RIAPRIREMO ALL’ITALIANA
TRA PERPLESSITA’ SCIENTIFICHE, RITARDI TECNICI, CAOS NORMATIVO E DIVISIONI POLITICHE QUELLA CHE SI APRE DOMANI APPARE PIU’ UNA DISCESA VERSO L’IGNOTO
La speranza è che dopo esserci inventati il lockdown all’italiana, preso a modello in tutto il mondo, anche la tanto agognata Fase 2 possa godere dello stesso destino. Perchè una cosa è certa, dopo giorni di decreti, conferenze stampa e comitati, quella che si aprirà domani 4 maggio, d-day delle nostre aspettative di ritorno a una quota decente di normalità , sarà una discesa nell’ignoto. Il Paese dunque riparte, ma senza certezze
Sarà la natura del virus, sconosciuto e ancora minaccioso, che ha infettato tutto il Paese a non offrircene molte, ma fa un certo effetto sentire virologi – finora trionfanti, è il caso del Veneto – come Andrea Crisanti parlare letteralmente di “apertura a tentoni”; sostenere, che “l’apertura indifferenziata vuol dire che non c’è stata valutazione del rischio”; che permane la “differenza tra Lombardia, Piemonte e altre regioni”.
Nè può rassicurare l’opinione opposta di Giovanni Rezza dell’Iss, che per difendere l’apertura nazionale sostiene che “le regioni con più casi potrebbero avere maggiore reattività di quelle con meno casi”.
Come per non farci proprio sobbalzare dall’entusiasmo, può essere utile ascoltare l’epidemiologo Massimo Galli “preoccupato che in regioni dove l’epidemia è stata limitata ci sia stato meno controllo territoriale dei contagi”.
Questi i virologi, che, d’accordo, è utile che si confrontino per il sale della scienza, ma che poi deve intervenire la politica a mettere un punto.
Appunto la politica. Che il ministro della Salute Roberto Speranza, prudente e preoccupato, abbia frenato molto in queste settimane non è mistero, e forse passata la bufera gliene sarà dato atto.
Che in nome della responsabilità e della prudenza ora inviti gli italiani a compattezza e attenzione è un po’ il minimo sindacale che proprio alle istituzioni si richiede.
Perchè d’accordo, “gli italiani sapranno comportarsi anche nella Fase 2”, d’accordo, “quello che accadrà il 15 giugno dipende da noi”, ma, sperando nel mercato di Stato delle mascherine, che fine hanno fatto i tamponi a tappeto, l’app Immuni di tracciamento, i piani delle città per i trasporti, il Sistema sanitario è ora finalmente attrezzato per un’assistenza capillare del territorio?
“Il destino è nelle nostre mani”, ci fa sapere il premier Conte da facebook ma le nostre mani saranno sufficienti?
Perchè il punto è anche questo ed è propriamente politico: si chiede compattezza a un Paese straniato e ferito, ma assistiamo da giorni a fughe in avanti regionali, non ultima quella della Calabria, impugnata a Roma dal ministro Boccia, abbiamo visto il Veneto di Zaia andar già per conto proprio, e a conti fatti complice il meccanismo del silenzio-assenso già migliaia di fabbriche sono riaperte da giorni o non hanno mai chiuso, specialmente nelle regioni più martoriate dal virus, tanto che Dio solo sa cosa produrrà l’impatto domani di circa 4,4 milioni di nuovi lavoratori, a partire dal sistema dei trasporti che – abbiamo capito – non ha mezzi e risorse per controllare il rispetto del richiesto distanziamento sociale.
Così che a rispettare le regole dovranno essere in primis i cittadini – che è anche la giusta occasione, per carità , per dimostrarsi finalmente un Paese adulto e lontano da stereotipi spesso ingiusti.
Già , le regole, su cosa poter fare e non poter fare, su chi andare a trovare e chi non, su come circolare, un altro grande capitolo dove la confusione è regnata sovrana, tanto che si è resa necessaria solo il giorno prima della riapertura una Circolare del Viminale per riprecisare cosa era stato precisato – evidentemente poco – dalle ormai mitologiche Faq di Palazzo Chigi.
Il risultato: un invito all’“equilibrio e prudenza” ai prefetti. E un’autocertificazione pressochè identica alle scorse (che comunque si potranno usare) dove il tema pop della settimana, quello dei famigerati congiunti non figura nemmeno in un rigo.
Giusto così, basta burocrazia, come dice Speranza, “questa partita non si vince per decreto, la responsabilità individuale è fondamentale per la seconda fase”.
Giusto così, se tutto andrà bene – come annunciato da Boccia – dal 18 maggio emergeranno anche le dovute differenze regionali.
Abbiamo intuito che sarà un navigare a vista, un cabotaggio di quindici giorni in quindici giorni, periodo fatidico di incubazione del virus, anche se c’è chi come Crisanti parla di due-tre settimane per capire l’effetto della riapertura.
Se tutto andrà bene si tornerà alla vita, “anche se non quella di prima”.
Se tutto andrà bene eviteremo nuovi drammatici lockdown e arriverà l’agognata estate e (forse) il virus sarà sconfitto dal caldo.
Se tutto andrà bene sarà finita.
Se tutto andrà bene. Appunto.
(da “Huffingtonpost”)
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