I CONTI SALATI AL RISTORANTE DEL RENZIANO CARBONE, IL NUOVO CHE AVANZA
CIRCA 15.000 EURO IN CENE E VIAGGI IN OTTO MESI
Il carteggio è definito “copioso” dai protagonisti. A volte con toni piccati, puntiglioso nelle argomentazioni, rari spunti ironici, citazioni in latino tanto per impressionare l’interlocutore. Accuse reciproche su circa quindicimila euro di rimborso spese.
Da una parte c’è il Collegio Sindacale della Sin, Sistema Nazionale Integrato per lo sviluppo dell’Agricoltura, dall’altra il suo ex presidente e amministratore delegato, Ernesto Carbone, esponente Pd di neanche quarant’anni, fiero renziano, considerato un figlio privilegiato della nuova politica per età , esperienze e relazioni trasversali. Un predestinato.
Il 23 dicembre scorso il Fatto Quotidiano si è occupato dello scontro tra lui e il Collegio, raccontando le spese “ingiustificate” (così vengono definite nel carteggio) da parte dell’ex dirigente.
Oggi le notule hanno acquisito un ulteriore valore.
Un ristorante, un aperitivo, un taxi alle due di notte, un aereo verso la Croazia, un treno per Bologna in business, ovvio, un altro da Roma sempre per Bologna e sempre in business. Ancora aperitivo. Il pranzo. Cena. Viaggio. Sosta. Aperitivo.
La sua si potrebbe definire una vita intensa a prova di colesterolo, come raccontano le specifiche presentate.
In ordine sparso: amatriciana, ostriche, crocchette di baccalà , moscardini fritti, polpettine di tonno (il suffisso ine va molto di moda nella Capitale, pare renda il piatto presentato più chic). Fettuccine alle triglie. Paranza.
E ancora, e ancora, fino a un totale di 15.770, 05 euro spesi in appena otto mesi; 1.050 dei quali sono stati restituiti dallo stesso Carbone.
Ma il punto è un altro: secondo il contratto siglato dall’esponente Pd, l’unico compenso percepito doveva essere lo stipendio (60 mila euro l’anno) senza l’aggiunta di alcun benefit.
Nè ristorante, nè taxi, nè viaggio. Niente.
Eppure lo stesso Carbone si è fatto assegnare una carta aziendale senza passare dal consiglio — come da regolamento — per poi spendere a suo piacimento, come gli viene contestato negli atti del Collegio.
E sono finanziamenti pubblici arrivati dall’Europa.
Il Sin dispone di 7,2 miliardi di euro che annualmente vengono affidati all’Italia dalla Pac, la Politica agricola comunitaria dell’Unione europea; il Sin gestisce il Sian (Sistema informativo agricolo nazionale), il meccanismo attraverso il quale lo Stato individua, controlla e ripartisce i fondi destinati agli agricoltori nazionali .
Insomma, un gigantesco forziere dentro al quale girano le speranze, aspettative, sogni e delusioni di centinaia di migliaia di piccoli, magari piccolissimi, medi e grandi coltivatori nostrani.
Carbone per due volte è stato ai vertici e nella seconda occasione è incappato in una situazione dove si “ribadisce il carattere di gravità delle irregolarità ed illegittimità riscontrate”, come scrive il Collegio, non convinto delle specifiche offerte dal democratico.
Quest’ultimo, infatti, in un secondo tempo ha presentato gli scontrini richiesti, con scritto a penna sul retro il motivo della rappresentanza.
Ecco un generico “Senato”, un altrettanto vago “Camera”, quindi “Finmeccanica”, “Mipaf”, sempre così.
Nessuna ulteriore specifica su “chi” della Camera o del Senato.
In alcuni casi compare “Gabinetto”, e proprio in quel periodo ricopriva anche il ruolo di vice capo di gabinetto al ministero delle Politiche Alimentari e Forestali.
In sostanza, un pranzo di rappresentanza con se stesso. E che conti, con botte da 130 euro per una sola persona, altri più bassi, altri molto più alti, nei migliori esercizi della Capitale, tanto da poterlo considerare un neo “Trip advisor” per varietà , eccellenza e frequentazione.
Contatto dal Fatto, Carbone ha replicato: “Il Collegio ce l’ha con me perchè ho apportato tagli e ho messo mani dove non dovevo. Andate a vedere quanto costa adesso il Collegio composto da tre persone di cui due siciliani: 390.000 euro totali l’anno e stanno anche 4 giorni a Roma in albergo, per fare cosa? Le mie spese, invece, sono tutte giustificate e inferiori rispetto a quelle dei miei predecessori”.
Sul suo sito scrive: “Ormai siamo un Paese abituato agli scandali, ai furti legalizzati, a fantaprogrammi pieni di promesse vuote. Dobbiamo tornare a pretendere serietà , rispetto e trasparenza perchè l’Italia non è di chi la governa ma di chi la vive”.
Sante parole.
Alessandro Ferrucci e Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)
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