Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
A POCHI GIORNI DALLA SCADENZA PER LA PRESENTAZIONE, IL RECOVERY DI DRAGHI LO CONOSCE SOLO LUI (E CHI L’HA FATTO DIVENTARE PREMIER PER RAPPRESENTARLI)
Eravamo in ritardo già due mesi fa, quasi tre. Lo dicevano a gran voce tutti, lo
ribattevano i giornali, lo dicevano quasi tutti i partiti e i renziani ci avevano detto che la mancata discussione del Pnrr “con un dibattito aperto e franco in Parlamento” era uno dei principali motivi della crisi di governo.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19: il piano va presentato il prossimo 30 aprile, tra pochi giorni, ma non l’ha ancora visto nessuno.
I sindacati che hanno incontrato ieri Draghi hanno raccontato di non avere visto nulla di scritto, nonostante si siano presentati pieni di speranze.
“Noi riconosciamo solo a Omero la possibilità di una descrizione orale” ha detto ieri Pierpaolo Bombardieri, segretario della Uil, ma qui tocca fidarsi delle buone intenzioni, visto che anche gli stessi partiti non hanno ancora visto nulla.
Ieri c’è stato l’ultimo incontro con le forze politiche, la delegazione di Leu, e anche in quel caso nulla di scritto. Perfino Carlo Bonomi, presidente di Confindustria sempre piuttosto tenero con Draghi, ha dovuto specificare che si riserva una valutazione “perché non è stato visto alcun documento”.
Ultima versione del piano? Quella del 12 gennaio, ritenuta “insufficiente” dagli stessi partiti che ora si sono meravigliosamente ammansiti.
34 associazioni tra cui Libera, Transparency International Italia, Lipu, Cittadinanzattiva, Cittadini reattivi, Re-Act, Fondazione Etica hanno scritto una lettera ai Ministri Franco, Giovannini, Colao, Cingolani e al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Garofoli per chiedere di pubblicare con urgenza le bozze del piano: “A pochi giorni dalla data che sancisce l’obbligo di consegna di Piano definitivo a Bruxelles e in previsione di una spesa pari a 220 miliardi di euro di risorse comunitarie e nazionali, ci è ancora impossibile pronunciarci sui contenuti del PNRR perché l’ultima bozza non è stata resa disponibile”, scrivono.
In Parlamento probabilmente verranno fatte delle “comunicazioni”, sottoposte al voto, che saranno molto generiche. E pensare che fino a qualche giorno fa si pensava semplicemente a delle “informative”. “Sarebbe utile leggere il piano” dicono tutti composti in Parlamento quelli che prima si strappavano i capelli e intanto sperano che non si colga l’incoerenza. Un altro punto nella lista delle urgenze che si sono spente.
(da TPI)
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Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
CHI LO FALSIFICA RISCHIA IL CARCERE
Il certificato verde Covid-19 per gli spostamenti tra regioni si trova nella bozza del decreto legge sulle riaperture dal 26 aprile.
Si chiama ufficialmente “certificazione verde” e sarà il pass per potersi spostare tra regioni di colore diverso. Avrà una durata di sei mesi per i vaccinati e i guariti e di 48 ore per chi si sottoporrà a test antigenico o molecolare con esito negativo. Chi lo falsifica rischia anche il carcere.
Il funzionamento del certificato verde covid-19 per gli spostamenti tra regioni è presente nella bozza del nuovo decreto è regolamentato dall’articolo 10 del provvedimento.
La certificazione la rilasciano già alla somministrazione della prima dose di vaccino. Si potrà avere in formato cartaceo o digitale e lo compileranno i medici della struttura presso la quale è stato effettuato il vaccino.
Nel documento, che confluirà poi nel fascicolo sanitario elettronico dell’interessato, oltre ai dati anagrafici sarà riportato anche il numero di dosi somministrate rispetto al numero di dosi previste. Per le persone guarite, il certificato sarà rilasciato dalla struttura presso la quale è avvenuto il ricovero del paziente o, per i non ricoverati, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta. Il pass, però, cessa di avere validità qualora l’interessato risulti successivamente di nuovo positivo al Covid.
Ci saranno quindi tre percorsi diversi ottenere il certificato verde Covid-19:
chi è vaccinato: la certificazione, valida sei mesi, viene rilasciata su richiesta dall’ente vaccinatore: specifica quante dosi sono state fatte e quante ne erano previste in base al tipo di vaccino (due per tutti i farmaci, una per J&J e per i guariti cui basta una sola iniezione);
chi ha già avuto il virus: anche la certificazione per chi ha già avuto il Covid è valida sei mesi. Può essere rilasciata dall’ospedale di ricovero, dal medico di base o dal pediatra. Perde validità nel caso in cui si accerti una nuova positività al virus;
gli altri.
Per chi ha avuto il Covid e non è ancora vaccinato, il pass vale 48 ore e si ottiene facendo un tampone (molecolare o antigenico).
Lo rilasciano le strutture sanitarie pubbliche o private che fanno il test o da farmacie, medici di base e pediatri.
Sempre secondo il decreto legge le certificazioni di guarigione rilasciate prima dell’entrata in vigore del decreto avranno una validità di sei mesi dalla data indicata sulla certificazione.
Chi ha completato il ciclo di vaccinazione prima dell’entrata in vigore del nuovo provvedimento e non ha ricevuto alcuna certificazione, può farne espressa richiesta alla struttura sanitaria o alla Regione o la Provincia.
Chi si sottoporrà a test antigenico rapido o molecolare con esito negativo avrà una certificazione verde della durata di 48 ore. Che sarà rilasciato dalla struttura stessa che ha effettuato il tampone: strutture sanitarie pubbliche, private e accreditate, farmacie, medici di medicina generale o pediatri. Il pass resterà in vigore fino all’attivazione della piattaforma europea. Nella quale saranno convogliati anche i certificati nazionali. a quel punto entrerà in vigore il cosiddetto DGC-Digital Green Certificate, interoperabile a livello europeo.
Per chi falsifica il certificato c’è il rischio carcere. Il comma 2 dell’articolo 13 prevede infatti che per tutti i reati di falso che hanno ad oggetto la certificazione verde Covid-19, le pene previste dagli articoli 476, 477, 479, 480, 481, 482, 489 del codice penale, anche se relativi ai documenti informatici di cui all’articolo 491 bis, sono aumentate di un terzo.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
SI TRATTA PRINCIPALMENTE DI IMPRENDITORI, PERSONAGGI FAMOSI, POLITICI E SPORTIVI
La corsa al vaccino è serrata e c’è chi ha inventato una sorta di scorciatoia per
riuscire a giungere prima alla dose che gli spetta.
In meno di un mese già 50mila persone in Italia hanno infatti chiesto domicilio e un medico di base nel Lazio per farsi vaccinare prima.
“La notizia dei 50 mila frontalieri del vaccino è un riconoscimento per la qualità del nostro lavoro, mentre in altre parti d’Italia hanno faticato anche ad aprire le prenotazioni”, dice l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato.
“Noi, come fatto in passato con chi veniva a curarsi nei nostri ospedali per il Covid, accogliamo tutti – aggiunge subito D’Amato. Per carità… Però non vorrei casi di emulazione, di altri viaggi della speranza, perché le dosi dei vaccini sono poche e vengono distribuite in base alla popolazione di un singolo territorio”
Ma chi sono e da dove vengono i frontalieri del vaccino? Per la maggior parte sono residenti in Lombardia, Piemonte, Liguria o Campania.
Tra i 50 mila ministeriali che lavorano a Roma, anziani che durante la pandemia si sono trasferiti dai figli, ma anche imprenditori, personaggi famosi, politici e sportivi.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
“NEL REGNO UNITO HANNO CHIUSO I RISTORANTI PER 4 MESI E NESSUNO HA FIATATO, DA NOI UNA QUOTIDIANA PROTESTA: E’ SOLO UN PROBLEMA DI RISTORI?”
Le riaperture decise dal governo poco meno di una settimana fa hanno fatto esultare chi chiedeva a gran voce l’allentamento delle misure, ma quasi tutti i virologi sembrano andarci cauti e anzi lanciano l’allarme per la tempestività con cui queste restrizioni sono state tolte.
Il microbiologo Crisanti è uno di questi: “Riaperture dei locali anche al chiuso? Si è creato un conflitto che obiettivamente ci porta in una situazione che evolverà non in maniera positiva. Da una parte – spiega – ci sono gli interessi di albergatori, ristoratori, di coloro che hanno un bar o anche palestre e piscine, dall’altra l’esigenza delle persone vulnerabili di rimanere vive. Noi sappiamo perfettamente che aprendo in questo modo aumenterà il contagio e sicuramente avremo più morti. Gran parte delle persone a rischio e potenzialmente vulnerabili ancora non sono vaccinate, questo – sottolinea il microbiologo – è da tenere presente”.
“Mi chiedo – continua Crisanti – perché in Inghilterra dove hanno fatto quattro mesi di chiusura durissima nessuno si è lamentato. Probabilmente i ristori non sono adeguati? Allora bisogna risolvere il problema dei ristori, non delle aperture. Stiamo trovando la soluzione che peggiora la situazione”.
Per il microbiologo, “stavolta la politica si è presa la responsabilità, questo è un elemento di chiarezza, poi giudicheranno gli elettori. Invece in Spagna la situazione non è così positiva come si dice: a Madrid il tasso di contagio è di 350 casi ogni 100mila abitanti”, spiega ancora.
Come si spiega la situazione critica in Germania, nonostante l’alto numero di vaccini? “La Germania – replica Crisanti – ha tenuto le scuole molto più aperte di quanto non abbia fatto l’Italia, poi ha anche un livello di industrializzazione molto elevato ed è una regione molto più popolosa dell’Italia, anche con interconnessione molto più elevato dell’Italia”.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
NON STUPISCE CHE I SOVRANISTI NON VOGLIANO INSERIRE LA DIFESA DELL’AMBIENTE IN COSTITUZIONE
Mentre in Germania per la prima volta i Verdi superano nei sondaggi i conservatori
della Merkel, in Italia una destra rimasta all’uomo di Neanderthal fa disperatamente opposizione per non inserire la difesa dell’ambiente nella Costituzione.
La proposta è stata sotterrata da tonnellate di emendamenti, oltre 250mila, di cui gran parte presentati dal leghista Calderoli, che per la bisogna non si è fatto scrupolo di disboscare un pezzo d’Amazonia.
Motivo di tanto ostruzionismo, a chiacchiere, è una tabella di quali animali tutelare e quali no, ma in realtà la vicenda illustra chiaramente chi ha capito dove va il mondo, e si dà da fare per renderlo più sostenibile e abitabile dalle prossime generazioni, e chi di questi temi se ne infischia, basta che il partito del Pil fatturi.
Punti di vista, sui quali ciascuna parte è convinta di aver ragione, sostenendo di difendere così la modernità. Di questo mi trovai a discutere in una trasmissione tv su una rete sovranista, dove si asseriva che dagli inizi del secolo scorso il simbolo della modernità è il rombo del motore, e perciò io che difendo la micro-mobilità urbana fatta di monopattini e biciclette non sono altro che un nemico del progresso.
Su questa parola – progresso – però non riuscimmo a metterci d’accordo, perché per me vuol dire città con meno traffico e smog, mentre per la mia controparte il massimo della libidine è circolare con la ruspa, però accessoriata con parabole e Wi-Fi.
Che c’è da meravigliarsi, allora, se per Lega & C. l’ambiente in Costituzione stona?
(da La Notizia)
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Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
OLTRE AL COMPENSO PER IL FII INSTITUTE, RENZI FA PARTE DELLA ROYAL COMMISSION CHE SI OCCUPA DELLO SVILUPPO DELL’AREA DI ALULA
Il quotidiano Domani racconta di un incarico segreto di Renzi per il maxi progetto di bin Salman. Oltre al compenso da 80.000 euro per il FII Institute, il senatore di Italia viva siede nell’advisory board della Royal Commission che si occupa dello sviluppo di Alula. Ovvero la vetrina più importante del regime saudita.
Nel pezzo di Stefano Feltri, Mattia Ferraresi ed Emiliano Fittipaldi si scrive che nella vicenda di Bin Salman non c’era soltanto la consulenza per il Future Investment Institute, l’ente controllato dal fondo sovrano Pif del governo saudita:
Matteo Renzi lavora direttamente per il principe reggente Mohammed bin Salman. E per il progetto a lui più caro, quello della città verde e sostenibile di Alula. Che deve trasformare l’Arabia Saudita nel paese leader del turismo musulmano nell’età post-petrolifera. Lo scopriamo ora grazie a un evento mondano. L’8 aprile si è tenuto ad Alula l’annuale concerto organizzato da bin Salman per celebrare il progetto turistico.
Il tenore Andrea Bocelli, già ospite in passato di altre edizioni dello stesso evento, ha cantato nel sito patrimonio dell’Unesco di Hegra. Il concerto era trasmesso in tv, dal vivo c’erano pochissimi invitati. Tra questi il senatore di Italia viva Matteo Renzi, come conferma una fonte presente all’event
Il quotidiano rivela anche che nel pieno delle polemiche sollevate dallo scoop di Domani sulla sua consulenza saudita da 80.000 euro per la Future Investment Initiative, proprio Renzi ha detto: «Qualche giorno fa, ad Alula, la città recentemente visitata dal ministro degli Esteri, si sono siglati accordi impressionanti nel mondo arabo che hanno segnato una svolta, in particolar modo per la Libia». Ma Renzi, appunto, lavora anche per la Royal Commission.
Quanto guadagna Renzi per lavorare anche per la Royal Commission? La cifra non la conosciamo. Ma sappiamo che i compensi di Renzi, anche stavolta, come per il FII Institute, non riguardano le conferenze. Né gli eventi singoli come interviste e meeting. Ma sono retribuzioni per incarichi più ampi.
Consulenze internazionali che a molti in Italia sono sembrate in evidente conflitto di interessi con il ruolo di parlamentare della Repubblica. Ma che Renzi considera del tutto legittime, e alle quali ha già detto di non voler rinunciare. Almeno finché la legge e i regolamenti del Senato glielo permetteranno.
(da La Notizia)
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Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
L’AD DI CONAD: “NEI PUNTI VENDITA ENTRANO A CONTATTO CON 1.500 PERSONE AL GIORNO”
Non c’è accordo su quali categorie vaccinare prima, ma sicuramente esistono
categorie che rischiano più di altre perché maggiormente a contatto con il pubblico.
L’appello a vaccinare per primi gli addetti del commercio non viene dal sindacato ma dall’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese: “La distribuzione ha garantito alti standard di servizio durante la pandemia. Adesso che è arrivata l’ora di vaccinarsi, però, si trascurano le nostre cassiere. I dipendenti che lavorano in punti vendita dove entrano 1.200-1.500 persone al giorno credo rischino più di un avvocato. Categoria che pure ha avuto la precedenza in alcune Regioni”.
Poi sottolinea: “Sia chiaro, io sono d’accordo sul fatto che gli anziani vadano vaccinati per primi è che l’ordine anagrafico sia il punto di riferimento principale. Ma nello stesso tempo – avverte – commesse e commessi dovrebbero essere considerati alla stregua delle forze dell’ordine e del personale della scuola”.
L’ad prosegue: “Conad dà lavoro a 65 mila persone. A Codogno durante il primo lockdown c’era solo uno dei nostri punti vendita aperto. Là come altrove commessi e commesse hanno garantito servizi e serenità. Poi bisogna riconoscere che il livello di rischio a cui sono sottoposti è maggiore di altre categorie”.
Sul protocollo sulle vaccinazioni in azienda – firmato anche dall’associazione di rappresentanza di Conad, Ancd – aggiunge: “Vogliamo vaccinare i nostri dipendenti appena possibile e siamo pronti a farci carico dei costi che questo comporta. Perché i vaccini sono a carica delle Asl, ma tutto il resto è a carico nostro”.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
LO CERTIFICA L’ISTAT: IL 60% E’ DA ATTRIBUIRSI AL COVID, IN DUE MESI HA CAUSATO 29.210 VITTIME
Secondo quanto certifica Istat: “Nei mesi di marzo-aprile 2020 i decessi in eccesso sono stati 49mila rispetto alla media degli stessi mesi nei cinque anni precedenti. Il 60% è attribuibile al Covid-19 (29.210), il 10% a polmoniti e il 30% ad altre cause.
I decessi per polmoniti triplicano e aumentano quelli per demenze, diabete e cardiopatie ipertensive.
Sul totale dei decessi per Covid-19 circa l’85% è di individui di oltre 70 anni. Tra i 50-59enni un decesso su cinque è dovuto al Covid-19”. Lo rileva l’Istat.
L’incremento dei morti “è differenziato per luogo di decesso: +155% nelle strutture residenziali o socio-assistenziali, +46% negli istituti di cura, +27% nelle abitazioni”.
Il Covid-19 “è la seconda causa di morte nel periodo marzo-aprile 2020, con un numero di decessi di poco inferiore a quello dei tumori e più del doppio di quello delle cardiopatie ischemiche”, rileva l’Istat.
Nel periodo considerato, “oltre al Covid-19, i decessi aumentano per quasi tutte le principali cause di morte rispetto a quanto osservato nello stesso periodo del quinquennio precedente”. L’incremento più importante nella frequenza dei decessi “si osserva per polmoniti e influenza. Per questo gruppo di cause, rappresentato per oltre il 95% da polmoniti, la frequenza dei morti è tre volte superiore a quella osservata in media nel periodo 2015-2019 (7.610 rispetto a 2.445). A tale aumento si accompagna anche la crescita dei decessi dovuti alle altre patologie a carico dell’apparato respiratorio (+26%), rilevata sia per le malattie croniche broncopolmonari che per il complesso delle restanti malattie respiratorie”. I decessi risultano in aumento “anche per demenze e malattia di Alzheimer (+49%), per le malattie cardiache ipertensive (+40%) e per il diabete (+41%), così come si ha un incremento per sintomi segni e cause mal definite o sconosciute (+43%)”.
“A eccezione delle già citate malattie cardiache ipertensive -prosegue l’Istat- le cause di morte ascrivibili al sistema circolatorio mostrano incrementi più contenuti, come nel caso delle malattie cerebrovascolari (+13%), delle malattie cardiache ischemiche (+5%) e delle restanti malattie circolatorie (+10%); tuttavia, trattandosi di cause molto frequenti nella popolazione e ricordando che l’eccesso di mortalità si è verificato in aree circoscritte del Paese, gli incrementi in termini assoluti risultano comunque piuttosto rilevanti (nel complesso circa 3.600 decessi in più). Non si rilevano, invece, incrementi nel numero di decessi per tumori e malattie infettive”. Il decremento osservato nella frequenza dei decessi per cause esterne (-161 decessi, corrispondenti a -4%) rappresenta invece “un effetto del lockdown che ha determinato una drastica riduzione della circolazione stradale”.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 21st, 2021 Riccardo Fucile
INVECE DI FOMENTARE LA POLEMICA, NON SAREBBE PIU’ SAGGIO LASCIARE DECIDERE LA MAGISTRATURA?
Questione di consapevolezze. La vicenda che riguarda Ciro Grillo – figlio di Beppe
accusato di stupro di gruppo nei confronti di una giovane nell’estate del 2019 – è stata fomentata dal quel video pubblicato dal comico genovese, fondatore e garante del Movimento 5 Stelle, che ha catalizzato l’attenzione mediatica su un caso giudiziario che ancora deve entrare nel vivo e nel dibattimento in tribunale.
Insomma, un autogol sulla pelle della vittima che ha denunciato le violenze perpetrate nei suoi confronti nella notte tra il 15 e il 16 luglio di due anni fa. Eppure è la stessa famiglia di Grillo a voler proseguire nell’attirare su di sé questa spasmodica attenzione (lamentandosene).
Oramai quel filmato è noto a tutti. Ogni virgola, ogni esclamazione e ogni gesto di Beppe Grillo sono stati analizzati e contestati. Beppe Grillo, in quel minuto e 39 secondi di video ha – di fatto – messo la ceralacca sulla cultura dello stupro, senza pensare minimamente alla ragazza che ha denunciato la violenza subita e ai genitori che soffrono con lei da quasi due anni e, ora, chiedono giustizia.
Una giustizia che arriverà nell’aula di un Tribunale in base agli atti concreti che, per il momento, sono nelle mani della Procura di Tempio Pausania.
Tutto il resto è mera apparenza social sbagliata e perpetrata da Ciro Grillo nella giornata di ieri, quando ha deciso di rendere di nuovo pubblico il suo profilo Instagram – epurato dei contenuti precedenti (ma non nelle foto e nei video in cui è stato taggato) – dove ha condiviso quel video di suo padre.
La reazione degli utenti non poteva che essere negativa. In molti hanno sottolineato come questa difesa non debba passare dai social, ma debba avvenire nella aule competenti. Altri si sono concentrati sulle parole di Beppe Grillo. Ovviamente non sono mancati commenti volgari, ma ce ne sono alcuni che dovrebbero far riflettere la famiglia Grillo sulla gestione mediatica (nata e costruita da loro) su questa vicenda.
“Il solo fatto che un padre ed i suoi sostenitori ritengano legittimo che esista un video del genere (che dovrebbe addirittura essere una testimonianza a favore, invece che generare intimo ripudio), mi fa pensare che, quantomeno come padre, Beppe Grillo abbia fallito su tutta la linea genitoriale, umana, civica e sociale: una persona che non sia in grado di sentire nella propria anima la differenza tra bene e male, tra seduzione e stupro, tra violenza verbale e difesa della propria posizione, tra perdita dei sensi e consenso, viene definita clinicamente in un solo modo: psico-apatico (nel senso etimologico del termine). Il resto lo dirà la giustizia”.
E anche: “Visto il clamore della vicenda, posso suggerire un atteggiamento più ‘low profile’?
Tra i tanti temi dibattuti dopo l’esplosione mediatica di questo caso, c’è quello della denuncia “dopo 8 giorni” fatta dalla ragazza. Ed è questo uno dei punti toccati da Beppe Grillo in quel famoso video. Uno dei tanti punti sbagliati.
“Il punto è che ci si appella sul fatto che lei abbia aspetto 8 giorni per denunciare. Ma che ne sapete voi cosa passava per la testa di quella ragazza! Secondo voi era facile per lei denunciare un avvenimento del genere? È ovvio che ci ha pensato su, non ci si può attaccare a questo tipo di cose”.
“Potrai anche essere innocente ma l’ignoranza nelle parole di tuo padre è tanta ed è molto triste. questo video, oltre che essere un atto di difesa, è un insulto verso tutte le donne che hanno subito violenza e già solo per questo dovreste tenere la testa bassa”
Alla fine, come molti sottolineano, saranno i giudici a valutare e decidere se Ciro Grillo e i suoi amici sono colpevoli e innocenti. Ma resta quel video di difesa che stona su tutto lo spartito
(da agenzie)
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