PRONTA LA BOZZA DEL FEDERALISMO FISCALE
IL VARO DELLA LEGGE DELEGA SUL FEDERALISMO PREVISTO ENTRO DICEMBRE… POI UNA FASE SPERIMENTALE DI TRE ANNI… PIOVONO LE CRITICHE DA DESTRA E DA SINISTRA, VEDIAMO DI COSA SI TRATTA
In questo articolo eviteremo di esprimere la nostra opinione sul federalismo, fiscale o no che sia, e sulle motivazioni ideali ( si fa per dire) che ne stanno alla base, limitandoci ad esporre il progetto che due giorni fa il ministro Calderoli ha consegnato a Tremonti a Lorenzago, in Cadore.
Si tratta di 19 articoli e 7 capitoli che costituirebbero il nucleo base della legge delega sul federalismo, pronta per iniziare il suo iter a metà settembre, per vederlo concluso entro dicembre, Parlamento permettendo. Vediamo di sintetizzarlo.
Ogni Ente locale, Regione, Provincia e Comune avrà la sua tassa da riscuotere. Non ci saranno più trasferimenti dallo Stato agli Enti locali sulla base della “spesa storica”, ma un sistema di incentivi e premi per gli enti virtuosi e penalità per chi amministra male. Le tasse comunali saranno accorpate nell’Ifi, l’imposta federale sugli Immobili.
Ci sarà un Fondo di perequazione, alimentato da tutti gli Enti locali, per aiutare le regioni più deboli. Fra le novità , un sistema automatico di sanzioni per i sindaci poco efficienti: stop alle assunzioni, blocco delle spese, obbligo di imporre nuove tasse che, secondo Calderoli, permetterà ai cittadini “ di accorgersi di chi li amministra male”.
Questa la teoria su cui è già iniziato il confronto politico sia all’interno del PdL che da parte della Sinistra. Diciamo che le critiche si concentrano in particolare su due punti: la mancanza di chiarezza sui fondi destinati al Sud e sulle entrate effettive su cui potranno contare gli Enti.
Da parte di ambienti del PdL si è fatto inoltre notare che “lo schema risulta carente sull’assetto finanziario dei Comuni e Città metropolitane”, da parte di Chiamparino (Pd) sono state sollevate perplessità sul “patto di stabilità che dovrebbe fare capo alle Regioni che avrebbero un potere di sanzione rispetto ai Comuni, sintomo di un eccesso di regionalismo” e sul fatto che “ non si capisce cosa si voglia accorpare: se le attuali tasse e tariffe locali o altro” (vedi Ici di cui ha parlato Bossi). Anche sul versante delle Regioni ci sono ancora parecchi punti da chiarire: la bozza di Calderoli non prevede un accertamento della congruità tra i nuovi tributi regionali e la copertura delle spese per i servizi erogati e non vi è un meccanismo di compensazione automatico ( altri tributi o variazioni di aliquote) nel caso in cui il gettito risulti inadeguato.
Molto vago è poi il capitolo che riguarda le Province ( ma non dovevano essere abolite?), che dovrebbero finanziarsi con tasse legate alla viabilità , alle auto e ai trasporti.
Quanto ai Comuni non si sa se la nuova Ifi sugli immobili verrà pagata dai proprietari delle case in quanto tali e in che modo sarà pagato l’importo.
La riforma dovrà poi essere a costo zero per il contribuente, in quanto il PdL non intende aumentare la pressione fiscale, neanche in nome del federalismo tanto caro a Bossi.
Ci sono poi le quattro Regioni e le due Province a statuto speciale che non intendono perdere risorse e difendono le prerogative loro garantite dalla Costituzione.
L’accoglienza tiepida da parte di vasti settori del PdL e la mossa attendista della Sinistra fanno pensare a un iter parlamentare tutt’altro che scontato e in discesa per la bozza Calderoli. Se dovesse andare in porto, magari in una versione edulcorata rispetto alla attuale, entro dicembre, si aprirà una fase sperimentale destinata a durare tre anni per tutti gli aggiustamenti richiesti da una riforma molto complicata e tutta da verificare sul campo.
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