OGNI ORA FALLISCONO DUE AZIENDE
NEL 2014 HANNO CHIUSO 15.605 IMPRESE (+ 9%)
Due fallimenti all’ora, 62 al giorno.
Piccole e grandi aziende che si arrendono alla crisi e portano i libri in tribunale: in testa i settori dell’edilizia e del commercio all’ingrosso, ma gettano la spugna anche macchinari industriali e computer.
E’ la mappa dell’Italia che chiude, una mappa che negli ultimi sei anni è andata espandendosi e non dà segni di ridimensionamento.
Secondo i dati di Cribis D&B (società del gruppo Crif specializzata in business information), nel 2014 ci sono stati 15.605 fallimenti, in aumento del 9% rispetto all’anno precedente e del 66% rispetto al 2009, il periodo a partire dal quale la crisi economica ha prodotto i suoi effetti sul territorio.
Ma il picco estremo è stato toccato nell’ultimo quadrimestre dello scorso anno, che ha visto fallire 4.502 imprese: è il dato più alto dal 2009
Non si vede dunque un’inversione di tendenza: negli ultimi sei anni, sottolinea lo studio, oltre 75 mila imprese hanno portato i libri in tribunale, nella maggior parte dei casi società di capitali, quindi di dimensione non necessariamente ridotta.
Le aziende piccole infatti, quando sono in difficoltà chiudono in tempi brevi, direttamente, senza avviare il giudiziario.
I fallimenti sono il risultato finale di una crisi che si manifesta in aziende più grandi e che vede i primi segnali nella difficoltà di far fronte ai pagamenti.
Cribis D&B fa notare che fallimenti, difficoltà di far onore ai debiti o di riscuotere i crediti vanno di pari passo.
Dal 2010 ad oggi c’è stato un aumente to del 252,7% dei ritardi gravi (dai trenta giorni in su).
In realtà solo il 37,5% delle imprese italiane è puntuale nei versamenti. E la difficile liquidità di cassa è spesso il campanello d’allarme di un futuro fallimento.
«La situazione è critica nel commercio e nell’edilizia, settori dove nell’ultimo anno sono fallipercorso 4 mila imprese», commenta Marco Preti, amministratore delegato di Cribis. L’unica nota positiva, puntualizza, «è che negli ultimi anni le aziende italiane hanno investito molto in strumenti che consentono di intercettare tempestivamente i segnali di deterioramento. Sono quindi riuscite a prevenire e limitare meglio i rischi e a fare previsioni sui flussi di cassa». Nella lunga lista delle aziende fallite, accanto a quelle che costruiscono nuovi edifici (1.899 solo nel 2014) o installazioni (1.309) o commerciano all’ingrosso beni durevoli (1.197), ci sono anche bar e ristoranti (720), trasporti, abbigliamento, alimentari, produzioni di macchine industriali e computer.
La crisi non risparmia le aree ad alta densità industriale.
In testa alla classifica c’è quindi la Lombardia che assorbe da sola oltre il 22% dei fallimenti nazionali e che dal 2009 ad oggi ha visto portare i libri in tribunale 16.578 aziende.
La seguono il Lazio (10,5), la Campania (8,7) e il Veneto (con l’8,4%).
Luisa Grion
(da “La Repubblica“)
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