Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
I DIRIGENTI VICINO AL SEGRETARIO DIMISSIONARIO: “LETTA E’ AUTOREVOLE, ANTI-RENZIANO, HA UN OTTIMO RAPPORTO CON ZINGARETTI ED E’ APERTO AD ALLEANZE CON I CINQUESTELLE”
“Renzi fa la mossa del cavallo? E noi rispondiamo col colpo del cartoccio”. Dalle parti dell”ormai ex segretario dem non nascondono la loro soddisfazione. “Letta è autorevole, antirenziano, aperto alle alleanze coi 5 Stelle. Ha un ottimo rapporto con Zingaretti, lo ha pure votato alle primarie. È perfetto. Perfetto”.
Quindi è chiusa? “Questo lo comunicherà Nicola. Noi possiamo dire che le cose vanno bene. Molto bene”.
Dallo staff più stretto vicino all’ ex Segretario le bocche sono cucite. Ma Zingaretti ha già sentito Letta?. “Non sappiamo nulla”, rispondono secchi. E buttano giù il telefono. Comunque se Letta sarà , sarà una proposta della maggioranza che ha retto il partito fino ad ora: Zingaretti, Franceschini, Orlando.
E Base Riformista? “Ci dovranno stare, dove vanno? La mossa di Zingaretti li ha scoperti: Bonaccini, Gori, Marcucci, Nardella non posso più continuare ad attaccare il Pd, almeno per un po’. Letta farà il segretario fino al 2023. E il prossimo anno farà un congresso tematico, proprio quello che aveva proposto Nicola. Ma ora nessuno potrà dire più nulla. A partire da Base Riformista’”, dicono i Dem zingarettiani.
“E poi, sempre parlando di Base Riformista, bisogna anche dire che contano molto poco in assemblea. Non arrivano neanche a 100 delegati su oltre 1.100. Orfini poi ne ha solo 4”.
Andando in profondità nella maggioranza di Zingaretti emerge anche una previsione: “Bonaccini ha capito che mettendosi a capo della mozione ‘Torna a casa Renzi’ non va da nessuna parte. Ora farà finta di stare con Letta, ma il suo obiettivo è sempre quello di far rientrare Matteo e la Boschi al Nazareno. Ma con Letta sarà difficile”.
E che farà ora Nicola? “Resterà in Regione Lazio con Letta al Nazareno e i renziani ‘scoperti’, alla fine è andata bene. Molto bene”.
Intanto però nel PD è “allarme Roma”: i sondaggi riservati che circolano al Nazareno circa la candidatura dell’ex ministro dell’economia Gualtieri a sindaco della capitale non sono affatto buoni: “Molto al di sotto delle attese” spiegano autorevoli fonti dem tanto da ritenerlo già “fuori”. Insomma, un’altra bella gatta da pelare per i nuovi vertici Pd.
(da TPI)
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Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
UN ACCORDO ECONOMICO PER CHIUDERE IL RAPPORTO; 450.000 EURO DI ARRETRATI E OGNUNO PER LA SUA STRADA
Un accordo economico, per chiudere il rapporto. Una cifra da definire, per dividere le strade con la piattaforma web Rousseau, per anni il motore operativo del Movimento, e con il suo creatore, Davide Casaleggio, che proprio oggi presenterà il suo manifesto Controvento: di fatto, un elenco di principi e idee per rivendicare lo spirito originario del M5S che fu.
Il Movimento batterà questa strada per mettere fine alla guerra che dura da un anno con Casaleggio, ormai inviso ai big e a gran parte dei parlamentari. Anche se Beppe Grillo prova da mesi a tenerlo dentro, a ricucire.
Lo aveva perfino invitato al vertice di dieci giorni fa a Roma, quello per convincere Giuseppe Conte a entrare nel Movimento, da capo. Ma Casaleggio non si è presentato, in aperta polemica.
È rimasto lì, controvento, contrario a tutte le ultime scelte del M5S. E chiede soldi. Nel dettaglio, circa 450mila euro di mancati versamenti da parte dei parlamentari. Una richiesta di cui i Cinque Stelle hanno discusso molto negli ultimi giorni, perchè quello di Rousseau è il primo nodo da sciogliere.
Con i parlamentari che invocano la chiusura di ogni legame. Mentre Grillo e Conte sollecitano comunque una mediazione, anche perchè il ruolo della piattaforma è centrale nello Statuto del Movimento, che le riconosce ampie prerogative.
E anche se l’ex premier sta scrivendo nuove regole per il M5S che verrà a breve, le norme attuali pesano. Per questo serve comunque un accordo. Ma la via non è più quella di un contratto, con Rousseau fornitore esterno di un servizio.
Ora si punta a una risoluzione consensuale, da chiudere con una cifra che possa accontentare Casaleggio. Poi sarà , o dovrebbe essere, separazione. Con il M5S che si cercherà un’altra piattaforma, ipotesi su cui alcuni big riflettono da mesi. Tanto da aver già contattato altre aziende.
“La direzione pare questa” conferma una fonte di peso. Una rotta concordata dopo aver consultato anche alcuni legali. E di cui è Conte è stato informato, sin nei particolari. Anche se ora molto dipenderà dalla reazione del patron di Rousseau. Ma a Roma sono convinti che a questo punto un’intesa serva anche a lui. In caso contrario, il rischio di una battaglia nei tribunali si farebbe concreto.
E del resto che il tema ormai siano i soldi lo conferma il notaio di fiducia di Casaleggio, Valerio Tacchini: “L’Associazione Rousseau non ha soldi in cassa. Per attivare qualsiasi procedura di voto bisogna che venga pagato il sospeso, con i versamenti dei parlamentari. Casaleggio non ha alcuna intenzione di fare ostruzionismo, chiede solo che siano onorati gli impegni per consentire a Rousseau di procedere con le operazioni di voto”.
A cominciare da quello sull’entrata del M5S nella giunta regionale del Lazio, guidata da Nicola Zingaretti. Una votazione bloccata da Casaleggio, come aveva anticipato giorni fa il Fatto, proprio per i mancati versamenti.
Insomma, riassume Tacchini, “non c’è niente di personale, sono solo affari”. Oggi invece Casaleggio dovrebbe parlare anche d’altro, presentando il suo manifesto assieme alla socia di Rousseau, Enrica Sabatini. Al M5S pare l’embrione di un nuovo partito. Ma forse non è più un loro problema.
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
LIBERI DI ANDARE AL LAVORO E FARE LA SPESA
Da un anno abbiamo imparato a nostre spese che il virus che sta condizionando il mondo si combatte modificando i nostri comportamenti, usando dispositivi e cautele e adottando distanze fisiche (perchè “distanziamento sociale” era e continua a essere una pessima definizione) che aiutano nella prevenzione del contagio.
Un anno fa abbiamo scelto che la nostra vita sociale e professionale venisse messa in pausa confidando che venissero prese tutte le iniziative utili per predisporre il contrasto: tamponi, tracciamento, trattamento sanitario, potenziamento del trasporto pubblico, rafforzamento della medicina di base, approntamento della campagna vaccinale, messa in sicurezza di scuole e di uffici, controllo serrato dei protocolli negli ambienti di svago e di lavoro.
Alcuni di questi punti sono stati disattesi o affrontati con forze inadeguate. Ma non è questo il punto, ora non si discute delle responsabilità .
Un anno dopo ci ritroviamo in una situazione non molto dissimile dal primo lockdown: ospedali in sofferenza, i vaccini mancano, i contagi crescono e le nuove varianti colpiscono nuove fasce di popolazione.
La strategia del governo però appare sempre la stessa: libertà di movimento per quel movimento che serve appena per spostarsi nei luoghi di lavoro e per gli approvvigionamenti che servono per sopravvivere.
Le ultime voci parlano di un lockdown “morbido” durante la settimana e di un pugno più duro durante il week-end. Per semplificare: lavorate, consumate e poi, solo poi, proteggetevi. Il modello è “produci, consuma, crepa”.
Decidere cosa chiudere e cosa tenere aperto significa comunque proporre un modello di priorità .
Siamo sicuri che queste priorità non possano essere messe in discussione?
La vita non viene forse prima dell’economia? Tutelare la salute non è forse il primo passo per far riprendere lo sviluppo?
(da TPI)
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Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
IL REGOLAMENTO SULL’EXPORT ERA UNA FINTA… L’INTESA CON BIDEN NON DECOLLA
Da quando il regolamento europeo sugli export dei vaccini è in vigore, fine gennaio, l’Ue ha continuato a esportare ben 34 milioni di dosi a 31 paesi extra-europei.
Si sapeva che c’erano state delle esportazioni. Lo ha ammesso la stessa Commissione Europea all’indomani della decisione di Draghi di bloccare 250mila dosi Astrazeneca in partenza dall’Italia verso l’Australia: primo e unico premier europeo a prendere sul serio il regolamento deciso a Bruxelles dopo la lite con l’azienda anglo-svedese che ha tagliato le forniture.
Ecco, però adesso si sa che sono ben 34 milioni le fiale esportate dall’Unione ai paesi extra-continente dal primo febbraio scorso. C’è qualcosa che non torna.
Non si sa se siano prodotte da Astrazeneca, che finora ha tradito i patti con Bruxelles. Ma certo la cifra – confermata da fonti europee – è così elevata da supportare la tesi che il regolamento approvato in fretta e furia a gennaio era una ‘finta’. E, a riprova di quanto a Bruxelles siano poco convinti della mossa che loro stessi hanno deciso, c’è il fatto che adesso in Commissione europea vorrebbero rivedere il regolamento che scade a fine marzo. “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, dicono oggi da Palazzo Berlaymont. Sullo sfondo il timore di innescare una guerra protezionistica sui vaccini che potrebbe rivelarsi un boomerang e che per ora è un ostacolo alla resurrezione dell’asse transatlantico con gli Usa di Biden.
Ben 9,1 milioni di dosi sono state esportate dall’Ue al Regno Unito, 954 mila agli Stati Uniti e 3,9 milioni al Canada. Quasi tutte le richieste di export sono state autorizzate: 249 su 258.
È un’altra contraddizione della strategia europea sui vaccini. Oggi la Commissione Europea ha firmato un altro contratto con l’azienda Pfizer-Biontech, americana e tedesca, per la fornitura di 4 milioni di dosi aggiuntive, consegna entro la fine di marzo. Significa che in Italia arriveranno 532mila fiale in più rispetto a quanto già previsto nel programma di consegna relativo al primo trimestre 2021, precisano da Palazzo Chigi.
Ma questo non basta a far funzionare la macchina. E per ora non dà risultati immediati l’intesa strategica avviata con Washington perchè si scontra col protezionismo di Joe Biden, che sui vaccini non pare molto diverso da quello di Donald Trump.
Il colloquio tra il commissario europeo Thierry Breton, capo della task force europea sul covid, e la sua controparte statunitense Jeffrey Zients lunedì scorso non scioglie infatti il nodo principale.
Vale a dire: se e quando il nuovo presidente eliminerà il blocco dell’export sui vaccini introdotto dal suo predecessore. Breton e Zients “stabiliranno un contatto diretto tra i rispettivi team per facilitare, anticipare o risolvere qualsiasi problema che possa apparire nella catena di fornitura”, si limitano a dire dalla Commissione Europea.
Ma questo nodo è fondamentale. Da questo dipende il futuro della campagna vaccinale europea, ora che Bruxelles ha deciso di puntare su Washington invece che su Russia o Cina. Più avrà successo questa ‘scommessa’, minore sarà il margine d’azione per Vladimir Putin, attivo anche più di Xi Jinping a fare campagna acquisti in Ue per vendere e produrre il suo Sputnik, che ancora ha problemi di produzione di massa.
Ecco perchè in squadra von der Leyen, malgrado il sostegno alla richiesta di Draghi di bloccare le dosi Astrazeneca in partenza per l’Australia e malgrado il regolamento Ue sia stato praticamente ignorato, è iniziata la discussione su ‘che fare’ del bando europeo che scade a fine mese.
Rinnovarlo, rischiando ritorsioni in una guerra protezionistica sui vaccini che a quel punto colpirebbe tutto il mercato mondiale? Oppure eliminarlo, anche come gesto di buona volontà nei confronti degli Usa? “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, appunto.
Ad aumentare le difficoltà c’è il fatto che, tra le Big Pharma che non rispettano i contratti con l’Ue, non c’è più solo l’azienda anglo-svedese Astrazeneca, che, dopo la riduzione delle consegne annunciata a gennaio, ancora oggi conserverebbe in magazzino diversi lotti di fiale, in attesa che il bando dell’export venga ritirato in modo da poterle vendere a paesi extra-Ue a un prezzo maggiore (riferiscono alte fonti europee).
Il punto è che tra le aziende inadempienti ora c’è anche l’americana Johnson&Johnson, che ha annunciato ieri di non poter fornire i 55 milioni di dosi pattuite con Bruxelles per il secondo trimestre dell’anno. L’azienda promette di recuperare nel corso del 2021, ma tutti gli Stati dell’Ue ne hanno maledettamente bisogno adesso. Da notare: Johnson&Johnson non ha annunciato tagli alle consegne per gli Usa.
Però, mentre per Astrazeneca le istituzioni europee hanno ingaggiato un conflitto ‘corpo a corpo’ col Regno Unito fresco di Brexit, a Bruxelles non hanno intenzione di replicare lo stesso scontro con gli Usa.
A maggior ragione ora che, su pressione di Biden, si è deciso di provare ad allontanare i partner strategici dell’era Trump, Russia e Cina, per rinverdire l’asse transatlantico.
E così mentre con Londra si litiga ancora adesso, con Washington ci si mantiene cauti. “L’annuncio di Johnson&Johnson non inficia la campagna vaccinale dell’Ue”, assicura Breton.
Quanto al bando degli export deciso dagli Usa, “capiamo le pressioni dell’opinione pubblica su Biden”, dicono dalla Commissione. La stessa accusa su Londra scatena invece un nuovo inferno dei rapporti tra le due sponde della Manica, con contorni da farsa.
Il governo britannico convoca l’ambasciatore Ue a Londra, dopo che ieri il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha sottolineato che sia gli Usa che la Gran Bretagna hanno adottato per un “bando degli export” dei vaccini o di singole componenti del siero. Peccato che il governo di Londra non ha riconosciuto lo status dell’ambasciatore Ue per ripicca post-Brexit.
L’Unione dunque ha inviato un sottoposto. Colloquio evidentemente insignificante. Poi il premier Boris Johnson si è scatenato in Parlamento: “Devo correggere il presidente Michel. Noi non abbiamo bloccato l’export di una sola dose di vaccino anti-covid o di singole componenti. Siamo tutti nella stessa barca. Ci opponiamo al nazionalismo dei vaccini”.
Dalle istituzioni Ue lasciano intendere che in realtà Michel si riferiva ad una clausola del contratto tra Astrazeneca e Downing Street, che obbliga l’azienda a “non stipulare alcun accordo con alcun governo straniero, finanziatore o Terza Parte che, in base ai suoi termini, sarebbe in conflitto con gli obblighi di AstraZeneca qui di seguito o sarebbe ragionevolmente prevedibile che impedisca ad AstraZeneca di adempiere ai suoi obblighi qui di seguito”.
Ad ogni modo, il risultato è che, in attesa che la collaborazione con gli Usa prenda una forma concreta, dubbi e insofferenze si accumulano nell’opinione pubblica di ogni Stato membro, a partire dalla Germania.
Il ministro tedesco della Salute Jens Spahn confida nell’aumento delle vaccinazioni a partire da aprile, quando le dosi verranno somministrate anche dai medici di base in Germania. Ma ammette che solo a giugno si potrà raggiungere il target dei “10 milioni di vaccinati alla settimana”.
Anche in Germania si fa largo il dibattito sul vaccino russo Sputnik, che Bruxelles invece non vuole prendere in considerazione insistendo che “Usa e Ue sono gli unici continenti in grado di rispondere a questa sfida”.
Invece Sputnik “è un buon vaccino, che a un certo punto sarà approvato nell’Ue”, dice al quotidiano ‘Rheinische Post’ Thomas Mertens, capo di Stiko, il Comitato tecnico scientifico tedesco, istituito presso il Robert Koch Institute, con il compito di fornire le raccomandazioni ufficiali per i programmi di vaccinazione utilizzati dai singoli Land. Di Sputnik, che per la rivista scientifica Lancet è efficace contro il covid al 91 per cento, Angela Merkel ha parlato con Putin all’inizio dell’anno, adesso la cancelliera appare frenata dalla via transatlantica intrapresa a livello europeo, quasi fosse una via obbligata ora che c’è Biden alla Casa Bianca.
Se in Italia i russi responsabili della produzione di Sputnik hanno concluso accordi con diverse aziende, in Spagna il dialogo avviato dal Cremlino è proprio con la Moncloa, il governo. Fonti del ministero della Sanità spagnolo confermano al quotidiano ‘El Pais’ che l’agenzia spagnola per il farmaco, Aemps, sta conducendo trattative con diverse imprese dotate delle capacità per produrre il vaccino russo. Nessun accordo è stato finalizzato, ma se si troveranno le strutture adeguate, la Aemps dovrà dare l’autorizzazione alla produzione del vaccino. Addirittura. Come ha fatto Viktor Orban in Ungheria.
Putin oggi ha anche avuto un colloquio con il premier lussemburghese Xavier Bettel sulla “possibilità di fornire lo Sputnik” anche a questo piccolo paese dell’Unione.
Lo scivolone sugli export indebolisce l’immagine dell’Unione Europea nella lotta al covid. E non è detto che serva almeno a convincere Biden a eliminare il blocco delle esportazioni dagli Usa. Il covid si sta rivelando un vero e proprio ‘cul de sac’ per l’Ue.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
ITALIA A DUE VELOCITA’, MA LE PARTI S’INVERTONO… IL SEGRETO DEL LAZIO? IL MODELLO ISRAELE
Dimenticate il Nord che traina il Sud, la locomotiva e i vagoni. Nella riscrittura della realtà che va facendo da un anno a questa parte, Covid sta modificando anche i termini della dialettica tra le due parti del Paese.
Sui vaccini, per esempio, il fronte più recente e strategico della battaglia contro il virus, il Lazio va veloce, la Lombardia arranca. L’Italia resta a due velocità , ma le parti si invertono. C’entra la politica, c’entra la capacità degli amministratori e c’entra anche Israele. Vediamo come e perchè.
I numeri, prima di tutto
Alle 6 di stamattina, 10 marzo – dati del Ministero della Salute – la Lombardia aveva somministrato il 74,4% (pari a 884.068) delle dosi consegnate (1.187.610), il Lazio l’83%, ossia 580.547 di 692.660. Distanza evidente, dunque. Che rischia di allargarsi nelle settimane a venire, dovendo tutte le regioni fare i conti con la mancanza di dosi che ostacola e di molto la progressione a pieno ritmo della campagna vaccinale nel Paese.
In Lazio, completata la vaccinazione per il personale sanitario e le Rsa, è già partita l’immunizzazione per le persone – in dialisi o che hanno subito un trapianto, per esempio – che rientrano nella fascia dei vulnerabili (7304 le dosi iniettate al 9 marzo) e da stamattina, al Policlinico di Tor Vergata, è stata avviata quella per gli autistici gravi e i loro i “caregiver”, i familiari che li assistono. Ancora, su 132.000 prenotati, sono oltre 65.000 gli insegnanti già vaccinati, 25.000 gli esponenti delle forze dell’ordine, più 180.000 su 300.000 prenotati – dunque il 60% – gli ultraottantenni. Proseguono spedite anche le prenotazioni, aperte a chi ha più di 70 anni: dopo le fasce 76-77 e 75-74, dalla mezzanotte di lunedì 15 marzo potranno prenotarsi anche 73 e 72enni. Sono stati coinvolti i medici di medicina generale, che vaccinano nei loro studi – oltre 1.842 quelli già attivi nella campagna e che hanno ritirato almeno una fiala dei vaccini alle farmacie delle Asl – ed è stata emanata una circolare per la presa in carico dei disabili gravissimi per la vaccinazione. Il 9 marzo in Lazio sono stati iniettati oltre 20mila vaccini
Quadro molto diverso in Lombardia, dove la vaccinazione è partita in ritardo (ricordate l’ex assessore al Welfare, Giulio Gallera, e la sua tesi che il piano non poteva essere anticipato perchè il personale sanitario era in ferie?) e non si è ancora ingranata la marcia giusta per dare alla campagna il ritmo adeguato alle necessità della regione, epicentro della pandemia in Italia, col triste record, certificato dall’Istituto Superiore di Sanità , del 47,7% sul totale dei morti italiani nella prima ondata e del 19,7%, dunque 1 sui 5, nella seconda.
Scenario pregresso e numeri avrebbero fatto immaginare un andamento diverso della campagna di immunizzazione. Nei fatti lenta e gravata da equivoci e ritardi che non lasciano intravedere un cambio di passo oggi reso ancora più necessario dall’arrivo delle varianti e dal peggioramento complessivo dei dati del contagio. Venerdì 5 marzo risultava vaccinato meno di un terzo del personale scolastico (insegnanti, Ata e presidi), precisamente il 32,3 per cento mentre le persone vulnerabili dovranno aspettare. Per loro l’immunizzazione partirà “prossimamente”, si legge nella scheda del piano vaccini pubblicata sul sito di Regione Lombardia.
Al momento si sta completando la prima fase e la piattaforma di Poste, su cui la Regione ha scelto di puntare per le prenotazioni, sarà operativa tra un paio di settimane. Così capita che le prenotazioni cadano nel vuoto, che tra gli ultra80enni, a Bergamo, a Brescia, a Milano ci sia chi attende per giorni la convocazione, che centri vaccinali abbiano ritardi e difficoltà negli accessi e anziani vengano “spediti” a vaccinarsi a 30-40 chilometri di distanza da casa loro.
Come aveva segnalato di recente Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione civile, dal 2 febbraio coordinatore della campagna vaccinale regionale, ammettendo “il problema delle prenotazioni e delle convocazioni per i vaccini soprattutto degli over ottanta, con il sistema che continua a funzionare male”. Il ritmo delle vaccinazioni sta aumentando col passare delle settimane: dall’1 al 7 marzo sono state somministrate 140.977 dosi, dal 22 al 28 febbraio erano state 86.203 e 70.373 dal 15 al 21 febbraio. Ma è ancora lontana la soglia delle 170mila dosi giornaliere, da centrare se si vuole centrare l’obiettivo di vaccinare 6 milioni di lombardi entro giugno. È stato lo stesso Bertolaso a indicarlo, nel giorno del suo arrivo.
Fontana smarrito nel suo labirinto, Zingaretti punta sul modello vincente
Accolto nella Regione guidata da Attilio Fontana come colui che avrebbe sbloccato l’impasse nella quale, appena partita, la campagna vaccinale era già precipitata, in realtà “l’uomo delle emergenze” sta già facendo i conti con disguidi e intoppi derivati anche da decisioni politiche che hanno sollevato malumori e polemiche.
La scelta di dare priorità agli atenei rispetto alle scuole, per esempio. Considerata l’ultima di una serie di gaffe, valutazioni e iniziative errate da parte dell’amministrazione regionale, che in quest’ultimo anno, complici gli scivoloni dell’ex assessore al Welfare Giulio Gallera, hanno riempito le pagine dei giornali un giorno sì e l’altro pure, restituendo della Lombardia l’immagine di una regione perennemente in crisi e del leghista Fontana quella di un presidente smarrito in una sorta di labirinto. Il contrario, anche qui, di quello che è avvenuto per Nicola Zingaretti.
L’efficacia della campagna vaccinale in Lazio – esito di una strategia di gestione complessiva che ha evitato al Lazio restrizioni che è stato necessario imporre in altre regioni – ha restituito all’immagine del presidente della Regione una forza e una grammatura che le difficoltà che lo hanno portato a rassegnare le dimissioni da segretario del Pd non hanno scalfito.
Zingaretti ha puntato su un’organizzazione molto stringente, in parte ispirata anche a quello che viene ritenuto il modello vincente ossia il metodo adottato da Israele.
“Abbiamo fatto diverse call con la task force israeliana – spiegano ad HuffPost dalla Regione Lazio – da loro abbiamo tratto suggerimenti per iniettare le dosi che restano inutilizzate perchè una percentuale di persone non si presenta all’appuntamento per vaccinarsi. Per evitare che vengano buttate o che finiscano ai cosiddetti “furbetti”, attiviamo immediatamente le Usca (le unità speciali di continuità assistenziali, ndr) che vanno a somministrare quei vaccini a domicilio”.
E poi c’è “la carta vincente”, la decisione di procedere “per fasce d’età e non per categorie. In questo modo – è il ragionamento – si evitano lungaggini e intoppi nei quali gli altri si stanno perdendo”. Il criterio, come proposto dall’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, è stato recepito nel piano nazionale rimodulato con cui il governo si prepara a gestire la vaccinazione di massa. Capito Fontana?
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
LA FEDERAZIONE PUBBLICI ESERCIZI DENUNCIA LA DISATTENZIONE DI POLITICA E STAMPA: “ALMENO CON CONTE I SOLDI ARRIVAVANO”
“Adesso non ti chiamano più a parlare di queste cose”. Lo chef stellato Gianfranco Vissani in televisione come sui giornali non aveva risparmiato critiche al governo Conte sugli aiuti alle piccole imprese. Ora — apparentemente — non parla più.
Ma non perchè le cose siano cambiate. Anzi. Stando alle ultime indiscrezioni il decreto Sostegni arriverà in Consiglio dei ministri solo la prossima settimana. Quanto ai tempi effettivi di erogazione dei ristori si ipotizza la fine di aprile.
“Draghi è stato accolto con la fanfara, ma la situazione non è certo migliore. E quando dice che non tutti verranno salvati mi dà un colpo al cuore”, commenta Vissani. “A un anno dall’inizio del primo lockdown, l’incertezza non è più accettabile”, aggiunge il vicepresidente della Federazione italiana pubblici esercizi di Confcommercio (Fipe), Aldo Cursano, ristoratore con due locali nel centro storico di Firenze dove nel 2020 ha perso il 70% del fatturato.
“Una tragedia, c’è gente che ha visto gli ultimi soldi a novembre. Pensino almeno ad un acconto entro marzo”, chiede Cursano, che lamenta una maggiore disattenzione da parte della politica come della stampa in generale.
“Conte non era perfetto però aveva messo in moto un meccanismo”. Inizia così il post che due ristoratori di Livorno hanno pubblicato su Facebook. “Il 30 del mese l’Inps pagava la cassa integrazione, faceva un decreto per la chiusura e prevedeva i ristori, ci metteva la faccia e te lo spiegava in diretta tv, i ristori arrivavano. I tempi erano lunghi, i ristori giusto per la sopravvivenza, la Cig nel mio settore una sorta di mancetta. Ma era qualcosa che ci ha aiutato a sopravvivere”, scrivono Silvia Biondi e Giovanni Puccini della Bodeguita di Livorno, convinti che adesso il meccanismo si sia inceppato. E al Fattoquotidiano.it spiegano: “Non ci interessa difendere Conte, ma con questo governo ci sentiamo ancora più soli”. Quanto agli aiuti del nuovo decreto, “prima di fine aprile soldi non ne vedremo, questo è chiaro”.
Tra crisi di governo e formazione del nuovo esecutivo sul fronte ristori si è perso più di un mese, ragionano fonti interne al Ministero dell’economia. Ma non è finita. Un ulteriore allungamento dei tempi potrebbe arrivare proprio dalla principale novità inserita nell’imminente decreto Sostegno e già sul tavolo del precedente governo Conte. L’esigenza di calcolare su base annua il calo del fatturato, e non più su base mensile come era stato fatto nei precedenti decreti, comporterà tempi più lunghi, dalla compilazione delle domande alle operazioni di erogazione dell’Agenzia delle entrate. “Almeno quaranta giorni”, calcola il vicepresidente di Fipe Cursano. “Bene parametrare gli aiuti al fatturato dell’intero anno per evitare esclusioni e discriminazioni legate alla stagionalità di alcune imprese”, continua. “Ma intanto serve un acconto immediato calcolato col precedente sistema, che arrivi entro marzo, perchè il settore è tutto in mora, molti sono sotto sfratto e indietro su ogni tipo di fiscalità ”. E suggerisce di arrivare a saldo in un momento successivo, dopo che i tecnici del governo avranno rifatto tutti i calcoli.
“Ossigeno per una ristorazione in terapia intensiva”, lo definiscono alla Fipe. Ricordando come ulteriori ritardi vanno sommandosi ai precedenti. I rimborsi del bonus ristorazione voluto dall’ex ministra Teresa Bellanova sono partiti solo di recente, con Poste che ha avviato i pagamenti dell’anticipo del 90% negli ultimi dieci giorni. “Noi la domanda l’abbiamo fatta a fine ottobre”, raccontano Silvia e Giovanni da Livorno. E poi ci sono le utenze e gli affitti: “I ristori che siamo riusciti a prendere fino ad ora sono andati tutti nell’affitto, perchè in Italia i sacrifici si chiedono al lavoro, mai alla rendita”, attaccano i due ristoratori, al punto da domandarsi se non ci sia la volontà di “attendere che la maggioranza di noi si arrenda per ridurre la platea sulla quale intervenire”.
E avvertono: “Intanto c’è una criminalità organizzata arrapata da questa situazione”. Un’analisi che la Fipe ha messo nero su bianco. “I bilanci delle imprese della ristorazione evidenziano che in Italia ci sono 15mila ristoranti (quasi la metà delle 33mila che operano come società di capitale) a rischio di infiltrazioni criminali a causa della loro fragilità finanziaria. E il 13% delle imprese ritiene di aver subito negli ultimi 6 mesi pressioni per vendere l’attività a prezzi molto più bassi del valore di mercato ed il 14% ha avuto l’offerta di prestiti fuori dai canali ufficiali”, si legge in un rapporto consegnato a febbraio alla Commissione attività produttive della Camera. “Di questo passo quante attività sopravvivranno? E a che prezzo?”, si chiede Cursano. Che alla politica manda un messaggio: “Siamo di fronte al rischio di tenuta del sistema sociale, anche corpi intermedi responsabili come il nostro stanno valutando di alzare il livello dello scontro”
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
220 PERSONE SI SONO PRENOTATE SENZA AVERNE DIRITTO IN LOMBARDIA
220 persone si sono prenotate senza averne diritto in Lombardia, utilizzando un link interno, che doveva essere riservato al personale medico, ma che è girato di chat in chat, e che ha permesso di mettersi in lista presso l’Ats Città Metropolitana di Milano.
Dopo la scoperta di Radio Popolare la direzione Aziendale dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano, tramite controlli incrociati, ha scovato chi non doveva essere in lista e lo ha rimosso. Racconta il Fatto:
L’ultimo l’ha svelato Radio Popolare, che, grazie a una sua ascoltatrice, ha dimostrato come per almeno due settimane chiunque abbia potuto prenotarsi per il vaccino e farselo somministrare all’Ospedale militare di Baggio.
A prescindere da età e professione (potevano prenotarsi solo over80 e docenti). Una scorciatoia possibile grazie a un linkche dava acceso diretto all’agenda delle prenotazioni gestita dall’Asst San Carlo.
Così i medici militari hanno vaccinato studenti e commercialisti (i due casi ricostruiti dall’emittente), ma è impossibile sapere in quanti ne abbiano approfittato. Il link per settimane ha girato di chat in chat. Tanto che il direttore dell ‘Ospedale, Giorgio Cattaneo, ha ammesso: “Ogni giorno eliminiamo dalle liste chi non appartiene alle categorie autorizzate ”.
Una nota dell’Asst Santi Paolo e Carlo ha precisato: “Il sistema di prenotazioni interne all’Azienda grazie ad attente verifiche e controlli effettuati quotidianamente prima dell’accesso al Centro Vaccinale collocato presso il Centro Ospedaliero Militare prevede l’identificazione del soggetto avente diritto: il giorno antecedente l’appuntamento si effettuano controlli incrociati con l’elenco degli aventi diritto e, successivamente in loco, si prosegue con l’identificazione dell’individuo, la compilazione di autocertificazione del diritto alla somministrazione del vaccino e colloquio informativo con il medico”
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
A GENNAIO ERAVAMO PRIMI IN EUROPA, POI BIG PHARMA HA TAGLIATO LE DOSI E SIAMO FINITI ALLA PARI DEGLI ALTRI… MA SU GIORNALI E TV IL NUOVO GOVERNO “ACCELERA”
La fortuna di Conte fu che i giornaloni lo dipingevano come una tale pippa che poi, quando si scopriva che era bravino o almeno non ci portava all’apocalisse, la gente simpatizzava.
Draghi invece viene esaltato come un tale fenomeno che, se poi si scopre che anche lui fa quel che può, la gente s’incazza e lo maledice.
Prendete i vaccini. A gennaio l’Italia era prima in Europa. Poi Big Pharma iniziò a tagliare le dosi e finimmo alla pari degli altri.
Con Draghi, giornali e tg hanno inaugurato la rubrica fissa “Draghi accelera”. Come se esistesse al mondo un politico che rallenta.
Il guaio è che in Europa i vaccini arrivano col contagocce grazie ai furbi di Big Pharma e ai fessi di Bruxelles.
Repubblica: “Task force del generale Figliuolo per accelerare”. Corriere: “Draghi sente Von der Leyen: ora accelerare sui vaccini”, “Draghi accelera sui vaccini”, “Vaccini, si accelera”, “Piano vaccinale, ora si accelera”, “Draghi: serve accelerare”, “Draghi: ‘Un’accelerazione’”. Stampa: “Piano vaccini, l’accelerazione del governo”. Giornale: “Draghi accelera sui vaccini”.
Torna la prosa atletico-militaresca dei bei tempi di Monti e dell’Innominabile. Foglio: “Draghi sceglie la via muscolare”, “Tridente anti-Covid: Draghi tratterà con l’Europa, Figliuolo troverà i vaccini e Curcio li distribuirà ”. Uno veni, uno vidi, il terzo vici.
A scandire ogni pagina, termini ginnico-futuristi: svolta, scatto, mossa, sprint, spinta, regìa, attacca, sferza, incalza, sveglia, strapazza, lancia, rilancia, batte i pugni, stop, alt, altolà , a tappeto, a raffica, di massa, pressing, spinta, subito, ora, cambiare piano/ passo/ marcia/ linea/ verso/ strategia.
Sui contenuti, tutto e il suo contrario. Rep: “Vaccini porta a porta”, anzi “Iniezioni nei drive through dei tamponi”. Stampa: “I vaccini si fanno al drive-in”. Corriere: “Vaccini in stazioni e tende”. Per non parlare dei numeri. Rep: “2 milioni di vaccinati in più l’obiettivo immediato”, poi “Ad aprile arriveranno 30 milioni di fiale”. Giornale: “2 miliardi ai vaccini e 20 milioni di dosi tra aprile e giugno”. Verità : “Figliuolo vuol cambiare marcia: ‘Arrivano 7 milioni di dosi”. Corriere: “Entro giugno 60 milioni di dosi”, ma “su due binari”. Stampa: “In arrivo 13 milioni di fiale”, anzi “Immunità di gregge in 41 giorni” (non uno di meno nè di più). Foglio: “20 milioni di vaccini in più a trimestre”. Messaggero: “14 milioni al mese”. Chi offre di più? Giornale: “Arriva il supergenerale. Piano d’emergenza: 200mila dosi al giorno”. Corriere: “Oltre 600mila dosi al giorno”. Rep: “Obiettivo 700mila iniezioni al giorno”, anzi no: “Il piano Draghi per salire a 200mila al giorno grazie a Johnson&Johnson”. Che ieri ci ha fatto il gesto dell’ombrello.
Però si accelera.
Brumbrum, roarrr, ratatatatà , perepè perepè
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 10th, 2021 Riccardo Fucile
IL “DECISIONISTA” DRAGHI DA DIECI GIORNI NON DECIDE NULLA, QUANDO LO FACEVA CONTE ERA UN “IRRESPONSABILE”: POTERE DELLA STAMPA DEI POTERI FORTI
La decisione finale è ancora rinviata a venerdì in Consiglio dei ministri: per un quadro definitivo della nuova stretta anti-Covid sarebbero necessari altri dati più aggiornati sui contagi
Se il governo dovesse decidere una stretta ai weekend come avvenuto per Natale, è assai improbabile che avvenga già da sabato visto che Draghi ha assicurato che ogni decisione sarà comunicata con largo anticipo per non danneggiare ulteriormente le categorie produttive e permettere ai cittadini di organizzarsi.
Un’ora e mezzo di dibattito sul parere del Comitato tecnico scientifico sulla necessità di nuove restrizioni, nessuna decisione dunque almeno fino a domani sulle modifiche al Dpcm entrato in vigore 4 gg fa e già superato.
Alla cabina di regia hanno partecipato il presidente del Consiglio e i capi delegazione dei partiti di maggioranza: Maria Stella Gelmini, Dario Franceschini per il Pd, Elena Bonetti per Italia viva, Giancarlo Giorgetti per la Lega, il ministro della Salute Roberto Speranza (Leu) e i ministri Daniele Franco, Stefano Patuanelli, Patrizio Bianchi. Presenti a Palazzo Chigi anche il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, il segretario generale Roberto Chieppa, il capo di Gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello, il presidente dell’Istituto superiore di Sanità , Silvio Brusaferro, e il direttore del Consiglio superiore di Sanità , Franco Locatelli.
Sempre per domani è in programma il confronto con le Regioni, anche loro divise sull’opportunità di adottare ulteriori misure restrittive a livello nazionale o solo mirate.
A preoccupare l’esecutivo è l’impennata dei contagi provocata dalle varianti del coronavirus e l’aumento dei pazienti ricoverati in terapia
(da agenzie)
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