fanno quelle dosi già scongelate che a fine giornata non sono state fatte a nessuno?”, si domanda ai microfoni di TPI Alfredo Negri, sindaco di Cesano Boscone, comune del milanese dove su 170 prenotazioni si sono presentate solo 144 persone, con i vaccini Pfizer già diluiti.
Cosa funziona nel Lazio
Stesso punto di partenza per la campagna vaccinale, ma diverso svolgimento per la Regione Lazio. Per dare una svolta, l’Assessore alla Sanità D’Amato ha chiesto una consulenza alla task force israeliana, che sta portando a termine con successo una gigantesca operazione di vaccinazione di massa.
Il modello laziale ispirato all’israeliano serve ad evitare che le dosi di vaccino vadano sprecate quando qualcuna delle persone prenotate non si presenta all’appuntamento. “Abbiamo un tasso di confermata presenza superiore al 98 per cento. Al momento la panchina è stata utilizzata per completare il 2 per cento dei ‘no show’. Il metodo funziona”, spiega l’assessore D’Amato.
Inoltre, il Lazio ha usato lo stesso software di prenotazioni per over 80, insegnanti, e ora per la vaccinazione di massa. Per gli insegnanti non ha aspettato le liste complete: ha aperto la registrazione sul portale basandosi su di una autocertificazione. Ha poi chiesto agli utenti di compilare i moduli online per guadagnare tempo al momento della vaccinazione.
Il nodo centrale? L’efficienza e le liste di riserva per ogni giorno di campagna vaccinale. Un piano B, insomma. Quello che potrebbero iniziare a fare anche le altre Regioni. Soprattutto la Lombardia.
(da TPI)
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Marzo 8th, 2021 Riccardo Fucile
PER NON DIMENTICARE
Le vittime del Coronavirus se ne sono andate senza i loro cari vicino. Paolo Casiraghi, membro del
Comitato Noi Denunceremo, racconta a Open il dolore di chi resta
La telefonata arriva la domenica di Pasqua. Paolo è a casa sua, a Osio Sotto.
Dall’altro lato della cornetta c’è qualcuno dell’ospedale nella provincia di Bergamo dove è ricoverato suo padre Gabriele, di 81 anni. Lo hanno portato lì per alcuni problemi ai polmoni. «Suo padre ha la febbre», gli dice la voce. Paolo resta muto un istante. Non vuole crederci. È il 12 aprile 2020. Solo qualche giorno prima erano arrivati i risultati dei due tamponi fatti in ospedale, entrambi negativi. «Non può essere ancora Covid», pensa. «Non può». Tra la metà di marzo e i primi giorni di aprile, sua moglie Monica aveva già perso entrambi i genitori a causa del Coronavirus: la signora Eudilia, detta Edy, di 73 anni, e suo marito, il signor Luciano, che di anni ne aveva 77. L’ultima volta che li avevano visti erano stesi sul lettino di un’ambulanza, una delle tante che in quella primavera correvano sulle strade tra la Val Seriana, la bassa Bergamasca e il Lodigiano.
Quella strana domanda degli infermieri
Invece sì, è Covid anche stavolta. Al telefono con l’ospedale, a Paolo tornano in mente quelle strane parole che gli infermieri del 118 avevano detto a lui e a sua moglie la sera in cui portarono via il signor Luciano. «Signori — gli avevano chiesto — ma voi siete proprio sicuri di volerlo ricoverare?». Erano giorni confusi e frenetici: una domanda del genere, dopo 20 notti di viaggi in farmacia, febbri alte e bombole di ossigeno, non aveva ai loro occhi alcun senso.
«Solo alla fine di tutto abbiamo capito che cosa intendessero dirci», racconta oggi Paolo, a distanza di un anno da quel periodo. «Gli infermieri sapevano in che condizioni erano gli ospedali. Sapevano anche che probabilmente non li avremmo rivisti più, che quella sarebbe potuta essere la nostra ultima volta. E così è stato». Il signor Luciano, la signora Edy e il signor Gabriele se ne sono andati uno dopo l’altro. Gabriele si è spento per ultimo, il 25 aprile
Un anno dopo
Bergamo. Una delle prime città europee devastate dal Coronavirus, quella che il 19 marzo scorso ha visto sfilare per le sue strade i mezzi militari carichi di bare. Paolo (che di cognome fa Casiraghi) e Monica oggi fanno parte del Comitato Noi Denunceremo, l’insieme di famiglie della provincia lombarda e dei dintorni riunitesi per chiedere giustizia per i loro defunti. Persone che combattono, anche per vie legali, per le persone che non hanno potuto stringere le mani dei loro cari durante la malattia, che non li hanno avuti accanto nei loro ultimi momenti di vita. Una sorte che ha accomunato le 100.103 vittime legate al Covid-19 che l’Italia ha registrato in un solo anno. Una cifra inconcepibile, che ha una sua dimensione ancora più tragica nelle storie di solitudine di chi è rimasto.
«Il funerale di mio suocero lo abbiamo visto sul cellulare», racconta Paolo. «Un assessore comunale ci ha fatto il piacere di registrare la funzione e di mandarci il video».
Paolo ricorda che, quando il signor Luciano venne portato via, lui e suo figlio Christian lo seguirono fino al Pronto Soccorso, rimanendo in attesa fino all’una di notte per avere notizie. I medici gli dissero che avevano fatto il tampone, ma che ora potevano anche andare a casa: i risultati non sarebbero arrivati prima di 24 o 48 ore. I test rapidi, allora, non erano nemmeno nelle loro fantasie.
Quando anche la signora Edy si ammalò, Paolo e Monica cercarono in tutti i modi di rimandare il ricovero. «Dormivamo in macchina fuori casa sua, per non stare dentro e farle comunque un controllo ogni due ore», ricorda lui.
«Non sapevamo nulla, non avevamo mascherine. Avevamo paura anche di stare all’aria aperta». Poi, a un certo punto, la signora Edy peggiora. «Ricordo chiaramente che ci disse: “Non ce la faccio più, chiamate un’ambulanza per favore”». Quando arrivarono, gli infermieri del Pronto soccorso gli fecero la stessa domanda dell’altra volta. Erano le 9:30 del mattino. Alzando gli occhi, Paolo vide tutto il vicinato sporgersi dai balconi. Nella silenziosa confusione del momento, avvertì sua moglie Monica rientrare di corsa dal lavoro. La vide salutare per l’ultima volta sua mamma, prima che l’ambulanza la portasse via con sè.
«Portami delle caramelle»
Nei giorni in cui sia la signora Edy che il signor Luciano erano ricoverati (lui al Policlinico San Marco, lei all’Ospedale di Vimercate), il numero verde per i parenti non era ancora stato attivato. «Non si poteva entrare, non si poteva chiamare», ricorda Paolo.
«Dovevi solo aspettare la telefonata dall’ospedale, che non arrivava mai alla stessa ora: passavamo le giornate con il telefono vicino, giorno e notte, aspettando che squillasse». Qualche giorno dopo che il signor Luciano morì, la signora Edy, che non sapeva nulla del marito, chiese un favore a Paolo. «Portami delle caramelle», gli disse al telefono. «Io ho fatto di tutto», racconta lui. «Ho chiamato anche la Protezione civile per fargliele recapitare». La mattina dopo, le caramelle erano arrivate in ospedale. Lei, però, non c’era più.
A distanza di un anno, il dolore sembra non volersene andare. Paolo cerca di tenersi occupato con il lavoro, che lo manda spesso su e giù per l’Italia. «Se devo piangere», dice, «mi fermo un attimo e piango da solo». Non vuole pesare ulteriormente sulla sua famiglia, insiste. Tutte le loro attenzioni ora sono su sua mamma, la vedova del signor Gabriele, che la scorsa settimana ha ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer. «Per lei è scattata la protezione massima», dice al telefono. Gli scappa una piccola risata. Nonostante tutto, ci sono ancora molti motivi per cui bisogna tenere duro.
(da Open)
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