Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
LA CHAT INTERNA RIBOLLE, LA FASCINA ACCUSA GLI ALTRI DI POLTRONISMO, LA GELMINI LE RISPONDE PER LE RIME
Mariastella Gelmini contro Marta Fascina, deputata di Forza Italia e compagna di Silvio Berlusconi.
È un magma senza fine quello che ribolle sotto la crosta imperturbabile di Forza Italia, venuto alla superficie un paio di settimane fa in occasione della contesa per il nuovo capogruppo alla Camera.
Un partito storicamente monolitico dietro al suo leader incontrastato, ma che da quando Silvio Berlusconi è meno presente sulla scena di è spaccato a metà, falchi e colombe, filo-sovranisti e draghiani, seguaci del cerchio magico e ribelli. Definizioni tutte parziali e non esaustive, ma che fotografano una situazione esplosa.
Succede ieri che Renato Brunetta manda un messaggio nella chat degli onorevoli. Attacca Matteo Salvini che accusa sostanzialmente i parlamentari di essere attaccati alla poltrona, di mettere di fronte il proprio tornaconto personale a quello del paese in vista della possibilità di elezioni anticipate.
E succede poi che Fascina gli risponde per le rime: “Salvini ha detto una cosa che condivido. La maggior parte dei parlamentari di queste Camere ha come obiettivo la fine della legislatura e la conferma del proprio seggio alle prossime elezioni. In questo Parlamento l’interesse della Nazione è passato in seconda linea”.
Il punto è che Fascina è la compagna di Silvio Berlusconi, da poco assurta nell’Olimpo dei custodi del verbo di Silvio, e un messaggio così non può passare inosservato.
Passa qualche minuto ed ecco che a rispondere è Gelmini. La ministra insieme a Brunetta e alla collega Mara Carfagna è la capofila di quelli che non vorrebbero veder finire il Cavaliere nelle braccia di Bolsonaro, come Salvini che proprio domani andrà a rendergli omaggio.
Il suo telefono è rovente, e decide di non tacere: “Con grande rispetto per il pensiero di tutti – scrive – credo che il presidente abbia da sempre il massimo rispetto per i parlamentari, in particolare per il suo gruppo”.
Quella che Fascina dimostra di non aver avuto, si legge tra le righe. Continua: “Generalizzare non serve, soprattutto in questo momento, e sono certa che il Parlamento, compresi gli avversari di sempre, riconosceranno al presidente il ruolo che merita”.
Si scatena il pandemonio. Due ministri contro la linea di Arcore interpretata da Fascina, scoppia il caos.
Perché la deputata, arrivata a Montecitorio dopo aver lavorato all’ufficio stampa del Milan, non trova legittimazione in gran parte del gruppo. Sibila un senatore: “Proprio da lei certe prediche, una che è latitante dal suo lavoro, sono due anni che non si vede e pontifica dall’alto del suo rapporto”.
Volano stracci, ma in effetti Fascina dopo un primo anno di assiduità a Palazzo è scomparsa. Secondo i dati di Openpolis è stata presente a meno del 29% delle sedute, per capirci due punti percentuali in meno di Roberto Speranza, il ministro della Salute che negli ultimi due anni qualche buon motivo per non seguire la quotidianità dei lavori parlamentari l’ha pure avuto. “Fascina è meglio stia zitta”, dice una deputata e taglia lì la telefonata.
E però nel gruppo ha seguito, vuoi per convinzione vuoi per non dare a vedere al grande capo che la sua linea viene sconfessata. Paolo Zangrillo: “Brava Marta, è esattamente quello che si vive in Parlamento, è molto triste ma è la verità!”. Andrea Mandelli: “Concordo perfettamente con le giuste osservazioni di Marta!”. Alessandro Cattaneo: “Beh, diciamo che abbiamo già visto ampiamente e vedremo sempre più trasformismo e opportunismo”.
Arriva a bacchettare Brunetta anche Renata Polverini: “Noi dopo la ritrovata centralità di Berlusconi non dobbiamo insistere in inutili divisioni. Si accodano anche Cristina Mirella e Roberto Pella, poi l’influentissimo Giorgio Mulè, tra i capofila dei falchi al governo: “Accendere una polemica su un fronte dove non siamo il bersaglio equivale a sentirsi chiamati in causa e non ci fa bene né fa bene alla coalizione”.
A microfoni spenti è un volare di veleni. Brunetta viene attaccato: “Il suo lavoro dovrebbe essere quello di fare il ministro, non guardare le dirette Facebook di Salvini”.
I sostenitori della Fascina finiscono nel mirino: “Polverini parla di unità quando se ne è andata contestando tutto e tutti prima di tornare”. Ce n’è anche per Zangrillo, “Super raccomandato dal fratello [il medico personale di Berlusconi, n.d.r.], candidato senza un’ora di politica”.
E per Cattaneo. Una senatrice ricorda che “non è la persona adatta per parlare di trasformismo, lui che nel 2006 organizzava i meeting dei Formattatori per dire a Berlusconi di andare in pensione e che negli ultimi anni ha filtrato con Pd e Calenda”.
È una babele in cui ce n’è per tutti.
Nelle chat si palesano anche i sostenitori di Brunetta. “Grazie Renato per aver difeso il lavoro che tutti i giorni facciamo”, scrive Claudia Porchietto, applausi da Carlo Giacometto, “Ottimo il nostro ministro” dice Erika Mazzetti, Giusy Versace si chiede perché “non si possa dire che non si può fare di tutt’erba un fascio, bene ha fatto Renato a rispondere”. Roberto Novelli dice che “Siamo in molti, più di quanti qualcuno possa pensare, a non tollerare certe e altre uscite”.
Eccolo il punto. Nel monolite azzurro che da sempre è stata Forza Italia si è aperta una crepa profonda. Un parlamentare la spiega così: “Salvini è amico di Orban, domani va da Bolsonaro. Quando saremo al governo che razza di agenda porteremo avanti? Questi non sono Boris Johnson, conservatoracci ma con idee e una tradizione alle spalle, questi sono impresentabili”.
Un fronte sempre più largo e sempre più distante da una linea del partito schiacciata sulle posizioni salviniane, proprio nel giorno in cui Salvini dice di voler rafforzare il fronte europeo delle destre e che giammai i suoi entreranno nel Partito popolare europeo.
Non vogliono uscire gli azzurri draghiani, lo giurano in tutti i modi, ma raddrizzare la barra in vista delle prossime sfide. A partire da Quirinale.
Perché si ventila il rischio di franchi tiratori che non seguono più le indicazioni di partito, voti che potrebbero venire a mancare anche sul nome di Berlusconi: “L’hai letta Gelmini? Il suo è un messaggio anche su quello”.
(da Huffingtonpost)
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Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
IMPENNATA DEI CONTAGI IN CITTA’ DOPO AVER PERMESSO CHE GLI UNTORI FACESSERO I CAZZI CHE VOLEVANO
Piazza Unità d’Italia a Trieste sarà vietata fino al 31 dicembre alle manifestazioni di
protesta. La decisione è stata comunicata dal sindaco Roberto Di Piazza e dal prefetto Valerio Valenti dopo l’impennata dei contagi nella città giuliana legata ai cortei e ai presidi contro l’obbligo del certificato verde. “Chi violerà questo divieto sarà punito con ammende molto importanti” ha detto Di Piazza.
“Nel bilanciamento degli interessi per me prevale il diritto alla salute sul diritto a manifestare – ha detto Valenti – Occorre individuare, e lo faremo in una riunione del Comitato di sicurezza pubblica che si terrà oggi, forme che non reprimano questo diritto ma lo comprimano alla luce delle evidenze scientifiche. E’ un’operazione difficile perché deve essere affiancata da un principio di effettività delle misure messe in campo. Occorre adottare provvedimenti che anticipino gli obblighi che scattano con la zona gialla”.
Valenti ha spiegato che si appresta a firmare un provvedimento col quale “in piazza Unità d’Italia, da sempre considerata a disposizione di tutti, sarà compresso momentaneamente il diritto a manifestare.
Non potrà essere teatro ddi ulteriori manifestazioni fino al 31 dicembre”. Il Prefetto, che sta per trasferirsi a Firenze, ha concluso con un appello ai contestatori: “Siete liberi di fare quello che volete, di non vaccinarvi, ma lasciate liberi gli altri”
(da agenzie)
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Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
MANCANO ANCORA DUE MILIONI DI PERSONE PER ARRIVARE AL 90%
Gli esperti sono stati chiari: per raggiungere un buon grado di protezione contro il Covid-19 e le sue varianti è necessario immunizzare il 90% della popolazione vaccinabile, che è anche diventato il nuovo obiettivo del commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus, il generale Figliuolo.
“La campagna sta continuando perché il nostro obiettivo è sfondare la soglia dell’86% di prime dosi per portarci ancora più avanti verso il 90%”, ha ribadito qualche giorno fa.
Ma la meta è tutt’altro che vicina, soprattutto dopo la brusca frenata che si è registrata in relazione alla somministrazione delle prime dosi di vaccino, nonostante la spinta del Green pass, diventato obbligatorio dal 15 ottobre per accedere in aziende e uffici.
Come ha confermato il monitoraggio settimanale della Fondazione Gimbe, nell’ultima settimana c’è stata un sensibile flessione del numero dei nuovi vaccinati: -53% rispetto ai 7 giorni precedenti.
Le somministrazioni delle prime dosi dal 20 al 26 ottobre sono state in media 152mila al giorno, mentre altri 11 milioni di dosi rimangono in frigorifero.
La media giornaliera dei nuovi vaccinati si è ridotta, nello specifico, dai 58.260 del 19 ottobre ai 27.601 del 26 ottobre e nell’ultima settimana sono soltanto 193.205 i nuovi vaccinati.
Al 27 ottobre il 78,5% della popolazione (46,5 milioni di persone) ha ricevuto almeno una dose (+204.896 rispetto a sette giorni prima) e il 75,1% (44,5 milioni) ha completato il ciclo (+459.731).
Ciò significa che per raggiungere il 90% mancano oltre due milioni di persone.
Se si proseguisse a questo ritmo, con 20mila prime dosi al giorno come nell’ultima settimana, per arrivare a immunizzare i soggetti rimasti, servirebbero almeno 100 giorni, cioè quasi tre mesi.
Il problema è che le cose potrebbero anche andare peggio, dal momento che le prenotazioni di prime dosi sono in continua flessione.
Al momento sono quasi 7,5 i milioni di cittadini over 12 che non hanno ricevuto nessuna dose di vaccino. Sfuma così la previsione di arrivare alla soglia del 90% a fine ottobre, mentre intanto continuano ad aumentare i nuovi positivi.
Il trend è confermato anche dal monitoraggio settimanale della Cabina di regia, secondo il quale non solo l’indice Rt di trasmissibilità del contagio sfiora la soglia di guardia di 1, ma in aumento è anche l’incidenza e il numero di regioni considerate a rischi moderato (ne sono ben 18).
(da agenzie)
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Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
DAL 1750 USA E UE HANNO INQUINATO PIU’ DEL DOPPIO DI RUSSIA, CINA E INDIA… CHI E’ COLPEVOLE E CHI INNOCENTE?
Possono i Paesi responsabili di oltre la metà delle emissioni di gas serra dal 1750
a oggi avanzare rigide pretese da chi ne è responsabile per circa un quinto?
Sono passate solo poche ore dalla fine del G20 quando la distanza tra le posizioni di Usa e Ue da un lato, Cina e Russia dall’altro è tornata a essere enorme, proprio come lo era alla vigilia del summit romano.
Terminati gli incontri nella Capitale, alla Conferenza Cop26 che si è aperta a Glasgow è passato il testimone e soprattutto l’onere di portare avanti il dialogo sul raggiungimento degli obiettivi climatici per contenere il riscaldamento globale. Dopo Roma il bicchiere è senza dubbio mezzo vuoto: c’è l’impegno a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi, il riconoscimento che è scientificamente dimostrata la necessità di intervenire, ma è scomparsa la deadline del 2050 per un mondo a zero emissioni sostituita da un più generico “entro o attorno” metà secolo. L’obiettivo di 1,5 gradi “resta in bilico” dopo il G20, “per il momento non ci siamo”, ha sintetizzato il premier britannico Boris Johnson.
L’intesa è mancata a causa della contrarietà di alcuni Paesi, tra cui spiccano Cina, India e Russia. È con loro che Joe Biden se l’è presa prima di lasciare Roma per dirigersi a Glasgow: “C’è disappunto legato al fatto che non si sono palesati sugli impegni relativi al cambiamento climatico, sono stato deluso”, ha attaccato il presidente degli Stati Uniti.
Disappunto legato essenzialmente all’orizzonte che i due Stati si sono dati per raggiungere la neutralità climatica: il 2060, o detta diversamente dieci anni in più rispetto all’obiettivo stabilito da gran parte dei Paesi occidentali.
Per la Russia “il 2050 non è un numero magico, se questa è l’ambizione dell’Ue, altri Paesi hanno altre ambizioni”, ha avvisato il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov a margine del G20.
“La Russia cercherà di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060 respingengo vuote ambizioni”, anche perché “il 2050 era stato concordato in ambito G7, quindi non è stato elegante e rispettoso” presentarlo al G20.
Il Cremlino ha quindi replicato alle accuse americane: “Mosca è attivamente impegnata nell’agenda climatica ed è davanti all’Europa in diversi parametri della transizione energetica”.
Da Pechino è arrivata una risposta analoga a quella russa: “Negli ultimi 200 anni di industrializzazione i Paesi sviluppati hanno avuto una responsabilità ineludibile sulle emissioni di gas serra” e “storicamente gli Stati Uniti si sono rifiutati di ratificare il Protocollo di Kyoto e si sono ritirati dall’Accordo di Parigi, minando gravemente la fiducia e l’efficacia della cooperazione globale nell’affrontare il cambiamento climatico”.
Putin non è intervenuto alla conferenza climatica di Glasgow, nemmeno in video perché è un formato non previsto dal vertice, mentre Xi Jinping ha inviato un messaggio scritto.
La posizione di Pechino è chiara ed è stata ufficializzata quattro giorni prima dell’inizio del summit di Glasgow con la presentazione all’Onu del suo piano aggiornato di riduzione delle emissioni. Gli obiettivi sono di raggiungere il picco entro il 2030 e la neutralità dal carbonio entro il 2060. Secondo gli analisti, si tratta di piccoli miglioramenti sul piano esistente ma tutt’altro che sufficienti di fronte a un Paese responsabile di oltre un quarto di tutto l’inquinamento da carbonio.
La Cina resta infatti il più grande produttore di gas serra al mondo.
Nel 2019, secondo il centro di ricerca indipendente Rhodium Group, ha prodotto circa il 27% delle emissioni globali di gas serra, gli Stati Uniti “solo” l′11%, l’India il 6,6%, l’Unione Europea il 6,4%, l’Indonesia il 3,4% e la Russia il 3,1%.
Oggi, quindi, la Repubblica Popolare ha superato i Paesi sviluppati, triplicando i suoi livelli dal 1990 e incrementandoli di un quarto nell’ultimo decennio. Ma in Cina vivono oltre 1,4 miliardi di persone, motivo per cui le emissioni di un cinese medio sono largamente inferiori a quelle prodotte da un americano, 10 tonnellate contro 17,6.
Questa discrepanza si spiega in parte con il differente stile di vita: gli americani guadagnano di più, possiedono più auto a benzina e volano mediamente più di un cinese. Ma le emissioni pro capite della Cina stanno raggiungendo rapidamente quelle delle nazioni più ricche e negli ultime 20 anni sono quasi triplicate.
Non sorprende quindi che, replicando a Biden, Pechino abbia ricordato che “le emissioni cumulative pro capite storiche Usa sono otto volte superiori alle nostre”.
In altre parole, la Cina rivendica quel “diritto” a inquinare, a sostegno della sua crescita economica, di cui in passato Stati Uniti ed Europa hanno largamente abusato. Oggi il Nord America è responsabile del 30% delle emissioni cumulative globali, il Vecchio Continente addirittura del 33%.
Il singolo Paese che da solo ha contribuito di più sono gli Stati Uniti che hanno emesso più di qualsiasi altro Paese al mondo (25%). Numeri che nella disputa climatica in corso tra Occidente e Oriente non si può far finta di non vedere e che Russia e Cina hanno buon gioco a ricordare. E a ragione, dal momento che una quota significativa di gas serra emessi resta nell’atmosfera per centinaia di anni. Come riconosciuto anche dal premier italiano Draghi: “Non credo si ottenga molto sul clima indicando i Paesi colpevoli e i Paesi innocenti, perché i colpevoli sono moltissimi e gli innocenti sono pochissimi”.
Come ricorda il Rhodium Group, la storia della Cina come principale emettitore è relativamente breve rispetto ai Paesi avanzati, molti dei quali hanno avuto più di un secolo di vantaggio, e l’attuale riscaldamento globale è il risultato delle emissioni tanto del passato recente tanto di quello più lontano. Dal 1750, i membri del blocco OCSE hanno emesso quattro volte più CO2 cumulato rispetto alla Cina, pertanto “Pechino ha ancora molta strada da fare prima di superare l’OCSE in termini di contributo cumulativo”.
Oggi tuttavia c’è una maggiore consapevolezza dei rischi climatici legati all’inquinamento umano, e sarebbe miope relegare la questione a un mero regolamento di conti ed emissioni tra potenze.
Al tempo stesso sarebbe ipocrita negare che una buona parte della produzione cinese inquinante è destinata a servire i mercati occidentali.
Pechino produce più della metà del carbone a livello mondiale, e lo considera vitale per la sua economia; inoltre produce metà dell’acciaio e del cemento, settori altamente energivori. Lo stesso vale per la Russia con i suoi giacimenti di gas, fonte fossile seppur meno inquinante del carbone, la cui importanza strategica si è mostrata in tutta la sua evidenza in queste settimane di grave carenza della materia prima e taglio delle forniture da parte del colosso statale Gazprom all’Ue.
Quanto alle rinnovabili, gli Usa sebbene si siano avvantaggiati per molti più anni dell’energia prodotta con combustibili fossili, non sono in una posizione tanto virtuosa: nel mix energetico americano, le fonti green rappresentano solo il 9% del consumo nazionale, contro il 10% cinese. Secondo Enerdata, nel 2020 la Cina ha prodotto 745mila gigawattora di energia da energia eolica e solare, mentre gli Stati Uniti 485mila gigawattora.
Nella sua dichiarazione scritta inviata alla Cop26 di Glasgow, il presidente Xi Jinping ha invitato tutte le parti “a intraprendere insieme azioni più forti”, sottolineando che attualmente gli effetti negativi del global warming “sono sempre più evidenti” e che “l’urgenza di un’azione globale continua a crescere”.
Un portavoce della Repubblica popolare ha anche elencato una serie di dati per “misurare” lo sforzo delle principali parti responsabili dei gas serra: “Nei Paesi sviluppati, dal picco del carbonio alla sua neutralità, l’Ue impiegherà 71 anni, gli Stati Uniti 43 e il Giappone 37, mentre la Cina solo 30 anni”, secondo i programmi. Emerge comunque una urgenza condivisa legata alla piena consapevolezza, oggi più di ieri, dei disastri climatici causati dall’inquinamento atmosferico. Tuttavia la consapevolezza non basta: secondo Climate Action Traker, gli impegni assunti fin qui da Pechino sono ancora “insufficienti” per rispettare il limite di 1,5°C degli accordi di Parigi, e più coerenti con un riscaldamento globale di 3°C.
Sul fronte russo, la delegazione del Cremlino presente a Glasgow ha presentato il piano ‘green’ di Mosca sulla falsariga di quello cinese: entro il 2050 il taglio delle emissioni all′80% rispetto al 1990 e del 60% rispetto al 2019. Anche qui, obiettivo neutralità carbonica spostato al 2060. Il Brasile ha appena alzato i suoi target climatici e prevede di ridurre le proprie emissioni di gas serra del 50% entro il 2030, aumentando il precedente impegno che era pari al 43%.
Secondo il premier britannico Johnson “ancora non ci siamo” e “abbiamo un minuto prima dello scoccare della mezzanotte”, quando sarà troppo tardi per invertire la rotta del riscaldamento climatico.
Tutti sono quindi convinti della necessità di agire da subito ma tutti sono al tempo stesso in ritardo sulla tabella di marcia, chi più chi meno. E darsi obiettivi ambiziosi non è una garanzia che siano raggiunti.
L’esempio Italia: sul fronte delle rinnovabili tra il 2021 e il 2030 sono necessari 7,5 GW all’anno ma ora si arriva a malapena a 0,8 GW. E comunque potrebbe non bastare: “Nel lungo periodo dobbiamo essere consapevoli che le energie rinnovabili possono avere dei limiti”, ha detto Draghi da Glasgow. Oggi inoltre circolano in Italia ancora venti milioni di auto vecchie e inquinanti, e l’elettrico rappresenta solo il 3% del mercato che si spera diventi il 50% nel 2035. Per non parlare dello stato dell’arte per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica.
I ritardi accumulati negli anni si riflettono sui livelli record delle concentrazioni dei gas serra. Nel 2020 la CO2 è arrivata a 413,2 parti per milione (ppm), il metano a 1889 parti per miliardo (ppb) e il protossido di azoto a 333,3 parti per miliardo. Sono, rispettivamente, il 149%, il 262% e il 123% dei livelli pre-industriali.
Come racconta il rapporto presentato dall’Organizzazione meteorologica mondiale dell’Onu a Glasgow le temperature medie globali sono già aumentate di 1,09 gradi dal 1750. Altri 0,41 gradi e l’obiettivo massimo di 1,5 gradi va a farsi benedire. Il rapporto elenca le conseguenze concrete e visibili nel 2021: ondate eccezionali di calore hanno colpito il Nord America occidentale a giugno e luglio, con temperature da 4 a 6 gradi sopra le medie e centinaia di morti per il caldo e gli incendi. La Valle della Morte in California è arrivata a 54,4 gradi. Temperature estreme hanno colpito anche la regione del Mediterraneo. L′11 agosto in Sicilia si sono toccati i 48,8 gradi, record europeo. Kairouan in Tunisia è arrivata a 50,3. Montoro con 47,4 ha registrato il record della Spagna, Cizre con 49,1 quello della Turchia. Anche qui, gli incendi si sono propagati, con morti e danni miliardari.
Gli appelli dei leader politici a fare presto e a stabilire obiettivi più vincolanti si sprecano: “Non siamo ancora al punto dove abbiamo bisogno di arrivare, dove dobbiamo arrivare”, ha detto la cancelliera uscente Angela Merkel.
“Sappiamo che i Paesi sviluppati hanno una speciale responsabilità e ciò è particolarmente vero per la Germania e credo che sia essenziale per la credibilità dei Paesi industrializzati fornire i fondi che abbiamo promesso”. Gli Stati avanzati hanno infatti promesso di finanziare con 100 miliardi di dollari all’anno i Paesi in via di sviluppo e l’Ue è decisa “a mantenere gli impegni”, ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, con trenta miliardi.
Il premier italiano Mario Draghi ha lanciato da Glasgow la proposta di una task-force pubblico-privata: “Abbiamo bisogno che tutte le banche multilaterali e in particolare la Banca mondiale condividano con il settore privato i rischi che il privato non si può permettere. Abbiamo bisogno di piattaforme. Ciò che rende complicati i negoziati di questo tipo è che i vari Paesi hanno condizioni di partenza diverse”. Insomma, non ci sono “colpevoli e innocenti”. Ma una notizia buona c’è: “I soldi non sono un problema se vogliamo usarli bene”. E ne serviranno tanti per convincere i Paesi più renitenti come la Cina, senza la quale nessuna intesa multilaterale può davvero essere siglata, o come l’India, che dal palco di Glasgow ha annunciato di voler arrivare a zero emissioni solo nel 2070, obiettivo che non lascia ben sperare nella riuscita della Cop26, dopo un G20 deludente.
(da Huffingtonpost)
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Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
INNALZAMENTO DELLE TEMPERATURE, SCIOGLIMENTO DEI GHIACCIAI, INCENDI, ALLUVIONI
Innalzamento delle temperature, incremento nella velocità di scioglimento dei ghiacciai, aumento degli incendi, diminuzione delle piogge alternate a devastanti alluvioni: ecco i dati del nuovo il rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale
Gli ultimi sette anni sono stati i più caldi mai registrati da quando esistono le rilevazioni scientifiche della temperatura terrestre, mentre l’innalzamento dei livelli degli oceani ha raggiunto nuovi livelli record. È quanto emerge dal report State of the Global Climate 2021 dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), presentato oggi alla Cop26 di Glasgow, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Gli scienziati, nonostante le piccole flessioni registrate a livello globale causate dalla pandemia di Coronavirus, hanno rilevato che la temperatura media nel 2021, tra i mesi di gennaio e settembre, è stata di circa 1,09 gradi sopra la media 1850-1900, vale a dire sopra le temperature del periodo pre-industriale. Dal rapporto emerge poi che l’aumento dei livelli degli oceani ha subìto un’ulteriore impennata a partire dal 2013. Se dal 1993 al 2002 l’innalzamento delle acque era pari a 2,1 mm all’anno, dal 2013 sino a oggi l’incremento di altezza delle aree acquatiche del pianeta è cresciuto di 4,4 mm all’anno.
«Gli eventi meteorologici estremi sono la nuova normalità»
Commentando i dati, Petteri Taalas, il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, ha osservato che «gli eventi meteorologici estremi sono la nuova normalità» ed esiste «una crescente evidenza scientifica che alcuni di questi sono causati dagli esseri umani». Taalas, nel corso della presentazione dei dati, ha fornito diversi esempi degli eventi meteorologici alterati ed estremi, causati dai cambiamenti climatici e che rappresentano la «nuova normalità». «Un’ondata di calore in Canada e vicino agli Stati Uniti ha spinto le temperature a quasi 50 gradi. La Valle della Morte in California ha raggiunto i 54,4 gradi durante le numerose ondate di calore nel Sud-Ovest degli Stati Uniti, mentre molte parti del Mediterraneo hanno sperimentato temperature da record: questo caldo eccezionale è stato spesso accompagnato da incendi devastanti».
I problemi idrici globali, dalla siccità al repentino scioglimento dei ghiacciai
Stessi mutamenti, in negativo, anche sul fronte idrico globale: Da quando esistono le rilevazioni, per la prima volta nella storia è piovuto anziché nevicato in cima alla calotta glaciale della Groenlandia – ha spiegato Taalas -. I ghiacciai del Canada sono in rapido scioglimento, la quantità di pioggia che di solito cade durante diversi mesi è caduta in poche ore in zone della Cina e diverse parti dell’Europa hanno subito gravi alluvioni, che hanno causato decine di vittime e miliardi di danni. Inoltre – ha proseguito – per il secondo anno di seguito di siccità nell’America Latina subtropicale ha ridotto il flusso dei grandi bacini fluviali e ha colpito l’agricoltura, i trasporti e la produzione di energia». E il segretario generale del Wmo, in chiusura del suo discorso, ha osservato: «Con l’attuale tasso di aumento delle concentrazioni di gas serra prevediamo un aumento delle temperature alla fine di questo secolo ben al di sopra degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. La Cop26 è una opportunità per rimetterci in carreggiata»
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Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
L’APPELLO DI GRETA E ALTRE TRE ATTIVISTE AI LEADER MONDIALI SOTTOSCRITTO DA DUE MILIONI DI PERSONE IN POCHE ORE… SOLO LA POLITICA E GLI IGNORANTI NON CAPISCONO
Con la Cop26 che inizia a Glasgow, piomba sui leader mondiali l’appello delle
attiviste Greta Thunberg, Vanessa Nakate, Dominika Lasota e Mitzi Tan perché: «contrastino l’emergenza climatica. Non l’anno prossimo – scrivono sul sito della ong Avaaz – Non il mese prossimo. Adesso».
Il testo, già sottoscritto da oltre 2 milioni di persone, si apre con il titolo: «Tradimento», perché così spiegano le attiviste è come i giovani di tutto il mondo: «definiscono l’incapacità dei nostri governi di ridurre le emissioni».
Ai leader mondiali chiedono coraggio, determinazione e lungimiranza: «Ma vi ripagherà, perché il vostro impegno sarà sostenuto da miliardi di persone».
Il nodo per le attiviste sono inevitabilmente i combustibili fossili, sui quali i governi spendono ancora miliardi: «Questa non è un’esercitazione. È codice rosso per la Terra. Milioni di persone soffriranno per la devastazione del nostro pianeta. Le vostre decisioni – aggiungono – causeranno o eviteranno questo scenario terrificante. Sta a voi scegliere».
Ai leader del mondo
“Tradimento.”
È così che i giovani di tutto il mondo descrivono l’incapacità dei nostri governi di ridurre le emissioni di carbonio. E non è una sorpresa.
Siamo catastroficamente lontani dall’obiettivo cruciale di 1,5°C, eppure i governi di tutto il mondo stanno ancora accelerando la crisi, spendendo miliardi in combustibili fossili .
Questo non è un trapano. È il codice rosso per la Terra. Milioni di persone soffriranno per la devastazione del nostro pianeta, un futuro terrificante che verrà creato, o evitato, dalle decisioni che prenderai . Hai il potere di decidere.
Come cittadini di tutto il pianeta, vi esortiamo ad affrontare l’emergenza climatica . Non l’anno prossimo. Non il mese prossimo. Ora:
– Mantenete vivo il prezioso obiettivo di 1,5°C con riduzioni immediate, drastiche e annuali delle emissioni, mai viste al mondo.
– Terminate immediatamente tutti gli investimenti in combustibili fossili, i sussidi e i nuovi progetti e ferma nuove esplorazioni ed estrazioni.
– Terminate la contabilità creativa del carbonio pubblicando le emissioni totali per tutti gli indici di consumo, le catene di approvvigionamento, il trasporto aereo e marittimo internazionale e la combustione della biomassa.
– Consegnate i 100 miliardi di dollari promessi ai paesi più vulnerabili , con fondi aggiuntivi per i disastri climatici.
– Adottate politiche climatiche che proteggano i lavoratori e i più vulnerabili e riducano tutte le forme di disuguaglianza.
Possiamo ancora farlo. C’è ancora tempo per evitare le peggiori conseguenze se siamo pronti a cambiare. Ci vorrà una leadership determinata e visionaria. E ci vorrà un immenso coraggio, ma sappi che quando ti alzerai, miliardi saranno proprio dietro di te.
Cordiali saluti,
Greta dalla Svezia, Vanessa dall’Uganda, Dominika dalla Polonia e Mitzi dalle Filippine
(da Open)
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Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DEGLI INTERNI FIRMA L’ORDINANZA… TRE ANNI FA QUATTRO ACCOLTELLAMENTI, INUTILE LAMENTARSI… A PROTESTARE ARRIVA FRATELLI D’ITALIA (MA CHE STRANO…)
Niente trasferta a Marsiglia per i tifosi della Lazio. Lo ha deciso il governo francese e in particolare il Ministro degli Interni, Gerald Darmanin, che ha firmato un’ordinanza con cui vieta ai supporter biancocelesti di recarsi nella città transalpina per la partita contro l’Olympique di giovedì sera, valida per la fase a gironi dell’Europa League.
La decisione, che già fa discutere, è dovuta al “comportamento violento di alcuni suoi sostenitori”.
“Ai tifosi della Lazio è proibito recarsi a Marsiglia, sia a titolo individuale che in gruppo, e con ogni mezzo – è scritto nell’ordinanza -. A loro sarà vietato l’ingresso in ogni punto di frontiera francese, stradale, portuale, ferroviario e aeroportuale e anche (per chi già fosse in Francia ndr) nell’area metropolitana di Marsiglia”.
Tutto ciò, secondo il ministero “a causa del comportamento violento di certi gruppi di tifosi della Lazio, che regolarmente creano problemi nei centri cittadini e nei dintorni degli stadi dove si gioca”.
Va ricordato che in occasione della sfida di andata (terminata 0-0 all’Olimpico lo scorso 21 ottobre) ai tifosi del Marsiglia era stata vietata la trasferta a Roma
Ma non è tutto perché, sempre dalla nota del governo francese, il divieto ai tifosi della Lazio ha anche un’altra motivazione.
Viene infatti citata “l’abitudine” di alcuni supporter biancocelesti di “intonare canti fascisti e di fare il saluto nazista”. Il Ministero ricorda anche che nell’ultima occasione in cui il Marsiglia ha ospitato la Lazio, il 25 ottobre del 2018, “quattro persone vennero accoltellate la sera prima del match, in scontri che coinvolsero quasi 200 persone” e che anche nel giorno della partita ci furono incidenti fra le due tifoserie.
Ed è proprio a causa di questo episodio di tre anni che, secondo il tifo organizzato della Lazio, sarebbe arrivato il divieto della trasferta.
(da agenzie)
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Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
IL GESTO DEI TRE SOVRANISTI (LEGA E FDI) DURANTE IL CONSIGLIO COMUNALE
Per qualcuno è stata una goliardata consumata proprio nel giorno della memoria,
per altri un gesto da condannare senza sé e senza ma. Quel che è certo è che il saluto romano fatto da tre consiglieri comunali di Cogoleto, in provincia di Genova, è diventato un caso giudiziario per il quale nei giorni scorsi la Procura di Genova ha chiuso le indagini.
A rischiare il processo con la pesante accusa di violazione della legge Mancino sono gli esponenti del centrodestra Francesco Biamonti in quota Lega, Valeria Amadei di Fratelli d’Italia, e l’indipendente Mauro Siri.
Questa incresciosa vicenda risale al 27 gennaio 2021, ossia nel giorno in cui vengono commemorate le vittime dell’Olocausto, quando nel piccolo comune del genovese era in corso una seduta del consiglio comunale.
Pur sapendo quale fosse la ricorrenza e ben consci anche del fatto di essere videoregistrati in quanto la seduta doveva essere disponibile in streaming, gli indagati decidevano di dare il loro peggio.
Al posto di alzare la mano per votare, i tre si sono esibiti in un gesto che non lascia adito ad ulteriori interpretazioni, tendendo il braccio in avanti e sempre a favore di telecamera.
Un atto talmente plateale che già durante la seduta ha causato mal di pancia tanto che quel giorno, come si sente nel video, uno dei consiglieri di maggioranza protesta veemente: “Questo gesto è vietato, soprattutto in questa sede. L’alzata di mano per votare non è questa, serve rispetto. Soprattutto oggi”.
Dello stesso avviso un altro consigliere che, prendendo la parola poco dopo, raccontava: “Il consigliere Biamonti ha invitato i suoi consiglieri a fare il saluto fascista”.
Finiti al cento delle polemiche, i tre hanno provato a difendersi sostenendo la ‘bizzarra’ tesi secondo cui avevano soltanto alzato la mano per votare.
Ma nessuno ha creduto alla loro versione, men che meno i magistrati che anzi li hanno indagati, convincendo i consiglieri a fare un passo indietro rassegnando le dimissioni.
(da agenzie)
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Novembre 1st, 2021 Riccardo Fucile
ANNULLATA LA VISITA DEL CRIMINALE ALLA BASILICA DEL SANTO, SI E’ RIFUGIATO IN UN HOTEL… DOMANI A PISTOIA A RENDERE OMAGGIO A UN ASSASSINO CI SARA’ ANCHE SALVINI
Dopo gli scontri andati in scena a Padova tra manifestanti e forze dell’ordine, la visita di Jair Bolsonaro alla Basilica del Santo è stata annullata.
Il presidente del Brasile, secondo il programma stabilito, avrebbe dovuto visitare la chiesa questo pomeriggio, dopo la tappa ad Anguillara Veneta dove gli è stata conferita la cittadinanza onoraria.
Invece i momenti di alta tensione registrati tra la polizia e circa 500 dimostranti, che hanno protestato contro il presidente al grido di «Fora Bolsonaro», hanno fatto saltare la tabella di marcia ufficiale.
Sembra che alcuni dei manifestanti abbiano addirittura occupato l’ingresso della basilica così da impedire l’accesso in segno di protesta.
Stando a quanto si apprende, dopo le contestazioni il presidente carioca è stato condotto in un hotel di Padova. All’arrivo nel capoluogo euganeo, Bolsonaro è stato subito contestato dai manifestanti che lo attendevano organizzati.
Le forze dell’ordine hanno aperto gli idranti per disperderli, ma sono state investite da una pioggia di oggetti. La famiglia di Bolsonaro è originaria della provincia di Padova, motivo per cui la sindaca Alessandra Buoso di Anguillara Veneta ha deciso di concedergli la cittadinanza ordinaria.
La scelta di Buoso, eletta nella lista civica Cambiare SI Può, era stata già criticata nei giorni scorsi. Anche in mattinata, davanti al municipio di Anguillara, c’erano circa 200 manifestanti ad attendere il presidente del Brasile.
«La cittadinanza è inopportuna perché le posizioni di Bolsonaro non rispecchiano i valori della nostra Costituzione», spiega Antonio Spada, uno dei consiglieri municipali di opposizione che hanno votato contro la decisione presa dalla giunta. «Non condividiamo quello che pensa degli omosessuali, delle donne, dell’Amazzonia, una terra che deve rimanere un bene di tutti».
«La politica di Bolsonaro va contro tutto quello che professa quotidianamente Papa Francesco», attacca Massimo Ramundo, Padre comboniano che ha trascorso 20 anni in Brasile, di cui 12 in Amazzonia.
Anche lui, che ora opera a Verona nella sede della rivista Nigrizia, è in piazza ad Anguillara per dire no a Bolsonaro. «Il presidente non si occupa della difesa delle minoranze, a partire dagli indios dell’Amazzonia», attacca il padre comboniano. «Anzi ha bloccato i finanziamenti per la costruzione di case popolari nelle aree più indigenti del Paese». Papa Francesco «non smette di ricordarne l’importanza come bene comune, mentre Bolsonaro fa quello che vuole in Amazzonia». La stessa diocesi aveva preso posizione contro la visita del presidente.
Nel suo viaggio in Italia, il presidente brasiliano – che nelle giornate appena concluse del G20 non ha fatto bilaterali (né ha partecipato alla foto dei leader che gettano la monetina dentro la Fontana di Trevi a Roma, anche se è stato fotografato a spasso per la Capitale) – incontrerà domani il leader della Lega Matteo Salvini, che sarà con lui in Toscana, in occasione di una visita ai caduti brasiliani a Pistoia.
E non manca chi tra gli alleati di Forza Italia storce il naso: «Noi stiamo con Draghi e Merkel, lui con Bolsonaro», si mormora tra i forzisti secondo quanto riportato da alcuni quotidiani.
Anche a Pistoia si annunciano manifestazioni contro il presidente brasiliano. Associazioni, movimenti, partiti, il mondo cattolico e altre realtà: «Non merita di essere ricevuto e salutato dalle autorità italiane, alle quali chiediamo di non tributargli alcun omaggio. Lo chiediamo anche a nome delle 600 mila vittime brasiliane del Covid provocate anche dalla sua discriminatoria politica sanitaria», si legge in una nota degli organizzatori della protesta.
(da agenzie)
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