PARISI COORDINATORE UNICO PER CHIUDERE FORZA ITALIA (E FARE UN NUOVO PARTITO)
LA NOMENKLATURA SUL PIEDE DI GUERRA, MA SILVIO HA DECISO… TOTI RESTA CON UN PUGNO DI MOSCHE PADANE IN MANO
L’ennesimo atto dell’ormai ventennale saga, che vede contrapposto Berlusconi alla nomenklatura azzurra (e la conseguente resistenza della nomenklatura), si celebrerà venerdì 22 luglio.
A ora di pranzo, quando attorno al tavolo di Arcore si siederanno i capigruppo, i vice e poi la Carfagna, Matteoli, Gasparri, vecchi reduci di tante battaglie come Antonio Tajani, giovani dall’ardente ambizione, come Giovanni Toti, destinati a una dolorosa delusione.
Perchè a loro Silvio Berlusconi comunicherà la sua decisione, già presa da almeno una settimana con Gianni Letta e Fedele Confalonieri, di nominare Stefano Parisi coordinatore unico del partito, per realizzare ciò che il medesimo Parisi ha annunciato oggi in un’intervista alla Stampa.
E per realizzare ciò che ancora non è stato detto, ma su cui l’ex premier vuole lavorare da settembre, ovvero la chiusura di Forza Italia e la creazione, in tempi pentastellati, di un nuovo contenitore, fatto di imprenditori, professionisti e società civile e meno politici di professione e Casta
Intervista, quella di Parisi, concessa con un timing perfetto il giorno prima del verticione, per sondare le reazioni e, per dirla con una fonte molto vicina a Berlusconi, “capire chi sarà il Giuda tra apostoli che saranno a tavola”.
Ammesso che sia uno solo, perchè la sensazione è che su Parisi, gran parte della nomenklatura stia imbastendo un “processo”, per respingere il tentativo di nominarlo: “Ha perso a Milano”, “non è un federatore”, “non ha le caratteristiche del candidato premier”, “ha mostrato dei limiti”, “non tiene unita la coalizione con la Lega”. Argomentazione che troverà il supporto di un paio di interviste di Matteo Salvini sui quotidiani di venerdì, per dare una mano all’asse del Nord di Forza Italia, da Toti alla Gelmini
Il piano del processo a Parisi è stato messo a punto in decine di telefonate, contatti e incontri, l’ultimo dei quali in un ristorante vicino al Senato, dove erano attovagliati Paolo Romani, Maria, Stella Gelmini, Giovanni Toti e Mara Carfagna.
L’alternativa a Parisi per loro, ma anche per Gasparri e Matteoli, è Giovanni Toti, che però negli ultimi tempi è prima uscito dalle grazie dell’azienda, perchè troppo ostile a Renzi, e poi dalle grazie di Berlusconi, che ne ha notato un eccessivo attivismo da aspirante erede nei giorni del San Raffaele, in cui parlare di successione è apparso un po’ indelicato.
Sia come sia, l’ennesimo capitolo della saga contiene una novità , rispetto ai tanti atti della ventennale ostilità di Berlusconi ai politici di professione che lo circondano.
In parecchi ricordano quando utilizzò l’allora imprenditrice ittica Michela Vittoria Brambilla o, in tempi più recenti, lo stesso Toti.
La novità è che, dopo attenta riflessione sullo spirito grillino dei tempi e dopo altrettanto attenta riflessione sui debiti, Berlusconi ha deciso di chiudere Forza Italia e costruire una cosa nuova.
Ne ha parlato più volte col nuovo tesoriere e qualche firma con le banche è stata anche messa.
Del piano di dismissione fa parte anche la chiusura, da settembre, del Parlamentino di Forza Italia al piano terra di Palazzo Grazioli, con relativo risparmio di un affitto di parecchie migliaia di euro.
Un manager come Parisi serve soprattutto a questo, nell’era della messa in sicurezza dell’Impero e della parziale dismissione, con la cessione del Milan, di Mediaset Premium e Bollorè con un piede in Mediaset.
E serve — anche — ad assestare la linea nei confronti del governo.
Leggete questo passaggio dell’intervista di Parisi alla Stampa: “Qualunque sia l’esito del voto, il governo non deve cadere”.
È la linea di Confalonieri, la cosiddetta “opposizione responsabile”, insomma l’opposto di quel che dice Brunetta.
Detta in sintesi: opposizione morbida al governo e tutela degli interessi aziendali, il contrario di quel che vogliono le opposizioni di tutto il mondo, ovvero la caduta dei governi in carica.
Ancora non si capisce se Parisi sarà presente al pranzo di Arcore.
È certo però che il suo programma di rilancio del partito lo ha già messo nero su bianco: un partito modello ’94, ma anche modello 5 stelle che punti sul web e sui nuovi media, niente lotte di capibastoni e signori delle preferenze, con pochi politici di professione.
Berlusconi ha detto sì, perchè colpito dal successo dei 5 Stelle, Confalonieri ha detto sì perchè è sufficientemente innocuo col governo, resta la nomenklatura.
Il cui eroismo, davanti al Capo, è sempre stato più tiepido rispetto agli ardori del giorno prima.
(da “Huffingtonpost”)
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