I SOVRANISTI EUROPEI ORMAI SENZA BUSSOLA
LE FORZE POLITICHE CONTINENTALI CONSERVATRICI VICINE A TRUMP NON CAPISCONO COME AFFRONTARE WASHINGTON
È il momento più buio per il Vecchio Continente che nell’arco di poche ore potrebbe essere costretto a scegliere: avallare la cessione di pezzi di Ucraina alla Russia oppure affrontare il definitivo disimpegno Usa dalla partita.
È questo il messaggio implicito arrivato dalla Casa Bianca dopo l’incontro di Anchorage ed è comprensibile lo sbalordimento degli alleati davanti all’abisso che si è aperto tra le due sponde dell’Atlantico. Tutti conoscevano il vecchio adagio di Henry Kissinger, essere nemico degli americani è pericoloso ma essere loro amico è fatale. Nessuno credeva che valesse anche per gli europei.
Le stesse culture nazionaliste dell’Unione sono perplesse e divise. Il mondo intellettuale francese vede nel declino dell’asse occidentale un’opportunità più che un rischio. Come ha sintetizzato a suo tempo Alan Todd, una sconfitta russa in Ucraina avrebbe perpetuato per un secolo «la sottomissione europea agli americani», mentre se Mosca realizzerà i suoi piani, come è ora possibile, «la Nato si disintegrerà e l’Europa sarà
lasciata libera». La destra italiana gioca in un altro campo, la conservazione a oltranza della relazione con gli Usa, a costo di derubricare i voltafaccia di Trump a dati marginali in una trattativa più ampia sulla futura difesa europea. Il sovranismo alla Viktor Orban sceglie una strada ancora diversa, applaude in toto alle scelte del presidente Usa e si propone come bastione del futuro asse tra Washington e Mosca.
Ancora una volta, come al tempo della caduta del Muro di Berlino – l’altro gigantesco evento geopolitico che nessuno aveva previsto – la storia si mette a correre lasciando indietro chi non sa tenere il passo.
Nei sussidiari di domani riconosceremo le tappe di questa improvvisa accelerazione. La ripresa dei contatti tra Casa Bianca e il Cremlino subito dopo l’insediamento di Trump. Due giorni dopo, il discorso di JD Vance a Monaco, una vera messa in stato d’accusa del modello europeo di libertà e garanzie. Poi la netta chiusura a ogni ipotesi di Ucraina nella Nato, il de profundis per la restituzione di Donbass e Crimea, la bastonatura in diretta di Volodymyr Zelensky, l’annuncio della sospensione delle forniture di armi Usa a Kiev, l’imposizione agli europei di spese pressoché insostenibili in ambito Nato, il varo dei dazi. Infine, Ursula von der Leyen ricevuta a margine dell’inaugurazione di un campo da golf e Vladimir Putin pienamente riabilitato con tanto di tappeto rosso e applauso a scena aperta. E adesso, cosa? Lo sapremo a breve, con il vertice convocato da Trump con Kiev e gli europei, che date le premesse fa paura a tutti.
Sta cadendo un altro muro ma le forze politiche continentali, a
cominciare da quelle sovraniste e conservatrici che a Trump si sentono ideologicamente vicine, non capiscono come affrontare un mondo dove Washington trova più vantaggioso un nuovo sistema di accordi con Mosca che il restauro delle intese storiche sulla difesa europea.
Sì, forse in prospettiva l’Europa sarà più libera, come dicono i nazionalisti francesi. Forse le singole nazioni riusciranno a incrementare i rapporti bilaterali, come sperano gli italiani. Forse micro-Stati come l’Ungheria valorizzeranno il loro ruolo. Ma, al momento, la loro stessa confusione avalla la visione dell’Europa che Trump e Putin probabilmente condividono: un luogo dove nessuno ha un’idea precisa di sé, decadenti capitali incapaci di atti di autentica autonomia. Le loro leadership pregheranno per un accordo che consenta almeno di salvare la faccia. Qualcosa gli sarà concesso. E poi good bye, alla prossima partita, e vedremo a chi toccherà chinare la testa.
(da lastampa.it)
Leave a Reply