DAL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO AL CAMBIAMENTO DEL GOVERNO
L’IMMAGINE DEL TAVOLO DI GOVERNO ESATTAMENTE COME UN ANNO FA CON LA LEGA
Chi in giacca chi con i risvolti della camicia al gomito, penne impugnate e fogli davanti, sulla scrivania cellulari e acqua perchè quando c’è da discutere per ore la sete si fa sentire.
Una foto identica per scenografia e composizione, quasi a rassicurare chi la guarda che “qui si lavora e non si perde tempo”.
Così, una stessa immagine immortala visivamente il passaggio dal “governo del cambiamento” al “cambiamento del Governo”.
La foto delle delegazioni M5S e Pd sedute intorno al tavolo nella Sala Siani del Palazzo dei gruppi di Montecitorio – per discutere non di nomi, va da sè, ma di “temi” e “contenuti” – è una ripetizione in serie di quelle scattate a maggio dell’anno scorso durante gli incontri tra leghisti e grillini per stendere le varie versioni del Contratto di governo.
Una liturgia che ritorna, più mediatica che politica, che segna però un passaggio fondamentale perchè nel dibattito pubblico le foto, o almeno certe foto, scavano un solco: è la prima “contaminazione” visibile tra il Movimento 5 Stelle e il Pd.
Ovvero tra chi fino a ieri aveva accusato l’altro delle peggiori nefandezze, tra chi fino a ieri aveva promesso che mai si sarebbe seduto al tavolo con l’altro, tra chi fino a ieri nemmeno riconosceva all’altro una legittimazione e una agibilità politica. Tutto è rimosso, tutto è perdonato.
Per il Movimento 5 Stelle non c’è Luigi Di Maio, per il Pd non c’è Nicola Zingaretti, nè tantomeno il vero padre dell’operazione Matteo Renzi.
A comporre le delegazioni sono esponenti di primo piano dei due partiti e gruppi parlamentari, depositari di fiducia incondizionata dei rispettivi leader ai quali sono tenuti poi a riferire.
Per i grillini questa volta a portare avanti le trattative ci sono Francesco D’Uva, capogruppo alla Camera, l’omologo al Senato Stefano Patuanelli, e i vice Gianluca Perilli e Francesco Silvestri. Per le new entry dem ci sono invece il capogruppo a Palazzo Madama e luogotenente renziano Andrea Marcucci, l’omologo a Montecitorio Graziano Delrio, la vicesegretaria Pd Paola De Micheli e il coordinatore della segreteria Andrea Martella.
Stessa immagine ma anche stesse formule utilizzate al termine del vertice a cui ne seguirà , come da prassi, un altro e chissà quanti ancora: si è parlato di “temi”, si sono analizzati vari “punti programmatici” e si è lavorato “per il bene del Paese”, mentre fuori dal Palazzo dei “contenuti” non trapela nulla ma si sente un gran vociare su caselle da riempire, ministeri da assegnare, poltrone pesanti da bilanciare.
All’uscita dalla Camera gli esponenti delle due delegazioni incalzati dai giornalisti fanno largo uso di aggettivi edulcoranti, parlano di clima “positivo”, riunione “serena”, si sente anche un “lavoro profittevole” ma di sostanza politica non c’è nemmeno l’ombra.
Nel Movimento 5 Stelle ora si ripete come a maggio dello scorso anno che “Lega e Pd pari sono” e che l’importante sia accordarsi con il Movimento 5 Stelle sulle questioni programmatiche.
Stesse espressioni usate a maggio scorso, quando intorno al tavolo con i grillini c’erano i leghisti, all’alba dell’esecutivo gialloverde: Salvini e Di Maio limavano il contratto di governo e sedevano di fronte, come raccontano le foto di quel periodo, accanto gli ‘sherpa’ Giancarlo Giorgetti e Vincenzo Spadafora.
Ma anche gli uomini della comunicazione Andrea Paganella per la Lega, Rocco Casalino per il M5S. Immagini, vocabolario e riserbo identici a quelli di un anno fa. E come se, tra violenti insulti e prese di distanza reciproche, un anno non fosse mai passato.
(da “Huffingtonpost”)
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