GAZA, 17ENNE MUORE DI FAME: IL SUO PESO CROLLATO DA 70 A 25 CHILI
LA DENUNCIA DELL’INTEGRATED FOOD SECURITY: “PEGGIORE SCENARIO DI CARESTIA IN ATTO”
Atef Abu aveva 17 anni. Era uno studente, un atleta, un ragazzo sano e forte. Ora è l’ennesima vittima della crisi umanitaria che devasta la Striscia di Gaza. Ricoverato all’ospedale al-Shifa di Gaza City in condizioni critiche, Atef è morto di fame: il suo peso, riferiscono i familiari, era crollato da 70 a 25 chilogrammi, “circa quanto dovrebbe pesare un bambino di nove anni”. “Sentiamo dai familiari e da chi lo conosceva che era un ex campione sportivo locale. È finito per perdere molto peso,
diventare gravemente malnutrito e infine morire”, ha riferito Hani Mahmoud, corrispondente di Al Jazeera da Gaza City.
Le immagini, verificate da Al Jazeera e condivise online, mostrano i parenti accanto al corpo scheletrico del giovane in un sacco bianco, mentre uno di loro passa il dito sulle ossa visibili della cassa toracica. Il giornalista Wisam Shabat ha dichiarato che Abu è arrivato in ospedale “in condizioni critiche, con complicazioni gravi dovute alla mancanza di cibo e cure mediche”. Abu è uno dei sette palestinesi morti per malnutrizione nelle ultime 24 ore, secondo il direttore dell’ospedale al-Shifa. Dall’inizio della guerra a ottobre 2023, almeno 169 palestinesi, tra cui 93 bambini, hanno perso la vita a causa della fame, secondo i dati del Ministero della Sanità di Gaza.
L’Integrated Food Security Phase Classification (IPC) ha avvertito che “il peggior scenario di carestia” è già in atto nella Striscia. “I dati più recenti indicano che sono stati superati i limiti di carestia per il consumo alimentare nella maggior parte della Striscia di Gaza e per la malnutrizione acuta a Gaza City”, si legge nel rapporto.
Lazzarini: “A Gaza una carestia artificiale”
Di fronte alla crescente condanna internazionale della crisi umanitaria, Israele ha aumentato negli ultimi giorni le consegne di aiuti ai palestinesi, anche tramite lanci aerei. Le Ong tuttavia affermano che tale modalità di aiuto è pericolosa e inefficiente, e chiedono che Israele apra tutti i valichi verso Gaza per consentire un flusso libero di beni di prima necessità ai palestinesi bisognosi
Philippe Lazzarini, capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), ha affermato ieri che “la carestia artificiale a Gaza è stata in gran parte determinata da tentativi deliberati di sostituire” i sistemi di aiuto dell’ONU con quelli di GHF, un gruppo controverso sostenuto da USA e Israele.
Le forze israeliane hanno regolarmente sparato sui palestinesi che cercavano cibo nei punti di distribuzione gestiti dal GHF a Gaza, e l’ONU ha riferito che più di 1.300 persone in cerca di aiuto sono state uccise da quando il gruppo ha iniziato a operare a maggio.
Lazzarini ha anche accusato Israele di ostacolare attivamente l’ONU e altre organizzazioni umanitarie nel fornire aiuti salvavita ai palestinesi, definendolo “una misura deliberata per fare pressione e punire collettivamente i palestinesi per il fatto di vivere a Gaza”. “Non c’è più tempo da perdere, deve essere presa una decisione politica per aprire incondizionatamente i valichi”, ha scritto il capo dell’UNRWA in un post su X.
La denuncia dell’Aoav: “L’88% dei crimini israeliani resta impunito”
A peggiorare il quadro è il fallimento sistemico delle inchieste sui crimini di guerra. Secondo l’Ong britannica Action on Armed Violence (Aoav), “l’88% delle indagini avviate da Israele su presunte violazioni dei diritti umani o crimini di guerra commessi dai suoi soldati è stato chiuso senza colpevoli o è rimasto senza esito”.
Tra i casi emblematici ancora irrisolti figurano: l’uccisione di 112 palestinesi in coda per la farina a Gaza City, a febbraio 2024; l’attacco aereo che ha causato 45 morti in un campo
tendato a Rafah, a maggio; l’omicidio di 31 civili in fila per ritirare cibo a Rafah, il primo giugno.
Secondo testimoni, le vittime sarebbero state colpite da fuoco israeliano. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno inizialmente bollato l’episodio come falso, salvo poi ammettere che “l’incidente è ancora in fase di revisione”. Per l’Aoav, questi numeri evidenziano “un modello di impunità”, in cui l’autoinchiesta israeliana non porta quasi mai a sanzioni concrete.
(da Fanpage)
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