DRAMMA SFRATTO PER 150.000 FAMIGLIE, LA POLITICA SE NE FOTTE
BOOM DELLE RICHIESTE PER “MOROSITA’ INCOLPEVOLE” E QUASI 80.000 PROVVEDIMENTI ESECUTIVI, LE SITUAZIONI DI DISPERAZIONE SI MOLTIPLICANO
Il Giubileo della “misericordia” è alle porte, ma la spietata macchina degli sfratti non si ferma.
Mobilitati gli ufficiali giudiziari e i poliziotti, quando il giudice autorizza l’intervento della forza pubblica.
Nel 2014 in Italia le richieste di sfratto sono state più di 150mila. Nella graduatoria in testa la Lombardia seguita dall’Emilia Romagna, la Toscana e il Lazio.
Gli sfratti colpiscono soprattutto la grandi città dove si concentrano i casi di “morosità incolpevole”, quelli che riguardano le famiglie colpite dalla crisi e che non possono più permettersi di pagare l’affitto.
Nessun blocco previsto nel decreto milleproroghe, in cambio 446 milioni a favore dei Comuni per fronteggiare l’emergenza.
Una goccia rispetto all’onda anomala ormai all’orizzonte. Plaude Confedilizia, cresce la mobilitazione delle associazioni che cercano di difendere gli inquilini.
Ci sono soluzioni? Una potrebbe essere quella dei “piani di zona”, vale a dire l’edilizia agevolata con finanziamenti regionali a fondo perduto e affitti calmierati.
Ma a Roma, ad esempio, il meccanismo si è trasformato in una grande truffa. Tanto da far dire all’ex assessore all’urbanistica, Giovanni Caudo: “E’ un sistema bacato”.
Intanto la Procura ha aperto un’inchiesta e stanno per arrivare i primi avvisi di garanzia.
Un’altra soluzione ci sarebbe: trasferire gli sfrattati nei “residence” facendo ingrassare i proprietari, visto che i canoni mensili sfiorano i 2mila euro. L’ormai famosa “vacca da munge” di Mafia Capitale.
Come arricchirsi con i poveri, tanto paga la comunità .
Marina Caprioli, 33 anni, quattro figli, sfrattata con l’ausilio della forza pubblica. Ecco la sua storia.
“Abitavo a Giardinetti, una casa di 20 metri quadrati ricavata da un lavatoio, piena di muffa. Lavoravo in un negozio di ferramenta. La padrona del negozio è anche la proprietaria della casa. Contratto registrato per 100 euro al mese, in realtà ne pagavo 500 più 65 di condominio. Soldi che la signora mi tratteneva direttamente dalla paga. Per arrotondare, il sabato e la domenica lavoravo in una pizzeria”.
Come spesso succede la precarietà incide sulle vicende personali.
“Mio marito ha chiesto la separazione, ma i 300 euro al mese che mi aveva promesso non li ho mai visti. Faceva l’autista e si era fatto mettere in nero per non tirare fuori un euro. Ogni tanto passava a casa ma erano sempre litigate e volavano gli schiaffi. A quel punto ho chiesto alla proprietaria di venirmi incontro perchè non ce la facevo più a tirare avanti. Dal febbraio del 2014 ho smesso di pagare l’affitto e lei ha chiesto lo sfratto. A quel punto le ho fatto la causa di lavoro. E lei mi cacciato dal negozio. Nel frattempo ho trovato un nuovo compagno e sono rimasta incinta”.
Il 16 giugno del 2015 arriva l’ufficiale giudiziario con al seguito due camionette della polizia. Per qualche giorno viene sistemata in un residence. Appare anche l’assistente sociale del Comune.
“Mi ha promesso di trovare una soluzione perchè io lì non ci volevo più stare. Ho aspettato ma ‘sta soluzione non è mai arrivata. Allora ho deciso di tornare a casa dei miei. In quella casa ci viviamo in 11, mio padre e mia madre, mia sorella con il figlio, mio fratello, io e il mio compagno assieme ai quattro figli. Noi dormiamo nel salone ma non può andare avanti a lungo”.
Altra storia particolare è quelle avvenuta, sempre a Roma, il 25 novembre.
Alle otto di mattina, in via Fillia, nella zona Collatina, Roberta M., madre di due figli minori, attende l’arrivo dell’ufficiale giudiziario con la forza pubblica.
Ha perso il lavoro, quindi rientra nella categoria di quelli che non possono pagare l’affitto per “morosità incolpevole”.
Ha chiesto aiuto alla Regione Lazio che ha le ha offerto un finanziamento di 8 mila euro. Ma il gestore del piano di zona “via Longoni” non intende ragioni.
Il tribunale civile autorizza quindi lo sfratto esecutivo con la forza pubblica. Passano un paio d’ore ma non si vede nessuno. Angelo Fascetti, coordinatore nazionale dell’Associazione Inquilini e Abitanti, che è andato a trovarla, sta per tornare sui suoi passi. Roberta gli offre un caffè.
All’improvviso arriva l’ufficiale giudiziario con i poliziotti. I due si barricano in casa. Sale la tensione, Gli agenti si dicono sicuri di entrare. Ma c’è un piccolo, grande, problema. Nell’appartamento ha iscritto la sua residenza parlamentare Roberta Lombardi, deputata di 5 stelle.
Impossibile quindi entrare, salvo l’autorizzazione della Camera. “La truffa dei piani di zona – afferma la parlamentare – deve finire, farò di tutto perchè ciò avvenga, Non è possibile che decine di migliaia di cittadini che vivono in case costruite con i contributi pubblici continuino a pagare affitti molto più alti di quelli fissati dalla legge”.
Esempi come tanti altri che alimentano il fenomeno delle occupazioni abusive.
Un meccanismo infernale e senza fine. Proprio per affrontare l’emergenza casa, esiste una legge, quella dei “Piani di zona”.
Ecco di cosa si tratta. Il Comune individua un’area, mette a bando l’appalto per la costruzione di nuove abitazioni. Il progetto prescelto determina l’esproprio del terreno. A quel punto la Regione finanzia, a fondo perduto, in media al 50 per cento, il costo dell’opera.
La cooperativa edilizia, o l’impresa che si aggiudica il cantiere, è obbligata a presentare un piano finanziario nel quale devono essere evidenziati i costi, compresi quelli delle opere di urbanizzazione primaria.
Adesso arriva il bello. Nessuno ha mai presentato i piani finanziari al Comune di Roma, che avrebbe dovuto esercitare il controllo.
Quasi nessun costruttore ha depennato dai costi il finanziamento a fondo perduto della Regione.
Cosa è accaduto allora? La truffa ha permesso a cooperative e imprese di imporre affitti o prezzi di vendita gonfiati. Ma la Regione Lazio e il Comune di Roma, che hanno l’obbligo di controllare tutto il meccanismo, nel frattempo cosa facevano? Nella migliore delle ipotesi chiudevano un occhio.
In via Marcello Gallian fanno bella mostra le palazzine di 5 piani tirate su dalla Lega San Paolo Auto.
Una delle coop edilizie più gettonate e che si vanta avere fatto sempre campagna elettorale per il Partito Democratico.
“Per diventare soci e prenotare l’alloggio hanno versato dai 159mila ai 250mila euro a testa – racconta Angelo Fascetti, coordinatore nazionale dell’Associazione Inquilini e Abitanti – poi è arrivata la richiesta di versamento fuori sacco di 100mila euro. Una parte dei soci si è rifiutata di tirare fuori soldi in più. La Lega San Paolo li ha cancellati dal libro soci ed ha chiesto ed ottenuto lo sfratto esecutivo. Questo nonostante i vertici della cooperativa siano indagati per truffa, concussione ed estorsione aggravata. Una colossale ingiustizia perchè il giudice civile non ha tenuto conto che gli ex soci hanno versato l’intero importo pattuito, mentre la cooperativa – conclude – non ha depurato dai costi il finanziamento a fondo perduto ottenuto dalla Regione Lazio”.
Intanto qualcosa, anche se a fatica, si sta muovendo.
A parte l’indagine della magistratura, l’allora assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, Giovanni Caudo, ha presentato una delibera, approvata dalla giunta, nella quale si obbligano le coop e le imprese ad adeguare gli affitti e i prezzi di vendita, dopo aver depennato il finanziamento regionale.
In caso di mancato adempimento il Comune applicherà le sanzioni previste dalla legge. E si tratta di multe salate.
“Nei casi più gravi – si legge nella delibera – si arriverà al sequestro degli immobili”. Ora manca solo la firma del commissario straordinario perchè la delibera non è riuscita ad arrivare nell’Aula Giulio Cesare.
(da “La Repubblica”)
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